Chi è Oscar
Fioriolli? Biografia di un torturatore da insorgenze 01 Agosto
Nella nota diffusa dopo la conferma definitiva delle
condanne pronunciata dalla Cassazione contro i vertici investigativi del
ministero dell’Interno, il capo della Polizia Antonio Manganelli: «Ora, di
fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse. Ai cittadini
che hanno subito danni ed anche a quelli che, avendo fiducia
nell’Istituzione-Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento
errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza. Per migliorare
il proprio operato, a tutela della collettività, nell’ambito di un percorso di
revisione critica e di aperto confronto con altre istituzioni, da tempo avviato,
la Polizia di Stato ha tra l’altro istituito la Scuola di Formazione per la
Tutela dell’Ordine Pubblico al fine di meglio preparare il personale alla
gestione di questi difficili compiti. Il tutto per assicurare a questo Paese
democrazia, serenità e trasparenza dell’operato delle forze dell’ordine,
garantendo il principio del quieto vivere dei cittadini».
A dirigere questa scuola, nata con decreto del capo della
Polizia il 24 ottobre 2008 e operativa dal 1° dicembre successivo «con
l’obiettivo – come recita il comunicato del ministero
degli Interni– di formare personale specializzato capace di intervenire con
professionalità in caso di eventi che possono degenerare dal punto di vista
dell’ordine pubblico, come manifestazioni, cortei ed eventi pubblici, per
garantire ancor meglio la sicurezza di tutta la collettività», è stato chiamato
il prefetto Oscar Fioriolli.
Fioriolli è stato questore ad Agrigento, Modena,
Palermo, Genova (subito dopo il G8) e poi a Napoli. Risulta
anche indagato in una inchiesta sugli appalti Finmeccanica condotta dai pm
della procura di Napoli e in una indagine portata avanti dalla procura genovese
su una strana vicenda di consulenze per auto blindate richieste da un dittatore
della Guinea Conakry e rapporti con un faccendiere siriano che gli avrebbe
elargito una somma di 50 mila euro. Nel cuore del dispositivo antiterrorismo del
ministero degli Interni dalla metà degli anni 70 in poi.
L’ex commissario della Digos e poi questore Salvatore
Genova, lo descrive (cf.l’Espresso del
6/4 2012; vedi
anche la testimonianza video) mentre nella
questura di Verona interroga di Elisabetta
Arcangeli, una sospetta fiancheggiatrice delle Brigate rosse arrestata il 27
gennaio 1982. «Separati da un muro, perché potessero sentirsi ma non vedersi,
ci sono Volinia e la Arcangeli. Li sta interrogando Fioriolli. Il nostro
capo, Improta, segue tutto da vicino. La ragazza è legata, nuda, la maltrattano,
le tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un manganello nella vagina, la
ragazza urla, il suo compagno la sente e viene picchiato duramente, colpito allo
stomaco, alle gambe. Ha paura per sé ma soprattutto per la sua compagna. I due
sono molto uniti, costruiranno poi la loro vita insieme, avranno due figlie. È
uno dei momenti più vergognosi di quei giorni, uno dei momenti in cui dovrei
arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece carico insieme a loro Volinia su
una macchina, lo portiamo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato
al tavolaccio subisce l’acqua e sale».
Era in corso il sequestro del generale americano James Lee
Dozier, vicecomandante della Fatse (Comando delle Forze armate terrestri alleate
per il sud Europa) con sede a Verona, da parte delle Brigate rosse-partito
comunista combattente. Sempre secondo la testimonianza fornita da Salvatore
Genova, nel corso di una riunione convocata dall’allora capo dell’Ucigos Gaspare
De Francisci presso la questura di Verona, presenti Improta, il
poliziotto cui De Francisci aveva affidato il coordinamento del gruppo di super
investigatori, Oscar Fiorolli, Luciano De Gregori e Salvatore Genova, si
decise il ricorso alle torture. A svolgere il lavoro sporco venne chiamato
insieme alla sua squadretta di esperti “acquaiuoli” (profesionisti del
waterboarding, la tortura dell’acqua e sale) Nicola
Ciocia, alias professor De Tormentis, funzionario proveniente dalla Digos di
Napoli, già responsabile per la Campania dei nuclei antiterrorismo di Santillo,
in forza all’Ucigos. De Francisci fece capire che l’ordine
veniva dall’alto, ben sopra il capo della polizia Coronas. Il
semaforo verde giungeva dal
vertice politico, dal ministro degli Interni Virginio
Rognoni. Via libera alle «maniere forti» che in cambio forniva anche chiare
garanzie di copertura. Fu lì che lo Stato decise di cercare Dozier nella vagina
di una sospetta brigastista.
Nel frattempo sono morti Giovanni Coronas, Gaspare De
Francisci e Umberto Improta, capo della squadra
di investigatori che praticarono le torture sistematiche impiegate da varie
squadre di poliziotti per almeno 11 mesi. Un giardino in suo ricordo di Improta
è sorto non lontano da piazza san Giovanni, a Roma, tra
via dell’Amba Aradam e via della Ferratella in Laterano.
Salvatore Genova è in pensione ed è l’unico che ha deciso di raccontare la verità. Nicola Ciocia, il mago del waterboarding, vive nascosto in una casa del Vomero a Napoli.
Salvatore Genova è in pensione ed è l’unico che ha deciso di raccontare la verità. Nicola Ciocia, il mago del waterboarding, vive nascosto in una casa del Vomero a Napoli.
Sentito al telefono da Piervittorio Buffa, il giornalista
che è riuscito a sfilare organigrammi e nomi degli autori delle torture dalla
bocca di Salvatore Genova, che fino ad allora aveva solo denuciato i fatti senza
mai indicare i corresponsabili (una
prima volta nel 2007 davanti a Matteo Indice del Secolo XIX, poi nel
libro di Nicola Rao, Colpo
al cuore, Sperling & Kupfer 2011, infine in una puntata di Chi l’ha
visto?), Oscar Fioriolli ha rifiutato qualsiasi incontro per
chiarire il ruolo avuto in quelle vicende e negato le circostanze riferite da
Genova.
Gratteri, Luperi, Calderozzi, Mortola, Ferri, ed altri funzionari sono stati dimessi dai loro incarichi per le loro responsabilità accertatenel tentativo di depistare e coprire il massacro perpetrato all’interno della scuola Diaz.
Oscar Fioriolli, chiamato in causa con una testimonianza dettagliata per il ruolo avuto nelle torture e in una violenza sessuale, praticate durante gli interrogatori contro persone accusate di appartenere alla Brigate rosse, è sempre al suo posto.
Gratteri, Luperi, Calderozzi, Mortola, Ferri, ed altri funzionari sono stati dimessi dai loro incarichi per le loro responsabilità accertatenel tentativo di depistare e coprire il massacro perpetrato all’interno della scuola Diaz.
Oscar Fioriolli, chiamato in causa con una testimonianza dettagliata per il ruolo avuto nelle torture e in una violenza sessuale, praticate durante gli interrogatori contro persone accusate di appartenere alla Brigate rosse, è sempre al suo posto.
Quando in
Italia si seviziavano i brigatisti. Il Venerdì di
Repubblica, 20 luglio 2012
Roma. «La ragazza è legata, nuda, la maltrattano, le
tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un manganello nella vagina, la
ragazza urla, il suo compagno la sente e viene picchiato duramente, colpito allo
stomaco, alle gambe». Salvatore Genova racconta così quello che accadde nella
questura di Verona, nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 1982. La ragazza è
Elisabetta Arcangeli. Il suo compagno è Ruggero Volinia. Salvatore Genova è uno
dei poliziotti che guidarono le indagini sul caso James Lee Dozier, il generale
americano rapito dalle Brigate rosse il 17 dicembre 1981. Genova sarà arrestato
insieme ad alcuni suoi uomini con l’accusa di aver usato violenza su dei
terroristi catturati, ma quella notte, in questura, è solo un testimone: conduce
l’interrogatorio il suo collega Oscar Fiorolli.
I poliziotti capiscono che Volinia sta per cedere. «Fu uno dei momenti più vergognosi di quei giorni» dice Genova, «avrei dovuto arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece, caricammo Volinia su una macchina e lo portammo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio subisce l’acqua e sale e, dopo pochi minuti, parla, ci dice dov’è il generale Dozier».
A coordinare il tutto e a eseguire il trattamento De Tormentis con acqua e sale, una tortura già usata dai francesi e la squadretta nella guerra di Algeria, è una squadretta speciale guidata da un alto funzionario di polizia, Nicola Ciocia e composta da quattro poliziotti chiamati i Quattro dell’Ave Maria. La tecnica è all’apparenza semplice, ma bisogna essere molto esperti per praticarla in modo sicuro ed efficace. D prigioniero è legato a un tavolo, con un tubo gli vengono fatte ingurgitare grandi quantità di acqua e sale che provocano, oltre alla nausea, un forte senso di soffocamento.
Ciocia è in via Caetani a Roma quando, il 9 maggio 1978, viene trovato il corpo di Aldo Moro nella Renault rossa. La sua squadra entra in azione pochi giorni dopo, già con i primi arresti del dopo Moro.
I poliziotti capiscono che Volinia sta per cedere. «Fu uno dei momenti più vergognosi di quei giorni» dice Genova, «avrei dovuto arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece, caricammo Volinia su una macchina e lo portammo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio subisce l’acqua e sale e, dopo pochi minuti, parla, ci dice dov’è il generale Dozier».
A coordinare il tutto e a eseguire il trattamento De Tormentis con acqua e sale, una tortura già usata dai francesi e la squadretta nella guerra di Algeria, è una squadretta speciale guidata da un alto funzionario di polizia, Nicola Ciocia e composta da quattro poliziotti chiamati i Quattro dell’Ave Maria. La tecnica è all’apparenza semplice, ma bisogna essere molto esperti per praticarla in modo sicuro ed efficace. D prigioniero è legato a un tavolo, con un tubo gli vengono fatte ingurgitare grandi quantità di acqua e sale che provocano, oltre alla nausea, un forte senso di soffocamento.
Ciocia è in via Caetani a Roma quando, il 9 maggio 1978, viene trovato il corpo di Aldo Moro nella Renault rossa. La sua squadra entra in azione pochi giorni dopo, già con i primi arresti del dopo Moro.
All’«acqua e sale» è infatti sottoposto, lo racconta lui
stesso nei dettagli, Enrico Triaca, il tipografo delle Br. Ma Ciocia, che
Umberto Improta, capo degli investigatori durante il sequestro Dozier,
soprannominò dottor De Tormentis, non agì certo di sua iniziativa. Lo si capì
già allora, nel 1982, che c’era un piano preciso, venuto dall’alto. Se ne è
avuta la conferma ora, a distanza di trent’anni. Ciocia, pur non ammettendo le
torture con l’acqua e il sale, ha detto di essere lui il dottor De Tormentis.
Salvatore Genova, a sua volta, è stato molto preciso. Ha raccontato della
riunione che si tenne in questura a Verona all’indomani del sequestro di Dozier:
un via libera all’uso delle maniere forti con terroristi e fiancheggiatori, il
timbro ai metodi di Ciocia-De Tormentis.
La riunione fu convocata dall’allora capo dell’Ucigos
Gaspare De Francisci. Nella stanza c’erano anche Improta, il poliziotto cui De
Francisci aveva affidato il coordinamento del lavoro, Oscar Fiorolli, Luciano De
Gregori e Salvatore Genova. Ascoltarono De Francisci dire, così ricorda Genova,
che l’indagine su quel sequestro era «delicata e importante» e che bisognava
fare «bella figura». E dare il via libera all’uso delle maniere forti per
risolvere il caso. «Ci guardò uno a uno e con la mano destra» rievoca Genova
«indicò verso l’alto. Ordini che vengono dall’alto, spiegò: quindi non
preoccupatevi, se restate con la camicia impigliata da qualche parte, sarete
coperti, faremo quadrato. Improta fece sì con la testa e disse che si poteva
stare tranquilli, che per noi garantiva lui. Il messaggio era chiaro e, dopo la
riunione, cercammo di metterlo ulteriormente a fuoco. Fino a dove arriverà la
copertura? Fino a dove possiamo spingerci? Dobbiamo evitare ferite gravi e
morti? Fu questo che ci dicemmo tra di noi funzionari. E di far male agli
arrestati senza lasciare il segno».
Ciocia, con i quattro dell’Ave Maria, arrivò il giorno
dopo quella riunione e poi tornò in Veneto negli ultimi giorni del sequestro,
quando le indagini portarono ai primi arresti dei fiancheggiatori. E quindi alla
necessità di farli parlare. Tutti gli uomini di Improta assistettero alla prima
«acqua e sale» di Verona, quella praticata a Nazareno Mantovani, che svenne
durante il trattamento.
L’adrenalina scatenata dal successo dell’operazione Dozier (il generale liberato, i brigatisti catturati senza sparare un colpo) e i risultati ottenuti con le tecniche di Ciocia scatenarono lo spirito di emulazione. Nella caserma della Celere di Padova, dove furono portati i terroristi, non si andò tanto per il sottile. Genova e i suoi, infatti, furono arrestati con l’accusa di aver organizzato, tra l’altro, la finta fucilazione del br Cesare Di Lenardo.
In quelle settimane, il ministro dell’Interno Virginio Rognoni disse: «Possiamo respingere, con assoluta fermezza e grande tranquillità di coscienza, l’accusa adombrata in alcune interrogazioni e sicuramente presente in certa campagna di stampa, di avere trasferito la lotta contro il terrorismo su un terreno diverso da quello dell’ordinamento giuridico mediante una pratica sistematica e violenta del rapporto fra Stato e cittadino al momento dell’arresto…».
I giornali ai quali faceva riferimento il ministro erano soprattutto L’Espresso e la Repubblica
L’adrenalina scatenata dal successo dell’operazione Dozier (il generale liberato, i brigatisti catturati senza sparare un colpo) e i risultati ottenuti con le tecniche di Ciocia scatenarono lo spirito di emulazione. Nella caserma della Celere di Padova, dove furono portati i terroristi, non si andò tanto per il sottile. Genova e i suoi, infatti, furono arrestati con l’accusa di aver organizzato, tra l’altro, la finta fucilazione del br Cesare Di Lenardo.
In quelle settimane, il ministro dell’Interno Virginio Rognoni disse: «Possiamo respingere, con assoluta fermezza e grande tranquillità di coscienza, l’accusa adombrata in alcune interrogazioni e sicuramente presente in certa campagna di stampa, di avere trasferito la lotta contro il terrorismo su un terreno diverso da quello dell’ordinamento giuridico mediante una pratica sistematica e violenta del rapporto fra Stato e cittadino al momento dell’arresto…».
I giornali ai quali faceva riferimento il ministro erano soprattutto L’Espresso e la Repubblica
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