Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn
"Come gruppo di ingegneri, alcuni dei quali ricercatori universitari, solidali con gli operai GKN, abbiamo avuto un confronto riguardo le criticità presenti in fabbrica. Ci siamo chiesti se ci fosse margine di miglioramento nella linea di produzione e come implementare eventuali migliorie. Tutto questo per permettere la ripresa della produzione, sostituendo alla catena di comando manageriale una sinergia collettiva tra chi facendo ricerca e progettazione sviluppa linee di produzione, processi di automazione ecc.; e chi, con la presenza quotidiana davanti alle macchine, ha sviluppato più di chiunque altro la coscienza di cosa significa una produzione efficiente, non alienante e che non comporti usura fisica per l’operaio.
“GKN è un’azienda all’avanguardia, altamente automatizzata e punto di riferimento per l’industria 4.0”: questo era lo slogan del management aziendale.
La verità emersa dalla discussione con gli operai è però molto diversa: un ammodernamento 4.0
totalmente travisato e frainteso, con una automazione industriale che si dimentica dei suoi obiettivi primari, ovvero un efficientamento produttivo subordinato al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute del lavoratore.Abbiamo potuto constatare come gli investimenti per l’automazione, soprattutto per i bracci robotici, ci sono, ma questo non basta a rendere uno stabilimento coerente con il concetto di industria 4.0. Questi investimenti sono stati fatti in modo assolutamente non ponderato, in una serie di interventi sulle celle di produzione che hanno un sapore pubblicitario invece che di efficientamento produttivo. Le celle infatti sembrano dei prototipi, adatti forse a un reparto di ricerca e sviluppo che le debba ottimizzare, ma assolutamente inadeguate per volumi produttivi ampi. In altre parole, l’unico vantaggio economico della robotica implementata nello stabilimento è quello venuto dagli eventuali incentivi statali.
Da queste osservazioni scaturiscono alcune domande: c’era davvero da parte del management GKN l’intenzione di creare una fabbrica all’avanguardia, o si voleva usufruire dei contributi statali per comprare dei macchinari da delocalizzare poi, a fabbrica chiusa, in altri paesi? C’era effettivamente l’intenzione di cogliere le opportunità dell’industria 4.0 ed implementarle nello stabilimento, o si voleva creare solo un impianto di collaudo per soluzioni automatiche e trasferire poi il know-how altrove?
Va detto che l’azienda nega di aver preso incentivi statali: il che è incredibile e forse non migliora le cose. Perché questo vuol dire che non c’è stato nemmeno un tentativo di usare la leva fiscale per rientrare dagli investimenti fatti. Appunto: o investimenti fatti con soldi pubblici o fatti con l’evidente conseguenza di peggiorare i conti dello stabilimento fiorentino.
La sensazione che si ha riguardo la fabbrica di Campi Bisenzio è che ci sia stata una pianificazione scientifica, e criminale, della sua inefficienza, per fornire alla direzione aziendale delle scuse da accampare nel giustificare la chiusura dello stabilimento.
Industria 4.0 vuol dire anche e soprattutto digitalizzazione: a fronte di svariati milioni di euro spesi per robot e macchinari all’avanguardia, alcuni dei quali assolutamente superflui all’interno della cella produttiva, l’operaio deve ancora compilare un modulo cartaceo per segnalare un malfunzionamento o un guasto. Questo significa essere all’avanguardia?
Le celle automatiche tradiscono all’origine i paradigmi dell’industria 4.0 anche su un altro piano, quello della sicurezza del lavoratore. Gli interventi per ripristinare il funzionamento della cella sono “emergenziali” e come tali non garantiscono la sicurezza dell’operaio e non ne proteggono la salute. Il flusso scarti generato dalle celle automatiche genera spesso un carico fisico non previsto e probabilmente nemmeno pianificato in termini di valutazione del rischio. Il che evidentemente pone problemi al riconoscimento del sorgere di eventuali malattie professionali.
La cattiva pianificazione del rapporto tra automazione e organizzazione del lavoro è riassunta dal numero degli scarti, aumentato in maniera vertiginosa.
É doveroso inoltre evidenziare come il maggior numero di macchinari e robot in fabbrica, comporta un incremento del consumo energetico, e quindi dell’impatto ambientale della produzione. Nonostante questo l’idea di dotare di pannelli solari lo stabilimento per compensare almeno in parte questo impatto aggiuntivo è stata rifiutata. Questo fa cadere ulteriormente in contraddizione l’azienda: essere un punto di riferimento per l’industria 4.0 comporta la fedeltà a uno dei punti programmatici della quarta rivoluzione industriale, ovvero la riduzione dell’impatto ambientale.
Gli elementi che abbiamo raccolto in questo confronto ci consentono di affermare che in caso di un via libera alla ripresa della produzione, esistono le condizioni per una seria e metodica ristrutturazione della linea per abbracciare i principi dell’industria 4.0, per coglierne tutti i vantaggi: migliori condizioni di lavoro, maggiore sicurezza, maggiore efficienza, e un aumento dei posti di lavoro.
La questione ulteriore che ci teniamo ad evidenziare è che come ingegneri siamo naturalmente tesi alla ricerca dell’innovazione tecnologica, ma vogliamo ribadire con forza che questa deve avvenire secondo una visione corretta: la nostra è quella di chi crede in macchine al servizio dell’uomo che aiutano l’operaio a svolgere meglio il suo lavoro e non lo sostituiscono.
Per concludere vorremmo fare una considerazione su una eventuale riconversione dello stabilimento: Confindustria, tramite Il Sole 24 Ore, ha difeso l’ondata di licenziamenti nel settore automotive (GKN, Timken, Gianetti Ruote) dando la colpa alla transizione all’elettrico. Ma le auto elettriche usano ancora il semiasse, le celle potrebbero essere riadattate e riconvertite e gli operai potrebbero riprendere la produzione.
Per lo stabilimento di Firenze, esistono sia margini di miglioramento quantitativo del processo sia di innovazione qualitativa. Li riassumiamo a grandi linee:
- Efficientamento reale dell’impatto dell’industria 4.0
- Interventi di ecosostenibilità sullo stabilimento (pannellatura fotovoltaica di tutto il tetto e della pensilina antistante)
- Riconversione di prodotto con la produzione anche di semiassi per mezzi di trasporto pubblici
- Potenziamento del reparto costruzione macchinari interno all’azienda con l’obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche e progettazione alle aziende del territorio, diventando un centro propulsore di una innovazione 4.0 socialmente sostenibile
- Creazione di un centro di formazione e progettazione integrato con il sistema universitario dove la ricerca pubblica possa sviluppare brevetti e soluzioni in sinergia con la sperimentazione pratica della produzione in fabbrica, mantenendo i brevetti pubblici e a disposizione del sistema produttivo del territorio
- L’azione sindacale in Gkn si è fortemente caratterizzata attorno al tema dell’ergonomia. La cultura ergonomica sedimentata si potrebbe sposare con la conoscenza di chi è in grado di progettare sistemi ergonomici, giungendo alla produzione di prodotti e soluzioni legate all’ergonomia (pensiamo ad esempio agli esoscheletri).
Per quanto ci riguarda la palla passa alla politica ora, noi le idee le abbiamo, che ne pensa la regione Toscana e il presidente Giani, che ancora recentemente è stato al Nuovo Pignone di Firenze magnificando l’industria 4.0?
Quando volete, siamo qui ai cancelli di GKN, pronti al confronto".
Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn
Mentre Giorgetti oggi non perde l'ennesima occasione per straparlare di compratori privati futuri, senza alcuna indicazione chiara, noi confermiamo di poter far ripartire la fabbrica più e meglio di prima. Il seguente documento è redatto da un gruppo di giovani ingegneri passati qua a discutere con gli operai della situazione della fabbrica, dei possibili piani di miglioramento e di sviluppo. Lo riportiamo integralmente.
"Come gruppo di ingegneri, alcuni dei quali ricercatori universitari, solidali con gli operai GKN, abbiamo avuto un confronto riguardo le criticità presenti in fabbrica. Ci siamo chiesti se ci fosse margine di miglioramento nella linea di produzione e come implementare eventuali migliorie. Tutto questo per permettere la ripresa della produzione, sostituendo alla catena di comando manageriale una sinergia collettiva tra chi facendo ricerca e progettazione sviluppa linee di produzione, processi di automazione ecc.; e chi, con la presenza quotidiana davanti alle macchine, ha sviluppato più di chiunque altro la coscienza di cosa significa una produzione efficiente, non alienante e che non comporti usura fisica per l’operaio.
“GKN è un’azienda all’avanguardia, altamente automatizzata e punto di riferimento per l’industria 4.0”: questo era lo slogan del management aziendale.
La verità emersa dalla discussione con gli operai è però molto diversa: un ammodernamento 4.0 totalmente travisato e frainteso, con una automazione industriale che si dimentica dei suoi obiettivi primari, ovvero un efficientamento produttivo subordinato al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute del lavoratore.
Abbiamo potuto constatare come gli investimenti per l’automazione, soprattutto per i bracci robotici, ci sono, ma questo non basta a rendere uno stabilimento coerente con il concetto di industria 4.0. Questi investimenti sono stati fatti in modo assolutamente non ponderato, in una serie di interventi sulle celle di produzione che hanno un sapore pubblicitario invece che di efficientamento produttivo. Le celle infatti sembrano dei prototipi, adatti forse a un reparto di ricerca e sviluppo che le debba ottimizzare, ma assolutamente inadeguate per volumi produttivi ampi. In altre parole, l’unico vantaggio economico della robotica implementata nello stabilimento è quello venuto dagli eventuali incentivi statali.
Da queste osservazioni scaturiscono alcune domande: c’era davvero da parte del management GKN l’intenzione di creare una fabbrica all’avanguardia, o si voleva usufruire dei contributi statali per comprare dei macchinari da delocalizzare poi, a fabbrica chiusa, in altri paesi? C’era effettivamente l’intenzione di cogliere le opportunità dell’industria 4.0 ed implementarle nello stabilimento, o si voleva creare solo un impianto di collaudo per soluzioni automatiche e trasferire poi il know-how altrove?
Va detto che l’azienda nega di aver preso incentivi statali: il che è incredibile e forse non migliora le cose. Perché questo vuol dire che non c’è stato nemmeno un tentativo di usare la leva fiscale per rientrare dagli investimenti fatti. Appunto: o investimenti fatti con soldi pubblici o fatti con l’evidente conseguenza di peggiorare i conti dello stabilimento fiorentino.
La sensazione che si ha riguardo la fabbrica di Campi Bisenzio è che ci sia stata una pianificazione scientifica, e criminale, della sua inefficienza, per fornire alla direzione aziendale delle scuse da accampare nel giustificare la chiusura dello stabilimento.
Industria 4.0 vuol dire anche e soprattutto digitalizzazione: a fronte di svariati milioni di euro spesi per robot e macchinari all’avanguardia, alcuni dei quali assolutamente superflui all’interno della cella produttiva, l’operaio deve ancora compilare un modulo cartaceo per segnalare un malfunzionamento o un guasto. Questo significa essere all’avanguardia?
Le celle automatiche tradiscono all’origine i paradigmi dell’industria 4.0 anche su un altro piano, quello della sicurezza del lavoratore. Gli interventi per ripristinare il funzionamento della cella sono “emergenziali” e come tali non garantiscono la sicurezza dell’operaio e non ne proteggono la salute. Il flusso scarti generato dalle celle automatiche genera spesso un carico fisico non previsto e probabilmente nemmeno pianificato in termini di valutazione del rischio. Il che evidentemente pone problemi al riconoscimento del sorgere di eventuali malattie professionali.
La cattiva pianificazione del rapporto tra automazione e organizzazione del lavoro è riassunta dal numero degli scarti, aumentato in maniera vertiginosa.
É doveroso inoltre evidenziare come il maggior numero di macchinari e robot in fabbrica, comporta un incremento del consumo energetico, e quindi dell’impatto ambientale della produzione. Nonostante questo l’idea di dotare di pannelli solari lo stabilimento per compensare almeno in parte questo impatto aggiuntivo è stata rifiutata. Questo fa cadere ulteriormente in contraddizione l’azienda: essere un punto di riferimento per l’industria 4.0 comporta la fedeltà a uno dei punti programmatici della quarta rivoluzione industriale, ovvero la riduzione dell’impatto ambientale.
Gli elementi che abbiamo raccolto in questo confronto ci consentono di affermare che in caso di un via libera alla ripresa della produzione, esistono le condizioni per una seria e metodica ristrutturazione della linea per abbracciare i principi dell’industria 4.0, per coglierne tutti i vantaggi: migliori condizioni di lavoro, maggiore sicurezza, maggiore efficienza, e un aumento dei posti di lavoro.
La questione ulteriore che ci teniamo ad evidenziare è che come ingegneri siamo naturalmente tesi alla ricerca dell’innovazione tecnologica, ma vogliamo ribadire con forza che questa deve avvenire secondo una visione corretta: la nostra è quella di chi crede in macchine al servizio dell’uomo che aiutano l’operaio a svolgere meglio il suo lavoro e non lo sostituiscono.
Per concludere vorremmo fare una considerazione su una eventuale riconversione dello stabilimento: Confindustria, tramite Il Sole 24 Ore, ha difeso l’ondata di licenziamenti nel settore automotive (GKN, Timken, Gianetti Ruote) dando la colpa alla transizione all’elettrico. Ma le auto elettriche usano ancora il semiasse, le celle potrebbero essere riadattate e riconvertite e gli operai potrebbero riprendere la produzione.
Per lo stabilimento di Firenze, esistono sia margini di miglioramento quantitativo del processo sia di innovazione qualitativa. Li riassumiamo a grandi linee:
- Efficientamento reale dell’impatto dell’industria 4.0
- Interventi di ecosostenibilità sullo stabilimento (pannellatura fotovoltaica di tutto il tetto e della pensilina antistante)
- Riconversione di prodotto con la produzione anche di semiassi per mezzi di trasporto pubblici
- Potenziamento del reparto costruzione macchinari interno all’azienda con l’obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche e progettazione alle aziende del territorio, diventando un centro propulsore di una innovazione 4.0 socialmente sostenibile
- Creazione di un centro di formazione e progettazione integrato con il sistema universitario dove la ricerca pubblica possa sviluppare brevetti e soluzioni in sinergia con la sperimentazione pratica della produzione in fabbrica, mantenendo i brevetti pubblici e a disposizione del sistema produttivo del territorio
- L’azione sindacale in Gkn si è fortemente caratterizzata attorno al tema dell’ergonomia. La cultura ergonomica sedimentata si potrebbe sposare con la conoscenza di chi è in grado di progettare sistemi ergonomici, giungendo alla produzione di prodotti e soluzioni legate all’ergonomia (pensiamo ad esempio agli esoscheletri).
Per quanto ci riguarda la palla passa alla politica ora, noi le idee le abbiamo, che ne pensa la regione Toscana e il presidente Giani, che ancora recentemente è stato al Nuovo Pignone di Firenze magnificando l’industria 4.0?
Quando volete, siamo qui ai cancelli di GKN, pronti al confronto".
Ingegneri solidali con il Collettivo di fabbrica e l'assemblea permanente dei lavoratori Gkn
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