lunedì 7 agosto 2017

pc 7 agosto - Sistema grandi appalti: Cosa nostra? NO, "Cosa Coop"







Un cartello di imprese che si spartiscono i grandi appalti pubblici (4,3 miliardi dal 2012 al 2014). Il sistema delle cooperative, nelle sue diverse articolazioni, a dare le carte. Una centrale pubblica di acquisti nata per ridurre tempi, opacità, costi e diventata fonte di lungaggini, opacità, costi. È la sintesi degli accertamenti di Antitrust e Anticorruzione sul caso Consip, e su cui sta lavorando anche la Procura di Roma.  
I SOLITI ACCORDI  
La manipolazione dell’appalto «scuole belle» da 1,6 miliardi, bandito nel 2012, è stata sancita dall’Autorità Antitrust con 110 milioni di multe e confermata dal Consiglio di Stato. Otto lotti su 13 vinti dai giganti delle coop. Protagonisti del «cartello» Csn, Manutencoop e Roma Multiservizi, che la Procura di Roma si appresta a processare. La stessa Antitrust e ora l’Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, con due istruttorie parallele, individuano nel successivo appalto Consip per la manutenzione degli edifici pubblici (FM4 da 2,7 miliardi, bandito nel 2014) analogie difficilmente catalogabili come casualità. Stessi soggetti, stesso schema a scacchiera, «analoghe geometrie e strategia di partecipazione», come scrive l’Anticorruzione. Le aziende si presentano scientificamente, facendo sospettare esiti precostituiti in chiave spartitoria, secondo quello che il recente saggio di un ex assessore della sinistra bolognese, Antonio Amorosi, ha definito «Coop Connection».  
DIVERGENZE PARALLELE  
Il consorzio di cooperative Csn (764 milioni di fatturato) partecipa a 7 lotti su 18, Manutencoop (fatturato 727 milioni, aderente al Csn) a 5 lotti. Ma non s’incrociano mai. E nessuno dei due si presenta in Campania, Calabria, Sicilia, dove spadroneggia l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo (224 milioni di fatturato). Addirittura in Campania e Basilicata (lotto da 221 milioni) si trova la strada spianata: zero concorrenti. In compenso, Romeo sta alla larga dal Centro-Nord, feudo delle coop: solo una sovrapposizione con Cns, nessuna con Manutencoop. Il gruppo di Ivrea Manital (247 milioni di fatturato, antichi legami dei suoi vertici con il mondo ex Pci-Pds) non si sovrappone mai con Cns e solo in un lotto con Manutencoop, riuscendo a prevalere grazie a un ribasso insolitamente basso (metà del consueto) da parte del colosso coop. Anche due operatori minori, TeamService e L’Operosa, si evitano. Uno si presenta in 5 lotti di gara, l’altro in 6. Senza mai incrociarsi. «Io non sono interessato a dare fastidio agli altri, come Manutencoop e Cns eccetera, perché questo è un mercato e dobbiamo andare avanti. Ma non dovete rompere o’ cazz’ a me!», dice Alfredo Romeo in una conversazione intercettata nell’ottobre 2016 dalla Procura di Napoli. Con lo schema a scacchiera, i quattro big (Cns, Manutencoop, Manital e Romeo) coprono tutti i 18 lotti con due sole sovrapposizioni, peraltro definite dall’Antitrust «non aggressive se non di appoggio». L’esito prefigurato tende a spartire i lotti confermando lo status quo del business.  
IL TERZO LIVELLO  


Altri elementi indiziari di un «contesto collusivo»: l’esistenza di rapporti consolidati tra aziende concorrenti (scambi azionari, partecipazione a consorzi) e la scoperta, nell’indagine sull’appalto «scuole belle», di email interne per suggerire comportamenti soft con gli avversari e concordare riunioni non nelle sedi societarie, ma in più riservate sale alberghiere. Rispetto all’istruttoria dell’Antitrust, che si concluderà tra nove mesi, l’Anticorruzione fa diversi passi avanti, chiamando in causa la Consip. Che, mettendo in fila le puntuali contestazioni dell’Autorità di Cantone, appare non vittima-spettatrice della grande collusione, ma autrice di comportamenti anomali, quando non sospetti.  
CARTE SCOPERTE  

Le «anomalie» sono numerose. In primo luogo, pur trattandosi di un appalto miliardario (il più ricco d’Europa) bandito da una centrale d’acquisto iperspecializzata, la procedura Consip non è esente da falle ed errori. Insufficiente e lenta (sette mesi, «un tempo ampiamente superiore alle previsioni normative») analisi dei requisiti economici e organizzativi dei partecipanti. Punteggi invertiti tra aziende diverse. Verifica dei requisiti di onorabilità dei partecipanti parziale e non conclusa. Controlli mancanti sulle autocertificazioni delle aziende in materia penale. Incompleta documentazione antimafia. Lacunose comunicazioni tra gli organi interni. Omesso deposito di verbali e relazioni. Assegnazione dei medesimi punteggi tecnici ai concorrenti, enfatizzando impropriamente la componente economica delle offerte. Lesione della concorrenza consentendo a quattro concorrenti di sanare una cauzione irregolare con quattordici mesi di ritardo e a costi inferiori.  
RITIRI ED ESCLUSIONI  
Degna di attenzione da parte dell’Anticorruzione - e strana anche per un non addetto ai lavori - la scelta del consorzio Cns di ritirarsi dalla gara, a distanza di due anni dal bando e proprio mentre vengono aggiudicati i punteggi, nei quali risulta prima in cinque lotti su sette. L'Autorità di Cantone nota la coincidenza temporale di questo precipitoso defilarsi con la decisione dell’Antitrust di sanzionare il cartello di imprese (tra cui la stessa Cns) per l’appalto «scuole belle». C’è poi la «particolare singolarità» del trattamento ricevuto da Manital, unico tra 28 concorrenti a essere escluso a fronte di una gara caratterizzata da «ripetute omissioni» nella verifica dei requisiti di partecipazione. Secondo l’ipotesi dell’Antitrust, nella prima fase della gara (marzo 2014) l’azienda fa parte dello schema a scacchiera concordato con le cooperative. Sei mesi dopo, il quadro cambia: solo per la Manital (in particolare per una piccola azienda a lei collegata, la Pulistar), la Consip avvia una specifica verifica fiscale. Tanto puntuale e «irrituale» da suscitare sospetti sulla sua genuinità.  
L’ACCANIMENTO  
«Si tratta di un versamento Iva di poche decine di migliaia di euro risalente al 2009», spiega Gianluigi Pellegrino, avvocato della Manital. In una prima fase l’Agenzia delle entrate comunica alla Consip che la posizione fiscale è corretta. Poi con «comportamento contraddittorio» cambia idea e lo scrive solo all’azienda Pulistar, non alla Consip. Che però, chissà come, ne viene a conoscenza, tanto da richiedere copia di un atto citando esplicitamente il numero di protocollo della corrispondenza riservata Agenzia delle entrate-Pulistar. Non solo. Il Tar riammette la Manital (prima classificata in quattro lotti) spiegando che la irregolarità fiscale è marginale e sanabile, ma la Consip non s’arrende. Anziché applicare la sentenza, fa ricorso al Consiglio di Stato, vince e fa fuori la Manital. Il risultato è che quei quattro lotti vengono assegnati ai secondi classificati, con una maggiore spesa pubblica di 25 milioni di euro. La Manital perde così un affare da 664 milioni. In due lotti (valore 352 milioni), a beneficiarne è la Cofely (ora Engie Servizi), controllata dal colosso francese dell’energia Gdf Suez. Forme di sostegno politico da parte del senatore Denis Verdini nei confronti di Cofely sono stati evocate nell’inchiesta Consip, sia da parte dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni (interrogatorio), sia da parte di Alfredo Romeo (intercettazioni).  
CONTI IN SOSPESO  
Alla fine Romeo, Cofely e Manutencoop risultano vincitori di 11 lotti su 18, per un totale di 1,7 miliardi su 2,7 dell’appalto. Ma per ora l’affare è virtuale. Romeo è stato escluso dopo l’arresto, solo due lotti sono stati aggiudicati. L’appalto che avrebbe dovuto concludersi nel 2016 non è ancora cominciato, la manutenzione degli uffici pubblici è affidata a proroghe e fai-da-te. Tutto il resto langue in attesa di eventi, per lo più giudiziari. Con queste premesse, non mancheranno.


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