NOI NON DIMENTICHIAMO, ONORE A VOI E A TUTTI GLI EROI DELLA RESISTENZA
70 anni da quel 10 agosto 1944
Come scrisse il comandante Pesce “la belva ormai
incalzata da ogni parte, si difende col terrore” e quel 10 agosto del ’44
col sacrificio dei 15 martiri di Piazzale Loreto fu il culmine di un mese di
rappresaglie iniziato il 15 luglio tre partigiani fucilati a Greco, il 20
luglio altri tre a Corbetta, il 21 cinque fucilati e 58 deportati a Robecco sul
Naviglio, il 31 luglio sei fucilati all’aeroporto Forlanini e ancora il 28
agosto quattro fucilati in via Tebaldi.
RENZO DEL RICCIO
Poco più di vent’anni, pieno di entusiasmo sia nel
lavoro nella SPER sia nell’impegno politico a Sesto S.Giovanni, dove aiutava
altri giovani antifascisti a raggiungere le formazioni partigiane in
montagna. Arrestato in un bar di viale Monza, dove aspettava un coetaneo
antifascista. Imprigionato a Monza credeva o forse sperava di essere solo
mandato in Germania al lavoro forzato, Germania dove era già internato in
un lager il fratello maggiore.
ANDREA ESPOSITO
Con il figlio ventenne Eugenio erano membri della 113°
SAP, insieme furono arrestati, insieme erano incarcerati a San Vittore.
Nella fretta di mettere in salvo il figlio, in età di leva ma renitente,
aveva creduto alle parole di un sedicente partigiano del pavese che
prometteva di portarlo con sé in Oltrepò: era un repubblichino che li fa
arrestare. Il padre Andrea, prelevato da una cella vicina finirà in piazzale Loreto;
Eugenio, il figlio, in un lager nazista dal quale tornerà dopo la guerra
scoprendo che il papà era stato fucilato e non trasferito a Bergamo come
gli avevano assicurato i carcerieri.
GIOVANNI GALIMBERTI
Antifascista, arrestato solo pochi giorni prima dell’eccidio
in un bar di piazza San Babila, ex-militare. Seppure in famiglia ne
condividevano le idee, avevano molto timore che potesse succedergli
qualcosa, al punto che la madre si sentì quasi sollevata quando lo
portarono a San Vittore dove si salutavano dalle finestre. La tranquillità
della povera madre fu stroncata dopo pochi giorni dalla
barbarie nazifascista.
Capitano degli Alpini, Medaglia d’Oro per l’attività
partigiana, venne arrestato e torturato per giorni interi, addossandosi
colpe non sue e non lasciando mai trapelare un nome dei compagni di lotta.
Per questa sua integrità e forza fu uno dei prescelti, uno dei trucidati:
i nazisti volevano dare un esempio, ma l’esempio fu quello di un alto
valore morale, del coraggio della propria fede patriottica.
SALVATORE PRINCIPATO
Insegnante, proveniente dalla Sicilia, prima a
Vimercate poi a Milano. Entra nel CLNAI come
rappresentante dei maestri della scuola elementare. L’8 luglio del 1944 lo arrestano in un’officina dove viene stampato il materiale di propaganda. Torture atroci, sevizie infinite, ma non un nome o un’indicazione esce dalla sua bocca. Il 10 agosto è tra i martiri di piazzale Loreto , e la moglie Marcella, che lo crede ancora nel carcere di Monza è costretta a forza a scendere dal tram che la portava là per dare al marito indumenti e cibo: riconosce i vestiti e il braccio fasciato spezzato in prigione dai fascisti: è suo marito.
rappresentante dei maestri della scuola elementare. L’8 luglio del 1944 lo arrestano in un’officina dove viene stampato il materiale di propaganda. Torture atroci, sevizie infinite, ma non un nome o un’indicazione esce dalla sua bocca. Il 10 agosto è tra i martiri di piazzale Loreto , e la moglie Marcella, che lo crede ancora nel carcere di Monza è costretta a forza a scendere dal tram che la portava là per dare al marito indumenti e cibo: riconosce i vestiti e il braccio fasciato spezzato in prigione dai fascisti: è suo marito.
ANTONIO BRAVIN
Richiamato alle armi nel 1943, l’8 settembre diserta
come molti; messa in salvo la moglie e il figliolo di tre anni a Trecate,
raggiunge il movimento partigiano del varesotto. Per la sua formazione si
recava spesso a Milano dove ritirava materiali ed aiuti per i compagni in
montagna: fu arrestato nel giugno del ’44 proprio a Milano e incarcerato a
San Vittore da dove uscì solo quella terribile mattina del 10 agosto.
VITALE VERTEMATI
Incarcerato a San Vittore si occupava del ricevimento
dei pacchi per i detenuti: il portone era così
vicino da far venire l’idea, con la sorella, di una fuga che però non avvenne mai. L’8 agosto 1944 fu trasferito al VI° raggio del carcere, verso via Filangieri: la sorella presentatasi per consegnarli un pacco non lo ritrovò e dopo due giorni seppe della morte del fratello in piazzale Loreto dai giornali.
vicino da far venire l’idea, con la sorella, di una fuga che però non avvenne mai. L’8 agosto 1944 fu trasferito al VI° raggio del carcere, verso via Filangieri: la sorella presentatasi per consegnarli un pacco non lo ritrovò e dopo due giorni seppe della morte del fratello in piazzale Loreto dai giornali.
ERALDO SONCINI
Detenuto a Monza veniva portato tutti i giorni alla
Casa del balilla dove era interrogato: sul tragitto il fratello lo seguiva
in bicicletta per salutarlo, l’8 agosto non lo vide passare con i suoi
carcerieri. Gli dissero che era stato trasferito a San Vittore. La mattina
del 10 il fratello seppe da un operaio collega della Pirelli che Eraldo
era uno dei martiri di piazzale Loreto. Più tardi seppe che il fratello aveva
lottato fino all’ultimo per sfuggire al tragico destino, scappando dal
piazzale mentre i militi repubblichini gli sparano e lo feriscono; eppure
riesce ancora a fuggire su per le scale in uno stabile di via
Palestrina, dove si nasconde, pensando che il più è fatto. Lo tradì il
respiro affannoso: il repubblichino che lo trovò non si prese neppure la
briga di riportarlo in piazzale Loreto: gli scaricò contro il caricatore del
mitra, freddandolo, a un passo dalla libertà.
ANDREA RAGNI
Di lui si sa che proviene da un popoloso quartiere di
Milano, di famiglia povera e divisa. Da
giovanissimo comincia a lavorare come operaio e in fabbrica ha i primi contatti con il movimento
antifascista. Viene arrestato nell’aprile del 1944.
giovanissimo comincia a lavorare come operaio e in fabbrica ha i primi contatti con il movimento
antifascista. Viene arrestato nell’aprile del 1944.
GIULIO CASIRAGHI
Comunista, operaio della Marelli veniva interrogato a
suon di botte nel luglio del ‘44 eppure alla moglie dice solo che è caduto
dalle scale scappando in un rifugio antiaereo durante un
bombardamento. Ugualmente non parlerà sotto le tremende torture dei suoi
aguzzini. Da Monza viene trasferito a San Vittore l’8 agosto: la moglie è
convinta che lo spediranno in Germania, come successo a tanti ma quando
sente dell’eccidio di piazzale Loreto capisce al volo e corre a vedere il
marito morto. Urla disperata e un repubblichino gli dice: “E’ morto
alzando il pugno chiuso e gridando viva la rivoluzione”. Casiraghi non
aveva mai avuto paura, non l’ebbe di fronte al plotone di esecuzione.
ANGELO POLETTI
Poletti comandava la 38° Brigata Matteotti nel
lecchese (che venne poi a lui “intestata”): il 19 marzo 1944 fu arrestato
mentre si recava a prelevare armi e portato a San Vittore. Mesi di torture
e interrogatori, mai una parola; i tedeschi capiscono che non parlerà mai
e decidono di spedirlo in un lager in Germania. Ma anche Poletti decide,
decide di fuggire grazie a un secondino complice che gli ha passato lime e
seghetti: troppo tardi, il trasferimento sarà solo a piazzale Loreto. “Muoio
per la libertà. In alto i cuori, viva l’Italia” le ultime parole su un
foglietto.
EMIDIO MASTRODOMENICO
Poliziotto, descritto dai colleghi come intelligente,
colto e profondamente umano. L’8 settembre 1943 con alcuni colleghi fidati
e costituisce una “brigata d’assalto” in collegamento con le SAP milanesi. Il
16 aprile ’44 viene arrestato grazie ad una delazione e rinchiuso nel
braccio dei “politici” a San Vittore, il VI°. I compagni di detenzione,
essendo un poliziotto, pensano sia una spia ma la miglior prova della
sua onestà ed integrità sono le sistematiche torture e le botte e il suo
ostinato silenzio. Solo alla fine della guerra, i genitori, in Puglia,
sapranno della sorte del figlio poliziotto.
LIBERO TEMOLO
Alla Pirelli, di solito riusciva uscendo a tornare a
casa in salvo: non l’ultima volta, quando i fascisti lo arrestarono:
nessuno era riuscito ad avvisarlo. A casa lo aspettavano oltre ai familiari
alcuni partigiani che Libero doveva accompagnare in provincia di Novara. A
casa, il ritardo era il chiaro sintomo che qualcosa era successo… Temolo,
con Soncini, appena sceso dal camion che li aveva trasportati in piazzale
Loreto tentò la fuga: ferito ad una gamba, fu raggiunto dai repubblichini e
assassinato.
UMBERTO FOGAGNOLO
Ingegnere alla Ercole Marelli di Sesto San Giovanni.
Rappresentante del Partito d’Azione nel CLN di Sesto e responsabile
dell’organizzazione clandestina nelle fabbriche; insieme a Casiraghi, è tra gli organizzatori
dello sciopero generale del marzo 1944. Arrestato il 13 luglio 1944 nel suo
ufficio, incarcerato a Monza dove viene ripetutamente torturato.
Trasferito a San Vittore l’8 agosto 1944.
DOMENICO FIORANI
Perito industriale di Sesto S. Giovanni, fu arrestato
mentre andava a trovare la moglie all’Ospedale di Busto Arsizio: capì
subito cosa lo avrebbe aspettato nella “Casa dei Balilla” di Monza. “Inutile tu
pianga, mamma, tanto se non finisce la guerra, io di qui non esco vivo”
furono le ultime parole alla madre in visita al carcere. Non era
scoraggiato, già sapeva come sarebbe finita. Ma neppure mostrava
paura, ricorda la madre, quando due giorni prima dell’eccidio lo
trasferirono da Monza a San Vittore
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