Vi sono state due manifestazioni da parte dei magistrati,
degli avvocati, degli operatori della giustizia a poca distanza di tempo e in
due paesi diversi (ma fino a un certo punto): in Ungheria e in Italia.
Il 27 febbraio c'è stata la mobilitazione in Italia che è
arrivata in tantissime città - si parla di circa 30 città - contro la riforma della giustizia che prevede la separazione
delle carriere, dopo che c'è stata l'approvazione alla Camera già il 16 gennaio
scorso e ora è all'esame della commissione Affari costituzionali del Senato e la
maggioranza di governo ha tutta l'intenzione di farla passare anche in Senato.
L'oggetto di queste manifestazioni è la distinzione che si
vuole introdurre tra pubblici ministeri e magistratura giudicante ma, più in
generale, è la questione della indipendenza della magistratura con una riforma
che mette fortemente in discussione gli stessi articoli della Costituzione che
pongono l'indipendenza della magistratura come tutela della democrazia, come
tutela dei diritti, non subordinata alle politiche dei governi.
L'adesione allo sciopero è stata molto alta, anche fino al 90%, e in queste manifestazioni si è ribadito che non c'entra niente questa riforma con i problemi che ci sono nella magistratura, di carenza di risorse, di carenza di personale, di velocità dei processi, cioè non affronta né risolve questi problemi ma invece aggrava la situazione dei diritti dei cittadini e dei diritti di chi si rivolge comunque alla magistratura.
Si è tenuta il 23 febbraio, invece, una manifestazione simile
in Ungheria anche qui da parte dei magistrati contro la situazione della
giustizia presente in Ungheria, con la richiesta di indipendenza della
magistratura.
Noi abbiamo avuto delle notizie dirette proprio
dall'Ungheria che ci hanno anche informato di alcuni interventi che ci sono
stati durante questa manifestazione, come, per esempio, quello del presidente
dell'Associazione ungherese dei giudici che ha organizzato la protesta che ha
detto: “se non oso dire ciò in cui credo, allora non ho il diritto di crederci”,
aggiungendo anche che chi sciopera sta esprimendo le sue opinioni
perché ultimamente molti hanno espresso dubbi sul fatto che i diritti dei
giudici possano essere lesi; questi possano servire il bene della società solo se c’è l'indipendenza
della magistratura e le condizioni esistenziali siano soddisfatte, dicendo
anche che se l'indipendenza invece viene scossa i diritti di ogni cittadino
potrebbero essere a rischio.
In Ungheria non è la prima volta che i giudici hanno
manifestato per l'indipendenza della magistratura, una manifestazione c'è stata
anche l'11 dicembre dopo che c'è stato un accordo tra il governo e il Consiglio
giudiziario nazionale su questa materia, un accordo che ha suscitato proteste e
indignazioni e che è stato ricordato durante la manifestazione.
Anche in Ungheria, come in Italia, non è usuale per i
giudici scendere in piazza, ma oggi però è assolutamente necessario, dicono i
giudici, perchè la democrazia non può funzionare senza giudici liberi e indipendenti e
tutti dovrebbero essere sostenitori dell'indipendenza della magistratura.
Sempre dalle notizie ci sono arrivate la l'Ungheria alcuni hanno detto che la legge stabilisce solo che i giudici non possono svolgere attività politica però possono esprimere liberamente le loro opinioni, hanno il diritto di esprimersi, anzi sulle questioni giudiziarie hanno il dovere di farlo. E, infine, sulla necessità di scendere in piazza, hanno detto che un giudice che ha paura non è più un giudice.
Il tentativo di subordinare, di rendere dipendente la magistratura dai diktat del regime di Orban in Ungheria, come del governo Meloni in Italia, rende assolutamente necessaria questa scesa in campo che va oltre, sia in Ungheria che in Italia, alle richieste economiche, sindacali che pure ci sono.
Queste due manifestazioni contro le contro-riforme che vogliono mettere i catenacci alla magistratura confermano che il “modello Orban” fa scuola e che non si tratta solo di legami politici fra Orban e Meloni, ma si tratta di una strategia che tocca anche tutti gli altri diritti. Per l'Italia c'è un legame tra la riforma Nordio e i decreti sicurezza per cui i diritti devono aumentare, ampliarsi solo per le forze dell'ordine, a cui si deve anche dare una impunità per qualsiasi azione di violenza che possono fare durante le manifestazioni, nell'azione verso detenuti, ecc...
Quindi, non si tratta, sia in Ungheria che in Italia, di una riforma a sé.
In Ungheria il 25 Febbraio nelle scuole c'è stata una imposizione, tramite una circolare, di una cerimonia in tutte le scuole in
occasione della “giornata della memoria per le vittime del comunismo”; nelle
scuole gli studenti e gli insegnanti sono stati costretti a stare in piedi, fermi, a sentire, tramite una radio, questa celebrazione commemorativa
di circa 20 minuti. In Italia Valditara si accinge a fare altrettanto.
La riforma contro cui i giudici hanno manifestato, quella
sulla separazione delle carriere - per cui i pubblici ministeri conducono le
indagini e quelli giudicanti emettono le sentenze - fa sì che i pubblici
ministeri diventino subordinati alla fase, alla volontà
politica del governo. Questo di fatto porta a un affievolimento delle garanzie di indipendenza che
deve avere il pubblico ministero negli accertamenti, nei rapporti anche con le
forze di polizia. Quindi la contro-riforma crea forme di controllo sul
loro operato da parte del potere politico. E tutto questo non risolve
assolutamente neanche mezzo problema che pur esiste - e ce ne sono tanti - nel
rapporto della giustizia con i diritti dei cittadini.
Queste manifestazioni, sia pure a distanza svolte nel giro di pochissimi giorni una dall'altra dimostrano come il “modello
Orban” sta diventando un modello da seguire, su varie questioni principali come i diritti, la democrazia, e
chiaramente trova nella Meloni, in Nordio attivi nel seguire questo modello e cercare di andare anche oltre.
Noi diamo appoggio a ogni protesta, a ogni manifestazione, a
ogni espressione che contrasti questo “modello Orban” e la strada intrapresa dal
governo Meloni. Serve che queste proteste si estendano, che ognuno faccia la sua
parte per impedire questa marcia che, di fatto, è di moderno fascismo.
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