martedì 3 agosto 2021

pc 3 agosto - Stellantis e settore auto: la riconversione “green” mette a rischio decine di migliaia di operai in Italia e 1 milione in Europa


Il settore auto ha perso continuamente pezzi in questi anni di crisi aggravata dalla pandemia (nonostante gli enormi e continui aiuti di stato) e adesso “con la fine dei motori endotermici, che l’Europa potrebbe fissare al 2035” e la spinta al cambiamento verso i motori elettrici che deve riconvertire le fabbriche, mette in pericolo i posti di lavoro di migliaia di operai (qualche milione in Europa) come riporta l’articolo del Sole24Ore di oggi.

I dati riportati, anche dai sindacalisti al servizio dei padroni, ma soprattutto dall’Unrae e dall’Anfia e della Clepa (le associazioni di categoria, compreso l’indotto) parlano chiaro e sono pesanti:

“a luglio le immatricolazioni sono calate sia rispetto al 2019, del 28,1%, che su luglio 2020, del 19,5%”…

“Il numero di motori prodotti in Italia è calato … da un milione e 157mila del 2017 a 983mila pezzi del 2019, per arrivare a 637mila l’anno del Covid.” …

Sarebbero tra i 60 e i 70 mila i lavoratori coinvolti in questo processo di riconversione.” …

Nella fabbrica VM di Cento “La produzione qui è passata da 70 mila pezzi nel 2016 a poco più di 39mila nel 2019, per attestarsi a 27.700 unità nel primo semestre di quest’anno”…

“Negli ultimi cinque anni il numero di occupati nella fabbrica in provincia di Ferrara è passato da 1.225 a 919 nel 2021 e c’è il rischio che si scenda ancora a quota 800.”

È chiaro anche a questo punto che le chiacchiere dei sindacalisti sui tavoli al Mise serviranno solo a dare a Stellantis la possibilità di fare al meglio il proprio lavoro che consiste nello sfruttamento ancora più scientifico degli operai (compreso i licenziamenti) per poter concorrere ancora meglio sul mercato mondiale!

Ma anche gli operai hanno adesso un quadro più complessivo di ciò che significherà la “riconversione” e anche il tempo di organizzare la propria risposta!

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Sale l’allarme nell’auto: a rischio una filiera da 1 milione di motori

Industria

Immatricolazioni a luglio in calo del 19,5% sul 2020, le ibride superano le benzina

Il settore resta in affanno con la riconversione delle fabbriche di propulsori

L’Italia produce in media più motori che auto, in media un milione di pezzi l’anno, con tre stabilimenti

attivi in capo a Stellantis – Termoli, Pratola Serra e Cento – e almeno 5mila addetti, a cui si aggiungono 1.700 persone al lavoro sui cambi nei poli di Verrone e Mirafiori.

Si tratta di una competenza storica della filiera automotive Made in Italy, al centro di un processo di riconversione che andrà in parallelo con l’aumento del peso sul mercato delle motorizzazioni elettriche e con la fine dei motori endotermici, che l’Europa potrebbe fissare al 2035. Da un lato, dunque, un mercato dell’auto che stenta a ripartire – a luglio le immatricolazioni sono calate sia rispetto al 2019, del 28,1%, che su luglio 2020, del 19,5% - ma che continua a registrare un aumento di ibride, a quota 27,6% delle immatricolazioni da inizio anno, ed elettriche. Le plug-in arrivano al 4,4% di share nei sette mesi (dati Unrae), le elettriche raggiungono il 3,5% a fronte di modelli a benzina, un terzo del mercato, e diesel, un quarto delle auto nuove.

Il numero di motori prodotti in Italia è calato, secondo una rilevazione della Fim-Cisl, da un milione e 157mila del 2017 a 983mila pezzi del 2019, per arrivare a 637mila l’anno del Covid. Il problema della riconversione industriale di queste fabbriche, così come delle aziende dell’indotto legate direttamente alle lavorazioni powertrain, sarà sempre più importante nei prossimi anni. Cosa rischia l’Italia? Sarebbero tra i 60 e i 70 mila i lavoratori coinvolti in questo processo di riconversione secondo le stime dei sindacati e di Anfia, considerando che le lavorazioni powertrain assorbono circa un terzo del comparto automotive. Un problema che in Europa “minaccia” almeno un milione di addetti, secondo le stime di Clepa, l’Associazione delle aziende dell’indotto automotive.

I poli Stellantis

Il caso di Termoli, stabilimento del Gruppo Stellantis destinato ad ospitare la futura gigafactory del Gruppo in Italia, parla chiaro. Specializzata nella produzione di motori a benzina, la fabbrica in Molise diverrà uno dei fulcri della mobilità del futuro per il produttore italo-francese, accanto a Melfi, polo destinato ad ospitare, primo in Italia, una delle nuove piattaforme Stellantis per i modelli elettrici. Si tratta del principale stabilimento motori in Italia, con una produzione media negli ultimi anni compresa tra 620 e 700mila unità, dimezzata nell’anno del covid e in leggera ripresa nel primo semestre del 2021 (196.300 motori da gennaio a giugno). “Il tema della riconversione della componentistica legata ai motori sarà oggetto di discussione tanto negli incontri tra organizzazioni sindacali e Stellantis quanto al tavolo automotive al Mise. Entro 2030 il 70% delle produzioni sarà elettrico, questo l’obiettivo dichiarato dalla società. Si va dunque verso un netto ridimensionamento, con un impatto forte sulla componentistica e sui poli italiani, anche in quelli dove si producono i cambi”. La riconversione in una gigafactory non avverrà prima del 2025, “fino ad allora bisognerà gestire i volumi” aggiunge Uliano. Dopo il crollo dell’8 e del 16 valvole a benzina, la speranza è nel nuovo motore Gse, destinato anche all’ibrido, la cui produzione è slittata a settembre.

Dal punto di vista delle prospettive industriali future, la situazione più critica è quella della fabbrica di Cento, la VM, sottolinea Uliano, dove si producono i diesel destinati al mercato americano. La produzione qui è passata da 70 mila pezzi nel 2016 a poco più di 39mila nel 2019, per attestarsi a 27.700 unità nel primo semestre di quest’anno. Negli ultimi cinque anni il numero di occupati nella fabbrica in provincia di Ferrara è passato da 1.225 a 919 nel 2021 e c’è il rischio che si scenda ancora a quota 800. Lo stabilimento di Pratola Serra va verso una progressiva specializzazione sui motori destinati ai commerciali leggeri prodotti in Sevel, ambito che nei prossimi anni dovrebbe garantire volumi in crescita. Qui la produzione si è assestata intorno ai 250mila pezzi contro il picco di 400mila del 2016. “In prospettiva – riflette Uliano – Stellantis potrebbe assegnare a Pratola Serra la produzione delle motorizzazioni dei furgoni Psa prodotti in joint venture nello stabilimento di Sevel, questo rappresenterebbe una buona change (sic), con volumi aggiuntivi”. Per il 2022 sono previste produzioni per 170mila motori Ducato e per 120mila altre motorizzazioni diesel per autoveicoli, ma la scommessa per il futuro guarda Oltralpe. Il futuro dei motori endotermici per le auto in Europa è dunque segnato. “Questo processo avrà un impatto globale – sottolinea Uliano – e i poli dei motori devono essere al centro di piani di reindustrializzazioni futuri, che guardino anche alla possibile produzione in Italia di semiconduttori, la cui carenza rischia di diventare un fattore di competitività pesante”.

Il Sole 24 Ore - 3 agosto 21

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