Un cartello di imprese che si spartiscono i grandi
appalti pubblici (4,3 miliardi dal 2012 al 2014). Il sistema delle cooperative,
nelle sue diverse articolazioni, a dare le carte. Una centrale pubblica di
acquisti nata per ridurre tempi, opacità, costi e diventata fonte di
lungaggini, opacità, costi. È la sintesi degli accertamenti di Antitrust e
Anticorruzione sul caso Consip, e su cui sta lavorando anche la Procura di
Roma.
I SOLITI ACCORDI
La manipolazione dell’appalto «scuole belle» da 1,6
miliardi, bandito nel 2012, è stata sancita dall’Autorità Antitrust con 110
milioni di multe e confermata dal Consiglio di Stato. Otto lotti su 13 vinti
dai giganti delle coop. Protagonisti del «cartello» Csn, Manutencoop e Roma
Multiservizi, che la Procura di Roma si appresta a processare. La stessa
Antitrust e ora l’Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, con due
istruttorie parallele, individuano nel successivo appalto Consip per la
manutenzione degli edifici pubblici (FM4 da 2,7 miliardi, bandito nel 2014)
analogie difficilmente catalogabili come casualità. Stessi soggetti, stesso
schema a scacchiera, «analoghe geometrie e strategia di partecipazione», come
scrive l’Anticorruzione. Le aziende si presentano scientificamente, facendo
sospettare esiti precostituiti in chiave spartitoria, secondo quello che il
recente saggio di un ex assessore della sinistra bolognese, Antonio Amorosi, ha
definito «Coop Connection».
DIVERGENZE PARALLELE
Il consorzio di cooperative Csn (764 milioni di
fatturato) partecipa a 7 lotti su 18, Manutencoop (fatturato 727 milioni,
aderente al Csn) a 5 lotti. Ma non s’incrociano mai. E nessuno dei due si
presenta in Campania, Calabria, Sicilia, dove spadroneggia l’imprenditore
napoletano Alfredo Romeo (224 milioni di fatturato). Addirittura in Campania e
Basilicata (lotto da 221 milioni) si trova la strada spianata: zero
concorrenti. In compenso, Romeo sta alla larga dal Centro-Nord, feudo
delle coop: solo una sovrapposizione con Cns, nessuna con Manutencoop. Il
gruppo di Ivrea Manital (247 milioni di fatturato, antichi legami dei suoi
vertici con il mondo ex Pci-Pds) non si sovrappone mai con Cns e solo in un
lotto con Manutencoop, riuscendo a prevalere grazie a un ribasso insolitamente
basso (metà del consueto) da parte del colosso coop. Anche due operatori
minori, TeamService e L’Operosa, si evitano. Uno si presenta in 5 lotti di
gara, l’altro in 6. Senza mai incrociarsi. «Io non sono interessato a dare
fastidio agli altri, come Manutencoop e Cns eccetera, perché questo è un
mercato e dobbiamo andare avanti. Ma non dovete rompere o’ cazz’ a me!», dice
Alfredo Romeo in una conversazione intercettata nell’ottobre 2016 dalla Procura
di Napoli. Con lo schema a scacchiera, i quattro big (Cns, Manutencoop, Manital
e Romeo) coprono tutti i 18 lotti con due sole sovrapposizioni, peraltro
definite dall’Antitrust «non aggressive se non di appoggio». L’esito
prefigurato tende a spartire i lotti confermando lo status quo del
business.
IL TERZO LIVELLO
Altri elementi indiziari di un «contesto collusivo»:
l’esistenza di rapporti consolidati tra aziende concorrenti (scambi azionari,
partecipazione a consorzi) e la scoperta, nell’indagine sull’appalto «scuole
belle», di email interne per suggerire comportamenti soft con gli avversari e
concordare riunioni non nelle sedi societarie, ma in più riservate sale
alberghiere. Rispetto all’istruttoria dell’Antitrust, che si concluderà
tra nove mesi, l’Anticorruzione fa diversi passi avanti, chiamando in causa la Consip.
Che, mettendo in fila le puntuali contestazioni dell’Autorità di Cantone,
appare non vittima-spettatrice della grande collusione, ma autrice di
comportamenti anomali, quando non sospetti.
CARTE SCOPERTE
Le «anomalie» sono numerose. In primo luogo, pur
trattandosi di un appalto miliardario (il più ricco d’Europa) bandito da una
centrale d’acquisto iperspecializzata, la procedura Consip non è esente da
falle ed errori. Insufficiente e lenta (sette mesi, «un tempo ampiamente
superiore alle previsioni normative») analisi dei requisiti economici e
organizzativi dei partecipanti. Punteggi invertiti tra aziende diverse.
Verifica dei requisiti di onorabilità dei partecipanti parziale e non conclusa.
Controlli mancanti sulle autocertificazioni delle aziende in materia penale.
Incompleta documentazione antimafia. Lacunose comunicazioni tra gli organi
interni. Omesso deposito di verbali e relazioni. Assegnazione dei medesimi
punteggi tecnici ai concorrenti, enfatizzando impropriamente la componente
economica delle offerte. Lesione della concorrenza consentendo a quattro
concorrenti di sanare una cauzione irregolare con quattordici mesi di ritardo e
a costi inferiori.
RITIRI ED ESCLUSIONI
Degna di attenzione da parte dell’Anticorruzione - e
strana anche per un non addetto ai lavori - la scelta del consorzio Cns di
ritirarsi dalla gara, a distanza di due anni dal bando e proprio mentre vengono
aggiudicati i punteggi, nei quali risulta prima in cinque lotti su sette.
L'Autorità di Cantone nota la coincidenza temporale di questo precipitoso
defilarsi con la decisione dell’Antitrust di sanzionare il cartello di imprese
(tra cui la stessa Cns) per l’appalto «scuole belle». C’è poi la
«particolare singolarità» del trattamento ricevuto da Manital, unico tra 28
concorrenti a essere escluso a fronte di una gara caratterizzata da «ripetute
omissioni» nella verifica dei requisiti di partecipazione. Secondo l’ipotesi
dell’Antitrust, nella prima fase della gara (marzo 2014) l’azienda fa parte
dello schema a scacchiera concordato con le cooperative. Sei mesi dopo, il
quadro cambia: solo per la Manital (in particolare per una piccola azienda a
lei collegata, la Pulistar), la Consip avvia una specifica verifica fiscale.
Tanto puntuale e «irrituale» da suscitare sospetti sulla sua genuinità.
L’ACCANIMENTO
«Si tratta di un versamento Iva di poche decine di
migliaia di euro risalente al 2009», spiega Gianluigi Pellegrino, avvocato
della Manital. In una prima fase l’Agenzia delle entrate comunica alla Consip
che la posizione fiscale è corretta. Poi con «comportamento contraddittorio»
cambia idea e lo scrive solo all’azienda Pulistar, non alla Consip. Che però,
chissà come, ne viene a conoscenza, tanto da richiedere copia di un atto
citando esplicitamente il numero di protocollo della corrispondenza riservata
Agenzia delle entrate-Pulistar. Non solo. Il Tar riammette la Manital
(prima classificata in quattro lotti) spiegando che la irregolarità fiscale è
marginale e sanabile, ma la Consip non s’arrende. Anziché applicare la sentenza,
fa ricorso al Consiglio di Stato, vince e fa fuori la Manital. Il risultato è
che quei quattro lotti vengono assegnati ai secondi classificati, con una
maggiore spesa pubblica di 25 milioni di euro. La Manital perde così un affare
da 664 milioni. In due lotti (valore 352 milioni), a beneficiarne è la
Cofely (ora Engie Servizi), controllata dal colosso francese dell’energia Gdf
Suez. Forme di sostegno politico da parte del senatore Denis Verdini nei
confronti di Cofely sono stati evocate nell’inchiesta Consip, sia da parte
dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni (interrogatorio), sia da
parte di Alfredo Romeo (intercettazioni).
CONTI IN SOSPESO
Alla fine Romeo, Cofely e Manutencoop risultano
vincitori di 11 lotti su 18, per un totale di 1,7 miliardi su 2,7 dell’appalto.
Ma per ora l’affare è virtuale. Romeo è stato escluso dopo l’arresto, solo due
lotti sono stati aggiudicati. L’appalto che avrebbe dovuto concludersi nel 2016
non è ancora cominciato, la manutenzione degli uffici pubblici è affidata a
proroghe e fai-da-te. Tutto il resto langue in attesa di eventi, per lo più
giudiziari. Con queste premesse, non mancheranno.
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