lunedì 7 febbraio 2011

pc quotidiano 7 febbraio - MARCHIONNE MOSTRA IL BLUFF

Noi l'avevamo scritto, detto subito agli operai, nei presidi durante il referendum a Mirafiori: la “salvaguardia dei posti di lavoro”, gli “investimenti” annunciati da Marchionne per avere il Si al piano Fiat, non solo erano un ricatto inaccettabile, una sorta di “pistola puntata dietro la schiena” degli operai, per farli piegare alla schiavizzazione delle condizioni di lavoro e alla perdita di diritti sindacali e costituzionali, ma era anche un Bluff.
Sinceramente, pensavamo che dovesse passare più tempo perchè questa realtà venisse fuori e chiara per tutti. Invece, Marchionne ha come è il suo stile di dittatorello anticipato i tempi: sposto la sede centrale della Fiat/Chrysler negli Usa e tanti saluti...
Ora, se tanto ci dà tanto, primo: in una sede, quella di Torino, che diventerebbe periferica, secondaria, marginale è pensabile che Marchionne faccia quegli investimenti di cui parlava qualche settimana fa? Secondo: la declassificazione di Mirafiori non porterebbe inevitabilmente anche un ridimensionamento della sua produzione? Terzo: alla fine tutto il giro che Marchionne aveva detto (pezzi di auto che vanno dagli Usa, a Torino, e ritorno negli Usa), per mantenere alto il fatturato su cui si è impegnato con Obama non diventerà troppo laborioso e costoso e alla fine il tutto verrà fatto più economicamente dove ha sede il centro decisionale? Quarto, a parte la NON salvaguardia dei posti di lavoro per gli operai, se attualmente negli uffici e nelle sedi progettuali di Torino lavorano 5000 lavoratori, la maggiorparte impiegati, quanti ne resteranno quando il centro verrà spostato negli Usa?

E SOPRATTUTTO AVEVANO O NO RAGIONE GLI OPERAI CHE HANNO VOTATO NO?

Se non fosse per i drammatici effetti sui lavoratori di questa decisione, ci sarebbe da ridere e da rimanere a guardare le facce e le espressioni stupefatte di Chiamparino (che voleva mettere i tappeti d'oro a Marchionne, il salvatore di Torino), degli altri esponenti del PD, da Fassino a Bersani che hanno cercato di rendere “ragionevoli” gli operai, ma soprattutto le facce imbarazzate di Bonanni, Angeletti, dei dirigenti della Fismic, dell'Ugl che si sono sbracciati per dire che avevano firmato un buonissimo accordo, che la difesa del lavoro valeva ben qualche piccola rinuncia (per altro, secondo loro, lautamente compensata).
Ma anche la faccia della Camusso, impegnata prima, e soprattutto dopo il referendum a scongiurare lo sciopero generale e a vedere come riallacciare i fili del dialogo con cisl e uil, come rientrare nell'arena: firma tecnica, firma di alcune parti, ecc.
Infine, vorremmo ora guardare in faccia quegli impiegati che hanno votato SI, come servetti di padron Marchionne, che si sono sentiti “tutelati”, che hanno pensato alla loro sedia fregandosene degli operai, e che ora rischiano di perderla quella sedia.

Verso il governo si conferma quello che noi abbiamo già scritto: il governo parla, Marchionne fa, lasciando Sacconi, Letta a cercare di salvare almeno le apparenze e qualche garanzia su Torino, promettendo appoggio al progetto di Fabbrica Italia. Poco più di un anno fa Marchionne aveva illustrato al governo il piano di rilancio degli stabilimenti italiani con un investimento da 8 miliardi per 2010/2011, ma ora se entra – quando avrà un po' di tempo, visti i suoi impegni nel mondo... - a Palazzo Chigi ci immaginiamo che lo farà con il dito medio alzato...

Ma se tanto mi dà tanto, la linea uscita dalla recente assemblea di delegati della Fiom con solo piani di assemblee e riunioni fino ad ottobre, è inadeguata a scontrarsi con questo. Ora sta agli operai d'avanguardia prendere in mano la situazione, con la coscienza più forte di prima che loro e i tanti operai e operaie che hanno detto NO hanno ragione.

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