comunicato dei familiari
a cura Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro - Taranto
Si e aperto oggi, 8 novembre, il processo con rito abbreviato nei confronti di sette alti dirigenti ENI e della società Eni S.p.A. quale responsabile civile per i noti fatti delittuosi avvenuti in Molfetta il 3 marzo 2008 e che portarono ai decessi presso la TRUCK CENTER di Molfetta di tre giovani operai delta stessa, dell’autista Sciancalepore Biagio e del titolare dell’azienda Altomare Vincenzo.
ll processo si è aperto con un j’accuse molto forte del P.M. dott. Giuseppe Maralfa che ha condotto le indagini, che si prodigato in una requisitoria durata ben oltre le tre ore, senza interruzioni, nel corso della quale, il dott. Maralfa ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda che poi ebbe tragico epilogo nei cinque decessi, e le pesanti responsabilità in capo agli odierni imputati.
Il punto focale della requisitoria verteva sulle complesse e articolate indagini esperite dalla Procura della Repubblica con l’ausilio dei propri tecnici incaricati, sia in relazione all’impianto Eni di Taranto, sia in relazione alle complesse comunicazioni di posta elettronica a vario titolo interscambiate tra gli odierni imputati ed altri soggetti di cui alcuni risultano essere indagati (ci riferiamo ai responsabili della Società Nuova Solmine), per i quali ultimi il GUP deciderà se procedere a rinvio a giudizio.
Sono emerse delle circostanze dalle quali si evince documentalmente - secondo quanto affermato in maniera decisa dai PM - che “Eni S.p.A. era a conoscenza sin dal dicembre 2006, che la raffineria Eni di Taranto produceva e vendeva alla nuova Solmine S.p.A. zolfo liquido con una percentuale molto elevata di acido solfidrico al suo interno. Eni S.p.A. era perfettamente a conoscenza della buona pratica industriale in forza delta quale la percentuale di acido solfidrico nello zolfo liquido non avrebbe dovuto superare le 10 parti per milione, quantità già potenzialmente letale per chi ne fosse venuto a contatto in un ambiente confinato quali erano le cisterne che vengono usate per il trasporto dello zolfo liquido dalla Eni S.p.A. di Taranto alla Nuova Solmine di Scarlino”.
E' emerso altresì dalle attività di indagine espletate dal Sostituto Procuratore della Repubblica che l’impianto di degrassaggio allocato presso gli stabilimenti di Taranto (che doveva servire ad abbattere la concentrazione di acido solfidrico nello zolfo liquido), era "fuori fase”, ovvero non funzionante.
In buona sostanza, Eni SpA, secondo le parole del PM, era perfettamente a conoscenza, da ben oltre un anno prima dal tragico evento delittuoso, che lo zolfo liquido che produceva e metteva in commercio, conteneva acido solfidrico almeno 10 volte superiore alla quantità (già di per se potenzialmente letale) di 10 parti per milione di acido solfidrico. Pur in presenza di tali conoscenze, secondo quanto perentoriamente affermato dal PM, Eni, e chi per essa, non aveva provveduto a redigere una scheda di sicurezza (per il trasporto del prodotto), conforme ai rischi del prodotto stesso. Tali “colpose" condotte, consistite nelle omesse comunicazioni e informazioni, hanno determinato quei concorso causale che ha portato poi al compimento della tragica vicenda.
Pensanti le condanne chieste dal PM, estrinsecate nella richiesta di anni 5 di reclusione per ciascuno degli imputati, ridotti, in forza del rito abbreviato, a anni 3 e mesi 4, nonché alla condanna dì sanzioni amministrative per poco meno di un milione di euro a carico dell’ENI
Le parti civili hanno depositato le loro conclusioni scritte e il processo è stato aggiornato all’udienza del 29/11/2011, alle ore 9, nel corso della quale si darà la parola ai difensori degli imputati.
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