Tempi difficili per i rinnovi contrattuali nell’epoca Renzi-Marchionne. Infatti può succedere di sentirsi chiedere di lavorare gratis. Anzi, di offrire “un contributo non retribuito da parte dei lavoratori”.
L’azienda che, nero su bianco, ha proposto alle rappresentanze sindacali di far lavorare i dipendenti senza retribuzione è la Fincantieri, detenuta al 72,5 per cento da Fintecna a sua volta interamente posseduta dalla Cassa Depositi e Prestiti. Cioè dal Tesoro. Cioè, dallo Stato. La paradossale richiesta è scritta nelle “Linee guida” del contratto integrativo attualmente in discussione tra l’azienda leader nella cantieristica navale e i sindacati. Il confronto va avanti da settimane e lunedì 2 marzo ha visto un’altra tappa delicata presso la sede di Confindustria.
L’azienda che, nero su bianco, ha proposto alle rappresentanze sindacali di far lavorare i dipendenti senza retribuzione è la Fincantieri, detenuta al 72,5 per cento da Fintecna a sua volta interamente posseduta dalla Cassa Depositi e Prestiti. Cioè dal Tesoro. Cioè, dallo Stato. La paradossale richiesta è scritta nelle “Linee guida” del contratto integrativo attualmente in discussione tra l’azienda leader nella cantieristica navale e i sindacati. Il confronto va avanti da settimane e lunedì 2 marzo ha visto un’altra tappa delicata presso la sede di Confindustria.
Ad animare la trattativa c’è la ripresa del settore ma anche le nuove prospettive globali dell’azienda sempre meno soggetto nazionale e sempre più “player globale”. Per agganciare la ripresa e raggiungere gli “obiettivi di recupero in termini di competitività”, la Fincantieri punta a maggiore flessibilità di tutti i siti aziendali – in Italia sono circa una decina – a comprimere i costi, a rivedere l’assetto retributivo.
E qui veniamo al punto in questione. Al fine di “ottenere significativi recuperi in termini di prestazione di lavoro” l’azienda punta a introdurre una diversa disciplina dei Permessi annui retribuiti. Questi, riscontrabili in qualsiasi settore o contratto nazionale, ammontano a 104 ore annue. Fincantieri chiede la loro “integrale lavorabilità senza ulteriore monetizzazione” oppure, in alternativa e a carattere sperimentale, “un contributo non retribuito da parte dei lavoratori pari a 30 minuti al giorno”. Mezz’ora quotidiana di lavoro gratis, rigorosamente a titolo sperimentale. La richiesta è stata giudicata “inaccettabile” dalla Fiom che, pure, è disposta a continuare il confronto. “Finora non ci sono state date garanzie sull’integrità dei cantieri, sugli appalti, sugli orari” dice Bruno Papignani che segue la vertenza.
Il rinnovo contrattuale è importante non solo perché in Italia ci sono circa 8mila lavoratori coinvolti – su un organico complessivo di oltre ventimila con 21 cantieri navali disseminati in 13 Paesi di quattro continenti – ma anche perché sarà indicativo di scelte sul piano delle relazioni sindacali. L’appartenenza di Fincantieri al perimetro pubblico, nonostante si tratti di un’azienda privata quotata in Borsa, rende il confronto ancora più rilevante. I bilanci parlano di una struttura in crescita sul fronte dei ricavi (+8%) grazie a nuove consegne e a una crescita del portafoglio-ordini.Il mercato non è più solo basato sulle commesse della Marina militare o di società come la Carnival ma si è diversificato nel campo dei mega yacht o in quello della costruzione di piattaforme petrolifere off shore. La Fiom, che in Fincantieri mantiene un ruolo preminente, vorrebbe impostare un accordo in cui, oltre a garantire salario e diritti, si rintraccino chiare linee di politica industriale.
La richiesta del lavoro gratis, invece, sembra inserirsi in una linea di condotta delle imprese ben esemplificata da quanto avvenuto nel comparto chimico. Lì, i sindacati, a fronte di una fase di riduzione significativa dell’inflazione, si sono sentiti richiedere dalla Confindustria il rientro degli aumenti retributivi non giustificati dalla dinamica dei prezzi. Insomma, una restituzione di parte del salario che rappresenta una novità storica. Tanto che il criterio si è insinuato anche nel rinnovo del contratto dei bancari dove l’Abi, che nelle relazioni sindacali è guidata da Alessandro Profumo, propone uno scambio tra riconoscimento dell’inflazione all’1,85% e il blocco degli scatti stipendiali. Una situazione che comporterebbe per i dipendenti un aumento di 26 euro su tre anni. Poco più di una mancia.
La situazione sta allarmando non poco il sindacato che, dopo l’introduzione del Jobs Act, teme la cancellazione del contratto nazionale come già realizzato in Fiat-Fca. La Filtcem, il sindacato dei chimici, il primo a essersi trovato di fronte alle richieste degli industriali, ha ritenuto urgente convocare un seminario, oggi a Roma, con circa 350 dirigenti e delegati proprio sulla contrattazione. Tra gli invitati alla giornata molti segretari di categoria, la Cgil nazionale ma anche la Confindustria e il segretario della Fiom Maurizio Landini.
da il Fatto Quotidiano di martedì 3 marzo 20
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