martedì 19 marzo 2019

pc 19 marzo - 1 - Ritornando sui Gilet Gialli - da 'proletari comunisti' 1 - febbraio 2019

Com’è l’origine del movimento dei Gilet gialli e come si è organizzato.

In Normandia una giovane donna ha lanciato una petizione contro l’aumento del prezzo del carburante, nel momento di picco del prezzo a metà ottobre; rapidamente dei camionisti ed altre persone hanno condiviso la propria esasperazione con dei video su facebook. Questi video che avevano al centro l’aumento del prezzo del carburante, il disprezzo del governo e la sua guerra ai poveri in generale, sono stati visti milioni di volte. Rapidamente è uscita la data del 17 novembre, come la giornata d’azione, lanciata in particolare da Erik Drouet, un semplice camionista.
Subito dopo l’annuncio di una giornata d’azione i gruppi facebook creati per l’organizzazione dell’evento hanno fatto l’appello a mettere un gilet giallo, di quelli che tutti devono tenere nel cruscotto della macchina, davanti alla propria auto migliaia di automobilisti hanno fatto questo semplice gesto simbolico che ha permesso di rendere visibile fuori dai social la contestazione.
Delle azioni in anteprima sono stati organizzati dai gruppi facebook che hanno subito richiamato centinaia di persone. Questo sin dall’inizio di novembre.

A partire da li la maggioranza di questi gruppi facebook hanno fatto appello a fare delle riunioni per
incontrarsi e organizzarsi concretamente il 17 novembre. I luoghi delle riunioni sono stati i parcheggi dei centri commerciali. Hanno partecipato centinaia di persone che hanno organizzato praticamente la scadenza del 17 novembre. Le persone presenti erano in generale d’accordo sul carattere cittadino, pacifico e apolitico del movimento e che non avrebbe riguardato solo il carburante ma il carovita in generale. Ci si è ripartiti i punti di blocco e le cose da fare.
Nei blocchi si è trovato subito di tutto: camionisti, persone isolate e depoliticizzate che vivevano la loro prima manifestazione, principalmente erano persone di classe media e povera delle periferie urbane.
Le prime iniziative sono state di distribuzione dei volantini agli automobilisti e i momenti di tensione erano dati quando qualche automobilista cercava di forzare i blocchi. Convivevano esasperazione e gioia di incontrarsi e fare qualcosa insieme. Durante i blocchi non c’erano assemblee ma vivaci discussioni. Questo fino agli sgomberi violenti della polizia.
L’ingresso della destra è stato quasi immediato sia per comunicare l’evento sia per presentarsi.
Chiaramente all’inizio erano quasi del tutto assenti migranti o persone di colore diverso, quindi fondamentalmente errano bianchi di classe media e bassa, e spontaneamente le idee più diffusa erano di carattere razzista, sessista, omofoba, ma non si può dire che questo era il centro del movimento.
La questione che la maggior parte dei partecipanti è costretta ad usare la macchina per andare al lavoro o per fare le faccende familiari è stato un cemento naturale delle idee comuni che hanno caratterizzato il movimento.
La gente è andata ai blocchi nel tempo libero o mettendosi in malattia. Chiaramente molto forte è stata l’adesione dei camionisti.
Nelle città minori e nelle zone in cui si è sviluppato il movimento hanno pesato molto fattori di deindustrializzazione che hanno impoverito le masse in senso generale, così come l’aumento delle spese sociali che ha esteso la fascia di persone che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, che vivono a credito e hanno il conto bancario scoperto, così come la precarietà del lavoro. Forte è stata la denuncia dello Stato, del governo che vuole i soldi e non fa nulla e che usa “l’ecologia” per rendere più care le tariffe e impoverire la gente.

Complessivamente le persone scese in piazza nell’arco dei primi sabati ha superato il mezzo milione.
La morte delle persone per incidenti durante i blocchi ha indurito la protesta e aumentato la rabbia.
In generale, finché non c‘è stato l’ingresso del movimento degli studenti, la cui partecipazione è stata però episodica, la presenza dei giovani è stata scarsa.
Nei giorni successivi i punti della protesta hanno cominciato a coalizzarsi in punti di programma, soprattutto contro la sperequazione della ricchezza e sull’esclusione sociale e politica delle masse che si sentono non rappresentate. Chiaramente queste posizioni generiche sono quelle che più si prestano facilmente alla demagogia populista delle forze politiche che appaiono fuori dal governo o in opposizione elettorale ad esso, quindi da Le Pen a Melenchon. Ma il populismo di queste forze è demagogico, o apertamente reazionario Le Pen o demagogico illusorio Melenchon, e non va confuso con le idee spontanee, anch’esse illusorie esistenti tra le masse che dipendono in primis dalla mancata presenza della classe operaia, dalla mancanza di esperienza e formazione nella lotta sociale e dalla base di classe piccolo borghese o piccolo proprietario dei partecipanti.
La violenza di Stato ha in parte sorpreso le masse ai blocchi che volevano essere trattate non maltrattate ed è apparsa come una ingiustizia doppia.
Chiaramente fortemente equivoco è stata sempre la presenza del tricolore come pure il richiamo generico alla rivoluzione francese, alla “marsigliese”; e al di là delle possibili giustificazione, sono forme di espressione di sentimenti reazionari, il governo viene attaccato perché non fa realmente gli interessi dei francesi, e quindi contiene già in sé l’embrione del razzismo e della xenofobia.
Per questo è sbagliato che alcune componenti del movimento abbiano continuato a dare una giustificazione sociologica a questa presenza del tricolore che invece è stata sempre caratterizzazione di una domanda arretrata di “sudditi che si fanno ascoltare dai sovrani”.

La facile adozione del gilet gialli è stato un elemento pratico di forza del movimento, ma anche di confusione, perché sotto il gilet convivono settori diversi di masse, le cui ragioni di partecipazione alla lotta sono diverse e in certa misura opposte.
Chiaramente il tricolore invece esaltato dalle forze fasciste e populiste di sinistra alla Melenchon, perché corrisponde alla posizione socialsciovinista antieuropea che nel caso della Francia è pura ipocrisia, perché la borghesia imperialista francese e la borghesia imperialista tedesca sono l’Europa imperialista. E si deve uscire dall’imperialismo e non è possibile uscire dall’Europa imperialista se non uscendo dall’imperialismo, e rovesciando la propria borghesia.

La rivolta dell’Isola della Reunion, sia pure avvenuta nel contesto dell’esplosione del movimento dei Gilet j, non va affatto confusa con i gilet gialli. E’ stata una rivolta popolare anticoloniale, repressa dallo Stato francese come “rivolta anticoloniale”. Essa va appoggiata incondizionatamente e ha una soluzione non nelle risposte al carovita ma nelle necessità dell’autodeterminazione nazionale e di un nuovo potere di nuova democrazia che possa migliorare le condizioni di vita delle masse.

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