domenica 3 ottobre 2021

Lotta operaia - Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica Gkn - una buona cosa ma è bene approfondire

Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn

"Come gruppo di ingegneri, alcuni dei quali ricercatori universitari, solidali con gli operai GKN, abbiamo avuto un confronto riguardo le criticità presenti in fabbrica. Ci siamo chiesti se ci fosse margine di miglioramento nella linea di produzione e come implementare eventuali migliorie. Tutto questo per permettere la ripresa della produzione, sostituendo alla catena di comando manageriale una sinergia collettiva tra chi facendo ricerca e progettazione sviluppa linee di produzione, processi di automazione ecc.; e chi, con la presenza quotidiana davanti alle macchine, ha sviluppato più di chiunque altro la coscienza di cosa significa una produzione efficiente, non alienante e che non comporti usura fisica per l’operaio.

“GKN è un’azienda all’avanguardia, altamente automatizzata e punto di riferimento per l’industria 4.0”: questo era lo slogan del management aziendale.

La verità emersa dalla discussione con gli operai è però molto diversa: un ammodernamento 4.0

totalmente travisato e frainteso, con una automazione industriale che si dimentica dei suoi obiettivi primari, ovvero un efficientamento produttivo subordinato al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute del lavoratore.

Abbiamo potuto constatare come gli investimenti per l’automazione, soprattutto per i bracci robotici, ci sono, ma questo non basta a rendere uno stabilimento coerente con il concetto di industria 4.0. Questi investimenti sono stati fatti in modo assolutamente non ponderato, in una serie di interventi sulle celle di produzione che hanno un sapore pubblicitario invece che di efficientamento produttivo. Le celle infatti sembrano dei prototipi, adatti forse a un reparto di ricerca e sviluppo che le debba ottimizzare, ma assolutamente inadeguate per volumi produttivi ampi. In altre parole, l’unico vantaggio economico della robotica implementata nello stabilimento è quello venuto dagli eventuali incentivi statali.

Da queste osservazioni scaturiscono alcune domande: c’era davvero da parte del management GKN l’intenzione di creare una fabbrica all’avanguardia, o si voleva usufruire dei contributi statali per comprare dei macchinari da delocalizzare poi, a fabbrica chiusa, in altri paesi? C’era effettivamente l’intenzione di cogliere le opportunità dell’industria 4.0 ed implementarle nello stabilimento, o si voleva creare solo un impianto di collaudo per soluzioni automatiche e trasferire poi il know-how altrove?

Va detto che l’azienda nega di aver preso incentivi statali: il che è incredibile e forse non migliora le cose. Perché questo vuol dire che non c’è stato nemmeno un tentativo di usare la leva fiscale per rientrare dagli investimenti fatti. Appunto: o investimenti fatti con soldi pubblici o fatti con l’evidente conseguenza di peggiorare i conti dello stabilimento fiorentino.

La sensazione che si ha riguardo la fabbrica di Campi Bisenzio è che ci sia stata una pianificazione scientifica, e criminale, della sua inefficienza, per fornire alla direzione aziendale delle scuse da accampare nel giustificare la chiusura dello stabilimento.

Industria 4.0 vuol dire anche e soprattutto digitalizzazione: a fronte di svariati milioni di euro spesi per robot e macchinari all’avanguardia, alcuni dei quali assolutamente superflui all’interno della cella produttiva, l’operaio deve ancora compilare un modulo cartaceo per segnalare un malfunzionamento o un guasto. Questo significa essere all’avanguardia?

Le celle automatiche tradiscono all’origine i paradigmi dell’industria 4.0 anche su un altro piano, quello della sicurezza del lavoratore. Gli interventi per ripristinare il funzionamento della cella sono “emergenziali” e come tali non garantiscono la sicurezza dell’operaio e non ne proteggono la salute. Il flusso scarti generato dalle celle automatiche genera spesso un carico fisico non previsto e probabilmente nemmeno pianificato in termini di valutazione del rischio. Il che evidentemente pone problemi al riconoscimento del sorgere di eventuali malattie professionali.

La cattiva pianificazione del rapporto tra automazione e organizzazione del lavoro è riassunta dal numero degli scarti, aumentato in maniera vertiginosa.

É doveroso inoltre evidenziare come il maggior numero di macchinari e robot in fabbrica, comporta un incremento del consumo energetico, e quindi dell’impatto ambientale della produzione. Nonostante questo l’idea di dotare di pannelli solari lo stabilimento per compensare almeno in parte questo impatto aggiuntivo è stata rifiutata. Questo fa cadere ulteriormente in contraddizione l’azienda: essere un punto di riferimento per l’industria 4.0 comporta la fedeltà a uno dei punti programmatici della quarta rivoluzione industriale, ovvero la riduzione dell’impatto ambientale.

Gli elementi che abbiamo raccolto in questo confronto ci consentono di affermare che in caso di un via libera alla ripresa della produzione, esistono le condizioni per una seria e metodica ristrutturazione della linea per abbracciare i principi dell’industria 4.0, per coglierne tutti i vantaggi: migliori condizioni di lavoro, maggiore sicurezza, maggiore efficienza, e un aumento dei posti di lavoro.

La questione ulteriore che ci teniamo ad evidenziare è che come ingegneri siamo naturalmente tesi alla ricerca dell’innovazione tecnologica, ma vogliamo ribadire con forza che questa deve avvenire secondo una visione corretta: la nostra è quella di chi crede in macchine al servizio dell’uomo che aiutano l’operaio a svolgere meglio il suo lavoro e non lo sostituiscono.

Per concludere vorremmo fare una considerazione su una eventuale riconversione dello stabilimento: Confindustria, tramite Il Sole 24 Ore, ha difeso l’ondata di licenziamenti nel settore automotive (GKN, Timken, Gianetti Ruote) dando la colpa alla transizione all’elettrico. Ma le auto elettriche usano ancora il semiasse, le celle potrebbero essere riadattate e riconvertite e gli operai potrebbero riprendere la produzione.

Per lo stabilimento di Firenze, esistono sia margini di miglioramento quantitativo del processo sia di innovazione qualitativa. Li riassumiamo a grandi linee:

- Efficientamento reale dell’impatto dell’industria 4.0

- Interventi di ecosostenibilità sullo stabilimento (pannellatura fotovoltaica di tutto il tetto e della pensilina antistante)

- Riconversione di prodotto con la produzione anche di semiassi per mezzi di trasporto pubblici

- Potenziamento del reparto costruzione macchinari interno all’azienda con l’obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche e progettazione alle aziende del territorio, diventando un centro propulsore di una innovazione 4.0 socialmente sostenibile

- Creazione di un centro di formazione e progettazione integrato con il sistema universitario dove la ricerca pubblica possa sviluppare brevetti e soluzioni in sinergia con la sperimentazione pratica della produzione in fabbrica, mantenendo i brevetti pubblici e a disposizione del sistema produttivo del territorio

- L’azione sindacale in Gkn si è fortemente caratterizzata attorno al tema dell’ergonomia. La cultura ergonomica sedimentata si potrebbe sposare con la conoscenza di chi è in grado di progettare sistemi ergonomici, giungendo alla produzione di prodotti e soluzioni legate all’ergonomia (pensiamo ad esempio agli esoscheletri).

Per quanto ci riguarda la palla passa alla politica ora, noi le idee le abbiamo, che ne pensa la regione Toscana e il presidente Giani, che ancora recentemente è stato al Nuovo Pignone di Firenze magnificando l’industria 4.0?

Quando volete, siamo qui ai cancelli di GKN, pronti al confronto".

Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn

Mentre Giorgetti oggi non perde l'ennesima occasione per straparlare di compratori privati futuri, senza alcuna indicazione chiara, noi confermiamo di poter far ripartire la fabbrica più e meglio di prima. Il seguente documento è redatto da un gruppo di giovani ingegneri passati qua a discutere con gli operai della situazione della fabbrica, dei possibili piani di miglioramento e di sviluppo. Lo riportiamo integralmente.

"Come gruppo di ingegneri, alcuni dei quali ricercatori universitari, solidali con gli operai GKN, abbiamo avuto un confronto riguardo le criticità presenti in fabbrica. Ci siamo chiesti se ci fosse margine di miglioramento nella linea di produzione e come implementare eventuali migliorie. Tutto questo per permettere la ripresa della produzione, sostituendo alla catena di comando manageriale una sinergia collettiva tra chi facendo ricerca e progettazione sviluppa linee di produzione, processi di automazione ecc.; e chi, con la presenza quotidiana davanti alle macchine, ha sviluppato più di chiunque altro la coscienza di cosa significa una produzione efficiente, non alienante e che non comporti usura fisica per l’operaio.

“GKN è un’azienda all’avanguardia, altamente automatizzata e punto di riferimento per l’industria 4.0”: questo era lo slogan del management aziendale.

La verità emersa dalla discussione con gli operai è però molto diversa: un ammodernamento 4.0 totalmente travisato e frainteso, con una automazione industriale che si dimentica dei suoi obiettivi primari, ovvero un efficientamento produttivo subordinato al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute del lavoratore.

Abbiamo potuto constatare come gli investimenti per l’automazione, soprattutto per i bracci robotici, ci sono, ma questo non basta a rendere uno stabilimento coerente con il concetto di industria 4.0. Questi investimenti sono stati fatti in modo assolutamente non ponderato, in una serie di interventi sulle celle di produzione che hanno un sapore pubblicitario invece che di efficientamento produttivo. Le celle infatti sembrano dei prototipi, adatti forse a un reparto di ricerca e sviluppo che le debba ottimizzare, ma assolutamente inadeguate per volumi produttivi ampi. In altre parole, l’unico vantaggio economico della robotica implementata nello stabilimento è quello venuto dagli eventuali incentivi statali.

Da queste osservazioni scaturiscono alcune domande: c’era davvero da parte del management GKN l’intenzione di creare una fabbrica all’avanguardia, o si voleva usufruire dei contributi statali per comprare dei macchinari da delocalizzare poi, a fabbrica chiusa, in altri paesi? C’era effettivamente l’intenzione di cogliere le opportunità dell’industria 4.0 ed implementarle nello stabilimento, o si voleva creare solo un impianto di collaudo per soluzioni automatiche e trasferire poi il know-how altrove?

Va detto che l’azienda nega di aver preso incentivi statali: il che è incredibile e forse non migliora le cose. Perché questo vuol dire che non c’è stato nemmeno un tentativo di usare la leva fiscale per rientrare dagli investimenti fatti. Appunto: o investimenti fatti con soldi pubblici o fatti con l’evidente conseguenza di peggiorare i conti dello stabilimento fiorentino.

La sensazione che si ha riguardo la fabbrica di Campi Bisenzio è che ci sia stata una pianificazione scientifica, e criminale, della sua inefficienza, per fornire alla direzione aziendale delle scuse da accampare nel giustificare la chiusura dello stabilimento.

Industria 4.0 vuol dire anche e soprattutto digitalizzazione: a fronte di svariati milioni di euro spesi per robot e macchinari all’avanguardia, alcuni dei quali assolutamente superflui all’interno della cella produttiva, l’operaio deve ancora compilare un modulo cartaceo per segnalare un malfunzionamento o un guasto. Questo significa essere all’avanguardia?

Le celle automatiche tradiscono all’origine i paradigmi dell’industria 4.0 anche su un altro piano, quello della sicurezza del lavoratore. Gli interventi per ripristinare il funzionamento della cella sono “emergenziali” e come tali non garantiscono la sicurezza dell’operaio e non ne proteggono la salute. Il flusso scarti generato dalle celle automatiche genera spesso un carico fisico non previsto e probabilmente nemmeno pianificato in termini di valutazione del rischio. Il che evidentemente pone problemi al riconoscimento del sorgere di eventuali malattie professionali.

La cattiva pianificazione del rapporto tra automazione e organizzazione del lavoro è riassunta dal numero degli scarti, aumentato in maniera vertiginosa.

É doveroso inoltre evidenziare come il maggior numero di macchinari e robot in fabbrica, comporta un incremento del consumo energetico, e quindi dell’impatto ambientale della produzione. Nonostante questo l’idea di dotare di pannelli solari lo stabilimento per compensare almeno in parte questo impatto aggiuntivo è stata rifiutata. Questo fa cadere ulteriormente in contraddizione l’azienda: essere un punto di riferimento per l’industria 4.0 comporta la fedeltà a uno dei punti programmatici della quarta rivoluzione industriale, ovvero la riduzione dell’impatto ambientale.

Gli elementi che abbiamo raccolto in questo confronto ci consentono di affermare che in caso di un via libera alla ripresa della produzione, esistono le condizioni per una seria e metodica ristrutturazione della linea per abbracciare i principi dell’industria 4.0, per coglierne tutti i vantaggi: migliori condizioni di lavoro, maggiore sicurezza, maggiore efficienza, e un aumento dei posti di lavoro.

La questione ulteriore che ci teniamo ad evidenziare è che come ingegneri siamo naturalmente tesi alla ricerca dell’innovazione tecnologica, ma vogliamo ribadire con forza che questa deve avvenire secondo una visione corretta: la nostra è quella di chi crede in macchine al servizio dell’uomo che aiutano l’operaio a svolgere meglio il suo lavoro e non lo sostituiscono.

Per concludere vorremmo fare una considerazione su una eventuale riconversione dello stabilimento: Confindustria, tramite Il Sole 24 Ore, ha difeso l’ondata di licenziamenti nel settore automotive (GKN, Timken, Gianetti Ruote) dando la colpa alla transizione all’elettrico. Ma le auto elettriche usano ancora il semiasse, le celle potrebbero essere riadattate e riconvertite e gli operai potrebbero riprendere la produzione.

Per lo stabilimento di Firenze, esistono sia margini di miglioramento quantitativo del processo sia di innovazione qualitativa. Li riassumiamo a grandi linee:

- Efficientamento reale dell’impatto dell’industria 4.0

- Interventi di ecosostenibilità sullo stabilimento (pannellatura fotovoltaica di tutto il tetto e della pensilina antistante)

- Riconversione di prodotto con la produzione anche di semiassi per mezzi di trasporto pubblici

- Potenziamento del reparto costruzione macchinari interno all’azienda con l’obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche e progettazione alle aziende del territorio, diventando un centro propulsore di una innovazione 4.0 socialmente sostenibile

- Creazione di un centro di formazione e progettazione integrato con il sistema universitario dove la ricerca pubblica possa sviluppare brevetti e soluzioni in sinergia con la sperimentazione pratica della produzione in fabbrica, mantenendo i brevetti pubblici e a disposizione del sistema produttivo del territorio

- L’azione sindacale in Gkn si è fortemente caratterizzata attorno al tema dell’ergonomia. La cultura ergonomica sedimentata si potrebbe sposare con la conoscenza di chi è in grado di progettare sistemi ergonomici, giungendo alla produzione di prodotti e soluzioni legate all’ergonomia (pensiamo ad esempio agli esoscheletri).

Per quanto ci riguarda la palla passa alla politica ora, noi le idee le abbiamo, che ne pensa la regione Toscana e il presidente Giani, che ancora recentemente è stato al Nuovo Pignone di Firenze magnificando l’industria 4.0?

Quando volete, siamo qui ai cancelli di GKN, pronti al confronto".

Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn

GLI OPERAI GKN E I GIOVANI INGEGNERI

Sta circolando un documento che dei giovani ingegneri hanno redatto dopo la discussione con gli operai della Gkn sulla fabbrica e le sue possibilità di riapertura. Non è bello leggere il testo in questione anche perché l’indipendenza degli operai della Gkn da tutte le influenze di altre classi era ed è un dato acquisito. Qui troviamo ancora fantasie, ancora false rappresentazioni sul contenuto reale del rapporto fra operai e il capitalista che li impiega. I due estremi del rapporto sanno di cosa si parla. Per gli operai vuol dire lavoro a salario, un vendere la forza lavoro per poter vivere, per l’imprenditore utilizzare questa forza lavoro per arricchirsi. Dalla comparsa della grande industria ogni miglioramento tecnologico è stato introdotto per far rendere di più l’attività di questa forza lavoro, rendere di più in termini di volume di produzione, di miglioramento della qualità delle merci prodotte, quando sembrava venisse in aiuto dell’operaio per alleggerire il sovraccarico di lavoro rendeva solo il consumo delle sue braccia fluido nel tempo e più rapide le sue prestazioni lavorative.
In mezzo a queste due figure estreme del rapporto di produzione si producono altre necessarie componenti, che interpretano la realtà dal loro particolare punto di vista e tendenzialmente confondono lucciole per lanterne. Si può chiedere ad un ingegnere, che si colloca come la personificazione della scienza e della tecnologia, un giudizio sulla funzione della scienza per il capitale, sull’uso capitalistico del macchinario? L’unica critica che saprà esprimere sarà sul livello di scienza e tecnologia che viene applicata alla produzione. I rapporti sociali entro cui la produzione si sviluppa e cioè il fatto che si faccia sotto gli interessi di azionisti a loro poco importa. La fabbrica 4.0 che è digitalizzazione totale del processo produttivo, che è un prodotto conseguente dello sviluppo tecnologico ha un solo problema: in quanto si sviluppa in mezzo all’antagonismo fra operai e capitale ha il marchio di essere il nuovo moderno strumento per succhiare dalla forza lavoro più linfa vitale, di controllarne meglio i movimenti per asservirla al macchinario con più continuità.
Chi ha passato una vita in fabbrica sa ed ha sperimentato che qualunque innovazione tecnologica, anche quando si è presentata come un miglioramento della condizione lavorativa, si è dimostrata come una forza nelle mani del comando di fabbrica per imporre maggiore produttività, un consumo più pulito ed intenso della forza lavoro. Un ingegnere se volesse schierarsi dalla parte degli operai dovrebbe spiegare ad essi come la tecnologia e la scienza marchiate capitalisticamente sono uno strumento per rendere sempre più gli operai schiavi moderni, che il loro lavoro gli diventa sempre più estraneo, che il frutto del lavoro alienato è la fonte della ricchezza dei loro “imprenditori”.
Siamo ben lontani dal chiedere ai manager di applicare con coerenza la fabbrica 4.0, ci pensano già loro, senza mitizzarla come fanno i loro futuri collaboratori. Semmai a noi operai toccherà resistere agli effetti che produrrà sulla nostra attività lavorativa, sul fatto innegabile che il capo potrà controllarci con più facilità, e qualunque operaio sa di cosa si sta parlando, sul fatto altrettanto innegabile che razionalizzando la produzione, a parità di livello di capacità dei mercati, produrrà più esuberi, più operai in sovrappiù.
Un qualunque ingegnere che volesse spezzare una lancia a favore degli operai dovrebbe parlare di possibilità data di ridurre la giornata lavorativa, di raddoppiare i salari operai come possibilità reale della fabbrica 4.0, a condizione però che venga capovolto il rapporto fra lavoro salariato e capitale, che le fabbriche vengano tutte espropriate. Queste note brevissime sono un contributo alle osservazioni degli ingegneri alla vicenda della Gkn affinché il loro intervento non copra la verità.
Chi ha condannato a morte lo stabilimento non è questo o quel livello di realizzazione della fabbrica 4.0, che per proseguire la produzione c’è bisogno di questo o quel miglioramento tecnico. Chi ha condannato a morte lo stabilimento è il profitto dell’azionista, ed è con lui e tutti i suoi sostenitori che bisogna vedersela. La domanda che ora si stanno ponendo è quanto costerà loro la chiusura e se costerà tanto da renderla impraticabile, ma ciò dipende dalla forza operaia, su questa strada gli operai Gkn hanno dimostrato di saperci fare.
E. A.

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