Con
questo capitolo “entriamo in fabbrica”… e qui si lavora. Marx fa innanzi tutto la differenza fra processo lavorativo come “… condizione naturale eterna della vita
umana; quindi … indipendente da ogni forma di tale vita, e anzi… comune
egualmente a tutte le forme di società della vita umana”, e processo di valorizzazione.
Il
processo lavorativo Marx ce lo
spiega in un modo cui non siamo abituati a pensarlo: “In primo luogo il lavoro
è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo per mezzo
della propria azione media, regola e controlla il ricambio organico fra se
stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della
natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali
appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per
appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita.” Cambiando
la natura, dice Marx “egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria” e
aggiunge “Qui non abbiamo da trattare delle prime forme di lavoro, di tipo
animalesco e istintive. Lo stadio nel quale il lavoro umano non s'era ancora
spogliato della sua prima forma di tipo istintivo si ritira nello sfondo
lontano delle età primeve, per chi vive nello stadio nel quale il lavoratore si
presenta sul mercato come venditore
della propria forza-lavoro. Noi supponiamo il lavoro in una forma nella
quale esso appartenga esclusivamente all'uomo.
Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l'ape fa
vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il
peggiore architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta
nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo
lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, che quindi era già
presente idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di
forma dell'elemento naturale; egli realizza
nell'elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, da lui ben conosciuto, che determina come legge il
modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà. E questa
subordinazione non è un atto isolato. Oltre lo sforzo degli organi che
lavorano, è necessaria, per tutta la durata del lavoro, la volontà conforme allo scopo, che si estrinseca
come attenzione: e tanto più è necessaria quanto meno il
lavoro, per il proprio contenuto e per il modo dell'esecuzione, attrae a sé
l'operaio; quindi quanto meno questi gode come gioco delle proprie forze
fisiche e intellettuali.”
L’importanza
del mezzo di lavoro come “cosa o un complesso di cose che il lavoratore
inserisce fra sé e l'oggetto del lavoro, e che gli servono da conduttore della
propria attività su quell'oggetto” è data dal fatto che ”L'uso e la creazione
dei mezzi di lavoro … contraddistinguono il processo lavorativo specificamente
umano; per questo il [Benjamin] Franklin
definisce l'uomo «a toolmaking animal», un animale che fabbrica strumenti.
Le reliquie dei mezzi di lavoro hanno, per il giudizio su formazioni sociali
scomparse, la stessa importanza che ha la struttura delle reliquie ossee per
conoscere l'organizzazione di generi animali estinti. Non è quel che vien fatto, ma
come vien fatto, con quali mezzi
di lavoro, ciò che distingue le epoche
economiche... Fra i mezzi di lavoro i mezzi
meccanici di lavoro, il cui complesso possiamo chiamare il sistema osseo e muscolare della produzione,
ci offrono note caratteristiche d'una epoca sociale di produzione che sono più
decisive di quanto non siano quei mezzi di lavoro che servono soltanto da
ricettacoli dell'oggetto di lavoro, e il cui complesso può essere designato in
modo del tutto generale come sistema
vascolare della produzione, come tubi, botti, ceste, orci, ecc. Questi
hanno una funzione importante soltanto quando comincia la fabbricazione
chimica.”
Fra
i mezzi del processo lavorativo bisogna considerare anche “tutte le condizioni
oggettive che in genere sono richieste affinché esso abbia luogo. Queste
condizioni non rientrano direttamente nel processo lavorativo, il quale però
senza di esse può non verificarsi affatto, o si verifica solo incompletamente.”
Ci riferiamo alla stessa terra ma
anche a “edifici di lavoro, canali, strade, ecc.”
“Il
processo [lavorativo] – dice Marx - si estingue nel prodotto. Il suo prodotto è
un valore d'uso, materiale naturale appropriato a bisogni umani mediante
cambiamento di forma. Il lavoro s'è combinato col suo oggetto. Il lavoro si è
oggettivato, e l'oggetto è lavorato. Quel che dal lato del lavoratore s'era
presentato nella forma del moto, ora si presenta dal lato del prodotto come
proprietà ferma, nella forma dell'essere. L'operaio ha filato e il prodotto è
un filato.” E “Se si considera l'intero processo dal punto di vista del suo
risultato, cioè del prodotto, mezzo di
lavoro e oggetto di lavoro si
presentano entrambi come mezzi di
produzione, e il lavoro stesso si presenta come lavoro produttivo.”
“Con
l'eccezione dell'industria estrattiva che trova in natura il suo oggetto di
lavoro, come l'attività mineraria, la caccia, la pesca (l'agricoltura solo in
quanto dissoda la terra vergine, in prima istanza), tutte le branche
dell'industria trattano un oggetto
che è materia prima, cioè oggetto di
lavoro già filtrato attraverso il lavoro, che è già anch'esso prodotto del
lavoro.”
“La
materia prima può costituire la sostanza principale d'un prodotto, oppure può
entrare nella sua formazione soltanto
come materiale ausiliario… in questo stato si chiama semifabbricato [oggi semilavorato]
e si chiamerebbe meglio fabbricato graduale, come per esempio il cotone, il
filo, il refe”.
Ogni
prodotto è dunque lavoro passato,
morto, e l'unico mezzo per conservare e realizzare come valori d'uso questi
prodotti come le macchine, i mezzi di lavoro, per esempio, “è gettarli nel
processo lavorativo” cioè metterli in “contatto con il lavoro vivente.”
Altrimenti il lavoro speso nella loro produzione è inutile: “Il ferro arrugginisce,
il legno marcisce…”
2.
PROCESSO DI VALORIZZAZIONE
Anticipiamo
subito il risultato dell’analisi di questo punto: “Il processo di valorizzazione … non è altro che un processo di creazione di valore prolungato
al di là di un certo punto”. Vediamo come ci si arriva. Per passare al processo
di valorizzazione, dice Marx “Torniamo al nostro capitalista” che ha “acquistato
sul mercato tutti i fattori necessari al processo lavorativo, i fattori
oggettivi ossia i mezzi di produzione,
il fattore personale ossia la forza-lavoro.”
E “Ora, il processo lavorativo nel suo svolgersi come processo di consumo della forza-lavoro da parte del capitalista ci
mostra due fenomeni peculiari.”
Primo:
“L'operaio lavora sotto il controllo del
capitalista, al quale appartiene il
tempo dell'operaio. Il capitalista sta attento a che il lavoro si svolga
per bene e che i mezzi di produzione vengano impiegati appropriatamente; dunque
fa attenzione a che non si sperperi materia prima, e che lo strumento di lavoro
non venga danneggiato, cioè che venga logorato soltanto quanto è reso
necessario dal suo uso nel lavoro.”
In
secondo luogo: “il prodotto è proprietà
del capitalista, non del produttore diretto, dell'operaio. Il capitalista
paga, per esempio, il valore giornaliero della forza-lavoro. Dunque per quel
giorno l'uso di essa gli appartiene come quello di ogni altra merce, per
esempio di un cavallo noleggiato per un giorno.”
“Consideriamo
ora il processo di produzione anche come processo di formazione di valore.” Prendiamo
per esempio, il refe.
“Per
la preparazione del refe è stata necessaria in primo luogo la sua materia
prima, per esempio 10 quintali di cotone .... comprato sul mercato al suo valore”
per esempio a 140 € (le cifre sono arbitrarie).
“Ammettiamo inoltre che la massa di fusi che si sono logorati nella
lavorazione del cotone, la quale rappresenta per noi tutti gli altri mezzi di
lavoro” abbia un valore di 40 €. Se una quantità di denaro di 180 € “è il
prodotto di ventiquattro ore lavorative ossia di due giornate lavorative, ne
segue in primo luogo che nel refe sono oggettivate due giornate lavorative.” “Tutto
il lavoro contenuto nel refe è lavoro
trascorso.” Ora bisogna aggiungere al cotone la parte del valore
rappresentata dal lavoro dell’operaio. E “La materia prima si presenta qui come assorbente di una determinata
quantità di lavoro.”
“Se
in un'ora vien filata ossia trasformata in 1 quintale e 2/3 di refe 1 quintale
e 2/3 di cotone, 10 quintali di refe indicano 6 ore lavorative assorbite.
Determinate quantità di prodotto, fissate in base alla esperienza, non
rappresentano ormai altro che determinate
quantità di lavoro, masse determinate di tempo di lavoro cristallizzato.
Ormai sono semplicemente materializzazione di un'ora, di due ore, d'un giorno
di lavoro sociale.”
“Per
la vendita della forza-lavoro si era
presupposto che il suo valore giornaliero fosse eguale a 20 € e che in questi
fossero incorporate 6 ore lavorative, e che dunque per produrre la somma media
dei mezzi di sussistenza giornalieri del lavoratore fosse richiesta tale
quantità di lavoro. Ora, se il nostro filatore durante un'ora lavorativa
trasforma 1 quintale e 2/3 di cotone in 1 quintale e 2/3 di refe, in 6 ore
trasformerà 10 quintali di cotone in 10 quintali di refe. Quindi durante il
processo di filatura il cotone assorbe 6 ore lavorative. Lo stesso tempo di
lavoro è rappresentato da una quantità d'oro” [di denaro] di 20 €. “Dunque
mediante la filatura stessa viene aggiunto al cotone” un valore di 20 €.
“Guardiamo
ora il valore complessivo del prodotto,
cioè dei 10 quintali di refe. In questi 10 quintali sono oggettivate 2 giornate
lavorative e mezza; 2, contenute nel cotone e nel fuso, mezza, di
lavoro assorbito durante il processo della filatura. Il medesimo tempo di
lavoro è rappresentato in una massa d'oro [di denaro] di 200 €. Dunque il
prezzo adeguato al valore dei 10 quintali di refe ammonta a 200 €, il prezzo di
1 quintale di refe a 20 €.”
“Il
nostro capitalista si adombra: il valore
del prodotto è eguale al valore del
capitale anticipato. Il valore anticipato non si è valorizzato, non ha generato nessun plusvalore, e così il denaro non si è trasformato in capitale. Il prezzo dei 10 quintali di
refe è di 200 € e 200 € erano stati spesi al mercato per gli elementi costitutivi del prodotto, cioè,
il che è la stessa cosa, per i fattori del processo lavorativo: 140 € per il
cotone, 40 € per la massa dei fusi logorati e 20 € per la forza-lavoro. … Ora
questi valori sono tutti concentrati su di una
cosa sola, ma altrettanto accadeva
per la somma di denaro di 200 €, prima che questa si frantumasse attraverso tre
acquisti di merce.”
“In
sé e per sé questo risultato non è strano. Il valore di 1 quintale di refe è 20
€ e quindi per 10 quintali di refe il nostro capitalista avrebbe dovuto pagare
sul mercato 200 €.”
“Forse
il capitalista, che sa il fatto suo quanto a economia politica volgare, dirà di
aver anticipato il suo denaro con l'intenzione di farne più
denaro. Ma di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno, e
tanto varrebbe che avesse l'intenzione di far denaro senza produrre. Minaccia
che non ci cascherà più. In futuro comprerà la merce bell'e fatta sul mercato,
invece di fabbricarla egli stesso. Ma se tutti i suoi fratelli capitalisti
faranno altrettanto, dove trovare la merce sul mercato? E non può mangiare denaro. Si mette a catechizzare: si rifletta
alla sua astinenza. Avrebbe potuto
scialacquare i suoi 200 €. Invece, li ha consumati
produttivamente e ne ha fatto del refe. Ma in compenso, ha ben del refe
invece di rimorsi. E non deve a nessun costo ricadere nella parte del tesaurizzatore che ci ha mostrato qual è
il risultato dell'ascetismo. E poi, dove non c'è niente, l'imperatore non ha
più diritti. Qualunque possa essere il merito della rinuncia del capitalista,
non c'è nulla per pagarla a parte, poiché il valore del prodotto che risulta
dal processo lavorativo è eguale soltanto alla somma dei valori delle merci
immessevi. Se ne resti dunque quieto pensando che della virtù la virtù è
premio. Invece, il capitalista diventa indiscreto. Il refe è inutile per lui.
L'ha prodotto per venderlo … Il capitalista s'inalbera: allora l'operaio
avrebbe creato dal nulla, con le sole sue braccia, i frutti del lavoro, avrebbe
prodotto merci dal nulla? Non è stato lui, il capitalista, a dargli il
materiale col quale e nel quale
soltanto quegli può incarnare il suo lavoro? E poiché la maggior parte della
società consiste di questi nullatenenti, non ha reso alla società, coi suoi
mezzi di produzione, il suo cotone e i suoi fusi, un servizio
incommensurabile, e così all'operaio, che ha per giunta provveduto di mezzi di
sussistenza? E non deve mettere in conto questo servizio?”
A
questo punto, dice Marx, anche l’operaio potrebbe dire la sua: “E l'operaio non
gli ha reso il servizio di trasformare
cotone e fuso in refe?” Ma, in realtà “qui non si tratta di servizi. Un
servizio non è altro che l'effetto utile d'un valore d'uso, sia della
merce, sia del lavoro. Ma quello che conta qui è il valore di scambio. Il
capitalista ha pagato all'operaio il valore di 20 €. L'operaio gli ha
restituito un equivalente esatto nel valore di 20 € aggiunto al cotone: gli
ha restituito valore per valore. Il nostro amico, che poco fa era ancora tanto
fiero del suo capitale, assume d'un tratto il contegno modesto del proprio
operaio. Non ha lavorato anche lui? Non ha compiuto il lavoro di sorveglianza,
di sovraintendenza nei confronti del filatore? E questo suo lavoro non crea
valore anch'esso? Il suo sorvegliante e il suo direttore si stringono nelle
spalle. Ma intanto il capitalista ha ripreso, ridendo allegramente, la sua
antica fisionomia. Ci ha voluto canzonare, con tutta quella litania. Non gliene
importa niente. Lascia questi sciocchi pretesti e questi vuoti sofismi ai
professori di economia politica, che proprio per questo sono pagati. Egli è un
uomo pratico, che fuori degli affari non riflette sempre a quel che dice, ma
negli affari sa sempre quel che fa.”
“Vediamo un po' più da vicino. Il valore
giornaliero della forza-lavoro ammontava a 20 € perché in esso è oggettivata una
mezza giornata lavorativa, cioè perché i mezzi di sussistenza necessari
giornalmente alla produzione della forza-lavoro costano una mezza giornata
lavorativa.” Ma, come abbiamo visto, “il lavoro
trapassato, latente nella forza-lavoro, e il lavoro vivente che può fornire la forza-lavoro, cioè i costi
giornalieri di mantenimento della forza-lavoro e il dispendio giornaliero di
questa sono due grandezze del tutto
distinte.” La forza-lavoro “determina il suo valore di scambio” ed è stata
“pagata” per quanto valeva sul mercato delle merci; il lavoro vivo invece “costituisce
il suo valore d'uso. Che sia necessaria una mezza giornata lavorativa per
tenerlo in vita per ventiquattro ore, non impedisce affatto all'operaio di
lavorare per una giornata intera. Dunque il valore della forza-lavoro e
la sua valorizzazione nel processo lavorativo sono due grandezze differenti. A questa differenza di valore mirava il
capitalista quando comperava la forza-lavoro. L'utile qualità di produrre
refe e stivali, propria della forza-lavoro, era per il capitalista soltanto la conditio sine qua non, poiché, per
creare valore, il lavoro dev'essere speso in forma utile: ma decisivo era
invece il valore d'uso specifico di
questa merce, che è quello di esser fonte di valore, e di più valore di quanto ne abbia essa
stessa. Questo è il servizio
specifico che il capitalista se ne aspetta. E in questo egli procede secondo le
eterne leggi dello scambio delle merci.”
E
infatti “II nostro capitalista ha previsto questo caso, che lo mette in allegria.
Quindi il lavoratore trova nell'officina
non solo i mezzi di produzione necessari per un processo lavorativo di 6 ore,
ma quelli per 12 ore. Se 10 quintali di cotone hanno assorbito 6 ore
lavorative e si sono trasformati in 10 quintali di refe, 20 quintali di cotone
assorbiranno 12 ore di lavoro e si trasformeranno in 20 quintali di refe.
Consideriamo il prodotto del processo lavorativo prolungato. Adesso nei 20 quintali
di refe sono oggettivate 5 giornate lavorative: 4, nella massa di cotone e di fusi
consumata; 1 giornata, assorbita dal
cotone durante il processo di filatura. Ma l'espressione in oro [in denaro] di
5 giornate lavorative è: 400 €. Questo è dunque il prezzo dei 20 quintali di
refe. Il quintale di refe costa, come prima, 20 €. Ma il totale del valore
delle merci immesse nel processo ammontava a 380 €. [Cioè il doppio di cotone e
fusi = 360 più 20 per la forza lavoro] Il valore del refe ora ammonta a 400 €.
Il valore del prodotto è cresciuto … oltre il valore anticipato per la sua
produzione. Così 380 € si sono trasformati in 400 €. Hanno deposto un plusvalore di 20 €. Il colpo è riuscito,
finalmente. Il denaro è trasformato in capitale.”
“Il processo di consumo della forza-lavoro che
insieme è processo di produzione della merce, ha reso un prodotto di 20 quintali
di refe del valore di 400 €. Il capitalista torna ora sul mercato e vende
merce, dopo aver comprato merce. Vende il quintale di cotone a 20 €, non un
quattrino più o meno del suo valore. Eppure trae dalla circolazione 20 € di più
di quelli che vi ha immesso inizialmente.”
Come
abbiamo visto precedentemente “Tutto questo svolgimento di trasformazione in
capitale del denaro del nostro capitalista, avviene
e non avviene nella sfera della circolazione. Avviene attraverso la
mediazione della circolazione, perché ha la sua condizione nella compera
della forza-lavoro sul mercato delle merci; non avviene nella circolazione, perché questa non fa altro che dare
inizio al processo di valorizzazione,
il quale avviene nella sfera della produzione.”
Come
abbiamo anticipato all’inizio, se “confrontiamo il processo di creazione di
valore e il processo di valorizzazione” vediamo che “quest'ultimo non è altro che un processo di creazione di valore
prolungato al di là di un certo punto. Se il processo di creazione di
valore dura soltanto fino al punto nel quale il valore
della forza-lavoro pagato dal capitale è sostituito da un nuovo equivalente, è processo semplice di
creazione di valore; se il processo di creazione di valore dura al di
là di quel punto, esso diventa processo di valorizzazione.”
“Il
processo di produzione, in quanto
unità di processo lavorativo e di processo di creazione di valore, è processo
di produzione di merci; in quanto unità
di processo lavorativo e di processo di valorizzazione, è processo di
produzione capitalistico, forma capitalistica della produzione delle merci.”
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