Amianto al Porto di Ravenna: indagine sul CdA dei portuali
Amianto killer: per la morte di Attilio Collinelli, deceduto nel 2004 a causa di un tumore ai polmoni legato all'esposizione al pericoloso metallo, si riaprono le porte della procura
RAVENNA - L'allora console della Compagnia Portuale dello scalo, accusato di omicidio colposo, è nel frattempo morto. E così per il decesso di Attilio Collinelli - portuale originario di Civitella di Romagna stroncato a 67 anni nella primavera del 2004 da un tumore ai polmoni legato una prolungata esposizione all'amianto -, il gup Anna Mori del tribunale, dopo avere pronunciato sentenza di non luogo a procedere per la morte del reo (che oggi avrebbe 81 anni), ha disposto nuove indagini sull'allora Cda della Compagnia Portuale restituendo gli atti alla procura per l'accertamento di eventuali responsabilità. A chiederlo, il pm titolare del fascicolo Cristina D'Aniello sulla base di una sentenza della Cassazione del 201secondo la quale l'azione penale in questi casi può essere esercitata su tutti i membri del Cda. Se si dovesse arrivare di nuovo a udienza preliminare, i familiari
della vittima - tutelati dagli avvocati Silvia Fantin e Francesco Manetti - potrebbero di nuovo presentare domanda di costituzione di parte civile.
La morte di Collinelli, sebbene l'uomo fosse stato forte fumatore, secondo la Procura è riconducibile all'amianto la cui esposizione era andata avanti per 19 anni sulle banchine del porto ravennate. Motivo per cui era stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo del console che era stato alla guida della più grande cooperativa dello scalo romagnolo dal 1967 al 1979 e per la quale il sessantasettenne aveva lavorato dal 1963 al 1987. La diagnosi per il portuale era arrivata nell'autunno del 2003 nel corso di alcuni approfondimenti clinici. A distanza di un mese dal decesso, la patologia era stata collegata a una malattia professionale che come tale era stata riconosciuta nel 2007 dall'Inail.
Sull'accaduto, dalla corposa relazione della Medicina del Lavoro dell'Ausl - nella quale le allora condizioni di lavoro al porto erano state descritte nelle audizioni dei colleghi del defunto - era emerso che tra le merci movimentate in banchina c'era appunto anche l'amianto in sacchi. All'inizio gli involucri erano di carta, quindi in pallets ricoperti di plastica. Sotto il profilo amianto, la condizione nello scalo romagnolo era migliorata negli anni '70 anche se i dispositivi di protezione personale (maschere a doppio filtro, tute a perdere, stivali e guanti oltre agli aspiratori) sarebbero arrivati solo negli anni 1982-'83. I primi interventi per amianto erano stati fatti già nel 1977 -'78 proprio su sollecitazione della Compagnia
Portuale la quale aveva coinvolto l'allora Servizio di Medicina del Lavoro del Comune (oggi dell'Ausl) per preoccupanti dispersioni di minerale. Ma a quel punto ormai l'esposizione si era ridotta alle sole stive delle navi che avevano trasportato amianto. Di fronte a un quadro simile, secondo l'accusa ipotizzata dal pm D'Aniello, l'azienda avrebbe dovuto adottare alcuni accorgimenti per evitare i rischi da esposizione. E ciò non sarebbe accaduto tra il 1971 e il 1982 e limitatamente alle lavorazioni molto polverose.
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