mercoledì 10 settembre 2014

pc 10 settembre - Dall'attivo nazionale di proletari comunisti - un intervento

Sui Principi del Leninismo di J.Stalin

Checchè se ne possa dire, Stalin è stato un grande interprete di Lenin...
E' un'analisi attenta sin dai primi passi, quella fatta da Stalin nel suo scritto “Principi del Leninismo” perché la sua attenzione sulla scientificità di quanto, prima detto da Marx ed Engels e poi da Lenin doveva essere trasmessa in modo corretto e senza ambiguità a coloro che sarebbero stati le future avanguardie di quella dittatura del proletariato, che esisteva in una Unione Sovietica provata da decenni di guerre e di lutti solo per quelle grandi intuizioni!
Nei gruppi di studio dei circoli di quest'anno, abbiamo sudare nonostante il freddo dell'inverno e le ore piccole fatte in sede, ma anche noi non possiamo che essere riconoscenti nei confronti di Stalin per quanto riguarda il libro e del grande lavoro di approfondimento svolto sugli appunti-parallelismo Lenin-Mao.
In questa fase, cercherò di riepilogare quanto meglio mi sarà possibile, tutto ciò che ho tratto dai due scritti
Ritornamdo a P.L.
Bisogna precisare che il libro è scritto da uno Stalin non più giovane, nel pieno della sua maturità umana e politica e che non ha ceduto ancora a quella sorta di “boria senile” che gli ultimi anni della sua vita, lo porta a tutta una serie di errori che consegnerà la rivoluzione nelle mani del revisionismo di Nikita Sergeevič Chruščёv . . . ma questa come si suol dire è un'altra storia.
Come lo stesso Stalin dice nella premessa del libro, per esaurire l'argomento ci vorrebbe un'intera serie di libri e quindi egli stesso lo considera solo un sunto del Leninismo e quindi stabilisce che è del fenomeno internazionale che bisogna parlare, perché il Leninismo è il Marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria.
Nell'approfondimento fatto dal nostro opuscolo  si evidenzia sin dall'inizio, come il lavoro di Mao abbia seguito le tracce (nello stesso modo di Lenin) del Marxismo, “innovandolo” se così possiamo dire, con il suo contributo. Come Lenin ha infatti ridato vita al contenuto rivoluzionario del Marxismo, Mao lo ha fatto col Marxismo-Leninismo.
Il Leninismo nasce e prende forma proprio quando le contraddizioni del capitalismo raggiungono il “massimo” e la rivoluzione diventa un problema attuale, avendo la classe operaia concluso il periodo di preparazione e si trova pronta per l'assalto diretto al capitalismo.
Lenin parla di tre contraddizioni fondamentali che abbiamo analizzato profondamente nel corso dello studio  :
1. Contraddizione tra lavoro e capitale
2. Contraddizione fra diversi gruppi finanziari e diverse potenze imperialiste
3. Contraddizione tra nazioni “civili” dominanti e centinaia di milioni di uomini appartenenti ai popoli coloniali e dipendenti del mondo.
Già dall'inizio dello studio, vengo colpito da ciò che Stalin chiama METODO “fra Marx ed Engels da una parte e Lenin dall’altra, si stende tutto il periodo del dominio dell’opportunismo della II Internazionale e poi ancora non si tratta di un dominio formale dell’opportunismo, bensì di un dominio di fatto. Formalmente, a capo della II Internazionale vi erano dei marxisti «ortodossi» come Kautsky ed altri. In realtà, l’attività fondamentale della II Internazionale si svolgeva sulla linea dell’opportunismo. Gli opportunisti si adattavano alla borghesia in virtù della loro natura adattabile, piccolo-borghese; gli «ortodossi», a loro volta, si adattavano agli opportunisti nell’interesse del «mantenimento dell’unità» con gli opportunisti, nell’interesse della «pace nel partito». Il risultato era il dominio dell’opportunismo, poiché si creava tra la politica della borghesia e la politica degli «ortodossi» una catena ininterrotta.

Si intuisce da subito come Stalin sia  grande e profondo conoscitore-interprete di Lenin e come grande sia il suo sforzo per formare le giovani avanguardie del partito. Perché la rivoluzione non si accartocci su se stessa, gli studenti e i giovani in genere, devono capire il METODO, devono rendersi da subito conto che teoria e pratica sono complementari e che non si costruisce “rivoluzione” in mancanza di uno dei due elementi. Mao, anni dopo, riuscirà a completare, alla luce di nuovi eventi (e grazie agli errori dell'ultimo Stalin) l'interpretazione del Marxismo Leninismo . . . tutto ciò risulta comunque evidente nello studio “parallelo” dell'opuscolo di approfondimento

Nel capitolo successivo, Stalin affronta direttamente il problema e comincia a parlare di teoria trattando le 3 questioni fondamentali: a) l’importanza della teoria per il movimento proletario; b) la critica della «teoria» della spontaneità e c) la teoria della rivoluzione proletaria.

E' proprio qui, a mio giudizio, che “lo scritto” si evolve . . . il secondo punto mi sembra basilare perché reale è il pericolo al quale va incontro il proletariato se non ha risolto (o capito) la questione.
La teoria del culto della spontaneità è decisamente ostile al carattere rivoluzionario del movimento operaio, non vuole che il movimento si diriga secondo la linea della lotta contro le basi del capitalismo, vuole che il movimento segua esclusivamente la linea delle rivendicazioni che possono essere «attuate», «accettate» dal capitalismo, è totalmente favorevole alla «linea della minore resistenza». La teoria della spontaneità è l’ideologia del tradunionismo.

L'esempio lo hanno a portata di mano, i comunisti che vivono in Italia; la storia del PCI post-gramsciano e le sue scelte revisioniste che si incarnavano poi nella politica del suo sindacato, abbandonando del tutto lo spirito rivoluzionario e le stesse esigenze che la “guerra partigiana” aveva espresso, ne sono eterni testimoni.
Nell'opuscolo parallelo ho evidenziato la frase che riguardo alla teoria della spontaneità, dice “ si oppone essenzialmente al carattere rivoluzionario del movimento operaio “ e poi ancora “ ...nel movimento operaio essa assume le vesti tradizionali del sindacalismo in tutte le sue forme, fino all'anarcosindacalismo.”

E' “Sulla Dittatura del Proletariato”, proseguendo lo studio di quest'anno e precisamente sull'opuscolo, dopo un attento studio di PL, che capisco, gioco di parole, di aver capito bene quanto detto in precedenza e cioè che LA DITTATURA DEL PROLETARIATO E' IL CONTENUTO ESSENZIALE DELLA RIVOLUZIONE, perché è attraverso di essa che tutto quanto, prende corpo.
Anche in questo caso, Stalin ne traccia, sviluppandole ampiamente, le tre linee principali: a) la dittatura del proletariato, strumento della rivoluzione proletaria; b) la dittatura del proletariato, dominio del proletariato sulla borghesia; c) il potere dei Soviet, forma statale della dittatura del proletariato.

Procedendo in questo modo, affrontiamo la questione contadina.
E' interessante il passaggio, nell'opuscolo di approfondimento, in cui pur premettendo come prima Lenin e poi Mao affrontano la questione . . . si insiste giustamente che secondo PL è il ruolo del proletariato ad essere centrale e che i contadini possono e devono rappresentare una sorta di “riserva”, sfatando le tendenze destroidi che ne esaltano il ruolo per farne alleati della borghesia. Il ruolo del proletariato come “centrale” lo diamo per scontato ma bisogna fare attenzione anche a quelle “tendenze di sinistra” che negano l'importanza dell'alleanza con i contadini nella rivoluzione proletaria.
Stalin, infatti conclude il capitolo con delle semplici domande-risposte che semplificano il quadro di quanto, a una prima lettura può sembrare poco chiaro:
Che cosa dicono tutti questi fatti?
Che gli scettici hanno torto.
Che ha ragione il leninismo, il quale considera le masse lavoratrici dei contadini come una riserva del proletariato.
Che il proletariato al potere può e deve utilizzare questa riserva per saldare l’industria con l’agricoltura, far progredire l’edificazione socialista e assicurare alla dittatura del proletariato quella base indispensabile, senza la quale non è possibile passare all’economia socialista.”

La questione nazionale può dividersi in due punti, anzi Stalin la divide proprio in 2 punti: a) l’impostazione del problema; b) il movimento di liberazione dei popoli oppressi e la rivoluzione proletaria.
Stalin inizia col mettere uno spartiacque tra quella che rappresentava la questione nazionale ai tempi della II internazionale e quella dei tempi del Leninismo.
Scrive : “...Prima, la questione nazionale si riduceva di solito a un gruppo ristretto di problemi che riguardavano, per lo più, le nazioni «civili». Irlandesi, ungheresi, polacchi, finlandesi, serbi e alcune altre nazionalità dell’Europa . . .questo era il gruppo di popoli, privati dell’eguaglianza di diritti, delle cui sorti s’interessavano gli eroi della II Internazionale... Il leninismo ha smascherato questa disparità scandalosa; ha abbattuto la barriera che separava bianchi e negri, europei e asiatici, schiavi dell’imperialismo «civili» e «non civili», collegando, in questo modo, il problema nazionale al problema delle colonie. Così la questione nazionale si è trasformata, da questione particolare interna di uno stato singolo, in questione generale e internazionale . . . “
Ma non è solo questo che da luce al capitolo intero . . . la lettura dell'opuscolo di approfondimento ci aiuta a capire più chiaramente che “la validità del Leninismo resta nella caratterizzazione di fondo dei tratti dell'imperialismo e del rapporto tra la lotta dei proletari dei paesi imperialisti e la lotta dei popoli oppressi . . . la questione nazionale non può essere trattata come – a se stante – ma va collegata necessariamente alla questione generale del potere del capitale, del rovesciamento dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria...”.

Lo studio del settimo capitolo di PL è in particolar modo interessante, sia perché prelude alla parte finale che riguarda IL PARTITO, sia perchè i punti trattati, sono essenziali per capire di cosa si parla quando di dice RIVOLUZIONE perché ne indica le tappe e spiega con estrema chiarezza cosa siano strategia e tattica, anzi le indica come Scienza della lotta di classe del proletariato . Oltremodo interessante anzi basilare è il punto che riguarda il riformismo e il rivoluzionarismo.
Nell'opuscolo di approfondimento si precisa che particolare attenzione deve essere concentrata sul terzo punto “i flussi e i riflussi del movimento e la tattica” perché risulta scientifico che una volta adottata la direttiva, bisogna seguirla senza cedimenti pur attraverso le mille difficoltà e complessità del cammino.

Arriviamo così a quella che a tutti coloro che hanno partecipato ai fruppi di studio nei circoli è sembrata la parte più bella di tutto il testo, cioè quella che riguarda IL PARTITO .
L'opuscolo inizia con una frase fondamentale “Collocare il capitolo sul Partito di Principi del Leninismo di Stalin ai nostri tempi ci è utile per descrivere le ragioni del fallimento dei partiti revisionisti e opportunisti dell'estrema sinistra che sono stati una riedizione in piccolo dei partiti della II internazionale . . . “ E poi spiega, nell'evoluzione dello scritto, il come e perché e quali siano le differenze. E ancora dall'opuscolo vieni fuori un'altra verità che già Stalin citava nel libro e cioè che la rivoluzione e il suo mantenimento, quindi la dittatura del proletariato, non può essere affidata a militanti che si sono formati nei vecchi partiti dell'estrema sinistra.
Il libro e l'opuscolo, pur se provenienti da epoche e realtà storiche diverse, dimostrano come il Marxismo Leninismo Maoismo sia una vera scienza, nulla è dato al caso e forse nulla è inventato . . . perché nella realtà la scienza non inventa ma scopre o riscopre.
Mi piace la conclusione dell'opuscolo quando dice che lo slancio rivoluzionario se non è unito al senso pratico e allo stile di lavoro non porta di per se stesso alla rivoluzione e quindi alla dittatura del proletariato. Voglio concludere citando Mao: Servire il popolo, cioè “slancio rivoluzionario – senso pratico – servire il popolo” !

RedForever agosto 2014

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