Caro Operai
Contro,
il governo
Gentiloni ha stanziato 60 milioni di euro (tanto per cominciare), per
finanziare gli atenei messi a disposizione dei padroni che vorranno beneficiare
gratuitamente del loro supporto per la formazione e l’assistenza, al fine di
realizzare profitti. Lo stanziamento di 60 milioni di euro è così ripartito: 20
milioni nel 2017, 10 milioni nel 2018, 30 milioni nel 2019. Il governo dei
padroni, (Renzi poi Gentiloni), prima ha regalato ai padroni il Jobs act;
l’operaio usa e getta con salari e condizioni miserabili; gli sgravi fiscali;
ha demolito l’impianto degli ammortizzatori sociali. Ora in nome dell’industria
4.0, ai padroni vengono regalati dal loro servile governo, 60 milioni di euro
(pubblici) a fondo perso al fine di realizzare altri profitti. Poi l’uso che
faranno della nuova tecnologia, produrrà nuovi licenziamenti.
Saluti Bruno
Casca
Il sole 24 ore
Industria
4.0, superpoli atenei-imprese
Le imprese che cercano competenze, formazione e
trasferimento tecnologico per fare il salto nella quarta rivoluzione
industriale potranno presto bussare alla porta dei competence center. La
seconda fase di industria 4.0 – quella legata alla formazione e al lavoro 4.0 –
dopo l’estate entrerà nel vivo grazie anche alla scelta degli atenei intorno ai
quali si svilupperanno questi centri di eccellenza che supporteranno le
aziende, Pmi in particolare. Di sicuro – secondo quanto risulta al Sole 24 ore
– si faranno avanti almeno sette candidati che proveranno a conquistare
l’ambita qualifica di competence center. Si tratta dei tre Politecnici (Milano,
Torino e Bari), dell’università di Bologna, del Sant’Anna di Pisa (in
partnership con la Normale), della Federico II di Napoli e della rete degli
atenei veneti capitanati dall’università di Padova.
Ognuno di questi poli
offrirà servizi e assistenza anche in base alle specializzazioni tecnologiche
che già possiede in casa o che troverà nelle alleanze con le aziende e i
partner sul territorio. Ora manca solo l’arrivo in Gazzetta del decreto
attuativo alla firma dei ministri Calenda e Padoan per andare alla Corte dei
conti possibilmente prima della pausa di ferragosto. Potrebbe dunque essere
pubblicato a settembre. Poi toccherà al bando con due mesi per le candidature e
un altro mese per completare la selezione che terrà conto delle università,
delle imprese coinvolte e del business plan. Entro l’anno la chiusura del
cerchio, giusto in tempo per non sciupare i 20 milioni di finanziamento
pubblico per il 2017, mentre altri 10 milioni sono previsti per il 2018 (la
manovrina ne ha previsti altri 30 fino al 2019). Quanto al bando, si seguiranno
i parametri del regolamento Ue Gber con un massimo di 7,5 milioni di
finanziamento (contributi diretti alla spesa) per singolo polo costituito nella
forma del partenariato pubblico-privato. Con questa ripartizione: 65% per
costituzione e avviamento dell’attività e 35% per i progetti. Ma come
funzioneranno i competence center? «Non sarà un laboratorio di ricerca – spiega
il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta – lo immaginiamo come uno
spazio dove testare tecnologie pronte per il mercato ». Il competence center
del Polimi che avrà «dimensione nazionale» non avrà monospecializzazioni, «ma
punterà soprattutto ad aiutare le aziende a integrare le varie tecnologie come
robotica, additive manufacturing, internet of things, Big data e sensoristica».
L’idea insomma è quella di creare «isole tecnologiche per offrire servizi di
accompagnamento, studi di fattibilità, progetti di formazione con docenti ed
esperti per le aziende, soprattutto Pmi», avverte il rettore. Che indica negli
spazi della Bovisa il luogo ideale dove far nascere il competence center: «Qui
c’è il nostro distretto tecnologico» per la presenza dei dipartimenti di
ingegneria con i loro laboratori e per la presenza del Polihub (l’incubatore di
start up) e del Polifactory (il fab lab). Anche per Emilio Paolucci,
vicerettore del Politecnico di Torino sarà cruciale assistere le aziende nel
far convergere l’uso delle tecnologie: «Metteremo a disposizione le nostre
competenze nell’additive manufacturing, nelle tecnologie di joining (mix di
colle e altre modalità che non impiegano viti, ndr) nella fotonica, nella
raccolta dati con sensori ottici e poi robotica, big data e Iot». Il polo si
rivolgerà in particolare alle «filiere dell’aerospazio e dell’aeronautica e
dell’automotive», con focus nella «formazione e nell’awareness delle imprese
grazie ai digital hub». L’alma mater di Bologna offrirà le sue competenze su
più tecnologie abilitanti, con un punto di forza: i Big data. «Qui grazie alla
presenza di Cineca e Infn si concentra il 70% delle capacità di calcolo del
Paese e dal 2019 ospiteremo anche il centro metereologico europeo che dopo
Brexit lascerà l’Inghilterra», avverte Fabio Fava delegato del rettore per
l’innovazione. Il competence center che dovrebbe nascere nel tecnopolo di
Bologna («ci sono 2mila metri quadri a disposizione») guarda in particolare
alle filiere regionali della meccatronica e della motoristica, del biomedicale
dell’agroalimentare fino a edilizia, industria creativa e Ict. È già tutto
pronto invece per la candidatura degli atenei veneti che insieme – capitanati
da Padova – hanno già costituito formalmente quasi un anno fa il competence
center del Nord est specializzato nelle tecnologie «Smact» – acronimo che sta
per “social, mobile, analytics, cloud e internet of things” – da declinare
sulle vocazioni industriali del territorio, le quattro «a»: abbigliamento, arredamento,
automazione e agrifood. Già in pista anche il Sant’Anna di Pisa: «A Pontedera
faremo una research factory, un luogo dove le imprese porteranno i loro
bisogni. Noi metteremo a disposizione i nostri ricercatori, le nostre
attrezzature e le partnership internazionali per offrire soluzioni concrete»,
spiega Paolo Dario, direttore dell’Istituto di BioRobotica. Che indica in
alcuni ex capannoni della Piaggio, accanto all’istituto, la sede ideale: «A
fianco ci sono grandi aziende con cui abbiamo già collaborazioni e a pochi
metri ci sono i nostri 250 ricercatori, di cui 90 dottorandi con punti di forza
nella robotica e negli ambienti virtuali». Il Sud al momento ha due candidature
di peso, che tra l’altro potrebbero federarsi: si tratta della Federico II e
del Politecnico di Bari. Gaetano Manfredi, Magnifico a Napoli, ricorda come la
Campania oggi formi «il 10% degli ingegneri italiani. Faremo un progetto con
gli altri atenei e grandi player come Fca, Finmeccanica e Hitachi con
specializzazioni nella robotica e nei materiali innovativi». E con la sede nel
Polo a San Giovanni dove da poco opera anche il primo campus di Apple in
Europa. Il Politecnico di Bari farà invece sorgere il nucleo iniziale del
competence center nell’area dove sono già presenti grandi laboratori di
ingegneria: «Stiamo lavorando a una robusta candidatura insieme a grandi
aziende e con l’ipotesi di presentarci con l’ateneo di Napoli», avverte il
rettore Eugenio Di Sciascio. Che indica in aerospazio, automotive, ma anche
«nell’agricoltura 4.0» i settori industriali con cui collaborare in maniera più
stretta.
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