lunedì 29 marzo 2021

pc 29 marzo - Suez: dietro l'incaglio della nave, lo scontro tra le potenze imperialiste per il controllo del traffico delle merci


KARL MARX IL CAPITALE: "La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una 'immane raccolta di merci'...




1/08/2019 da Limes

Il raddoppio del Canale e l’apertura di una Zona economica speciale favoriscono flussi senza precedenti. Gli interessi di Usa, Cina e Russia. Le attuali alternative e quelle per il futuro, Artico compreso, non paiono consistenti. Se non deflagra l’Egitto.

di Pietro Figuera

RUSSIA, USA, CINA, EGITTO, MARI, MEDITERRANEO

1. Non è facile immaginare qualcosa di più centrale del Canale di Suez, tra i choke points del globo terracqueo. Benché sia relativamente giovane, realizzato soltanto nel 1869, grazie alla sua invidiabile posizione come anello di congiunzione tra mari e continenti ha scalato rapidamente le gerarchie dei colli di bottiglia più caldi.

Il canale deve molto alla geografia.

La distanza relativamente limitata tra la sponda del Mar Rosso e quella mediterranea, l’assenza di particolari dislivelli e un terreno desertico e sabbioso hanno aiutato i costruttori ottocenteschi nella sua realizzazione.

Ma al tempo stesso la geografia deve molto al canale. Grazie ad esso, infatti, l’Oriente e l’Occidente, l’emisfero boreale e quello australe, il sistema indo-pacifico e quello euro-atlantico-mediterraneo hanno raggiunto un’interconnessione senza precedenti. E se è vero che Suez ha «isolato» il continente africano e separato l’Egitto dal suo turbolento Sinai, è vero anche che ha donato centralità geopolitica all’altrimenti periferico Mar Rosso. E soprattutto ha restituito una nuova giovinezza al Mediterraneo, un bacino che sembrava essersi chiuso dopo la fine dell’impero bizantino e la scoperta delle Americhe.

Tutti elementi che non hanno perso validità, con l’incedere del tempo. Le due dimensioni essenziali del canale – giugulare dei commerci e connettore strategico – non sono state infatti erose. Né dallo sviluppo di percorsi alternativi, nel primo caso, né dal mutamento degli assetti di potere e dall’ascesa di nuovi attori globali, nel secondo. Gli egemoni del sistema internazionale (Gran Bretagna e poi Stati Uniti), che ne sono da sempre coscienti, hanno fatto di tutto per mantenere il controllo di Suez. Gli altri attori di rilievo (ieri Francia, per brevi tratti Italia e poi Unione Sovietica; oggi Cina, Russia e una manciata di potenze regionali) sgomitano e spesso ottengono un posto al sole in un canale sempre più affollato di merci, interessi e influenze.

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