lunedì 8 giugno 2015

pc 8 giugno - Un saluto a LA CONTRADDIZIONE - una rivista marxista necessaria che dovrà in altre forme tornare

La Contraddizione no.150
LA CONTRADDIZIONE NUOVA SERIE
ai lettori: comunicazioni e prospettive
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Redazione \\ Sergio Manes
Come già comunicato fin dal no.147 e nel blog, con questo no.150 speciale
2015 terminiamo le pubblicazioni cartacee “ordinarie”, dopo 30 anni (1986-87 \
2014) della rivista periodica di marxismo, uscita puntualmente alle scadenze
previste. Il presente no.150 – unico per 2015 – è stato pertanto inviato
fuori abbonamento in dovuto omaggio a tutti i compagni affezionati al marxismo
e persistenti abbonati in regola con il versamento per l’abbonamento a tutto
il 2014. Abbiamo già avvertito gli eventuali interessati che sotto la medesima
intestazione la Contraddizione, l’editore Sergio Manes – in sèguito a un progetto
di lavoro con lui concordato – pubblicherà una “nuova serie” cartacea di volumi,
consistenti in libri e opuscoli, perlopiù monografici, di autori singoli o
collettanei, a uscita periodica ma senza scadenze prestabilite, eventuali ristampe
o successive edizioni attualizzate, nelle modalità che saranno comunicate.
Anzi gradiremmo ricevere vostre possibili indicazioni su tematiche – teoriche
analitiche politiche – che vorreste veder trattate, qualora ci fosse qualcuno
tra noi o a nostra conoscenza in grado di farlo. A tale fine, e più in generale (anche
per pubblicazioni “a domanda” o pure in formato elettronico), ripetiamo
quanto già scrivemmo rivolgendoci ai nostri lettori più assidui — di inviarci il
vostro recapito, anzitutto quello di posta elettronica [e telefono e indirizzo], inviando
la corrispondenza a: contraddizione@tiscali.it oppure contraddizione.-
epub@gmail.com. [tel.06.87.08.76.31 – fax soltanto 06.81.85.693. Edizioni la
Città del Sole, Vico Giuseppe Maffei 4, 80138, Napoli –tel. 081-19568991;
081-19569327; posta elettronica info@lacittadelsole.net
per la redazione
la Contraddizione
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In questi lunghi e travagliati anni le Edizioni “La Città del Sole” sono
state molto vicine alla rivista e al nucleo di compagni che caparbiamente
l’hanno realizzata tra mille difficoltà, indifferenze e defezioni. Ne abbiamo apprezzato
e rispettato sia il rigore teorico, sia l’autonomia politica e intellettuale
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che ne rendevano possibile e ne garantivano l’esistenza. Quando è stato necessario
ne abbiamo affiancato lo sforzo, senza interferenze; neppure recentemente,
quando non nuove – ma più complicate – difficoltà hanno suscitato qualche trepidazione.

La prospettiva della cessazione delle pubblicazioni era più di un timore e di
una possibilità. Ben vero che la lunga fase in cui la Contraddizione ha operato si
sta concludendo. Ma la nuova fase che si sta aprendo ancor meno può rinunziare
a un tal punto di riferimento critico. In questi decenni il decadimento – iniziato
molti anni prima – dei comunisti (e la persino più profonda “crisi del marxismo”,
stigmatizzata nel senso in cui scrisse Antonio Labriola) è giunto vicino al
compimento ad un prezzo elevatissimo che non è stato pagato soltanto da ormai
smunte sopravvivenze organizzate che non riescono a superare il limite di vogliose
nostalgie (che hanno reso sempre più difficile distinguerle dalle altre
formazioni “politiche”), ma anche da schiere di fiduciosi militanti, talvolta con
disperate o meste appartenenze, più spesso con smarrimento e abbandono. Ma il
prezzo più elevato è stato pagato dal proletariato in termini di uno spietato aggravamento
delle condizioni di lavoro e di vita e, inevitabilmente, di distacco
dalla propria coerente adesione ad una prospettiva politica di cambiamento. Soprattutto
i giovani – scippati ad un tempo del proprio futuro, ma anche del presente
– sono stati privati dell’unico strumento capace di evitare l’abbandono al
“pensiero unico” dominante: il pensiero critico orientato dalla concezione dialettica
e materialista del mondo e della storia. Per loro l’angoscia o l’adesione a
forme diverse di “pensiero debole” – fiorite nel vuoto culturale – son restate
l’unica alternativa all’imbarbarimento di sé e della propria esistenza, insito nella
resa all’ideologia dominante.
Nel grembo della irrisolvibile crisi del capitalismo, grave al punto che non
solo l’economia appare giunta ad una situazione di non ritorno, ma tutto
l’assetto sociale ne risulta scompaginato e l’intera sovrastruttura della società
capitalistica – la politica, i “valori”, gli assetti istituzionali, etc. – ne viene travolta.
I comunisti – ormai privi di autonomia e irrimediabilmente interni all’orizzonte
dato di questa società – non hanno saputo e potuto affrancare la propria
crisi da quella della borghesia e ne sono rimasti essi stessi travolti, non soltanto
elettoralmente – l’unico, triste parametro di loro interesse –, ma nel rapporto fiduciario
e prospettico con il proletariato. Non solo, ma, purtroppo, la loro insipienza
ha proiettato una pesante ombra di sfiducia e scetticismo sull’idea stessa
di comunismo.
Nel vuoto così determinato la persistenza di esperienze, pur se piccole e impossibilitate
a illuminare l’intero percorso, sono state preziose perché hanno tenacemente
e costantemente riproposto la necessità di dare scientificità all’iniziativa
politica di trasformazione sociale attraverso la riappropriazione e/o la
comprensione sistematica e analitica della concezione e del metodo del materiala
Contraddizione no.150
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lismo dialettico e la conoscenza non estemporanea della realtà da trasformare.
Esse hanno costantemente ammonito i comunisti perché si guardassero da una
politica pragmatica o, all’opposto, orientata da schemi di una “ortodossia” anch’essa
interna alla decadenza. I cocci residuali del comunismo organizzato videro
con fastidio quest’indirizzo e questo monito e scelsero di essere sordi, indifferenti,
qualche volta ostili. Ma trent’anni di presenza vitale testimoniano che
la Contraddizione ha interessato un pubblico ben più sensibile e attento, annidato
tra le pieghe di una realtà disgregata e contraddittoria. Con questi interlocutori
ha svolto a ragione il proprio ruolo, guadagnando la stima anche di parti attente
di un mondo giovanile che rifiutava le derive prevalenti.
Questa fase si va esaurendo rapidamente con l’evidente gravità dell’ultima
crisi tuttora irrisolta e con le conclamate incapacità ad affrontarla. La fase nuova
che si prospetta richiederà nuovi approcci e più articolate capacità di intervento.
Non sarà più sufficiente, ad esempio, riaffermare la prioritaria esigenza di riappropriazione
e comprensione analitica delle categorie interpretative e del metodo
di analisi della realtà del nostro tempo, con la complementare necessità di
promuovere l’effettiva formazione di una nuova generazione di comunisti. I
guasti di un ritorno micidiale dell’idealismo (quand’anche in forme sciatte e a
infimi livelli) e la persistenza di una concezione della formazione come indottrinamento
esigono di entrare nel merito con indicazioni, materiali e concreti
percorsi che sventino il pericolo che, quand’anche si approdi alla convinzione
della necessità e della centralità della teoria per orientare la politica, non si scivoli
in pratiche di opposta finalizzazione. Resta – è ovvio – la necessità dello
studio sistematico, non superficiale, che è ormai generalmente desueto: inteso
non come apprendimento dottrinario, ma come acquisizione delle chiavi di lettura
per comprendere la realtà materiale che va anch’essa studiata con grande
impegno, e non soltanto nelle sue rappresentazioni esteriori. “Far politica” vuol
dire essere concreti, propositivi, a partire da ciò che effettivamente si conosce,
non da ciò che soggettivisticamente si percepisce, si intuisce, si presuppone.
Va bandita, del resto, la diffusa concezione di una dialettica semplicistica del
rapporto teoria-prassi mutuata da una lettura superficiale di Gramsci o – anche –
di Lenin o di Mao. Ma va anche assolutamente impedito che si rovescino i termini
delle elaborazioni marxiane. Quando la riflessione di Marx – “la teoria diventa
una forza materiale della storia non appena si impossessa delle masse” –
viene capovolta con una inversione concettuale, si mostra di non aver compreso
nulla della dialettica materialistica della storia e ci si predispone al dottrinarismo
e al volontarismo. Il pensiero di Marx non è una dottrina, men che meno è
compiuto: non potrebbe esserlo perché la realtà che vuole conoscere e trasformare
non è essa stessa compiuta, bensì in perenne trasformazione: ciò che Marx
ci ha trasmesso è molto più semplicemente la geniale chiave per leggere questa
realtà nel suo divenire e trasformarla in modo non arbitrario né preconcetto. Ciò
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che va perseguito non è, quindi, l’accumulo di conoscenze attraverso lo studio:
questo porta inevitabilmente a ingessarsi in un dogmatismo, in una pseudo ortodossia
che pretendono di avere – e per sempre – già tutto compreso. Ma chi ha
la certezza di aver già tutto compreso, si impedisce, per ciò stesso, di comprendere.
È il primo, non valicato limite ampiamente diffuso tra i comunisti. Piuttosto
che il socratico “so di non sapere”, si assume in partenza di avere già tutti gli
strumenti conoscitivi e i dati materiali per comprendere un fenomeno (e trasformarlo!):
un atteggiamento mentale frutto di scoperto soggettivismo che si
coniuga, ad un tempo, con una impudica autoreferenzialità o, anche, con lo
schematismo dottrinario di una tradizione straordinaria ma, inevitabilmente,
imperfetta e palesemente incompresa o, peggio, assunta in modo fideistico.
Se “sai di non sapere” sei al riparo dal dottrinarismo come sistema statico di
conoscenze conclusive, pietra di paragone che si esaurisce in modelli e schemi
cui la trasformazione in modo volontario “deve” corrispondere. E, nel rapporto
di formazione, non commetterai l’errore di trasmettere le tue verità ma, dovrai –
secondo il metodo maieutico – fare in modo che il discente conquisti razionalmente
e sistematicamente la conoscenza. Perché, nella nuova fase che sta aprendosi,
queste non siano soltanto buone intenzioni proclamate enfaticamente,
occorre che alle parole possano seguire i fatti e bisogna lavorare per rendere disponibili
ambiti, percorsi e materiali a chi voglia riprendere a “fare politica” oltre
il misero orizzonte istituzionale, in una prospettiva di grande respiro strategico,
facendo in modo che, effettivamente, “la teoria si impossessi delle masse”,
dunque, senza vetusti e impotenti fideismi o entusiasmi volontaristici.
Questa prospettiva suggerisce una maggiore vicinanza e una sinergia dei
comuni sforzi tra “la Contraddizione” e le Edizioni “La Città del Sole” che, pure,
hanno già operato positivamente, in sintonia e talvolta con collaborazioni
non improvvisate, ma non ancora sistematiche. Il compito è oggi più complesso
e impegnativo e implica percorsi integrati e complementari, ardui ma necessari,
ambiziosi ma praticabili, purché ancorati – per non suscitare pericolose illusioni
sulla semplicità e rapidità del percorso ancora tutto da compiere – alla concretezza
delle risorse ancora inadeguate già disponibili e delle potenzialità che sarà
possibile mettere via via in campo. Senza indulgere a un pericoloso ottimismo
va registrato che sono sempre più frequenti segnali – dispersi e talvolta ancora
confusi – di una diversa sensibilità alla centralità della formazione e della necessità
di comprensione sistematica sia delle categorie marxiane, sia della realtà
da trasformare. D’altro canto, in un momento in cui le uniche possibilità di ripresa
son legate alla necessità di una sistematizzazione della ricerca già effettuata
e ancora da realizzare, l’esistenza di una rivista teorica multidisciplinare,
accanto ad una produzione editoriale meglio articolata e finalizzata, è irrinunciabile
e nella prospettiva della sua fattibilità occorre operare impegnando le risorse
disponibili e utilizzando strumenti e modalità possibili: E, piuttosto che
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“inventarsi” una nuova pubblicazione, è sembrato più saggio valorizzare e sostenere,
trasformandola, l’esperienza di “la Contraddizione” che in tanti anni ha
così bene e coerentemente operato accumulando forze, indicando un percorso,
suscitando una aspettativa.
Non sarà semplice, sia per l’ancora insufficienza delle energie che è già possibile
impegnare, sia per le persistenti indifferenza e insofferenza al rigore della
ricerca teorica e della formazione che ancora allignano nelle frange residuali organizzate.
Tra esse, anzi, sembrano ritornare rigurgiti salvifici e autocelebrativi
della decadenza culturale e politica dei comunisti nella seconda metà dello scorso
secolo nella consapevole e nostalgica riproposizione – mai, del resto, dismessa
– della tradizionale ortodossia. Una lettura di conservazione acritica, superata
dalla storia e già rigettata dalla sensibilità delle classi di riferimento, stantia,
che, purtroppo – ben oltre la sua effettiva consistenza e sebbene senza speranza
–, continuerà a fungere da sponda agli stereotipi dell’anticomunismo.
In un tale contesto il comune ma distinto programma di lavoro deve prioritariamente
mirare a suscitare la partecipazione convinta e il coinvolgimento attivo
di nuove energie, soprattutto giovanili: “la Contraddizione”, allora, porta a
compimento il suo primo ciclo e si appresta ad affrontare le esigenze più complesse
di questa nuova fase in un progetto di lavoro concordato con le Edizioni
“La Città del Sole”. La “nuova serie” di “la Contraddizione”scandirà il percorso
comune realizzando volumi – libri e opuscoli, del tutto originali o ristampe attualizzate
– collettanei o di singoli autori, per lo più monografici, e può essere
luogo e mezzo sistematico, di sintesi e unificante, della ricerca, del dibattito e
della formazione. Attraverso il suo nucleo redazionale – mantenendo la propria
autonomia, darà il proprio contributo alla programmazione, alla scelta e alla cura
redazionale dei testi in tutti gli ambiti in cui il progetto editoriale di “La Città
del Sole” è articolato:
— l’ultimazione delle Opere complete di Marx e Engels per rendere disponibile,
nella forma scientificamente compiuta e rigorosa, l’intero patrimonio di
elaborazione, inclusi gli scritti fino a oggi inediti, dei fondatori del pensiero critico
basato sulla concezione materialistica e dialettica del mondo e della storia;
— la riedizione dei principali testi – i “classici” – del pensiero critico marxista,
irrinunciabili per la formazione, riproposti non come l’evangelo di una dottrina,
ma come strumenti di analisi e di intervento in specifiche contraddizioni;
— saggi di singoli autori, traduzioni o volumi collettanei di riflessione, ricerca
e dibattito su temi di attualità o anche di fondamentale importanza teorico-
politica, in ambiti centrali nella nostra epoca e oggi solo sfiorati dal marxista;
— opuscoli e libri agili, volti all’alfabetizzazione e alla formazione di base o
di “provocazione” alla lettura e allo studio nelle più diverse discipline;
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— pubblicazioni di lotta su situazioni di disagio, esclusione, sofferenza, oppressione
e sfruttamento, sempre più gravi e diffuse nella realtà contemporanea,
intese e realizzate non per comunicare ed enfatizzare specifiche esperienze, ricerche
sul campo tese al cambiamento politico e alla trasformazione sociale.
Naturalmente, nell’epoca del capitalismo transnazionale, della mondializzazione
crescente e della interculturalità, l’orizzonte di questo progetto non può
che avere un respiro planetario e un taglio internazionalista. Così come, nell’epoca
delle tecnologie informatiche, questo stesso progetto non può limitarsi alla
tradizionale produzione editoriale cartacea ma, mano a mano, deve appropriarsi
e utilizzare le tecnologie digitali e telematiche già nella fase redazionale e, poi,
in quelle della produzione, della diffusione e della fruizione delle pubblicazioni.
Un piano di grande impegno, perfino ambizioso: ma – ne siamo convinti –
anche se la realtà non conforta ancora l’“ottimismo della volontà”, il solo “pessimismo
della ragione” non induce a superare l’insidia dello scetticismo, dell’attendismo,
della rinuncia. Il sapere sociale ha innescato un tumultuoso sviluppo
quantitativo e un deciso cambiamento qualitativo delle forze produttive piegati
– l’uno e l’altro, nell’immediato – agli interessi capitalistici, ma che esigono un
salto di qualità dei rapporti di produzione. A questa necessità soltanto i comunisti
possono provvedere: è questa la sfida su cui misurarsi; è questa la prospettiva
della storia verso cui – senza facili ottimismi e irresponsabili superficialità – occorre
misurarsi con testardo rigore e costruire con coerente tenacia la ripresa rivoluzionaria.
Riprendiamo, quindi, – insieme – il cammino, mai, del resto, interrotto, ricercando
da subito nuove collaborazioni che rendano condiviso e meno gravoso,
più spedito e corretto, questo percorso, non soltanto per arricchire e articolare
la produzione editoriale. E – senza sottovalutare l’esiguità delle risorse, le
difficoltà e i tempi necessari – per affiancare a essa e concretizzare ipotesi di ricerca
e formazione di altro genere e con mezzi diversi, indipendenti, complementari
o propedeutici alle pubblicazioni (seminari, corsi di lezioni, convegni,
ecc.), ed anche per dar vita a strumenti di lavoro per la ricerca e la formazione
(nuclei bibliotecari e archivistici, banche dati, etc.).
C’è nel crescente disagio della crisi irrisolvibile del sistema lo sforzo coraggioso
sia di vecchi militanti caparbi che rifiutano la rassegnazione, sia di giovani
coraggiosi determinati a ricercare – con rigore e coerenza – in prima persona
valori, percorsi e metodi in grado di superare la sciagurata deriva in atto e di ridare
orizzonte e futuro a sé e alla comunità umana.
In questa prospettiva – e, per il momento, soltanto in essa – noi riponiamo il
nostro “ottimismo della volontà” e collochiamo i nostri appelli alla collaborazione
nella comune lotta.
Sergio Manes

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