Il settore auto ha perso continuamente pezzi in questi anni di crisi aggravata dalla pandemia (nonostante gli enormi e continui aiuti di stato) e adesso “con la fine dei motori endotermici, che l’Europa potrebbe fissare al 2035” e la spinta al cambiamento verso i motori elettrici che deve riconvertire le fabbriche, mette in pericolo i posti di lavoro di migliaia di operai (qualche milione in Europa) come riporta l’articolo del Sole24Ore di oggi.
I dati riportati, anche dai
sindacalisti al servizio dei padroni, ma soprattutto dall’Unrae e dall’Anfia e
della Clepa (le associazioni di categoria, compreso l’indotto) parlano chiaro e
sono pesanti:
“a luglio le immatricolazioni
sono calate sia rispetto al 2019, del 28,1%, che su luglio 2020, del 19,5%”…
“Il numero di motori prodotti in
Italia è calato … da un milione e 157mila del 2017 a 983mila pezzi del 2019,
per arrivare a 637mila l’anno del Covid.” …
“Sarebbero tra i 60 e i 70
mila i lavoratori coinvolti in questo processo di riconversione.” …
Nella fabbrica VM di Cento “La produzione
qui è passata da 70 mila pezzi nel 2016 a poco più di 39mila nel 2019, per
attestarsi a 27.700 unità nel primo semestre di quest’anno”…
“Negli ultimi cinque anni il
numero di occupati nella fabbrica in provincia di Ferrara è passato da 1.225 a 919
nel 2021 e c’è il rischio che si scenda ancora a quota 800.”
È chiaro anche a questo punto che
le chiacchiere dei sindacalisti sui tavoli al Mise serviranno solo a dare a
Stellantis la possibilità di fare al meglio il proprio lavoro che consiste
nello sfruttamento ancora più scientifico degli operai (compreso i
licenziamenti) per poter concorrere ancora meglio sul mercato mondiale!
Ma anche gli operai hanno adesso un
quadro più complessivo di ciò che significherà la “riconversione” e anche il
tempo di organizzare la propria risposta!
***
Sale l’allarme nell’auto: a
rischio una filiera da 1 milione di motori
Industria
Immatricolazioni a luglio in calo
del 19,5% sul 2020, le ibride superano le benzina
Il settore resta in affanno con
la riconversione delle fabbriche di propulsori
L’Italia produce in media più motori che auto, in media un milione di pezzi l’anno, con tre stabilimenti
attivi in capo a Stellantis – Termoli, Pratola Serra e Cento – e almeno 5mila addetti, a cui si aggiungono 1.700 persone al lavoro sui cambi nei poli di Verrone e Mirafiori. Si tratta di una competenza storica della filiera automotive Made in Italy, al centro di un processo di riconversione che andrà in parallelo con l’aumento del peso sul mercato delle motorizzazioni elettriche e con la fine dei motori endotermici, che l’Europa potrebbe fissare al 2035. Da un lato, dunque, un mercato dell’auto che stenta a ripartire – a luglio le immatricolazioni sono calate sia rispetto al 2019, del 28,1%, che su luglio 2020, del 19,5% - ma che continua a registrare un aumento di ibride, a quota 27,6% delle immatricolazioni da inizio anno, ed elettriche. Le plug-in arrivano al 4,4% di share nei sette mesi (dati Unrae), le elettriche raggiungono il 3,5% a fronte di modelli a benzina, un terzo del mercato, e diesel, un quarto delle auto nuove.Il numero di motori prodotti
in Italia è calato, secondo una rilevazione della Fim-Cisl, da un
milione e 157mila del 2017 a 983mila pezzi del 2019, per arrivare a 637mila l’anno
del Covid. Il problema della riconversione industriale di queste fabbriche,
così come delle aziende dell’indotto legate direttamente alle lavorazioni
powertrain, sarà sempre più importante nei prossimi anni. Cosa rischia l’Italia?
Sarebbero tra i 60 e i 70 mila i lavoratori coinvolti in questo processo di
riconversione secondo le stime dei sindacati e di Anfia, considerando che le
lavorazioni powertrain assorbono circa un terzo del comparto automotive. Un
problema che in Europa “minaccia” almeno un milione di addetti, secondo le stime
di Clepa, l’Associazione delle aziende dell’indotto automotive.
I poli Stellantis
Il caso di Termoli, stabilimento
del Gruppo Stellantis destinato ad ospitare la futura gigafactory del Gruppo in
Italia, parla chiaro. Specializzata nella produzione di motori a benzina, la fabbrica
in Molise diverrà uno dei fulcri della mobilità del futuro per il produttore
italo-francese, accanto a Melfi, polo destinato ad ospitare, primo in Italia,
una delle nuove piattaforme Stellantis per i modelli elettrici. Si tratta del
principale stabilimento motori in Italia, con una produzione media negli ultimi
anni compresa tra 620 e 700mila unità, dimezzata nell’anno del covid e
in leggera ripresa nel primo semestre del 2021 (196.300 motori da gennaio a
giugno). “Il tema della riconversione della componentistica legata ai motori
sarà oggetto di discussione tanto negli incontri tra organizzazioni sindacali e
Stellantis quanto al tavolo automotive al Mise. Entro 2030 il 70% delle
produzioni sarà elettrico, questo l’obiettivo dichiarato dalla società. Si va
dunque verso un netto ridimensionamento, con un impatto forte sulla
componentistica e sui poli italiani, anche in quelli dove si producono i cambi”.
La riconversione in una gigafactory non avverrà prima del 2025, “fino ad
allora bisognerà gestire i volumi” aggiunge Uliano. Dopo il crollo dell’8 e del
16 valvole a benzina, la speranza è nel nuovo motore Gse, destinato anche all’ibrido,
la cui produzione è slittata a settembre.
Dal punto di vista delle
prospettive industriali future, la situazione più critica è quella della
fabbrica di Cento, la VM, sottolinea Uliano, dove si producono i diesel
destinati al mercato americano. La produzione qui è passata da 70 mila pezzi
nel 2016 a poco più di 39mila nel 2019, per attestarsi a 27.700 unità nel
primo semestre di quest’anno. Negli ultimi cinque anni il numero di occupati
nella fabbrica in provincia di Ferrara è passato da 1.225 a 919 nel 2021 e c’è
il rischio che si scenda ancora a quota 800. Lo stabilimento di Pratola
Serra va verso una progressiva specializzazione sui motori destinati ai
commerciali leggeri prodotti in Sevel, ambito che nei prossimi anni dovrebbe
garantire volumi in crescita. Qui la produzione si è assestata intorno ai
250mila pezzi contro il picco di 400mila del 2016. “In prospettiva – riflette Uliano
– Stellantis potrebbe assegnare a Pratola Serra la produzione delle
motorizzazioni dei furgoni Psa prodotti in joint venture nello stabilimento di
Sevel, questo rappresenterebbe una buona change (sic), con volumi
aggiuntivi”. Per il 2022 sono previste produzioni per 170mila motori Ducato e
per 120mila altre motorizzazioni diesel per autoveicoli, ma la scommessa per il
futuro guarda Oltralpe. Il futuro dei motori endotermici per le auto in Europa
è dunque segnato. “Questo processo avrà un impatto globale – sottolinea Uliano –
e i poli dei motori devono essere al centro di piani di reindustrializzazioni
futuri, che guardino anche alla possibile produzione in Italia di
semiconduttori, la cui carenza rischia di diventare un fattore di competitività
pesante”.
Il Sole 24 Ore - 3 agosto 21
Nessun commento:
Posta un commento