dal blog https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/
Riceviamo e pubblichiamo, da una compagna avvocata
sabato, a Vicenza, i centri sociali del nord-est hanno convocato una manifestazione legittima per contestare la presenza di Israele alla Fiera dell’Oro. Una volta giunti al padiglione della Fiera, i manifestanti sono stati bloccati dalla polizia con due cariche violente e l’uso ripetuto dell’idrante. Cinque persone fermate, diversi feriti.
Nei giorni scorsi, tre attivisti bresciani, di cui un membro attivo dei giovani palestinesi d’Italia, sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata; inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e, ad un attivista, oltraggio a pubblico ufficiale. Tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo quanto riportato nella denuncia, durante un flashmob organizzato presso il centro commerciale ELNOS di Brescia con lo scopo di sensibilizzare ed informare dello sterminio dei palestinesi in atto.
Ancora, negli ultimi mesi, una serie lunghissima di denunce, fogli di via, multe, obbligo di soggiorno e sorveglianza speciale, stanno raggiungendo diversi attivisti di XR e Ultima Generazione.
Da ultimo, a completamento di un trend normativo repressivo che parte dal decreto Caivano e continua con il cd. Pacchetto sicurezza, giovedì 18 gennaio 2024, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge 693. Ribattezzato come il ddl “eco-vandali”, inasprisce le pene per chi distrugge, deteriora, deturpa beni culturali o paesaggistici e, per chi destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa che va da un minimo di 10mila a un massimo di 40mila euro (prima 1.500-10mila euro). In sintesi: quasi decuplicano le sanzioni minime, quadruplicano quelle massime ed è palese come quest’ultimo punto sia diretto ad inibire e colpire l’attività degli eco-attivisti.
Sottacendo il lungo elenco di tutta l’azione di repressione che sistematicamente viene messa in atto dalla polizia nei confronti di qualsivoglia manifestazione giovanile/studentesca non violenta di dissenso o contestazione, dobbiamo riconoscere che è in atto una deliberata volontà di reprimere, dissuadere, bloccare qualsiasi conflitto sociale.
E’ una tendenza normativa repressiva che parte da lontano (decreto Minniti, Salvini, Lamorgese) ma che a seguito delle recenti modifiche legislative introdotte a partire dal decreto Caivano, si è accentuata ancor di più e sta modellando una società diversa.
Senza voler entrare eccessivamente nel dettaglio dell’impianto normativo e rimanendo all’interno delle tematiche che possono interessarci, il decreto Caivano ha introdotto modifiche fortemente repressive in tema di misure di prevenzione e di pubblica sicurezza (avviso orale, foglio di via, sorveglianza speciale, divieto e l'obbligo di soggiorno). La disciplina del cd. “Daspo Urbano” ora è applicabile anche nei confronti dei minori di anni diciotto ma superiore ad anni quattordici e, soprattutto, è stata introdotta la facoltà del Questore di disporre il divieto di accesso a determinati luoghi, laddove ricorrano ragioni di pericolosità sociale, a prescindere dal fatto che il soggetto sia condannato o denunciato (art. 3, comma 1, punto 2, d.l. 126/2023). Per la prima volta, un provvedimento del Questore (ammonimento) può raggiungere anche un minore di anni dodici. Sono, altresì, ampliati i poteri del Questore che può firmare un foglio di via (misura inizialmente pensata dal legislatore per soggetti che si erano macchiati di reati particolarmente gravi – codice antimafia-) anche per soggetti inquadrabili nella categoria della cd. “pericolosità generica” in quanto pericolosi per la sicurezza pubblica.
Si coglie immediatamente l’abnormità di questa norma che per la genericità e la vaghezza con la quale è stata formulata, vìola il principio di tassatività della legge penale (art. 25 Costituzione) attribuendo, conseguentemente, un potere interpretativo/applicativo molto ampio al Questore il quale, anche di fronte ad un soggetto incensurato o non manifestamente violento, può irrogare una misura di prevenzione sulla base di una propria valutazione di pericolosità.
Ed è così che si associa la “pericolosità sociale” a chi esprime un dissenso, a chi manifesta, per l’ambiente, per qualsiasi questione ed è ciò a cui stiamo assistendo ed è un fatto molto grave.
Il dissenso non è pericoloso. Non attenta alla tranquillità pubblica né alla sicurezza pubblica. Se ogni dissenso viene considerato pericoloso socialmente, dove andremo a finire?
Il dissenso rappresenta il valore più alto della democrazia, ne incarna il suo aspetto essenziale.
Criminalizzare la contestazione è un rischio molto grave. Questo trend a reprimere qualsiasi manifestazione deve preoccupare tutti. Questa tendenza ad emettere fogli di via, multare, sanzionare, è una misura sproporzionata ed incongrua rispetto alle azioni che le persone raggiunte da queste misure hanno compiuto ovvero manifestare il proprio pensiero, esprimere le proprie idee, contestare e rivendicare legittimamente i propri diritti: tutte azioni costituzionalmente garantite (artt. 1, 2, 3, 18, 21 della Costituzione).
Le rivendicazioni sociali, dunque, non sono di certo motivazioni idonee per ritenere una persona socialmente pericolosa perché non c’è democrazia senza pluralismo e chi fa sentire il proprio disaccordo mantiene viva la democrazia. E allora, diciamolo chiaramente che si vuole sopprimere la contestazione, si vuole mettere a tacere chi si manifesta su questioni di interesse pubblico, si vuole intimidire e vessare le voci critiche e di opposizione.
Trasformare la disobbedienza civile in qualcosa di illegale è molto preoccupante ed uno stato che lo fa attraverso le misure di prevenzione è uno stato di polizia e non uno stato democratico.
Chi contesta e manifesta non è pericoloso, sta protestando per tutti e, soprattutto, sta esercitando i suoi diritti e alla deriva poliziesca in corso che vuole comprimere, dissuadere, scoraggiare le legittime contestazioni pubbliche "Servono istituzioni meno populiste e giudici più coraggiosi” (Michel Forst, relatore speciale ONU sui diritti umani).
Antonietta Ricci, avvocata - Taranto
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