mercoledì 17 ottobre 2018

pc 17 ottobre - La riforma della CIG: un'altra stangata per gli operai!

da operaicontro
"La cassa integrazione ha una storia sociale abbastanza lunga. Nata nel 1941 come strumento di
integrazione salariale per gli operai dell'industria, che per effetto della guerra erano costretti a
lavorare al di sotto delle 40 ore settimanali, si è trasformata nel corso del tempo in un
ammortizzatore sociale destinato a spegnere ogni tentativo di ribellione operaia.
Utilizzata immediatamente alla fine della guerra per evitare i licenziamenti prodotti dalla prima
grande crisi economica del dopoguerra, è stato un primo deterrente sociale per evitare che i molti
operai, provenienti dalla lotta partigiana, ingaggiassero una battaglia contro i licenziamenti di massa
che i padroni avevano intenzione di effettuare.
Di fatto la CIG, fino a prima dell'introduzione del job act da parte del governo Renzi, era concepita
come una sorta di sussidio temporaneo all'espulsione temporanea dal ciclo produttivo.
Un'integrazione salariale atta a “conservare la forza lavoro operaia” che, malgrado la forte crisi
economica in atto, il capitale non aveva intenzione di disperdere la capacità produttiva.
Gli operai rimanevano quindi ancora ancorati alla fabbrica, seppur con dei livelli salariali al limite
della sopravvivenza: la legge n.1115 del 1968 aumentò la CIG al’80% del salario mentre l'allora
sussidio di disoccupazione ordinario garantiva solo il15% del salario medio operaio.
La riforma del 1968, tra l'altro, introduceva un nuovo sistema di applicazione della CIG; la
gestione straordinaria (CIGS cassa integrazione straordinaria), uno strumento che allargava
enormemente il campo di intervento dello Stato.
Gli operai, ad ogni modo, avevano comunque la prospettiva, prima o poi, di rientrare in fabbrica,
anche se la CIG durava interminabili anni, ed i padroni avevano l'assicurazione e la certezza che i
loro piani per ridurre la manodopera non venivano messi in discussione , ne dai sindacati ne dalle
commissioni governative; provinciali e regionali, che concedevano la CIG senza battere ciglio.
Tranne che in rarissime occasioni il sindacato confederale firmava accordi sulla CIG senza mettere
minimamente in discussione il taglio salariale della paga e la mancata rotazione degli operai in
CIG, accettando supinamente senza nessuna discussione tutti i piani di ristrutturazione che i padroni
presentano loro.
D'ora in avanti la calata agli inferi della precarietà per gli operai diventa una discesa inarrestabile
verso l'espulsione dalle fabbriche e la perdita di salario.

1991 l'allora presidente della repubblica Francesco Cossiga l'undici agosto promulga la legge N° 272: “norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale”, legge che incomincia a smantellare, così com'era stata concepita, la cassa integrazione. La legge stabilisce che: "Quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell'articolo 4 ovvero dell'articolo 24, i lavoratori eccedenti”
La conseguenza per gli operai è l'apertura delle porte della disoccupazione effettiva. La mobilità, differentemente dalla CIG che comunque manteneva legati gli operai alla fabbrica, ora rende gli operai dei completi disoccupati, concedendo solo fino ad un massimo di 36 mesi solo per coloro che abbiano superato il cinquantesimo anno di età, mentre per gli altri i mesi vengono ridotti in base all'età anagrafica.
2012 il ministro del lavoro Elsa Fornero emana la legge n. 92 (28 giugno 2012). Con questo decreto, in aggiunta al rimaneggiamento in modo peggiorativo della CIG (abrogazione del decreto legge 23 luglio 1991, n. 223 articolo 3 della comma 70 articolo 2 che cancella, con decorrenza 1° gennaio 2016, l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria in caso di procedure concorsuali e abrogazione della CIG in deroga ), oltre il fatto di spazzare via definitivamente l'articolo 18, introduce l'ASPI (assicurazione sociale per l'impiego). Nuovo meccanismo che penalizza ancora di più gli operai che vengono espulsi dal ciclo produttivo. La vecchia legge “garantiva” a chi avesse più di 50 anni almeno 36 mesi di mobilità pagata al'80 % della retribuzione media operaia. Con l'introduzione dell'ASPI i mesi si dimezzano (al massimo vengono retribuiti 16 mesi per coloro che hanno oltre 55 anni) mentre si abbassa la percentuale..."

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