giovedì 12 marzo 2015
pc 12 marzo - LA FOGNA DELLA CASSAZIONE MANDA UN ALTRO PESANTE SEGNALE POLITICO CON L'ASSOLUZIONE DI BERLUSCONI
"Non fu concussione per costrizione e non fu prostituzione minorile".
La Cassazione ormai sembra fare sentenze a fotocopia. Basta dire che non è vero niente. Che ogni prova è inesistente. Che il fatto non sussiste.
Dopo la sentenza Eternit, arriva un'altra sentenza che è tutta politica, di affermazione chiara delle due giustizie, anzi dell'unica "giustizia" quella per i potenti, sia a livello economico che politico.
Berlusconi rappresenta il sistema di potere che deve essere salvaguardato, ad ogni costo, pur negando l'evidenza!
La concezione e lo stile del potere di Berlusconi erano (e sono) simboli dell’ideologia e del grado di inciviltà di questa società capitalista alla frutta. Ora, la sentenza della Cassazione afferma che normale e vero non la realtà ma quello che affermano i rappresentanti del potere. La Cassazione ormai sembra fare sentenze a fotocopia. Basta dire che non è vero niente. Che ogni prova è inesistente. Che il fatto non sussiste.
Dopo la sentenza Eternit, arriva un'altra sentenza che è tutta politica, di affermazione chiara delle due giustizie, anzi dell'unica "giustizia" quella per i potenti, sia a livello economico che politico.
Berlusconi rappresenta il sistema di potere che deve essere salvaguardato, ad ogni costo, pur negando l'evidenza!
Lo Stato, quindi si dichiara apertamente per quello che è, espressione dei padroni assassini, come dei rappresentanti del potere borghese.
Ma se lo Stato è questo, e violenta anche la minima giustizia, è giusto rovesciare questo Stato.
pc 12 marzo - LE SOCIETA' ILVA DEVONO RISARCIRE!
Dal verbale dell'udienza del 4 febbraio del processo Ilva: Gup Gilli "tutte e tre le società responsabili civili vengono escluse da presente processo...".
Le società Ilva devono, invece, rientrare nel processo per risarcire i lavoratori e i cittadini!
LO SLAI COBAS LO FARA'!
L'Ilva spa sarebbe esclusa perchè l'amministrazione straordinaria è paragonabile al fallimento; le società Ilva Fire e Ilva Forni Elettrici per difetto di procedura.
Ma sia l'una che l'altra motivazione non sono cadute dal cielo...
Per l'Ilva spa è stato il governo Renzi che col decreto ha voluto tenere al riparo l'Ilva dai suoi obblighi su bonifiche, risarcimenti, ecc. Per le altre due società è il Tribunale che è in "difetto di procedura".
MA QUESTA DECISIONE DEVE ESSERE E SARA' CAMBIATA!
Lo stesso PM Argentino nell'udienza ha detto che non è che siccome una società è dichiarata fallita, sarebbero cancellati tutti i suoi debiti.
Le altre due società nella fase dibattimentale possono e devono essere chiamate a risarcire.
QUINDI, QUESTE SOCIETA' RIENTRERANNO ECCOME NELLA FASE DEL PROCESSO VERO E PROPRIO.
E lo Slai cobas è impegnato fortemente in questa battaglia.
CHI INQUINA, CHI HA PROVOCATO MORTI DEVE PAGARE!!
Le società Ilva devono, invece, rientrare nel processo per risarcire i lavoratori e i cittadini!
LO SLAI COBAS LO FARA'!
L'Ilva spa sarebbe esclusa perchè l'amministrazione straordinaria è paragonabile al fallimento; le società Ilva Fire e Ilva Forni Elettrici per difetto di procedura.
Ma sia l'una che l'altra motivazione non sono cadute dal cielo...
Per l'Ilva spa è stato il governo Renzi che col decreto ha voluto tenere al riparo l'Ilva dai suoi obblighi su bonifiche, risarcimenti, ecc. Per le altre due società è il Tribunale che è in "difetto di procedura".
MA QUESTA DECISIONE DEVE ESSERE E SARA' CAMBIATA!
Lo stesso PM Argentino nell'udienza ha detto che non è che siccome una società è dichiarata fallita, sarebbero cancellati tutti i suoi debiti.
Le altre due società nella fase dibattimentale possono e devono essere chiamate a risarcire.
QUINDI, QUESTE SOCIETA' RIENTRERANNO ECCOME NELLA FASE DEL PROCESSO VERO E PROPRIO.
E lo Slai cobas è impegnato fortemente in questa battaglia.
CHI INQUINA, CHI HA PROVOCATO MORTI DEVE PAGARE!!
pc 12 marzo - IL JOBS ACT ABOLISCE LA FORMAZIONE NEL CAMBIO DI MANSIONE
Da:
Rassegna.it
I Decreti attuativi sulla riforma del
mercato del lavoro rendono facoltativo l’obbligo della formazione quando si è
demansionati.
Secondo Calleri (responsabile
Sicurezza CGIL): “effetti devastanti sulla salute dei lavoratori, che saranno
molto più ricattabili”.
Non si finisce mai di scoprire cosa
non va nel Jobs Act. L’ultima (cattiva) novità è contenuta nei Decreti attuativi
del 20 febbraio scorso, in relazione alla possibilità del demansionamento dei
lavoratori in caso di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale.
Nella norma approvata dal Consiglio
dei Ministri si rende facoltativo l’obbligo della formazione quando si viene
cambiati di mansione. In altre parole: il lavoratore può cambiare mansione, in
questo caso può essere demansionato, e non ricevere più alcuna formazione
specifica riguardante il nuovo compito.
Una “piccola” misura, che però può
avere effetti devastanti sulla salute e sicurezza dei lavoratori. “Un impiegato
di un’industria” – spiega Sebastiano Calleri, responsabile Sicurezza della CGIL
nazionale – “può essere demansionato e mandato a lavorare in una linea di
produzione, quindi a contatto con un qualsiasi macchinario o attrezzatura che
assolutamente non conosce, senza avere svolto neanche un’ora di formazione per
il suo nuovo incarico”.
“In questo modo” - spiega l’esponente
sindacale - “si abolisce di fatto l’articolo 2087 del Codice Civile, come da
sempre richiede Confindustria, che è l’architrave su cui si fonda il sistema di
prevenzione e protezione, visto che prescrive all’imprenditore di fare tutto il
possibile per evitare i rischi connessi alle mansioni di lavoro, secondo tutte
le norme tecniche e scientifiche il più possibile
aggiornate”.
La formazione al cambio di mansione,
in pratica, da obbligatoria [ai sensi dell’articolo 37, comma 4, lettera b) del
D.Lgs.81/08] diventa facoltativa. “Questa misura, oltre agli evidenti rischi
legati allo svolgimento di un nuovo compito, porterà i lavoratori a non
richiedere più i propri diritti, proprio a partire da quelli relativi alla
formazione e all’informazione” - aggiunge Calleri.
“Questo singolo provvedimento” -
conclude il responsabile Sicurezza della CGIL nazionale - “è perfettamente in
linea con la filosofia generale del Jobs Act. Grazie al combinato disposto delle
norme fin qui approvate su licenziamenti e demansionamento, i lavoratori e le
lavoratrici saranno molto più ricattabili, e le loro condizioni di lavoro
peggioreranno. Quale lavoratore, sotto la minaccia di licenziamento o
demansionamento, sarà messo in condizione di richiedere l’osservanza delle norme
prevenzionistiche? E quale sarà l’effetto di tutto ciò sull’efficacia del ruolo
dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza all’interno delle aziende e,
ancor di più, nel loro rapporto con i lavoratori? Su questa norma, allora,
dobbiamo informare i lavoratori, aprire una campagna specifica, impegnandoci per
farla cambiare”.
* * * * *
Il Decreto attuativo a cui fa riferimento l’articolo di
Rassegna.it e quello sul riordino delle tipologie
contrattuali.
Tale
Decreto prevede al comma 1, terzo periodo dell’articolo 55 (Mutamenti
delle mansioni) quanto segue:
“Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove
necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento
non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove
mansioni”.
pc 12 marzo - FORMAZIONE OPERAIA – IL DENARO, mezzo di pagamento e crisi...
«Non credo che nessuno
abbia mai scritto sul "denaro" con una tale mancanza di denaro»… dice
Marx in una lettera al suo amico Engels e insieme a Marx noi possiamo dire che comprendiamo
benissimo dato che per i proletari questa cronica mancanza è una condizione
costante…
Marx ricorda innanzi
tutto che questa analisi “… vale soltanto per la forma qui considerata della circolazione semplice delle merci.”
Nel “mondo capovolto”
del sistema capitalistico, abbiamo visto che le merci circolano affinché ci sia
il “ricambio organico sociale”, cioè per la sopravvivenza degli uomini, e una
merce particolare, la merce denaro, assume la funzione di mezzo che le fa
circolare, scambiandosi di posto continuamente con esse, corre di mano in mano.
Dice infatti Marx: “La forma di movimento immediatamente conferita al denaro
dalla circolazione delle merci, è dunque: allontanamento costante del denaro
dal punto di partenza, sua corsa dalla mano d'un possessore di merci nella mano
dell'altro, ossia suo corso (currency, cours de la monnaie).”
“Che questa forma
unilaterale del movimento del denaro sorga dalla forma bilaterale del movimento
della merce, rimane nascosto. La natura stessa della circolazione delle merci
genera l'apparenza opposta.” Quindi, “…benché
il movimento del denaro sia solo espressione della circolazione delle merci,
la circolazione appare viceversa solo come risultato del movimento del denaro...
La continuità del movimento viene così a
stare tutta dalla parte del denaro…”.
Questi
passaggi servono a Marx per ribadire ancora una volta che il denaro non ha niente
di magico!
pc 12 marzo - Firenze, i collettivi studenteschi contestano Caselli, atteso a Novelli per l'11 marzo. Il "torturatore" annulla l'invito
(Da repubblica) "Personaggio assolutamente sgradito": nel mirino le inchieste sui No Tav. Così il Collettivo di Scienze politiche dell'università di Firenze ha definito Giancarlo Caselli, ex procuratore capo a Torino, ex procuratore anti-mafia a Palermo. Caselli, magistrato oggi in pensione, doveva presentarsi per un incontro organizzato al Polo universitario di Novoli in cui il magistrato, oggi in pensione, avrebbe dovuto parlare di legalità e lotta alla mafia. Ci ha pensato su e, d'accordo con la Sinistra Universitaria e con l'associazione Libera, organizzatori dell'iniziativa, ha deciso di annullare tutto definendo la protesta del Collettivo "intimidazioni e comportamenti incivili, compatibili forse con lo squadrismo ma di certo non con la democrazia".
L'ex procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli era atteso stamane alle 11. Ma già da una settimana il Collettivo aveva annunciato il presidio che aveva come obiettivo quello di impedire l'incontro, anticipandolo con distribuzione di volantini e interventi sul web. Sul muro dell'università è anche comparsa una scritta a caratteri cubitali: "Caselli boia torturatore - Libertà per i No Tav". In un documento che si può trovare sul web, Caselli viene definito "in prima linea nella repressione dei movimenti sociali di operai, studenti e contadini che nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta rivendicavano un cambiamento rivoluzionario verso una società più giusta. Dirigendo il cosiddetto pool anti-terrorismo Caselli diventa tassello importante della macchina repressiva dello Stato".
Caselli sconta le indagini, coordinate da procuratore di Torino, sulle manifestazioni No Tav del 2009 che infiammarono la città e per cui ordinò 25 arresti fra i militanti, arresti eseguiti nel 2012. Quello dei Collettivi è un vero atto d'accusa contro l'ex procuratore
Chi è Giancarlo Caselli e perché non lo vogliamo a Novoli
Mercoledì 11 marzo l’associazione Libera-contro le mafie e la lista universitaria Udu-SU hanno pensato di propinarci una “lezione antimafia” tenuta dall’ex procuratore Giancarlo Caselli.
Un nome noto e di grande richiamo mediatico, che si è costruito nel
tempo la reputazione di uomo di sinistra, alfiere dei valori democratici
contro il berlusconismo e la criminalità organizzata. La presenza
ideale, insomma, per un’iniziativa elettorale in vista del rinnovo di Aprile delle rappresentanze studentesche!
Secondo noi, invece, si tratta di un personaggio
assolutamente sgradito: un inquisitore ha dedicato un’intera vita alla
difesa degli interessi economici e politici dominanti, sia legali che
illegali, contro i movimenti politici e sociali.
Giancarlo Caselli, infatti, inizia la sua carriera di magistrato inquirente in prima linea nella repressione dei movimenti sociali
di operai, studenti e contadini che, nell’Italia degli anni Sessanta e
Settanta, rivendicavano un cambiamento rivoluzionario verso una società
più giusta. Dirigendo il cosiddetto “pool anti-terrorismo”, Caselli
diventa subito un tassello importante della macchina repressiva dello
Stato, la quale mostra in quegli anni il suo volto più feroce e violento
nel soffocare ogni aspirazione alla giustizia sociale: dal terrorismo di Stato
della “strategia della tensione” alla violenza poliziesca durante le
manifestazioni di piazza, dagli arresti preventivi senza prove di
colpevolezza al “carcere duro” (41 bis.) per incentivare il pentitismo,
dalle leggi speciali alla tortura sistematica dei militanti politici arrestati,
dalla Gladio alla Loggia P2 ecc… in merito a tutto questo il giudice
Caselli continua a sostenere, contro ogni evidenza storica, il successo
dello Stato nello sconfiggere “l’emergenza terrorista” con le armi della
democrazia e della legalità, senza cedere all’autoritarismo e al
militarismo.
Una volta sconfitti i movimenti rivoluzionari, il giudice si dedica
alla lotta contro Cosa Nostra in Sicilia tra il 1993 e il 1999, con lo
scopo di proseguire il lavoro di Falcone e Borsellino e smascherare le
collusioni tra potere politico e potere mafioso, indagando anche
personaggi eccellenti (in particolare Giulio Andreotti e il giudice di
cassazione Corrado Carnevale) sul modello delle inchieste di
“tangentopoli”. Tuttavia, la storia si muove in un’altra direzione: la
magistratura giudicante condanna il Divo Andreotti solo per i reati
risalenti agli anni Settanta e caduti ormai in prescrizione (viene
invece assolto per i reati contestati dopo il 1980), mentre i poteri
politici restaurano la tradizionale alleanza tra Stato e Mafia sancita
con l’ascesa del berlusconismo. La sua attività di giudice antimafia, inoltre, è ricca di zone d’ombra.
Sulle sue spalle pesa la responsabilità di aver sempre difeso la
«professionalità» di Arnaldo La Barbera, (funzionario di polizia e
agente segreto del Sisde) artefice dei depistaggi delle indagini
sull’attentato dell’Addaura contro Falcone e sulla strage di via
D’Amelio che uccise Borsellino. In quest’ultimo caso La Barbera torturò
un ragazzo innocente, Vincenzo Scarantino, per fargli confessare la
realizzazione dell’attentato (e accusare altre sei persone innocenti) al
fine di tutelare i veri esecutori. Lo stesso Arnaldo La Barbera lo
ritroveremo alla scuola Diaz a Genova e alla caserma di Bolzaneto nel
luglio 2001… che belle amicizie ha il caro Caselli! Inoltre, sempre
Caselli si ritrova, di fatto, a coprire il coinvolgimento di alcuni
ufficiali dei Carabinieri nella ormai famosa “trattativa tra stato e
mafia”, finalizzata a ristabilire la pacifica convivenza tra poteri
legali e illegali. Si tratta del capitano De Caprio, del colonnello Mori
e del generale Subranni (già autore del depistaggio delle indagini
sull’assassinio di Peppino Impastato nel 1978), i quali consigliarono
allo stesso Caselli di non perquisire la villa del boss Totò Riina dopo
il suo arresto, consentendo così a ignoti di ripulire ogni indizio o
prova compromettente per i carabinieri. Un’indagine su questa vicenda
verrà aperta solo qualche anno dopo, a seguito delle dichiarazioni del
pentito Bernardo Brusca.
Pur non emergendo un coinvolgimento diretto del giudice antimafia
Caselli in tali losche vicende, è evidente come egli, invece di
denunciare e perseguire penalmente tali manovre sotterranee, sposi
completamente la “ragion di stato”, rinunciando a quella intransigenza
legalitaria esercitata abbondantemente contro i militanti politici. Del
resto la criminalità organizzata da sempre svolge il ruolo sbirresco di
guardia armata dell’ordine costituito contro qualsiasi istanza di
progresso sociale…
Successivamente, emarginato dall’antimafia dal governo Berlusconi (a
causa delle sue indagini su Marcello dell’Utri), torna a Torino, dove veste nuovamente i panni dell’inquisitore intransigente e forcaiolo contro il suo nemico storico: i movimenti sociali. La sua vocazione originaria è la repressione del dissenso, della lotta e della protesta politica che oltrepassa gli angusti confini della legalità.
Nel 2010 emette ventiquattro misure di custodia cautelare in carcere ai
danni di altrettanti studenti attivi nel movimento dell’Onda in
relazione alla contestazione del G8 University Summit. Successivamente
il nostro “eroe” dell’antimafia e della legalità si dedica anima e corpo
alla causa della repressione, criminalizzazione e delegittimazione politica e sociale del movimento popolare NO TAV in Val di Susa.
Quindici anni fa morivano suicidi in carcere (in circostanze mai
chiarite) i due compagni anarchici, Sole e Baleno: le due prime vittime
della repressione contro il movimento NO TAV! Oggi, dopo l’occupazione militare della Val Clarea, dopo i manganelli della polizia, dopo l’utilizzo massiccio di gas lacrimogeni CS (vietati dalle convenzioni internazionali nei conflitti bellici), dopo i pestaggi e le molestie sessuali ai danni dei compagni e delle compagne fermate,
arrivano le denunce e le rappresaglie del giudice Caselli e del suo
pool anti-NO TAV. Nel gennaio 2012, su ordine del procuratore, ventisei
compagni vengono arrestati per la resistenza alla polizia nelle giornate
del giugno e del luglio 2011. Quando il movimento lancia, sempre nel
2012, l’Operazione Hunter, denunciando gli abusi della polizia e
presentando un esposto in procura con prove filmate delle violenze
commesse dalle forze dell’ordine, Caselli archivia il caso.
La determinazione del movimento fa fallire il tentativo repressivo di
dividere la protesta tra “manifestati buoni” e “Black Block” violenti e
cattivi. Allora la guerra della procura contro i NO TAV si fa più
intensa e capillare. Addirittura, quattro compagn* vengono arrestati con
l’accusa di terrorismo (!), mentre altre decine di militanti e
simpatizzanti vengono denunciati per una miriade di reati minori e
sottoposti a misure cautelari: una strategia tutta politica volta ad
indebolire, demoralizzare e dividere il movimento. La logica è semplice e
mira al cumulo delle pene: se su dieci accuse ne restano in piedi anche
solo tre o quattro si avrà comunque qualche condanna! Inoltre, Caselli e
i sui degni compari non disdegnano neanche il ricorso al reato d’opinione:
lo scrittore Erri De Luca ha ricevuto un’incriminazione «per avere
istigato al sabotaggio della Tav». Al contrario, le comprovate infiltrazioni mafiose
nel consorzio di aziende che gestisce i lavori di scavo non sembrano
preoccupare più di tanto il nostro “eroe dell’antimafia”. Forse
l’esperienza palermitana gli ha insegnato che l’intreccio
Stato-mafia-capitalismo è indissolubile. Meglio concentrarsi sul lavoro
di trasformare la Val Susa in un enorme laboratorio della repressione dei movimenti sociali!
Per questi motivi, che abbiamo riassunto sommariamente,
non vogliamo Caselli a Novoli e riteniamo la sua presenza in facoltà una
vera e propria provocazione. Noi non facciamo della legalità la nostra
bandiera; Una legalità ad uso e consumo del potere economico e politico
non è giustizia sociale!
Il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno a tutte
le compagne e i compagni colpiti dalla repressione: siamo tutti
colpevoli di lottare!
pc 12 marzo - Onore a una combattente comunista internazionalista tedesca caduta a Kobane
maoist road - honour to Ivana Hoffmann!
HONOR Y GLORIA A LOS COMBATIENTES
MORIR POR EL PUEBLO ES VIVIR PARA SIEMPRE
pc 12 marzo - Cresce la ribellione e lo scontro contro la polizia 'serial killer' USA
Proteste a Ferguson, spari contro la polizia
A Ferguson, nel Missouri, la protesta contro il razzismo omicida della polizia "cambia verso".
Due agenti di polizia sarebbero stati raggiunti da colpi di arma da fuoco fuori dal dipartimento di polizia di Ferguson, durante una protesta in corso davanti all'edificio. Secondo quanto riferito da una fonte di polizia al St.Louis Post-Dispatch, gli agenti colpiti apparterrebbero uno alla contea di St.Louis e l'altro al comune di Webster Groves.
Testimoni hanno parlato di 2-4 spari, provenienti da un gruppo di case sulla Tiffin avenue all'incrocio con la West Florissant avenue.
Proprio ieri si era dimesso il capo della polizia locale, Thomas Jackson. È il sesto funzionario direttivo costretto a lasciare dopo il rapporto del Dipartimento di giustizia statunitense, che ha riconosciuto comportamenti e discriminazioni razziali nella pratica quotidiana della polizia di Ferguson. La sua testa era stata chiesta esplicitamente e più volte dalle manifestazioni di piazza che si erano susseguite, fino a diventare una vera e propria rivolta, dopo l'uccisione del 18enne di colore Michael Brown.
Poche ore prima si era dimesso anche il city manager John Shaw, una delle autorità maggiori della cittadina, accusato di discriminare gli afroamericani e giustificare regolarmente le violenze della polizia.
Nei giorni scorsi erano stati licenziati due funzionari del dipartimento di polizia ed erano stati costretti alle dimissioni i vertici della Corte Municipale di Ferguson, tra cui il giudice a capo della corte, Ronald Brockmeyer.
Due agenti di polizia sarebbero stati raggiunti da colpi di arma da fuoco fuori dal dipartimento di polizia di Ferguson, durante una protesta in corso davanti all'edificio. Secondo quanto riferito da una fonte di polizia al St.Louis Post-Dispatch, gli agenti colpiti apparterrebbero uno alla contea di St.Louis e l'altro al comune di Webster Groves.
Testimoni hanno parlato di 2-4 spari, provenienti da un gruppo di case sulla Tiffin avenue all'incrocio con la West Florissant avenue.
Proprio ieri si era dimesso il capo della polizia locale, Thomas Jackson. È il sesto funzionario direttivo costretto a lasciare dopo il rapporto del Dipartimento di giustizia statunitense, che ha riconosciuto comportamenti e discriminazioni razziali nella pratica quotidiana della polizia di Ferguson. La sua testa era stata chiesta esplicitamente e più volte dalle manifestazioni di piazza che si erano susseguite, fino a diventare una vera e propria rivolta, dopo l'uccisione del 18enne di colore Michael Brown.
Poche ore prima si era dimesso anche il city manager John Shaw, una delle autorità maggiori della cittadina, accusato di discriminare gli afroamericani e giustificare regolarmente le violenze della polizia.
Nei giorni scorsi erano stati licenziati due funzionari del dipartimento di polizia ed erano stati costretti alle dimissioni i vertici della Corte Municipale di Ferguson, tra cui il giudice a capo della corte, Ronald Brockmeyer.
pc 12 marzo - Partito proletario e piccola borghesia - da Pillole comuniste
Le forze della piccola borghesia anche rivoluzionaria avvolgono quotidianamente l'autonomia operaia per omologarla alle proprie visioni del mondo, ai propri furori e ai propri arretramenti inevitabili;
il Partito proletario è contro tutto questo e lo combatte quotidianamente
da Pillole comuniste - 2
29-1-2014
il Partito proletario è contro tutto questo e lo combatte quotidianamente
da Pillole comuniste - 2
29-1-2014
mercoledì 11 marzo 2015
pc 11 marzo - Perché l’ascesa del fascismo è di nuovo il problema - un articolo pervenuto
Di
John Pilger
27
febbraio 2014
Il
recente 70° anniversario della liberazione di Auschwitz ci ha ricordato il grande crimine del fascismo la cui iconografia nazista è inserita nella
nostra consapevolezza. Il fascismo è conservato come storia, come filmato
tremolante di camicie nere che fanno il passo dell’oca, la loro
criminalità terribile e palese. Tuttavia nelle stesse società liberali le cui
élite guerrafondaie ci esortano a non dimenticare mai, il pericolo che un nuovo
tipo di fascismo stia accelerando viene eliminato perché è il loro fascismo.
“Cominciare
una guerra di aggressione….” hanno detto i giudici del tribunale di Norimberga
nel 1946, “non è soltanto un crimine internazionale, è il supremo crimine
internazionale che differisce dagli altri crimini di guerra perché contiene in
se stesso il male accumulato del totale.”
Se
i nazisti non avessero invaso l’Europa, Auschwitz e l’Olocausto non sarebbero
esistiti. Se gli Stati Uniti e i suoi satelliti non avessero iniziato la loro
guerra di aggressione in Iraq nel 2003, quasi un milione di persone oggi
sarebbero vive, e lo Stato Islamico, o ISIS non ci terrebbe schiavi della sua
ferocia. Sono la progenie del fascismo moderno, svezzato dalle bombe, dai
bagni di sangue e dalle bugie che sono il teatro surreale noto come notizie.
Come
il fascismo degli anni e ’40, grosse bugie vengono diffuse con la precisione di
un metronomo, grazie ai media onnipresenti, ripetitivi e alla loro violenta
censura per omissione. Considerate la catastrofe in Libia.
pc 11 marzo - TARANTO: PROCESSO A CHI LOTTA CONTRO GLI STUPRI E FEMMINICIDI
(dal MFPR) - Questa mattina al tribunale di Taranto si è tenuta l'udienza preliminare contro una esponente del Movimento Femminista Proletario
Rivoluzionario, Calderazzi Margherita, e il padre di Carmela Cirella – la
ragazzina di 13 anni, stuprata e suicidata nel 2007. Il processo è stato subito rinviato al 10
giugno.
Ma l'avvocato, difensore all'epoca di uno degli imputati per stupro e autore della
denuncia-querela che ha dato vita a questo processo, si è anche costituito
“parte civile”.
SI PROCESSA
CHI LOTTA CONTRO GLI STUPRI E LE UCCISIONI DELLE DONNE; contro chi chiedeva
verità e giustizia per Carmela, stuprata dagli uomini e uccisa dallo Stato.
NOI CONTINUEREMO A LOTTARE CONTRO GLI STUPRI E I FEMMINICIDI, E NON SARANNO QUESTE DENUNCE A FERMARCI!
NOI CONTINUEREMO A LOTTARE CONTRO GLI STUPRI E I FEMMINICIDI, E NON SARANNO QUESTE DENUNCE A FERMARCI!
Ma quali sarebbero
i fatti denunciati che hanno dato vita a questo incredibile
processo?
Li riportiamo, perchè sono di per sè esemplari del clima che circola nei Tribunali.
Li riportiamo, perchè sono di per sè esemplari del clima che circola nei Tribunali.
pc 11 marzo - Per noi Repressione, per loro solo Mazzette e niente prigione!
Non solo Helg ma ben 14 indagati GESAP per le "finte gare" al Falcone-Borsellino!
Le nostre proteste e le nostre manifestazioni, danno sempre la possibilità a "polizia & c." di caricarci e quando ci riescono a "bastonarci", e la digos non manca mai al suo "dovere" dell'invenzione del crimine!
L'uomo del sistema - Roberto Helg - del quale abbiamo già parlato, trascina con se altre 13 persone della gesap. Vogliamo fare l'elenco: Carmelo Scelta - direttore generale dell'azienda e direttore dei lavori per le infrastrutture aeroportuali.
Renato Chiavaroli - Natale Chieppe - Maurizio e Stefano Flammini - Sergio Gaudiano nonchè Massimo Abbate - C.M. Sadich, Giampaolo Tocchio, Leonida Giannobile, Carlo Vernetti, Alessandro Mauri e Filippo Capuano.
Questi nomi non ci dicono sicuramente nulla nella maggior parte dei casi ma sono quelli che la "politica" ha scelto come ladri legalizzati in una terra martoriata già dall'altra mafia . . . comunque non è solo un problema siciliano.
E' una fortuna che esistano uomini come Palazzolo (che non possono certo essere considerati cumunisti e/o rivoluzionari) che non si piegano ai VARI PIZZI e mettono subito in chiaro come stanno le cose.
Delle vergogne puerili dette da Helg (che personalmente ho reputato da sempre un viscido imbroglione) non mi meraviglio e non mi sembra nemmeno il caso di ripetere in quest'articolo la monotonia delle sue parole - E' vergognoso e fa parte della "mentalità borghese" agire in questo modo, non tanto per ingannare le masse tanto perché da loro (essi) è giudicato fattibile.
Non ho e forse non voglio avere parole per questa vicenda (almeno a livello personale) questo è uno dei tanti fatti che parla chiaro e che ancora una volta (può sembrare fuorviante) richiama alla mia mente le parole di Antonio Gramsci. . .
Prendo in prestito questa foto da altri compagni per dire la cosa più semplice del mondo: Non c'è soluzione senza un nuovo e grande partito comunista che riporti la scienza di Marx e i messaggi di Lenin e Mao . . . IL MONDO NON SI CAMBIA CON LE PAROLE!
pc 11 marzo - Nuova montatura repressiva a Palermo - Ora contro i compagni del centro sociale ex-Carcere - massima solidarietà e mobilitazione - proletari comunisti - PCm Italia
Palermo, 17 misure contro ExKarcere e Anomalia. Contestata associazione a delinquere
assemblea cittadina alle 19 al Centro Sociale Ex-Karcere.
"Questa mattina sono stati notificati 17 provvedimenti di obbligo di firma ad altrettanti militanti dei centri sociali ExKarcere e Anomalia di Palermo.
Il teorema della procura tende ad equiparare l'attivita' politica dei centri sociali in questi anni nella città' di Palermo a delinquenza comune , ipotizzando una associazione a delinquere. Un gravissimo precedente per le lotte sociali per il diritto allo studio, al lavoro , alla dignità' , ai diritti civili , che si sono svolte e si svolgeranno nei prossimi anni nella città' di Palermo.
Un gravissimo attacco a chi tutti i giorni nelle strade e nei quartieri di Palermo si impegna per il miglioramento della qualità' della vita nei quartieri popolari e protesta contro le politiche dei governi e delle amministrazioni che tendono ad impoverire larghi strati di popolazione.
Una gravissima restrizione delle liberta' di manifestazione e di attività' politica per la quale chiamiamo tutta la Palermo delle lotte sociali , della solidarietà' , delle realtà' politiche e sociali, ad esprimere solidarietà' agli imputati e a rispondere collettivamente .
LIBERI TUTTI!
LE LOTTE SOCIALI NON SI ARRESTANO!
MERCOLEDI' 11 MARZO ALLE ORE 19
ASSEMBLEA CITTADINA AL CENTRO SOCIALE EXKARCERE
in via San Basilio 17"
pc 11 marzo - Bologna. Tutti e tutte in piazza per Francesco Lorusso 1977-2015
Ore 18 @ piazza Verdi: Corteo la memoria viva è la lotta d’oggi! Tutti e tutte in piazza per Francesco!
La memoria viva sono le lotte di oggi, la rabbia e la gioia, l’odio e l’amore di chi resiste allo sfruttamento nel proprio posto di lavoro, all’università e nelle scuole, di chi si ribella alla povertà occupando le case, resistendo agli sfratti, organizzando autoriduzioni per il pane e le rose, battendosi contro precarietà e disoccupazione. L’11 Marzo 2015 è una giornata di memoria viva a Bologna, perché vive sono le lotte e le battaglie collettive per la giustizia sociale e la dignità che attraversano la nostra città. L’11 Marzo 2015 è il ricordo di Francesco, del suo pugno chiuso, e della mano armata di Stato che lo giustiziò in quella zona universitaria che non ha mai cessato di essere zona di conflitto sociale, autogestione e quartiere di sogni collettivi da realizzare. Scendere tutti e tutte in piazza l’11 marzo 2015 vuol dire manifestare che a Bologna la memoria viva sono le lotte di oggi e che il sacrificio di Francesco Lorusso, Fabrizio Ceruso, Valerio Verbano, Pedro, Carlo e tutti i compagni e le compagne assassinati dallo Stato e dai fascisti è scolpito nella memoria di generazioni e generazioni di lotte sociali e vive con rabbia ed amore sulle barricate della dignità.
Francesco è vivo e lotta insieme a noi! La memoria viva è la lotta d’oggi! che lo giustiziò in quella zona universitaria che non ha mai cessato di
essere zona di conflitto sociale, autogestione e quartiere di sogni
collettivi da realizzare. Scendere tutti e tutte in piazza l’11 marzo
2015 vuol dire manifestare che a Bologna la memoria viva sono le lotte
di oggi e che il sacrificio di Francesco Lorusso, Fabrizio Ceruso,
Valerio Verbano, Pedro, Carlo e tutti i compagni e le compagne
assassinati dallo Stato e dai fascisti è scolpito nella memoria di
generazioni e generazioni di lotte sociali e vive con rabbia ed amore
sulle barricate della dignità.
Francesco è vivo e lotta insieme a noi! La memoria viva è la lotta d’oggi!
Francesco è vivo e lotta insieme a noi! La memoria viva è la lotta d’oggi!
Bologna 11 marzo 1977
Avete ucciso Francesco.
Per reprimere la rivolta dei suoi compagni
avete occupato Bologna con i carri armati.
Noi non abbiamo dimenticato...
.
Avete ucciso Francesco.
Per reprimere la rivolta dei suoi compagni
avete occupato Bologna con i carri armati.
Noi non abbiamo dimenticato...
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Blindato dei CC davanti alla sede centrale dell'Università
pc 11 marzo - La compagna Avasin Tekoşin Güneş è immortale."
“Ich kann die schönsten Farben nicht mehr auseinander halten, den Wind der Stadt spüre ich nicht mehr auf meiner Haut, das Singen der Vögel hört sich stärker nach dem Ruf der Freiheit an. Ich habe einen Entschluss gefasst, (…) Ich will ein Teil der Revolution in Rojava sein.(…) Ich kann nicht tatenlos zusehen während meine Schwestern, Brüder, Freunde, Mütter, Väter, Genossen um die Freiheit, um die Unabhängigkeit vom Kapitalismus kämpfen.”-Hoffman
“Our comrade Avashin had been at the front using her weapons to resist the bloody onslaught of the IS gang against the Assyrian villages in Tel Tamr for days….During these clashes, dozens of gang members were killed. Our comrade Avashin fought to the last bullet together with the fighters of the YPG.“-MLKP statement
Si chiamava Ivana Hoffmann, aveva solo 19 anni ed era arrivata da Duisburg, in Germania, per combattere insieme alla resistenza curda contro i jihadisti dello Stato Islamico. I suoi compagni e le sue compagne del Partito Comunista Marxista Leninista di Turchia la conoscevano col nome di battaglia di Avaşin Tekoşin Güneş e da sei mesi combatteva insieme alla guerriglia del Rojava contro i miliziani islamisti. In Siria la ragazza, nata nella Ruhr ma di madre tedesca e padre congolese, c’era arrivata insieme ad un altro gruppo di internazionalisti tedeschi inquadrati nelle forze combattenti dell’MLKP, l’unica formazione della sinistra turca che ha affiancato le forze della sinistra curda prima nella difesa di Kobane e recentemente nella campagna militare che è riuscita a cacciare gli islamisti da buona parte dei cantoni curdi e che nelle ultime settimane sta impegnando l’Is addirittura alle porte della loro ‘capitale’ in Siria, Raqqa.
Un comunicato dell’MLKP diffuso l'altro ieri informa invece che la ragazza ha perso la vita lo scorso 7 marzo «sparando fino all’ultimo proiettile» mentre combatteva insieme alle Ypg-Ypj nella difesa di una postazione nel villaggio siriaco di Tel Tamr, quasi 200 chilometri ad ovest di Kobane e a 40 chilometri dal confine con la Turchia. Nei mesi scorsi la giovane internazionalista aveva partecipato a diversi combattimenti nella difesa del cantone curdo di Cizire, sempre nel nord della Siria.
«Abbiamo consegnato all’eternità la nostra compagna Avasin Tekosin Günes», si legge nel comunicato diffuso dall’MLKP che ha già perso numerosi militanti nella difesa di Kobane e di altre località curde. I combattenti "hanno rafforzato le barricate della libertà e dell'onore contro gli attacchi dell’IS a Til Temir, sconfiggendo il piano delle bande jihadiste di conquistare Til Temir e Heseke e di perpetrare ulteriori massacri" scrive il partito, aggiungendo a proposito del sacrificio di Ivana Hoffmann: "I suoi sogni sono i nostri sogni, il suo cammino è il nostro cammino e la sua memoria è il nostro onore
«Abbiamo consegnato all’eternità la nostra compagna Avasin Tekosin Günes», si legge nel comunicato diffuso dall’MLKP che ha già perso numerosi militanti nella difesa di Kobane e di altre località curde. I combattenti "hanno rafforzato le barricate della libertà e dell'onore contro gli attacchi dell’IS a Til Temir, sconfiggendo il piano delle bande jihadiste di conquistare Til Temir e Heseke e di perpetrare ulteriori massacri" scrive il partito, aggiungendo a proposito del sacrificio di Ivana Hoffmann: "I suoi sogni sono i nostri sogni, il suo cammino è il nostro cammino e la sua memoria è il nostro onore
pc 11 marzo - Le donne in prima linea contro il Muos l'8 marzo a Niscemi
LE COMPAGNE DEL MOVIMENTO FEMMINISTA PROLETARIO RIVOLUZIONARIO ERANO PRESENTI in DELEGAZIONE A NISCEMI AL CORTEO CON LE ALTRE DONNE IN LOTTA, DALLE MAMME NO MUOS ALLE GIOVANI...
CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA E I SUOI STRUMENTI DI MORTE COME IL MUOS
CONTRO I GOVERNI, DA RENZI A CROCETTA,
sempre più responsabili della crescente disoccupazione, precarietà, povertà, licenziamenti, morti sul lavoro, attacchi sempre più pesanti sul piano sociale... per cui la vita delle masse popolari e all'interno di queste della maggioranza delle donne non conta proprio nulla! Mentre conta eccome! Invece sperperate miliardi per spese militari per prendere parte alla contesa/collusione imperialista in cui tutte le guerre di rapina e distruzione, con al centro gli USA, sono mirate solo ed esclusivamente a mantenere il controllo di diverse parti del mondo per aumentare il profitto del Capitale
SCATENIAMO COME DONNE TUTTA LA NOSTRA DOPPIA LOTTA RIVOLUZIONARIA!
locandina del Mfpr "da Kobane... all'India con la lotta rivoluzionaria delle donne contro
questo sistema capitalista e imperialista" affissa e diffusa nella contrada
Otto marzo di tensione a Niscemi - Tagliate le recinzioni del Muos
Tensione a Niscemi al culmine della manifestazione delle donne No Muos per l’8 marzo. Lo scontro si è rischiato quando le manifestanti hanno tagliato le reti di recinzione dell’impianto militare statunitense che ospita proprio il Muos.
Le donne sono scese in piazza in centinaia per questa manifestazione, C’erano studentesse, mamme, lavoratrici, precarie hanno inscenato un corteo che si è svolto a Niscemi in occasione dell’8 marzo come stabilito in un’assemblea regionale svoltasi lo scorso 22 febbraio.
L’Assemblea Donne No Muos ha indetto tale mobilitazione in questa giornata per vivere questa data storica come momento e manifestazione di resistenza e protagonismo delle donne siciliane che in tutti questi anni si sono contraddistinte nella lotta contro il Muos e per rilanciare la lotta contro il sistema satellitare americano dopo la sentenza n. 461 del 2015 emanata dal TAR di Palermo lo scorso 13 febbraio che identifica il Muos come antenna dannosa per la vita. Una lotta, dunque, che riparte oggi da un modello di donna protagonista attiva con la sua rabbia e la sua determinazione e che rende nuovamente Niscemi cuore pulsante della lotta territoriale in Sicilia.
Dopo aver dedicato la mattinata a un momento molto partecipato di informazione e coinvolgimento della popolazione niscemese in Piazza Vittorio Emmanuele III, alle 14.30 da contrada Ulmo è partita la manifestazione diretta verso la base americana. Un corteo compatto e unito dietro lo striscione “Assemblea Donne No Muos in Lotta” scandito da cori e interventi al megafono inerenti alla forza delle donne e alla determinazione del movimento No Muos.
Appena giunti davanti gli ingressi della base, fortemente militarizzata al suo interno, le donne No Muos hanno bruciato due fantocci rappresentanti le figure di Matteo Renzi e Barack Obama proprio per palesare l’idea che ci si opporrà sempre e fermamente a tutte le imposizioni e decisioni provenienti dall’alto che non tengono minimamente conto della vita e della salute della gente che di fatto vive e agisce questi luoghi; dopo di ché hanno operato un taglio simbolico alle reti per sottolineare ancora una volta quanto il popolo No Muos sia contrario al sistema satellitare americano e quanto le donne siano determinate a investire la propria forza nel processo di lotta verso il suo totale smantellamento.
Nel rigetto assoluto della logica delle celebrazioni siamo scese in piazza oggi per rievocare non la memoria bensì il prezzo che le donne pagano quando si rendono soggetti sociali autodeterminati e protagonisti delle lotte sociali, oggi come ieri;quando, rifiutando il modello di donna angelo del focolare, diveniamo protagoniste con la nostra rabbia e la nostra caparbietà del percorso verso l’autodeterminazione dei popoli e la liberazione dei nostri territori, in difesa del diritto alla salute, contro la militarizzazione e le devastazioni ambientali.
Un pensiero va anche alle donne di Kobane che imbracciando il fucile sono riuscite a respingere le truppe dello Stato Islamico e a liberare il cantone che in questi mesi è stato teatro di un’eroica resistenza all’avanzata islamista. La partecipata giornata di oggi, culminata con il taglio alle reti, ha reso questo appuntamento un momento di lotta reale per la Sicilia intera e ha dimostrato che il movimento No Muos non si arrende e quanto sia determinata e determinante la forza delle donne in questo percorso di lotta in continuo divenire.
La partecipata giornata di oggi, culminata con il taglio alle reti, ha reso questo appuntamento un momento di lotta reale per la Sicilia intera e ha dimostrato che il movimento No Muos non si arrende e quanto sia determinata e determinante la forza delle donne in questo percorso di lotta in continuo divenire.
martedì 10 marzo 2015
pc 10 marzo - Atlanta, Era nudo e disarmato ma nero, la polizia della "più grande democrazia dell'occidente" lo uccide
Stati Uniti. La polizia uccide un altro afroamericano disarmato
E' accaduto ancora, a soli due giorni di distanza dal ragazzo nero ucciso dalla polizia nel Wisconsin e di un altro ucciso venerdi a Denver. E' accaduto ad Atlanta, in Georgia, dove un poliziotto bianco ha sparato e ucciso un afroamericano che secondo alcune fonti correva nudo per le strade di un quartiere residenziale, secondo altre stava solo dando in escandescenza dalla finestra del suo appartamento. Il ragazzo nero ucciso è Anthony Hill, di 27 anni. L'agente è intervenuto sul posto dopo essere stato allertato da una chiamata degli abitanti del quartiere, ha visto l'uomo che gli veniva incontro e gli ha sparato due colpi uccidendolo praticamente a vista. Ma la vittima era disarmata, la polizia è stata costretta ad aprire un'indagine interna. Appare del tutto inefficace il fatto che in questo periodo ricorra il cinquantesimo anniversario della marcia e della strage di Selma, celebrato anche in un film arrivato nelle sale cinematografiche, nè che il presidente statunitense sia un afroamericano. La polizia continua a uccidere i neri americani come prima e forse con maggiore accanimento di prima.
pc 10 marzo - Chiediamo case ci danno polizia: Firenze, cariche contro una manifestazione per la casa
Nuova manifestazione oggi, martedì 10 marzo, a Firenze contro la legge regionale Saccardi, una legge sulla
Alcuni partecipanti al presidio hanno cercato di entrare all’interno della sede del Consiglio, dove oggi era in programma la votazione sulle norme del nuovo piano casa, e dopo aver bloccato uno degli ingressi hanno cercato di forzare il cancello e la porta che danno accesso all’atrio, senza tuttavia riuscirci. Poco dopo le 17 la polizia presente in massa e in assetto antisommossa ha caricato i manifestanti e a quanto risulta almeno un attivista è stato ferito in maniera seria dalle manganellate. Dopo le cariche il corteo è ripartito andando a bloccare le strade attorno alla Regione mentre una delegazione di manifestanti veniva ricevuta dai vertici della Giunta Regionale.
“La Regione, alla faccia della Costituzione e delle Convenzioni internazionali, si appresta a votare una legge repressiva e autoritaria – ha spiegato alle agenzie di stampa Lorenzo Bargellini, uno dei portavoce del movimento per la casa rimasto ferito durante le cariche-. Una legge che colpisce i più poveri, aumentando a 5 anni di residenza il requisito minimo per accedere alle case popolari e azzerando il punteggio per chi è colpito da sfratto per morosità. Coloro cioè che non pagano più l’affitto per causa di forza maggiore, ad esempio per la perdita del lavoro. Questo tipo di sfratti, definito appunto di morosità “incolpevole”, costituisce oltre il 90% dei casi". “Una legge che poi se la prende con chi occupa una struttura privata, magari fatiscente e abbandonata da anni - prosegue Bargellini -. Tutti gli occupanti, costretti ad occupare perché senza casa, saranno esclusi per almeno 5 anni dalle graduatorie degli alloggi pubblici”.
casa e sull’edilizia residenziale pubblica che elimina dalle liste comunali per le case popolari chiunque occupi un immobile e che giustamente i movimenti di lotta accusano di essere complementare alla durissima Legge nazionale varata alcuni mesi fa dal Ministro Lupi. Il corteo, partito attorno alle 15, ha visto la partecipazione di alcune centinaia di persone e si è snodato per le vie della città e dopo aver raggiunto la sede della Regione Toscana, ha formato un presidio permanente chiedendo un incontro con i capigruppo del Consiglio Regionale dopo che questa mattina a Roma alcune realtà del movimento di lotta per il diritto all’abitare avevano occupato la sede nazionale della Conferenza delle Regioni in segno di solidarietà con l’iniziativa fiorentina.
Da contropiano
pc 10 marzo - La Fincantieri Palermo si scatena contro gli operai in lotta - Comunicato dello Slai Cobas per il sindacato di classe
Massima solidarietà agli operai della Fincantieri colpiti dalla repressione
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime la massima solidarietà agli operai del Cantiere Navale di Palermo, quasi tutti della Fiom, colpiti dalla repressione aziendale avallata dal Tribunale di Palermo.
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime la massima solidarietà agli operai del Cantiere Navale di Palermo, quasi tutti della Fiom, colpiti dalla repressione aziendale avallata dal Tribunale di Palermo.
La querela della Fincantieri contro questi lavoratori per “danneggiamenti”, “violenza privata” e “manifestazione non autorizzata”, come riportano i
giornali di oggi, è a dir poco grottesca visto che le lotte di quei giorni del
2011 erano più che giustificate dalla necessità di salvaguardare il posto di
lavoro messo in serio pericolo da una direzione aziendale che di fatto sta
smantellando le strutture
produttive e ha mandato in malora i bacini di carenaggio, e che negli anni non solo ha ridotto drasticamente il numero degli operai attivi attraverso uno stillicidio di “mancate assunzioni” e l’utilizzo selvaggio dei lavoratori delle ditte esterne che notoriamente sono i più sfruttati e i più ricattabili, ma anche attraverso lunghissimi anni di cassa integrazione che hanno fatto risparmiare all’azienda centinaia di milioni pagati dalla collettività, mentre le casse dell’azienda si gonfiavano di milioni di utili e le tasche dei dirigenti di sostanziosi stipendi pubblici!
produttive e ha mandato in malora i bacini di carenaggio, e che negli anni non solo ha ridotto drasticamente il numero degli operai attivi attraverso uno stillicidio di “mancate assunzioni” e l’utilizzo selvaggio dei lavoratori delle ditte esterne che notoriamente sono i più sfruttati e i più ricattabili, ma anche attraverso lunghissimi anni di cassa integrazione che hanno fatto risparmiare all’azienda centinaia di milioni pagati dalla collettività, mentre le casse dell’azienda si gonfiavano di milioni di utili e le tasche dei dirigenti di sostanziosi stipendi pubblici!
Le accuse agli operai
sono ancora più grottesche dato che inoltre in tutti questi ultimi anni diversi dirigenti della Fincantieri sono stati dichiarati colpevoli e responsabili della morte di tanti operai deceduti a causa dell’amianto respirato sul posto di lavoro. Sono i responsabili di questo stato di cose
che devono essere portati sul banco degli imputati e non gli operai che lottano per i loro diritti.
che devono essere portati sul banco degli imputati e non gli operai che lottano per i loro diritti.
Slai cobas per il sindacato di classe
Via G. del Duca, 4 Palermo
338.7708110
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Da Repubblica
Scontri a Fincantieri a Palermo, a giudizio 40 operai.
"Non si capisce perché 38 su 40 imputati sono iscritti alla Fiom". I fatti contestati risalgono allo sciopero del 18 luglio 2011. Imputati rischiano fino a 5 anni di carcere.
Siamo alla vigilia della prima udienza presso la seconda sezione penale del tribunale di Palermo del processo che vede imputati 40 operai della Fincantieri di Palermo per lo sciopero del 18 luglio 2011.
L'accusa è di danneggiamenti alle strutture del cantiere, violenza privata e protesta non autorizzata e il rischio è fino a cinque anni di carcere.
La giornata del 18 luglio faceva parte dei 10 giorni di scioperi e manifestazioni e che videro coinvolti oltre 500 operai del cantiere più l'indotto e i disoccupati. Il clima era piuttosto teso: il piano industriale presentato dall'ad di Fincantieri prevedeva lo smantellamento di 3 cantieri e il ridimensionamento di quello di Palermo. Il rischio di perdere il lavoro era concreto. "Fa riflettere il fatto che in questo caso la fonte d'accusa non sia rappresentata da denunce della Digos ma da dichiarazioni dei vigilantes di Fincantieri", ha sottolineato Fabio Lanfranca, legale dei 38 iscritti Fiom imputati nel processo, durante la conferenza stampa convocata nella sede della Cgil.
"Fu una lotta di tutti i lavoratori e nessuno nega che si trattò di un momento piuttosto duro - ha aggiunto Lanfranca - ma la denuncia da parte dell'azienda dei suoi lavoratori è un atto estremo e fa riflettere il fatto che 38 su 40 imputati siano iscritti alla Fiom. C'è qualcosa dietro? Lo capiremo meglio nel corso del dibattimento". Lanfranca ha annunciato di aver condotto delle indagini difensive e di aver presentato una lista testimoniale, con oltre 20 persone, "che presenta un quadro totalmente diverso da quello presentato dall'azienda".
L'accusa è di danneggiamenti alle strutture del cantiere, violenza privata e protesta non autorizzata e il rischio è fino a cinque anni di carcere.
La giornata del 18 luglio faceva parte dei 10 giorni di scioperi e manifestazioni e che videro coinvolti oltre 500 operai del cantiere più l'indotto e i disoccupati. Il clima era piuttosto teso: il piano industriale presentato dall'ad di Fincantieri prevedeva lo smantellamento di 3 cantieri e il ridimensionamento di quello di Palermo. Il rischio di perdere il lavoro era concreto. "Fa riflettere il fatto che in questo caso la fonte d'accusa non sia rappresentata da denunce della Digos ma da dichiarazioni dei vigilantes di Fincantieri", ha sottolineato Fabio Lanfranca, legale dei 38 iscritti Fiom imputati nel processo, durante la conferenza stampa convocata nella sede della Cgil.
"Fu una lotta di tutti i lavoratori e nessuno nega che si trattò di un momento piuttosto duro - ha aggiunto Lanfranca - ma la denuncia da parte dell'azienda dei suoi lavoratori è un atto estremo e fa riflettere il fatto che 38 su 40 imputati siano iscritti alla Fiom. C'è qualcosa dietro? Lo capiremo meglio nel corso del dibattimento". Lanfranca ha annunciato di aver condotto delle indagini difensive e di aver presentato una lista testimoniale, con oltre 20 persone, "che presenta un quadro totalmente diverso da quello presentato dall'azienda".
pc 10 marzo - Repressione politica e persecuzione sui luoghi di lavoro - Firenze
Venerdi 20 marzo 2015
Repressione politica e persecuzione sui luoghi di lavoro
Incontro con Bruno Bellomonte ferroviere, sindacalista e militante dell’organizzazione comunista indipendentista sarda A Manca Pro s’Indipendentzia, detenuto per oltre 2 anni con l’accusa di associazione sovversiva, licenziato dalle Ferrovie dello Stato, assolto e mai più riassunto
Ore 19.00 Assemblea con Bruno Bellomonte e Riccardo Antonini
Ore 21.00 cena popolare di sottoscrizione a favore di Bruno
Centro Popolare Autogestito Firenze sud – Via di Villamagna 27/a Firenze
Repressione politica e persecuzione sui luoghi di lavoro
Incontro con Bruno Bellomonte ferroviere, sindacalista e militante dell’organizzazione comunista indipendentista sarda A Manca Pro s’Indipendentzia, detenuto per oltre 2 anni con l’accusa di associazione sovversiva, licenziato dalle Ferrovie dello Stato, assolto e mai più riassunto
Ore 19.00 Assemblea con Bruno Bellomonte e Riccardo Antonini
Ore 21.00 cena popolare di sottoscrizione a favore di Bruno
Centro Popolare Autogestito Firenze sud – Via di Villamagna 27/a Firenze
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