“Parmalat, i dossier Ilva e Alitalia, Finmek, Volare, Tirrenia, Condotte, Mercatone Uno, Blutec, Valtur, Caffaro, Tecnosistemi, Formenti Seleco, Eutelia, Selta, Isotta Fraschini.”
Queste sono solo alcune delle
imprese che fanno parte delle “oltre 120 amministrazioni straordinarie
ancora aperte: 35 da almeno 15 anni.” Insomma, fanno parte del “lungo
tunnel delle imprese in crisi” come lo definisce il quotidiano dei padroni, Il
sole 24 Ore, del 9 maggio. Tenute in vita grazie a “indennizzi e incentivi” che
si potranno trasformare in definitivi fallimenti. Costati naturalmente miliardi
pubblici. Indennizzi e incentivi che non sono riusciti né a “salvarle”, né tantomeno
a salvare i posti di lavoro.
“In totale, su 71.057 dipendenti che nel 2000 risultavano in carico a 356 società, quelli trasferiti alla
fine del 2020 erano 30.095.” Qui non si dice dove sono andati a finire “quelli trasferiti” e che fine hanno fatto quelli non trasferiti.Lo stesso vale per “le
grandissime imprese interessate dalla legge Marzano (decreto 347/2003) … siamo
a 27 procedure tecnicamente ancora aperte, quattro con almeno 15 anni
alle spalle. Quarantunomila i dipendenti trasferiti su quasi 80 mila.”
Per fare fronte a questa “politica economica”, il governo dei padroni, attualmente diretto da Draghi, sta però correndo ai ripari con una serie di interventi. A cominciare dal riassetto dalle norme sulle “amministrazioni straordinarie”; “governo e Parlamento” dice il quotidiano, “intendono rimettere in pista interventi per riformare un istituto che, tra “legge Prodi bis” e “legge Marzano”, sembra mostrare il peso degli anni”.
“Stralciato dal Codice della
crisi, la cui entrata in vigore, nel frattempo, è stata rinviata al 1°
settembre 2021, il riassetto delle amministrazioni straordinarie è confluito
nella proposta di legge delega a prima firma del deputato Gianluca Benamati
(Pd). Dopo un lungo stallo, sono state concluse le audizioni e nei giorni
scorsi è stato fissato al 14 maggio il termine per la presentazione degli emendamenti.”
E questo sarebbe “un vero
strumento di politica industriale da rivitalizzare, speriamo di licenziare
il provvedimento prima della pausa estiva poi toccherà al governo esercitare la
delega”. Secondo questo strumento cambierebbero i requisiti richiesti alle aziende
per accedere alla procedura: “(numero minimo di dipendenti stabilito in 250
nelle imprese singole e in complessivi 800 per più imprese di un gruppo),
obiettivo di salvaguardia della continuità produttiva, celerità dei
tempi sono alcuni principi della delega.”
L’Assonime, l’associazione delle grandi
società per azioni, è d’accordo! “Il complesso quadro delle regole, l’infinita
durata di queste procedure e i risultati economici con cui si concludono
impongono un ripensamento di questa disciplina – scrive in una nota di questi
giorni Assonime, l’associazione delle grandi Spa – “che, tiene a precisare “l’attuale
contesto economico ed una valutazione complessiva del sistema degli
ammortizzatori sociali e degli aggiustamenti industriali”.
“La proposta di legge delega
punta anche a rivedere il sistema di nomina dei commissari”, cioè di quella
serie infinita di parassiti burocrati e passacarte che fanno parte di coloro che
sopravvivono, anche come clientela elettorale, grazie a queste “crisi aziendali”
così come in tanti altri “organismi” creati appositamente. “Nel 2020 il Sole 24
Ore aveva censito 233 incarichi di commissari straordinari, sommando
procedure della legge Marzano e della Prodi bis, per soli 142 tra avvocati,
commercialisti e professori…”
E il leghista, ministro dello
Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che deve dare conto e ragione
soprattutto ai padroni delle industrie del nord Italia, “sembra essersi mosso
d’anticipo con una direttiva che elimina il sorteggio, re-istituisce un
elenco di professionisti idonei e affida la scelta al ministro nell’ambito
di una terna finale selezionata da una commissione di tre esperti.”
Per fare tutta questa manfrina,
però, servono soldi, e 200 milioni, per cominciare, già il governo li ha
trovati nell’articolo 37 del Dl “che ha istituito un fondo di 200 milioni
per finanziamenti da restituire entro cinque anni, [con tutto comodo, se
mai verranno restituiti!] rivolti alle imprese in amministrazione straordinaria
e destinati alla gestione corrente, alla riattivazione al completamento di impianti,
immobili ed attrezzature industriali o ad altre misure indicate nel programma
dei commissari.”
Praticamente, a parte il numero
degli operai coinvolti, quello che già succede ora: il succo rimane uguale,
tanto più che non ci può essere nessuna garanzia della continuità produttiva
delle imprese all’interno della crisi infinita. Ma i padroni e i loro
tirapiedi, per i quali le crisi diventano “opportunità” da cogliere, come si
vede, sono sempre, instancabilmente all’opera!
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