MagistraturaMorti sul lavoro, allarme da Torino
Lo Stato smantella i pool specializzatiLa normativa sulle rotazioni decennali obbliga i sostituti più esperti in materia a cambiare settore o sede. Decimato il gruppo che ha ottenuto risultati importanti nei casi Thyssen e Eternit. La richiesta di una Procura nazionale ad hoc. Oltre mille vittime nel 2011
di MASSIMO RAZZI
ROMA - Lo Stato sembra abdicare nella difficilissima battaglia per la sicurezza sui posti di lavoro. Non lo dice esplicitamente, ma, di fatto, agisce "come se" nel momento in cui, l'applicazione delle sue stesse norme porta praticamente a smantellare pool di provata esperienza come quello di Torino impegnato nelle delicatissime questioni della Thyssen 1e della Eternit 2. La norma in questione è quella cosiddetta della "decennalità" (dl 160/2006) in base alla quale i magistrati, ogni dieci anni devono "ruotare" e cambiare settore d'impegno. Norma che, ovviamente, ha una sua ratio e dovrebbe impedire il "fossilizzarsi" dei magistrati in un campo d'attività e far affluire forze nuove nei settori di maggiore specializzazione. Tutto bene salvo il fatto che, a Torino, entro la fine dell'anno, sei sostituti procuratori su nove che fanno parte del pool che si occupa di sicurezza sul lavoro saranno costretti a cambiare attività o sede (in totale gli spostamenti sono 13), a Milano sono 17, a Roma 11, a Padova 9, a Reggio Emilia 7. Ad essi subentreranno, tutti in una volta, colleghi che, evidentemente, non hanno conoscenza adeguata della materia e impiegherebbero mesi per formarsi una certa esperienza. Il tutto a scapito di tecniche e procedure consolidate che hanno permesso al gruppo torinese che si è raccolto intorno al procuratore Raffaelle Guariniello di ottenere brillanti successi portando a sentenza con rapidità ed efficacia casi di estrema delicatezza e di grande rilevanza come, appunto, la Thyssen e la Eternit.
Da qui la protesta del pool (che più di ogni altro, in Italia, ha lavorato nella logica della squadra specializzata), la richiesta di una modifica della legge e la proposta di una Procura Nazionale per la Sicurezza sui luoghi di Lavoro per fronteggiare un'emergenza che, ormai, non è seconda a quella della malavita organizzata. Per rendersene conto bastano i numeri forniti dall'Osservatorio indipendente di Bologna diretto da Carlo Soricelli che ha "censito", nell'anno che sta per concludersi, oltre 1.100 vittime di cui il 15% almeno lavoravano in nero o erano pensionati. Per risolvere la questione basterebbero poche righe di modifica all'articolo all'articolo 19 del dl 160 che potrebbero recitare così: "le disposizioni dei commi 1,2 e 2-bis del presente articolo non si applicano ai magistrati che esercitano funzioni giudicanti e requirenti di primo e secondo grado addetti alle sezioni e ai gruppi di lavoro specializzati nella trattazione dei procedimenti penali aventi per oggetto reati commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza durante l'attività lavorativa". In materia esistono anche iniziative parlamentari come quella dell'on. Giuseppe Giulietti.
Scrivono i magistrati torinesi: "Le leggi italiane offrono strumenti potenzialmente efficaci a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Perché allora tanti infortuni sul lavoro e tante malattie professionali? Il fenomeno che più caratterizza è la concreta disapplicazione delle leggi. Una causa è la carenza nei controlli. Sotto questo angolo visuale, occorre, in particolare, porre in risalto senza falsi pudori le lacune che minano l'intervento della magistratura nel settore della sicurezza del lavoro. In alcune parti del nostro Paese, i processi in materia di sicurezza del lavoro proprio non si celebrano; in altre, si celebrano, ma spesso con tale lentezza da arrivare alla prescrizione del reato. La conseguenza è devastante: si sviluppa l'idea che le regole esistono, ma possono essere violate senza incorrere in effettive responsabilità. Pressante è l'esigenza di dare finalmente una concreta risposta alle istanze di giustizia che provengono dal mondo del lavoro, e, a questo scopo, di pensare una nuova organizzazione giudiziaria che valga a garantire interventi sistematici e coerenti su tutto il territorio nazionale a protezione anche in fase preventiva della sicurezza sul lavoro. Una organizzazione altamente specializzata, e non quindi frammentata nelle tante procure della repubblica (sovente di ridotte dimensioni) attualmente istituite in Italia". In sostanza, secondo il pool torinese, la differenza tra un contrasto efficace al fenomeno delle vittime del lavoro e l'attuale "tirare a campare" che sembra caratterizzare la maggior parte delle situazioni, sta proprio nella formazione di una Procura Nazionale che vorrebbe dire: applicazione delle tecniche migliori e più avanzate su tutto il territorio, centralizzazione e facile utilizzo delle esperienze raccolte, dei materiali esistenti, delle tecniche d'indagine consolidate, censimento dei fenomeni che si ripetono e osservazione dei reati più comuni in materia. Insomma, un patrimonio inestimabile che, come dimostra l'esperienza di Torino può portare a buoni risultati e a tempi finalmente accettabili dell'iter processuale.
Tutto questo senza contare la necessità di profonde modifiche all'attuale legislazione in materia di sicurezza sul lavoro, soprattutto per quanto riguarda i decreeti attuativi dell'ex ministro Sacconi alla legge 81 (uno degli ultimi atti del governo Prodi). I decreti sacconiani, infatti, hanno decisamente allargato gli spazi discrezionali a disposizione dei datori di lavoro, reso molto più complicato l'accertamento delle responsabilità e aumentata la sensazione dei datori di lavoro che violare le regole sia abbastanza facile e che, anzi, certe norme sembrano quasi un invito a farlo. Il risultato è il numero delle vittime che non riesce a scendere sotto il migliaio all'anno e il numero sempre altissimo degli infortuni meno gravi ma che, spesso, lasciano conseguenze gravissime per molti lavoratori e costi sociali altissimi.
(26 dicembre 2011)
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