sabato 13 maggio 2017

pc 13 maggio - Gramsci a Tunisi - una corrispondenza

Tunisi: presentazione del libro "Pensare la Transizione con Gramsci (Tunisia 2010-2014)

In occasione dell'80esimo anniversario della morte di Gramsci, l'Istituto Dante di Tunisi ha organizzato con la presenza dell'autore la presentazione del libro "Penser la transition avec Gramsci. Tunisie (2011-2014)" scritto da Baccar Gherib, preside della Facoltà di Economia dell'Università di Jendouba.
La platea era composta principalmente da membri della comunità italiana di Tunisi e qualche accademico e studente universitario tunisino, l'incontro si è svolto in italiano dato che l'autore ha studiato in passato in Italia e seppur scusandosi del suo italiano "arrugginito" ha sfoggiato un'ottima padronanza linguistica.
Siamo andati all'incontro con molto scetticismo, innanzitutto a causa del titolo stesso del libro che utilizza il termine "transizione" riferendosi alla situazione politica tunisina.

Infatti in Tunisia è molto diffusa la locuzione "transizione democratica" sia in ambiti istituzionali che tra "l'intellighenzia" della sinisitra parlamentare e movimentista indigena e straniera residente.

Esso indica un processo politico iniziato con la rivolta popolare del 2010/2011 che ha portato alla caduta del regime autocratico di Ben Ali e, proseguendo con le elezioni dell'Assemblea Costituente e la conseguente scrittura della Costituzione (caratterizzata da un forte scontro sociale in piazza tra progressisti e reazionari filo-islamisti) ha visto la sua promulgazione nel 2014. Quest'ultima è considerata generalmente dalle principali potenze imperialiste e organizzazioni internazionali come una carta costituzionale "moderna e avanzata". Gli articoli della Carta sono lungi dall'essere applicati, al contrario negli ultimi messi si assiste nella società tunisina ad un rigurgito reazionario inedito laico/islamista che riflette le tendenze dei due principali partiti al potere Nidaa Tounes/Ennahda.
Secondo questa visione quindi, essendo dentro questo processo di continuità con la rivolta popolare, si dovrebbero affermare i principi "democratici e moderni" della Costituzione sia in parlamento che grazie alle pressioni sociali provenienti dai settori del popolo in lotta in molte parti del paese (il Fronte Popolare in questo senso parla anche di "processo rivoluzionario" in corso).
Anche tra i presenti (esclusi la maggior parte della "comunità italiana bene", presente solo per "timbrare il cartellino") vi era una parte che abbraccia questa visione.
Al contrario il movimento rivoluzionario tunisino extraparlamentare parla in termini corretti di "rivolta popolare" e non di "rivoluzione", inoltre respinge in toto questa interpretazione fuorviante di un processo rivoluzionario unico e initerrotto parlando invece di "restaurazione" da parte della classe politica dominante al potere che è sempre la stessa: la borghesia compradora tunisina in affari con l'imperialismo principalmente francese e occidentale che, proprio a seguito delle elezioni dell'assemblea costituente ha allargato la propria base inglobando l'ala reazionaria islamista che ha come riferimento il movimento dei Fratelli Musulmani e i paesi del Golfo in particolare il Qatar.
Le attuali lotte sociali provano a resistere a questa ondata reazionaria di restaurazione ma al momento si trovano principalmente sul terreno della lotta economica rivendicativa quindi in posizione di difesa piuttosto che di attacco al sistema politico come avvenne nel Dicembre 2010/inizio 2011. l'analisi della fase è importante per capire qual è l'obbiettivo strategico delle classi popolari e dei rivoluzionari. Se migliorare il "sistema democratico attuale" influenzando questa fantomatica "transizione democratica", o se la necessità è costruire le condizioni per dare vita ad una Rivoluzione di Nuova Democrazia, di quest'ultimo avviso sono le forze comuniste rivoluzionarie extraparlamentari di orientamento maoista nel paese le quali non si fanno illusioni elettoraliste.

Scusandoci per questa lunga premessa ma necessaria, torniamo alla presentazione del libro, esso è diviso dall'autore in 3 parti in ognuna delle quali si usa una categoria gramsciana per analizzare il contesto tunisino: quello di egemonia, di rivoluzione passiva ed il fenomeno della questione sociale che prende la forma di questione regionale. Il primo capitolo che precede le parti suddette tenta di analizzare l'originalità del pensiero gramsciano contrapponendolo a Marx. Come se Gramsci volesse "superare" Marx e non applicare creativamente il marxismo-leninismo in Italia, come sappiamo che fece. Infatti l'autore durante la presentazione ha affermato che "Gramsci è più utile di Marx" nell'analisi della situazione odierna.
L'autore ha ricordato quanto sia diffuso e tradotto Gramsci nel mondo arabo e in particolare in Tunisia, affermando che durante il regime Aziz Keja traduceva "a puntate" i "Quaderni del Carcere" su La Presse il principale quotidiano tunisino; aggiunge di essere stato influenzato da due libri pubblicati entrambi nel 2013 dai titoli "Introduzione ad Antonio Gramsci" e "Guerra di Movimento e Guerra di Posizione.

In realtà l'autore, nonostante il titolo, durante la presentazione ha precisato che questa fase politica è caratterizzata da una restaurazione e, riferendosi alla storia della Tunisia indipendente parla di "due rivoluzioni passive" riferendosi all'indipendenza del paese con Bourguiba nel 1956 che inauguro' il periodo bourguibista (1956-1987) seguito dal regime di Ben Ali. Le scelte politiche di entrambi i regimi, secondo l'autore, non riuscirono a dare le risposte alle richieste del popolo tunisino e, usando Gramsci parla di una "crisi di egemonia".
Inoltre ad apertura del terzo capitolo libro è presente non a caso la famosa citazione di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che nel "Gattopardo" scrive "serve che tutto cambi perché niente cambi" e l'autore ha aggiunto durante la presentazione che la cosiddetta "transizione" rappresenta la "rivoluzione sconfitta".
Tornando invece al concetto di "rivoluzione passiva", l'autore vede le manifestazioni contro lo Stato del 2014 impregnate di lotta ideologica in cui la società civile ha giocato un ruolo principale.
Infine nella terza parte l'autore ha fatto un interessante parallelismo tra la questione meridionale italiana e le disuguaglianze regionali tunisina tra le regioni costiere del Sahel e quelle interne e centro-meridionali del paese.
In questa analisi complessiva pero', l'autore dopo aver ripreso l'analisi gramsciana circa il blocco di potere tra industriali del nord e latifondisti del sud, per quanto riguarda la Tunisia utilizzando un parallelismo parla di un blocco sociale dominante esistente fin dall'indipendenza tra piccola borghesia del Sahel alleata a settori dell'UGGT contro i contadini e le regioni interne del paese.
Questa analisi è totalmente fuorviante, basti pensare che tutti i settori della piccola borghesia tunisina, da quella imprenditoriale a quella intellettuale, ai professionisti hanno partecipato attivamente alla rivolta popolare contro il regime di Ben Ali.

In attesa di leggere il libro e ritornarvi in maniera più puntuale, abbiamo avuto l'impressione che ci siano degli spunti interessanti a tratti ma, dato che l'operazione di scrittura si colloca su un piano prettamente accademico "morto" e non nel vivo e al servizio della lotta di classe e quindi sul terreno del marxismo (marxismo-leninismo-maoismo oggi) vi siano anche molte analisi fuorvianti.
Tanto per citare un paio di affermazioni dell'autore in tal senso, si è detto durante l'incontro che bisogna contestualizzare Gramsci e le sue categorie nella situazione concreta di oggi (giustissimo) ma secondo l'autore, a differenza del periodo in cui Gramsci visse non esiste più né il fascismo né il proletariato (!!!) Analisi pienalente post-modernista circa il proletariato, inoltre come non leggere i fenomeni di progressiva reazionarizzazione nei paesi imperialisti (in ultimo Brexit e Trump) il fenomeno Daech e gli stessi regimi arabi come vari esempi "contestualizzati" di fascismo?

A conclusione della presentazione vi è stato un omaggio alle Tesi di Lione come cuore del pensiero gramsciano e una citazione che recita che "Non si puo' fare politica senza avere empatia per il popolo che soffre, senza sentimenti" cio' come diciamo noi, avvicina il pensiero di Gramsci a quello di Mao.

Infine stendiamo un velo pietoso sul secondo intervento dalla presidenza fatto da un rappresentante dell'Istituto Gramsci, il quale ha sfoderato tutta la sua puntuale conoscenza dei testi gramsciani e marxiani in un maniera totalmente accademica, ricordando che nello stesso momento in Italia stava avvenendo una commemorazione per l'80esimo della morte di Gramsci in parlamento alla presenza del presidente della repubblica Mattarella per onorare questo nostro "padre della patria"(!!!). Sappiamo che la vera commemorazione stava avendo luogo da tutt'altra parte.

Nessun commento:

Posta un commento