Tunisi:
presentazione del libro "Pensare la Transizione con Gramsci
(Tunisia 2010-2014)
In occasione dell'80esimo
anniversario della morte di Gramsci, l'Istituto Dante di Tunisi ha
organizzato con la presenza dell'autore la presentazione del libro
"Penser la transition avec Gramsci. Tunisie (2011-2014)"
scritto da Baccar Gherib, preside della Facoltà di Economia
dell'Università di Jendouba.
La platea era composta
principalmente da membri della comunità italiana di Tunisi e qualche
accademico e studente universitario tunisino, l'incontro si è svolto
in italiano dato che l'autore ha studiato in passato in Italia e
seppur scusandosi del suo italiano "arrugginito" ha
sfoggiato un'ottima padronanza linguistica.
Siamo andati all'incontro
con molto scetticismo, innanzitutto a causa del titolo stesso del
libro che utilizza il termine "transizione" riferendosi
alla situazione politica tunisina.
Infatti in Tunisia è
molto diffusa la locuzione "transizione democratica" sia in
ambiti istituzionali che tra "l'intellighenzia" della
sinisitra parlamentare e movimentista indigena e straniera residente.
Esso indica un processo
politico iniziato con la rivolta popolare del 2010/2011 che ha
portato alla caduta del regime autocratico di Ben Ali e, proseguendo
con le elezioni dell'Assemblea Costituente e la conseguente scrittura
della Costituzione (caratterizzata da un forte scontro sociale in
piazza tra progressisti e reazionari filo-islamisti) ha visto la sua
promulgazione nel 2014. Quest'ultima è considerata generalmente
dalle principali potenze imperialiste e organizzazioni internazionali
come una carta costituzionale "moderna e avanzata". Gli
articoli della Carta sono lungi dall'essere applicati, al contrario
negli ultimi messi si assiste nella società tunisina ad un rigurgito
reazionario inedito laico/islamista che riflette le tendenze dei due
principali partiti al potere Nidaa Tounes/Ennahda.
Secondo questa visione
quindi, essendo dentro questo processo di continuità con la rivolta
popolare, si dovrebbero affermare i principi "democratici e
moderni" della Costituzione sia in parlamento che grazie alle
pressioni sociali provenienti dai settori del popolo in lotta in
molte parti del paese (il Fronte Popolare in questo senso parla anche
di "processo rivoluzionario" in corso).
Anche tra i presenti
(esclusi la maggior parte della "comunità italiana bene",
presente solo per "timbrare il cartellino") vi era una
parte che abbraccia questa visione.
Al contrario il movimento
rivoluzionario tunisino extraparlamentare parla in termini corretti
di "rivolta popolare" e non di "rivoluzione",
inoltre respinge in toto questa interpretazione fuorviante di un
processo rivoluzionario unico e initerrotto parlando invece di
"restaurazione" da parte della classe politica dominante al
potere che è sempre la stessa: la borghesia compradora tunisina in
affari con l'imperialismo principalmente francese e occidentale che,
proprio a seguito delle elezioni dell'assemblea costituente ha
allargato la propria base inglobando l'ala reazionaria islamista che
ha come riferimento il movimento dei Fratelli Musulmani e i paesi del
Golfo in particolare il Qatar.
Le attuali lotte sociali
provano a resistere a questa ondata reazionaria di restaurazione ma
al momento si trovano principalmente sul terreno della lotta
economica rivendicativa quindi in posizione di difesa piuttosto che
di attacco al sistema politico come avvenne nel Dicembre 2010/inizio
2011. l'analisi della fase è importante per capire qual è
l'obbiettivo strategico delle classi popolari e dei rivoluzionari. Se
migliorare il "sistema democratico attuale" influenzando
questa fantomatica "transizione democratica", o se la
necessità è costruire le condizioni per dare vita ad una
Rivoluzione di Nuova Democrazia, di quest'ultimo avviso sono le forze
comuniste rivoluzionarie extraparlamentari di orientamento maoista
nel paese le quali non si fanno illusioni elettoraliste.
Scusandoci per questa
lunga premessa ma necessaria, torniamo alla presentazione del libro,
esso è diviso dall'autore in 3 parti in ognuna delle quali si usa
una categoria gramsciana per analizzare il contesto tunisino: quello
di egemonia, di rivoluzione passiva ed il fenomeno della questione
sociale che prende la forma di questione regionale. Il primo capitolo
che precede le parti suddette tenta di analizzare l'originalità del
pensiero gramsciano contrapponendolo a Marx. Come se Gramsci volesse
"superare" Marx e non applicare creativamente il
marxismo-leninismo in Italia, come sappiamo che fece. Infatti
l'autore durante la presentazione ha affermato che "Gramsci è
più utile di Marx" nell'analisi della situazione odierna.
L'autore ha ricordato
quanto sia diffuso e tradotto Gramsci nel mondo arabo e in
particolare in Tunisia, affermando che durante il regime Aziz Keja
traduceva "a puntate" i "Quaderni del Carcere" su
La Presse il principale quotidiano tunisino; aggiunge di essere stato
influenzato da due libri pubblicati entrambi nel 2013 dai titoli
"Introduzione ad Antonio Gramsci" e "Guerra di
Movimento e Guerra di Posizione.
In realtà l'autore,
nonostante il titolo, durante la presentazione ha precisato che
questa fase politica è caratterizzata da una restaurazione e,
riferendosi alla storia della Tunisia indipendente parla di "due
rivoluzioni passive" riferendosi all'indipendenza del paese con
Bourguiba nel 1956 che inauguro' il periodo bourguibista (1956-1987)
seguito dal regime di Ben Ali. Le scelte politiche di entrambi i
regimi, secondo l'autore, non riuscirono a dare le risposte alle
richieste del popolo tunisino e, usando Gramsci parla di una "crisi
di egemonia".
Inoltre ad apertura del
terzo capitolo libro è presente non a caso la famosa citazione di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa che nel "Gattopardo" scrive
"serve che tutto cambi perché niente cambi" e l'autore ha
aggiunto durante la presentazione che la cosiddetta "transizione"
rappresenta la "rivoluzione sconfitta".
Tornando invece al
concetto di "rivoluzione passiva", l'autore vede le
manifestazioni contro lo Stato del 2014 impregnate di lotta
ideologica in cui la società civile ha giocato un ruolo principale.
Infine nella terza parte
l'autore ha fatto un interessante parallelismo tra la questione
meridionale italiana e le disuguaglianze regionali tunisina tra le
regioni costiere del Sahel e quelle interne e centro-meridionali del
paese.
In questa analisi
complessiva pero', l'autore dopo aver ripreso l'analisi gramsciana
circa il blocco di potere tra industriali del nord e latifondisti del
sud, per quanto riguarda la Tunisia utilizzando un parallelismo parla
di un blocco sociale dominante esistente fin dall'indipendenza tra
piccola borghesia del Sahel alleata a settori dell'UGGT contro i
contadini e le regioni interne del paese.
Questa analisi è
totalmente fuorviante, basti pensare che tutti i settori della
piccola borghesia tunisina, da quella imprenditoriale a quella
intellettuale, ai professionisti hanno partecipato attivamente alla
rivolta popolare contro il regime di Ben Ali.
In attesa di leggere il
libro e ritornarvi in maniera più puntuale, abbiamo avuto
l'impressione che ci siano degli spunti interessanti a tratti ma,
dato che l'operazione di scrittura si colloca su un piano prettamente
accademico "morto" e non nel vivo e al servizio della lotta
di classe e quindi sul terreno del marxismo
(marxismo-leninismo-maoismo oggi) vi siano anche molte analisi
fuorvianti.
Tanto per citare un paio
di affermazioni dell'autore in tal senso, si è detto durante
l'incontro che bisogna contestualizzare Gramsci e le sue categorie
nella situazione concreta di oggi (giustissimo) ma secondo l'autore,
a differenza del periodo in cui Gramsci visse non esiste più né il
fascismo né il proletariato (!!!) Analisi pienalente post-modernista
circa il proletariato, inoltre come non leggere i fenomeni di
progressiva reazionarizzazione nei paesi imperialisti (in ultimo
Brexit e Trump) il fenomeno Daech e gli stessi regimi arabi come vari
esempi "contestualizzati" di fascismo?
A conclusione della
presentazione vi è stato un omaggio alle Tesi di Lione come cuore
del pensiero gramsciano e una citazione che recita che "Non si
puo' fare politica senza avere empatia per il popolo che soffre,
senza sentimenti" cio' come diciamo noi, avvicina il pensiero di
Gramsci a quello di Mao.
Infine stendiamo un velo
pietoso sul secondo intervento dalla presidenza fatto da un
rappresentante dell'Istituto Gramsci, il quale ha sfoderato tutta la
sua puntuale conoscenza dei testi gramsciani e marxiani in un maniera
totalmente accademica, ricordando che nello stesso momento in Italia
stava avvenendo una commemorazione per l'80esimo della morte di
Gramsci in parlamento alla presenza del presidente della repubblica
Mattarella per onorare questo nostro "padre della patria"(!!!).
Sappiamo che la vera commemorazione stava avendo luogo da tutt'altra
parte.
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