Continuano
quasi quotidianamente sia in maniera aperta che sotterranea gli
incontri tra padroni, governo e sindacati, su quella che il sole 24
ore chiama “trattativa tra le parti sociali sulla produttività”.
Abbiamo
già detto: ma quale trattativa? In una trattativa le parti si
accordano per ottenere dei vantaggi reciproci. E quali vantaggi ne
trarrebbero gli operai e i lavoratori italiani in questa trattativa?
Nessuno. Anzi. Solo svantaggi. Ma usare la parola trattativa serve a
confondere le idee dei lavoratori... e da oggi si ricomincia.
Riepiloghiamo
le “posizioni” delle “parti” prima della firma finale con le
parole dei protagonisti riportate dai quotidiani di questi giorni
mentre Monti si aspetta la firma: “Nei prossimi giorni ci sarà un
risultato, spero unitario e importante, del negoziato tra le parti
sociali per accrescere la produttività” e a lui si aggiunge il
ministro dello Sviluppo Passera che spera in una “soluzione
condivisa, di altro livello, che porterebbe molta credibilità al
Paese”. La “credibilità” di cui parla il ministro e viene
ripetuta fino allo sfinimento da tutti quelli che sostengono questo
governo, è quella dei “mercati” e cioè dei capitalisti
industriali e finanziari nazionali e internazionali che potrebbero investire i soldi in maniera più sicura e in maniera più sicura fare più profitti.
-
La Cgil della Camusso dice ancora: «Non bisogna mai interrompere la
ricerca di soluzioni, ma siamo molto lontani da un'intesa». (Quanto
lontano lo dicono più sotto Bonanni e Angeletti.) E avverte: «Un
accordo separato sulla produttività non conviene a nessuno, neanche
alle imprese». La Camusso non riesce proprio a non vedere
l’interesse delle imprese! E se ne deve occupare, magari un po'
seccata, lei!
“Nel
merito, secondo la leader della Cgil, il testo delle imprese
«accoglie un principio chiesto dal governo, l'idea di riduzione dei
salari contrattuali nazionali, attraverso lo schema per cui una parte
va al secondo livello, facendo finta che tutto il Paese abbia i due
livelli di contrattazione». Uno o due livelli la Camusso fa finta di
non ricordare a cosa ha portato la cancellazione di fatto della
contrattazione nazionale, di primo livello, (da anni tutti i
contratti non fanno che peggiorare le condizioni dei lavoratori, sia
dal punto di vista lavorativo che salariale, e lo si vede anche in
quelli che vengono firmati in questi giorni). E aggiunge
sfacciatamente: «non possiamo ridurre la funzione di tutela del
contratto nazionale» ci si aspetterebbe allora la disdetta
dell’accordo del 28 giugno che abolisce di fatto il contratto
nazionale. E invece no.
-
La Cisl di Bonanni è furiosa contro la Camusso: «la Cgil racconta
bufale, fa una cortina fumogena per coprire altre motivazioni».
Quali sono queste altre motivazioni? Da buon “uomo di panza” non
lo dice.
Bonanni
sottolinea come sulla produttività «le imprese hanno adottato un
documento che il 17 ottobre era stato concordato da Cgil, Cisl, Uil e
Confindustria», quindi «sarebbe clamoroso se qualcuno volesse
tirarsi indietro». Addirittura “sarebbe clamoroso”!
Il
numero uno della Cisl contesta l'interpretazione della Cgil, secondo
cui l'accordo riduce i salari perché «la dinamica delle
retribuzioni continua ad essere regolata con i principi vigenti, cioè
dall'indice Ipca» [Indice
dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione] che già
dal nome si capisce che è una fregatura e in realtà non permette di
recuperare proprio un bel niente. In
più nel documento «si esplicita che i contratti in discussione
vanno conclusi entro le scadenze, la gran parte a fine anno».
Bonanni annuncia che il riferimento al superamento degli automatismi
contenuto nella prima versione del testo «non c'è più» nella
versione finale, e conclude: «Non capisco per quale motivo si fanno
discussioni su problemi che non ci sono». Bonanni i problemi dei lavoratori non li vede più da decenni!
-
La Uil di Angeletti dice: "Leggete
il testo - spiega Angeletti ai giornalisti a margine del quinto forum
dei giovani imprenditori di Confcommercio a Venezia - si tratta di
temi già visti 10,20 volte, è la stessa proposta che la Cgil aveva
scritto a ottobre, nel merito non cambierà nulla, forse servirà
solo a farsi dare dal Governo i soldi previsti per gli sgravi dei
salari di produttività".
«Noi
non lavoriamo per un accordo separato - afferma Paolo Pirani (Uil)-
ci auguriamo che si possa ricompattare il fronte sindacale e
imprenditoriale, visto che ci troviamo di fronte a un governo che sta
facendo pochissimo per la crescita e sta causando problemi al Paese».
Quindi
ancora una volta per chi fosse duro d'orecchi, la Uil vuole un fronte
unito con i padroni “contro” il governo, perché addirittura «con
l'accordo si rovescia lo schema iniziale del governo, secondo cui il
problema della produttività è solo delle parti sociali. Noi ci
assumiamo le nostre responsabilità, ma il governo deve fare
altrettanto detassando in maniera strutturale il salario di
produttività».
La
fretta che hanno questi signori che parlano di responsabilità a nome
degli operai riguarda la temuta “rappresaglia” minacciata dalla
Fornero rispetto al miliardo e 600 milioni di euro che il governo si
appresta a dare ai padroni, ma solo una volta “fatto il compito a
casa” dell'accordo con i sindacati sulla produttività!
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