sabato 20 agosto 2022

pc 20 agosto - Il lavoro sulla nostra storia: il Pcd'I, Antonio Gramsci - 4° Parte: Gramsci - le Tesi di Lione - la lotta contro Bordiga

 


Stralci dal lavoro di studio e dibattito - 4° 

L’edificazione del PCd’I è stata frutto della lotta tra le 2 linee, la linea di Gramsci che si è imposta sconfiggendo la linea di Bordiga.

La prima volta che si pose nel Partito il problema della lotta contro l’estremismo fu nella Conferenza nazionale del maggio 1924. Ma solo con il III Congresso, a Lione nel gennaio 1926, nasce il nuovo Partito.

Con il III Congresso e con le Tesi di Lione vince il marxismo sull’idealismo, si affermano i principi della tattica e della strategia leninista applicati alla situazione italiana, si afferma il problema delle alleanze di classe, la concezione del Partito come parte della classe e non organo, e i caratteri universali della Rivoluzione d’Ottobre; il giudizio sul fascismo, l’individuazione delle forze motrici della rivoluzione in Italia. 

Le Tesi di Lione sono l’esempio concreto di cosa significa sviluppare una teoria della Rivoluzione in un paese imperialista come il nostro, cioè partire dall’analisi concreta della situazione concreta e trasformarla dal punto di vista della scienza proletaria, cioè il marxismo-leninismo (oggi anche maoismo).  

La lotta al bordighismo.

Bordiga è l’espressione di una risposta iniziale di una parte della classe operaia che si rinchiude su sé stessa, in una intransigenza formale e settaria.

L’astensionismo di Bordiga, il rifiuto della lotta per le libertà democratiche, della lotta contro la guerra,

attestandosi su una posizione passiva, per cui la guerra si elimina eliminando il capitalismo. La concezione propagandistica dell’azione del Partito (il Partito è “l’organo della rivoluzione” in quanto depositario della dottrina marxista). Estraneità alla lezione leninista. La polemica con l’Ordine Nuovo di Gramsci sui “consigli”: per Bordiga dovevano assolvere solo i compiti economici, non rappresentano “embrioni” di potere delle masse

Riguardo all’ideologia, secondo Bordiga Lenin è un “restauratore” del marxismo falsato dalla socialdemocrazia, uno dei tanti socialisti di sinistra che lottava per difendere il marxismo dalle correnti revisionistiche. Si oppone al leninismo sulla teoria e tattica della rivoluzione proletaria (il Partito doveva stabilire la sua politica, la sua strategia, la sua tattica indipendentemente dalle crisi interne della classe dominante, senza curarsi se le masse avrebbero seguito oppure no il Partito. Rinunciando alla lotta il Partito avrebbe dovuto attendere nella passività “le possibilità oggettive che presenterà la storia” - Tesi di Roma). E’ la sottomissione alla spontaneità che nega la funzione dirigente dell’avanguardia della classe operaia. O l’insurrezione o niente. Che di fatto è una capitolazione di fronte al fascismo. 

La mancata comprensione del fascismo, secondo Bordiga semplice cambio di persone o gruppi alla testa del governo nella cerchia borghese, non vede la differenza tra una dittatura capitalistica coperta e la dittatura aperta dei gruppi più reazionari di tutta la borghesia. Da qui la negazione della possibilità di un colpo di stato fascista, la condanna degli Arditi del popolo e l’isolamento del Partito dalle masse popolari antifasciste. 

Bordiga afferma: “Nel fascismo e nella grande controffensiva borghese odierna non vediamo mutamento di rotta nella politica dello Stato italiano, ma la continuazione del metodo applicato prima e dopo la guerra dalla democrazia”. E afferma che lo sviluppo del fascismo è “ineluttabile”.

Il Pcd'I e gli Arditi

Già nel novembre 1920 Gramsci ricordava che l’andata al potere del movimento di Mussolini era possibile se la classe operaia non si fosse contrapposta con le armi alla sua ascesa.

Nel ‘21 i comunisti guidati da Bordiga pensano invece che il fenomeno fascista stia per essere assorbito dalla classe dirigente. Tutto veniva ridotto ad un semplice fatto interno della classe dirigente borghese. La marcia su Roma non poteva essere considerata “un colpo di Stato” perché non aveva cambiato nulla sulla natura di classe dello Stato. Data questa impostazione settaria e schematica, era vietato ai militanti partecipare al movimento degli “Arditi del popolo” perché questa formazione si poneva il ristabilimento delle libertà democratiche e non quello della rivoluzione proletaria. Una decisione disattesa comunque dai militanti.

Nessuna comprensione della natura imperialista del capitalismo italiano e sulla trasformazione della borghesia italiana in borghesia imperialista.

Gramsci non è contrario al movimento degli Arditi del popolo, “essi - scrive Gramsci - aspirano all’armamento del proletariato, alla creazione di una forza armata proletaria che sia in grado di sconfiggere la borghesia e di presidiare l’organizzazione e lo sviluppo delle nuove forze produttive generate dal capitalismo” (Gramsci su LON, Gli Arditi del popolo).

Al II Congresso del Partito riunito a Roma nel marzo del 1922 l’Internazionale Comunista interviene per chiamare all’abbandono del dottrinarismo e del settarismo e indicare che i comunisti si facessero promotori di un fronte unico dei lavoratori. Il Fronte unico dell’Internazionale Comunista si scontra con la linea settaria della direzione del Partito. La linea dell’IC deriva dall’analisi della situazione internazionale nel biennio rosso, da cui il proletariato occidentale era uscito battuto.

Gramsci nell’Ordine Nuovo del 15 marzo 1924 scrive un articolo dal titolo “Contro il pessimismo”: “Siamo entrati, dopo la scissione di Livorno, in uno stato di necessità. Solo questa giustificazione possiamo dare ai nostri atteggiamenti, alla nostra attività dopo la scissione di Livorno: la necessità, che si poneva crudamente, nella forma piú esasperata, nel dilemma di vita o morte.

Dovemmo organizzarci in partito nel fuoco della guerra civile, cementando le nostre sezioni col sangue dei piú devoti militanti; dovemmo trasformare, nell'atto stesso della loro costituzione, del loro arruolamento, i nostri gruppi in distaccamenti per la guerriglia, della piú atroce e difficile guerriglia che mai classe operaia abbia dovuto combattere. Si riuscí tuttavia: il Partito fu costituito e fortemente costituito: esso è una falange di acciaio, troppo piccola certamente per entrare in una lotta contro le forze avversarie, ma sufficiente per diventare l'armatura di una piú vasta formazione, di un esercito che, per servirsi del linguaggio storico italiano, possa far succedere la battaglia del Piave alla rotta di Caporetto”.

Bordiga inoltre si opponeva all’organizzazione del Partito per cellule, perchè sarebbero state motivo di degenerazione corporativa del Partito, e, quindi, si opponeva alla “bolscevizzazione” dei Partiti comunisti.

La repressione anticomunista colpì la direzione centrale e periferica, militanti del Partito con arresti. Nel 1923 il governo fascista, nel nome della “normalizzazione” del nuovo governo Mussolini, ha aperto la “grande battuta anticomunista” (come l’ha chiamò Terracini). Il fascismo voleva dimostrare, mettendo fuorilegge il PCd’I, l’esistenza di un esecutivo in grado di colpire gli “antinazionali”, gli uomini al soldo di Mosca. In una settimana vi furono 5 mila arresti. Rimangono un migliaio di compagni e i legami con le masse sono difficili, senza stampa e organizzazioni sindacali o cooperative.

Si avviò il processo di formazione di un nuovo gruppo dirigente. “L’apparato fascista mutava i rapporti di forza tra le classi, cambiavano l’influenza dei vari partiti sulle masse, sono cambiate le condizioni nelle quali si svolgeva la lotta politica. Il centro di gravità dell’azione politica sarebbe dovuto essere il lavoro nelle organizzazioni di massa del fascismo. Bisognava rafforzare il lavoro illegale ma combinarlo con quello legale” (Secchia).

Con questo lavoro tra le masse, il PCd'I getta le basi per il Partito della classe operaia che dirigerà la Resistenza con la lotta armata antifascista all’interno della strategia più generale del Partito per la conquista rivoluzionaria del potere politico. Un lavoro che è stato possibile realizzare con la lotta che porta all’affermazione della linea di Gramsci delle Tesi di Lione e con il coraggio e l’eroismo dei militanti comunisti sul terreno concreto della lotta di classe contro il fascismo, contro la borghesia. Mobilitare le masse contro il fascismo, rimanere l’unica forza organizzata quando il fascismo scioglierà le camere, abolirà i partiti e chiuderà i giornali, saranno la dimostrazione della volontà di combattimento del PCd'I ottenuta sulla sconfitta dell’attendismo bordighiano. 

Con le Tesi di Lione c’è la sintesi teorica dell’esperienza storica nella lotta di classe del proletariato e delle classi in Italia elaborata da Gramsci. E’ la vittoria del marxismo vivo, rivoluzionario, dialettico che si rapporta con la realtà concreta delle classi in un paese imperialista. Le Tesi segnano la sconfitta del bordighismo che da malattia infantile si definisce sempre più come malattia mortale.

Ma questa tendenza politica è ben presente ancora oggi, spesso in unità con i trotzkysti, nei movimenti e nel sindacalismo di classe. Pertanto, ancora oggi è necessaria la lotta per l’egemonia teorica mlm. Rimangono ancora in piedi gli ostacoli all’affermazione del Partito della Rivoluzione proletaria, e sono le concezioni e la prassi politica basati sull’idealismo, sul marxismo concepito come innocuo dogma immutabile a cui la realtà deve rapportarsi, è la prassi politica che ne consegue con l’indifferentismo rispetto alle forme che assume il potere borghese, sono le lotte economiche concepite come di per sé politiche, è la concezione dell’offensiva a tutti i costi. Bisogna sbarazzarci di queste “idee” e della politica conseguente. 

Alcune ulteriori note sulle Tesi di Lione 

 https://proletaricomunisti.blogspot.com/2021/02/pc-11-febbraio-formazione-operaia-per.html#more

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