martedì 9 giugno 2020

pc 9 giugno - La "commessa del secolo" con l'Egitto: il governo italiano si conferma principale sostenitore del boia golpista Al Sisi. In parlamento nessuna opposizione.


L'ennesimo oltraggio a chi chiede verità e giustizia per Giulio Regeni e la scarcerazione di Patrick Zaky. 
Per l'imperialismo italiano contano i profitti del gas (ENI) e dell'export di armi (Fincantieri e Leonardo) 

La chiamano "la commessa del secolo": "un affare militare da 9 miliardi di euro tra Roma e il Cairo. Soldi con cui il presidente al Sisi intende mettere a tacere le proteste per la mancata collaborazione sulle indagini per l'uccisione di Giulio Regeni" (Giorgio Beretta).
Nonostante l'Italia abbia tra le sue leggi quella che vieta espressamente di esportare armi a nazioni «i cui governi sono responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani».
Le navi sono fregate prodotte da Fincantieri per la Marina italiana. 
C’è dentro tutto l’arsenale bellico del tanto declamato Made in Italy: due fregate multiruolo Fremm destinate alla Marina miliare italiana (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), ma anche altre quattro navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Elicotteri Leonardo, l’azienda italiana che li produce. E che dimostrerebbe quanto anticipato dal manifesto lo scorso 5 febbraio sulla vittoria da parte di Leonardo di una commessa per venti Aw149, più una decina in opzione, al Cairo. Valore stimato (ma mai confermato dalla società) 600-900 milioni di euro.
Da 69 milioni di euro a 871, boom di armi italiane all’Egitto. 
L’Egitto è il primo paese al mondo per acquisto di armi italiane. In appena quattro anni il valore dell’export militare italiano verso il regime di al-Sisi è centuplicato. Tra le vendite che spiegano l’ultimo valore, ci dice Francesco Vignarca di Rete Disarmo, ci sono 32 elicotteri: «Lo scrive la stessa Presidenza del Consiglio. Di questi 24 sarebbero Aw149 e il resto Aw189, elicotteri per operazioni di search&rescue, ma che possono anche trasportare truppe ed essere armati. Se sono per uso civile, allora perché chiedere l’autorizzazione militare?».
A questo bisogna aggiungere che l'Egitto grazie a Eni è diventato un esportatore di gas e che nell'area orientale del Mediterraneo è in corso una competizione per l'accaparramento di fonti energetiche con alleanze e impegno militare.
«L’Egitto per noi è una storia fantastica» ha dichiarato recentemente in un’intervista l’ad. di Eni Claudio Descalzi, che nel 2019 ha incontrato personalmente al-Sisi almeno due volte. L’ultima due mesi fa, quando il presidente egiziano ha rinnovato gli elogi alla «fruttuosa partnership» con l’azienda italiana. E si capisce, dal 2015 Eni ha investito in Egitto oltre 13 miliardi di dollari.

Sulla pelle di Regeni i padroni italiani hanno sempre continuato a fare accordi commerciali: "sul sito dell’ambasciata italiana del Cairo, la lista di incontri e accordi con l’Egitto è aggiornata solo fino a fine 2015. Non c’è traccia neppure di quella delegazione di imprenditori che la sera del 3 febbraio 2016, mentre veniva rinvenuto il corpo di Giulio, si trovava nella capitale egiziana per stringere nuovi accordi, accompagnata dall’allora ministra dello sviluppo economico Federica Guidi e dai funzionari diplomatici" (dal Manifesto). 

L’Egitto resta il paese delle sparizioni forzate, dei 60mila prigionieri politici – tra cui lo studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki – e della repressione istituzionalizzata. È di questi giorni l’ultimo arresto di un giornalista: Haisam Hasan Mahgoub, reporter del noto al-Masry al-Youm, è stato portato via dalla sua casa al Cairo, sentito dal magistrato e accusato di finanziamento di gruppo terroristico e diffusione di notizie false (accusa che pesa anche su Zaki, sempre più utilizzata).



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