giovedì 15 marzo 2018

pc 15 marzo - LE MOSTRE - 1 - LA TORTURATRICE HASPEL

In un normale stato di diritto, un funzionario pubblico con il curriculum di Gina Haspel dovrebbe essere implicato in vari processi penali e, quasi certamente, ritrovarsi con una lunga condanna sulle spalle. 
L’ascesa fino ai vertici dell’agenzia di Langley di Gina Haspel è inestricabilmente legata al dilagare del ricorso a metodi illegali e criminali da parte dei servizi di sicurezza degli Stati Uniti negli anni successivi agli attentati dell’11 settembre 2001...
Al 2002 risale l’incarico più controverso di Gina Haspel, quando cioè fu inviata in Thailandia per dirigere le prigioni segrete destinate a ricevere sospettati di terrorismo rapiti in varie parti del mondo, dal Marocco al Pakistan al Medio Oriente, all'Italia nel caso di Abu Omar...
i maltrattamenti, le torture e le violenze descritte in maniera esplicita da chi li aveva subiti, ma anche dall’introduzione al rapporto del Congresso sugli interrogatori della CIA, pubblicato nel 2014, erano dunque responsabilità diretta della Haspel.
I casi di due detenuti, in particolare, appaiono come macchie indelebili... ad esempio che Abu Zubaydah era stato soggetto alla famigerata tecnica del “waterboarding” per ben 83 volte in un solo mese. Altri
trattamenti gli costarono quasi la morte e la perdita di un occhio. Zubaydah era stato sbattuto di testa contro un muro, costretto a non dormire e chiuso in una bara. Le torture cessarono solo quando la CIA accertò che Zubaydah non aveva informazioni utili da rivelare.
L’altra vicenda più eclatante che ha coinvolto Gina Haspel è la distruzione deliberata dei filmati che la CIA aveva girato di questi interrogatori. 
L’approdo di Gina Haspel alla guida della CIA è così direttamente collegato al suo ruolo nel programma di torture nel quadro dell’antiterrorismo americano post-11 settembre. Se Obama fece di tutto per proteggere i responsabili da indagini e incriminazioni, Trump e i membri della sua amministrazione hanno più volte espresso pubblicamente la loro approvazione per le torture. 
Pompeo, ad esempio, ha affermato di non considerare il “waterboarding” un metodo di tortura, mentre Trump, prima di essere eletto, aveva promesso di reintegrare questa tecnica e altre “molto peggiori” tra quelle previste negli interrogatori, dal momento che i vertici militari gli avevano assicurato che “le torture funzionano”.

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