mercoledì 12 maggio 2021

pc 12 maggio - Grandi aziende al fallimento per l’“onda lunga della crisi”: il governo accompagna l’agonia con altri 200 milioni previsti nel decreto sostegni


 “Parmalat, i dossier Ilva e Alitalia, Finmek, Volare, Tirrenia, Condotte, Mercatone Uno, Blutec, Valtur, Caffaro, Tecnosistemi, Formenti Seleco, Eutelia, Selta, Isotta Fraschini.”

Queste sono solo alcune delle imprese che fanno parte delle “oltre 120 amministrazioni straordinarie ancora aperte: 35 da almeno 15 anni.” Insomma, fanno parte del “lungo tunnel delle imprese in crisi” come lo definisce il quotidiano dei padroni, Il sole 24 Ore, del 9 maggio. Tenute in vita grazie a “indennizzi e incentivi” che si potranno trasformare in definitivi fallimenti. Costati naturalmente miliardi pubblici. Indennizzi e incentivi che non sono riusciti né a “salvarle”, né tantomeno a salvare i posti di lavoro.

“In totale, su 71.057 dipendenti che nel 2000 risultavano in carico a 356 società, quelli trasferiti alla

fine del 2020 erano 30.095.” Qui non si dice dove sono andati a finire “quelli trasferiti” e che fine hanno fatto quelli non trasferiti.

Lo stesso vale per “le grandissime imprese interessate dalla legge Marzano (decreto 347/2003) … siamo a 27 procedure tecnicamente ancora aperte, quattro con almeno 15 anni alle spalle. Quarantunomila i dipendenti trasferiti su quasi 80 mila.”

Per fare fronte a questa “politica economica”, il governo dei padroni, attualmente diretto da Draghi, sta però correndo ai ripari con una serie di interventi. A cominciare dal riassetto dalle norme sulle “amministrazioni straordinarie”; “governo e Parlamento” dice il quotidiano, “intendono rimettere in pista interventi per riformare un istituto che, tra “legge Prodi bis” e “legge Marzano”, sembra mostrare il peso degli anni”.

“Stralciato dal Codice della crisi, la cui entrata in vigore, nel frattempo, è stata rinviata al 1° settembre 2021, il riassetto delle amministrazioni straordinarie è confluito nella proposta di legge delega a prima firma del deputato Gianluca Benamati (Pd). Dopo un lungo stallo, sono state concluse le audizioni e nei giorni scorsi è stato fissato al 14 maggio il termine per la presentazione degli emendamenti.”

E questo sarebbe “un vero strumento di politica industriale da rivitalizzare, speriamo di licenziare il provvedimento prima della pausa estiva poi toccherà al governo esercitare la delega”. Secondo questo strumento cambierebbero i requisiti richiesti alle aziende per accedere alla procedura: “(numero minimo di dipendenti stabilito in 250 nelle imprese singole e in complessivi 800 per più imprese di un gruppo), obiettivo di salvaguardia della continuità produttiva, celerità dei tempi sono alcuni principi della delega.”

L’Assonime, l’associazione delle grandi società per azioni, è d’accordo! “Il complesso quadro delle regole, l’infinita durata di queste procedure e i risultati economici con cui si concludono impongono un ripensamento di questa disciplina – scrive in una nota di questi giorni Assonime, l’associazione delle grandi Spa – “che, tiene a precisare “l’attuale contesto economico ed una valutazione complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali e degli aggiustamenti industriali”.

“La proposta di legge delega punta anche a rivedere il sistema di nomina dei commissari”, cioè di quella serie infinita di parassiti burocrati e passacarte che fanno parte di coloro che sopravvivono, anche come clientela elettorale, grazie a queste “crisi aziendali” così come in tanti altri “organismi” creati appositamente. “Nel 2020 il Sole 24 Ore aveva censito 233 incarichi di commissari straordinari, sommando procedure della legge Marzano e della Prodi bis, per soli 142 tra avvocati, commercialisti e professori…”

E il leghista, ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che deve dare conto e ragione soprattutto ai padroni delle industrie del nord Italia, “sembra essersi mosso d’anticipo con una direttiva che elimina il sorteggio, re-istituisce un elenco di professionisti idonei e affida la scelta al ministro nell’ambito di una terna finale selezionata da una commissione di tre esperti.”

Per fare tutta questa manfrina, però, servono soldi, e 200 milioni, per cominciare, già il governo li ha trovati nell’articolo 37 del Dl “che ha istituito un fondo di 200 milioni per finanziamenti da restituire entro cinque anni, [con tutto comodo, se mai verranno restituiti!] rivolti alle imprese in amministrazione straordinaria e destinati alla gestione corrente, alla riattivazione al completamento di impianti, immobili ed attrezzature industriali o ad altre misure indicate nel programma dei commissari.”

Praticamente, a parte il numero degli operai coinvolti, quello che già succede ora: il succo rimane uguale, tanto più che non ci può essere nessuna garanzia della continuità produttiva delle imprese all’interno della crisi infinita. Ma i padroni e i loro tirapiedi, per i quali le crisi diventano “opportunità” da cogliere, come si vede, sono sempre, instancabilmente all’opera!

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