Sui
Principi del Leninismo di J.Stalin
Checchè
se ne possa dire, Stalin è stato un grande interprete di Lenin...
E'
un'analisi attenta sin dai primi passi, quella fatta da Stalin nel
suo scritto “Principi del Leninismo” perché
la sua attenzione sulla scientificità di quanto, prima detto da Marx
ed Engels e poi da Lenin doveva essere trasmessa in modo corretto e
senza ambiguità a coloro che sarebbero stati le future
avanguardie di quella dittatura del proletariato, che esisteva in una Unione Sovietica provata da decenni di guerre e di lutti solo per
quelle grandi intuizioni!
Nei gruppi di studio dei circoli di
quest'anno, abbiamo sudare nonostante il freddo
dell'inverno e le ore piccole fatte in sede, ma anche noi non possiamo
che essere riconoscenti nei confronti di Stalin per quanto
riguarda il libro e del grande lavoro di approfondimento svolto sugli
appunti-parallelismo Lenin-Mao.
In questa
fase, cercherò di riepilogare quanto meglio mi sarà possibile,
tutto ciò che ho tratto dai due scritti
Ritornamdo
a P.L.
Bisogna
precisare che il libro è scritto da uno Stalin non più giovane, nel
pieno della sua maturità umana e politica e che non ha ceduto ancora
a quella sorta di “boria senile” che gli ultimi anni della sua
vita, lo porta a tutta una serie di errori che consegnerà la
rivoluzione nelle mani del revisionismo di Nikita Sergeevič Chruščёv
. . . ma questa come si suol dire è un'altra storia.
Come lo
stesso Stalin dice nella premessa del libro, per esaurire l'argomento
ci vorrebbe un'intera serie di libri e quindi egli stesso lo
considera solo un sunto del Leninismo e quindi stabilisce che è
del fenomeno internazionale che bisogna parlare, perché il Leninismo
è il Marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione
proletaria.
Nell'approfondimento fatto dal nostro opuscolo si
evidenzia sin dall'inizio, come il lavoro di Mao abbia seguito le
tracce (nello stesso modo di Lenin) del Marxismo, “innovandolo”
se così possiamo dire, con il suo contributo. Come Lenin ha
infatti ridato vita al contenuto rivoluzionario del Marxismo,
Mao lo ha fatto col Marxismo-Leninismo.
Il
Leninismo nasce e prende forma proprio quando le contraddizioni del
capitalismo raggiungono il “massimo” e la rivoluzione diventa
un problema attuale, avendo la classe operaia concluso il
periodo di preparazione e si trova pronta per l'assalto diretto al
capitalismo.
Lenin
parla di tre contraddizioni fondamentali che abbiamo
analizzato profondamente nel corso dello studio :
1.
Contraddizione tra lavoro e capitale
2.
Contraddizione fra diversi gruppi finanziari e diverse potenze
imperialiste
3.
Contraddizione tra nazioni “civili” dominanti e centinaia di
milioni di uomini appartenenti ai popoli coloniali e
dipendenti del mondo.
Già
dall'inizio dello studio, vengo colpito da ciò che Stalin chiama METODO “fra
Marx ed Engels da una parte e Lenin dall’altra, si stende tutto il
periodo del dominio dell’opportunismo della II Internazionale”
e poi ancora “ non si tratta di un dominio formale
dell’opportunismo, bensì di un dominio di fatto. Formalmente, a
capo della II Internazionale vi erano dei marxisti «ortodossi» come
Kautsky ed altri. In realtà, l’attività fondamentale della II
Internazionale si svolgeva sulla linea dell’opportunismo. Gli
opportunisti si adattavano alla borghesia in virtù della loro natura
adattabile, piccolo-borghese; gli «ortodossi», a loro volta, si
adattavano agli opportunisti nell’interesse del «mantenimento
dell’unità» con gli opportunisti, nell’interesse della «pace
nel partito». Il risultato era il dominio dell’opportunismo,
poiché si creava tra la politica della borghesia e la politica degli
«ortodossi» una catena ininterrotta.”
Si
intuisce da subito come Stalin sia grande e profondo
conoscitore-interprete di Lenin e come grande sia il suo sforzo per
formare le giovani avanguardie del partito. Perché la rivoluzione
non si accartocci su se stessa, gli studenti e i giovani in genere,
devono capire il METODO, devono rendersi da subito conto che teoria e
pratica sono complementari e che non si costruisce “rivoluzione”
in mancanza di uno dei due elementi. Mao, anni dopo, riuscirà a
completare, alla luce di nuovi eventi (e grazie agli errori
dell'ultimo Stalin) l'interpretazione del Marxismo Leninismo . . .
tutto ciò risulta comunque evidente nello studio “parallelo”
dell'opuscolo di approfondimento
Nel
capitolo successivo, Stalin affronta direttamente il problema e
comincia a parlare di teoria trattando
le 3 questioni fondamentali: a) l’importanza della teoria per
il movimento proletario; b) la critica della «teoria» della
spontaneità e c) la teoria della rivoluzione proletaria.
E' proprio
qui, a mio giudizio, che “lo scritto” si evolve . . . il secondo
punto mi sembra basilare perché reale è il pericolo al quale va
incontro il proletariato se non ha risolto (o capito) la questione.
La
teoria del culto della spontaneità è decisamente ostile al
carattere rivoluzionario del movimento operaio, non vuole che il
movimento si diriga secondo la linea della lotta contro le basi del
capitalismo, vuole che il movimento segua esclusivamente la linea
delle rivendicazioni che possono essere «attuate», «accettate»
dal capitalismo, è totalmente favorevole alla «linea della minore
resistenza». La teoria della spontaneità è l’ideologia del
tradunionismo.
L'esempio
lo hanno a portata di mano, i comunisti che vivono in Italia; la
storia del PCI post-gramsciano e le sue scelte revisioniste che si
incarnavano poi nella politica del suo sindacato, abbandonando del
tutto lo spirito rivoluzionario e le stesse esigenze che la “guerra
partigiana” aveva espresso, ne sono eterni testimoni.
Nell'opuscolo
parallelo ho evidenziato
la frase che riguardo alla teoria della spontaneità, dice “
si oppone essenzialmente al carattere rivoluzionario del movimento
operaio “ e poi ancora “ ...nel movimento operaio
essa assume le vesti tradizionali del sindacalismo in tutte le sue
forme, fino all'anarcosindacalismo.”
E' “Sulla
Dittatura del Proletariato”, proseguendo lo studio di quest'anno
e precisamente sull'opuscolo, dopo un attento studio di PL, che
capisco, gioco di parole, di aver capito bene quanto detto in
precedenza e cioè che LA DITTATURA DEL PROLETARIATO E' IL
CONTENUTO ESSENZIALE DELLA RIVOLUZIONE, perché è attraverso di
essa che tutto quanto, prende corpo.
Anche in
questo caso, Stalin ne traccia, sviluppandole ampiamente, le tre
linee principali: a) la dittatura del proletariato, strumento
della rivoluzione proletaria; b) la dittatura del proletariato,
dominio del proletariato sulla borghesia; c) il potere dei Soviet,
forma statale della dittatura del proletariato.
Procedendo
in questo modo, affrontiamo la questione
contadina.
E' interessante il passaggio, nell'opuscolo di approfondimento, in cui pur
premettendo come prima Lenin e poi Mao affrontano la questione
. . . si insiste giustamente che secondo PL è il ruolo del
proletariato ad essere centrale e che i contadini possono e devono
rappresentare una sorta di “riserva”, sfatando le tendenze
destroidi che ne esaltano il ruolo per farne alleati della borghesia.
Il ruolo del proletariato come “centrale” lo diamo per scontato
ma bisogna fare attenzione anche a quelle “tendenze di sinistra”
che negano l'importanza dell'alleanza con i contadini nella
rivoluzione proletaria.
Stalin,
infatti conclude il capitolo con delle semplici domande-risposte che
semplificano il quadro di quanto, a una prima lettura può sembrare
poco chiaro:
“Che
cosa dicono tutti questi fatti?
Che
gli scettici hanno torto.
Che
ha ragione il leninismo, il quale considera le masse lavoratrici dei
contadini come una riserva del proletariato.
Che
il proletariato al potere può e deve utilizzare questa riserva per
saldare l’industria con l’agricoltura, far progredire
l’edificazione socialista e assicurare alla dittatura del
proletariato quella base indispensabile, senza la quale non è
possibile passare all’economia socialista.”
La
questione nazionale può dividersi in due
punti, anzi Stalin la divide proprio in 2 punti: a) l’impostazione
del problema; b) il movimento di liberazione dei popoli oppressi e la
rivoluzione proletaria.
Stalin
inizia col mettere uno spartiacque tra quella che rappresentava la
questione nazionale ai tempi della II internazionale e quella dei
tempi del Leninismo.
Scrive
: “...Prima, la questione nazionale
si riduceva di solito a un gruppo ristretto di problemi che
riguardavano, per lo più, le nazioni «civili». Irlandesi,
ungheresi, polacchi, finlandesi, serbi e alcune altre nazionalità
dell’Europa . . .questo era il gruppo di popoli, privati
dell’eguaglianza di diritti, delle cui sorti s’interessavano gli
eroi della II Internazionale... Il leninismo ha smascherato questa
disparità scandalosa; ha abbattuto la barriera che separava bianchi
e negri, europei e asiatici, schiavi dell’imperialismo «civili» e
«non civili», collegando, in questo modo, il problema nazionale al
problema delle colonie. Così la questione nazionale si è
trasformata, da questione particolare interna di uno stato singolo,
in questione generale e internazionale . . . “
Ma non è
solo questo che da luce al capitolo intero . . . la lettura
dell'opuscolo di approfondimento ci aiuta a capire più chiaramente che “la validità
del Leninismo resta nella caratterizzazione di fondo dei tratti
dell'imperialismo e del rapporto tra la lotta dei proletari dei paesi
imperialisti e la lotta dei popoli oppressi . . . la questione
nazionale non può essere trattata come – a se stante – ma va
collegata necessariamente alla questione generale del potere del
capitale, del rovesciamento dell'imperialismo e della rivoluzione
proletaria...”.
Lo
studio del settimo capitolo di PL è in particolar modo interessante,
sia perché prelude alla parte finale che riguarda IL PARTITO, sia
perchè i punti trattati, sono essenziali per capire di cosa si parla
quando di dice RIVOLUZIONE perché ne indica le tappe e spiega con
estrema chiarezza cosa siano strategia e tattica, anzi le indica come
Scienza della lotta di classe del
proletariato . Oltremodo
interessante anzi basilare è il punto che riguarda il
riformismo e il rivoluzionarismo.
Nell'opuscolo di approfondimento si precisa che particolare attenzione deve essere
concentrata sul terzo punto “i flussi e i riflussi del
movimento e la tattica” perché risulta scientifico che una volta adottata
la direttiva, bisogna seguirla senza cedimenti pur attraverso le
mille difficoltà e complessità del cammino.
Arriviamo
così a quella che a tutti coloro che hanno partecipato ai fruppi di studio nei circoli è sembrata la parte più bella di
tutto il testo, cioè quella che
riguarda IL PARTITO .
L'opuscolo inizia con una frase
fondamentale “Collocare il capitolo
sul Partito di Principi del Leninismo di Stalin ai nostri tempi ci è
utile per descrivere le ragioni del fallimento dei partiti
revisionisti e opportunisti dell'estrema sinistra che sono stati una
riedizione in piccolo dei partiti della II internazionale . . . “
E poi spiega, nell'evoluzione dello
scritto, il come e perché e quali siano le differenze. E ancora
dall'opuscolo vieni fuori un'altra verità che già Stalin citava nel
libro e cioè che la rivoluzione e il suo mantenimento, quindi la
dittatura del proletariato, non può essere affidata a militanti che
si sono formati nei vecchi partiti dell'estrema sinistra.
Il libro e
l'opuscolo, pur se provenienti da epoche e realtà storiche diverse,
dimostrano come il Marxismo Leninismo Maoismo sia una vera scienza,
nulla è dato al caso e forse nulla è inventato . . . perché nella
realtà la scienza non inventa ma scopre o riscopre.
Mi piace
la conclusione dell'opuscolo quando dice che lo slancio
rivoluzionario se non è unito al senso pratico e allo stile di
lavoro non porta di per se stesso alla rivoluzione e quindi alla
dittatura del proletariato. Voglio concludere citando Mao: Servire il popolo, cioè “slancio rivoluzionario –
senso pratico – servire il popolo” !
RedForever
agosto 2014
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