venerdì 30 dicembre 2011

pc 30 dicembre - CRISI, L'INTERVENTO PUBBLICO E I SUOI LIMITI - da 'APPUNTI DI STUDIO SU MARX E LA CRISI'

Oggi che il governo Monti prepara nuove misure per salvare il sistema capitalista dalla sua crisi, riteniamo utile riportare un pezzo, breve, dall'opuscolo APPUNTI DI STUDIO SU MARX E LA CRISI - stralci da “il capitalismo e la crisi”. Scritti scelti (di Marx) a cura di V.Giacchè.
Tutto l'opuscolo - che si trova a latere di questo blog - si può scaricare e leggere.


"...Il decorso della crisi: l'intervento pubblico e i suoi limiti.

(Nella crisi, gli) interventi di salvataggio delle banche con denaro pubblico sono stati definiti “socialismo per i ricchi”. Marx non ne aveva parlato in modo molto diverso. Ecco quanto scriveva a proposito della crisi di Amburgo del 1857: “Per tenere su i prezzi... lo Stato dovrebbe pagare i prezzi in vigore prima dello scoppio del panico commerciale e scontare delle cambiali che non sono più altro che il controvalore delle bancarotte altrui. In altre parole, il patrimonio dell'intera società, che il governo rappresenta, dovrebbe ripianare le perdite subite dai capitalisti privati. Questo genere di comunismo, in cui la reciprocità è assolutamente unilaterale, esercita una certa attrattiva sui capitalisti europei” (Marx).
(E giungono Marx ed Engels) “E' proprio bello che i capitalisti, che gridano tanto contro il “diritto al lavoro”, ora pretendano dappertutto “pubblico appoggio” dai governi... facciano insomma valere il “diritto al profitto” a spese della comunità”.

(ndr) vale a dire la classica: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei guadagni, sempre usata dai capitalisti anche oggi.

(Ma)in generale, sia Marx che Engels ritenevano che la crisi non potesse essere risolta da interventi di politica monetaria né da leggi ad hoc o interventi pubblici a garanzia e copertura del debito privato. Anzi in una lettera ad Engels riferita agli sviluppi della crisi che allora imperversava in Francia, Marx accennò al fatto che questi ultimi interventi, lungi dal risolvere la crisi, potevano portare alla bancarotta anche lo Stato: “quando scoppia la vera e propria crisi francese, il mercato finanziario e la garanzia di questo mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo”...
La gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico in atto, se non è riuscita né a ridurre l'entità complessiva del debito né a rianimare l'economia, può porre le premesse di un ulteriore crisi del debito: quella, appunto, del debito pubblico... A questo punto il risultato che si avrebbe sarebbe una pesantissima crisi fiscale, un'ulteriore drastica riduzione del suo ruolo nell'economia e il campo libero lasciato alle grandi aziende multinazionali private.

(ndr) l'intervento dello Stato in soccorso dell'economia capitalista, del profitto attraverso soprattutto misure che impoveriscono i lavoratori e le masse popolari confermano il ruolo dello Stato unicamente a difesa degli interessi della classe dominante. Questa difesa comporta un incremento direttamente proporzionale dell'attacco ai diritti democratici, ai diritti sindacali, l'eliminazione delle residue conquiste dei lavoratori, in primis oggi l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; ma soprattutto un incremento della funzione repressiva dello Stato verso i proletari per prevenire o soffocare ribellioni e lotte. Oggi le misure “anticrisi” si accompagnano alla marcia verso il moderno fascismo, allo Stato di polizia, ad una risposta sempre più violenta alle giuste rivendicazioni dei proletari e delle masse popolari colpite..."

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