- questione migratoria
- il rischio di default ovvero fallimento finanziario per la Tunisia
I due punti apparentemente disgiunti tra loro sono invece legati.
Dietro tali discorsi gli accordi concreti tra i due paesi negli ultimi anni si traducono invece in un approccio principalmente securitario in cui l'Italia vorrebbe che in Tunisia si replicasse il "modello Libia" ovvero con l'istituzione di centri di reclusione per migranti su territorio tunisino e finanziati da Italia e UE. Non avendo finora raggiunto un accordo in tal senso, l'Italia negli ultimi anni ha investito milioni di euro in motovedette e armi a beneficio dell'apparato repressivo tunisino per fermare e ostacolare le partenze. Contemporaneamente l'Italia ad ogni round bilaterale chiede alla Tunisia che sia aumentata la quota di rimpatri settimanali dei tunisini arrivati in Italia, attualmente la quota è di circa 90 persone a settimana, rimpatri che per inciso avvengono illegalmente, senza soddisfare i requisiti che prevedono l'esame di richieste d'asilo.
Il regime di Saied sotto pressione politica da parte di alcune potenze imperialiste ed in particolare Francia, Germania e USA, per evitare l'isolamento internazionale ha iniziato a convergere sulle posizioni italiane lanciando in Tunisia una guerra ai migranti subsahriani, non solo intensificando i controlli sulle coste ma anche sul proprio territorio, agitando un fantomatico pericolo sicurezza che sarebbe causato da tali immigrati subsahriani in Tunisia, che per inciso ammontano alla modesta cifra di 20.000 persone in un paese di 12 milioni di abitanti.
Nonostante la retorica di Saied degli ultimi mesi sull'affrontare il problema migratorio alle sue radici economiche e sociali, e ieri anche la Meloni ha ripreso la stessa formula, nell'incontro di ieri Saied ha confermato l'approccio securitario della propria politica su tale questione dichiarando che: "la Tunisia si trova ad affrontare molte sfide, in quanto non è più solo un punto di transito, ma anche una meta per molti migranti che cercano di stabilirsi illegalmente nel paese, creando strutture scolastiche e asili al di fuori del quadro legale. Una situazione inaccettabile".
Ciò indirettamente conferma che la Tunisia non è un "porto sicuro" non riesce a garantire i servizi di base come l'istruzione alle poche decine di migliaia di immigrati sul proprio territorio e inoltre criminalizza i "naturali" tentativi dal basso di queste persone di fornire un'assistenza di base ai propri connazionali in un paese sempre più ostile.
Ciò rientra in una sorta di do ut des: tu limiti le partenze e io ti finanzio, discorso non nuovo ma che si arricchisce di retorica "sull'amicizia tra i due paesi" essendo all'orizzonte un possibile fallimento finanziario della Tunisia; nel discorso meloniano il "sostegno alla nazione amica tunisina" è speculare al "sostegno degli interessi della nazione italiana".
Ma veramente ottenere il finanziamento di 800 milioni dal FMI sarebbe un bene per gli interessi del popolo tunisino?
Facciamo un passo indietro: dopo che il presidente Saied ha assunto pieni poteri tra l'estate e l'autunno del 2021, il regime tunisino si è trovato isolato, come dicevamo prima, con la classica argomentazione del non "rispetto della democrazia"; negli ultimi mesi l'Italia è entrata a gamba tesa su questa questione garantendo appoggio politico alla Tunisia, come ha dichiarato la Meloni esplicitamente in occasione dei recenti meeting internazionali del G7 di Hiroshima e al meeting della Comunità Politica Europea in Moldavia rivolgendosi alle altre potenze e al FMI ed esortando ad essere pragmatici e a finanziare la Tunisia pena il rischio che una volta il paese andato in bancarotta decine di migliaia di persone si riverserebbero in Europa, ed in tal senso l'Italia negli ultimi mesi si è impegnata a intensificare le pressione per sbloccare il finanziamento del FMI.
Ma il problema è che i finanziamenti del FMI degli ultimi anni, con i loro interessi hanno fatto entrare il paese nella spirale del debito incrementandone la dipendenza finanziaria, economica, alimentare...
Inoltre va ricordato che tali finanziamenti sono vincolati: ovvero come contropartita vengono richieste le cosiddette "riforme strutturali" volte alla liberalizzazione dell'economia del paese che approfondiscono ancor più tale dipendenza.
Per esempio, in Tunisia, nonostante tali liberalizzazioni siano in marcia da decenni, i prezzi di alcuni beni e servizi di prima necessità come pane, latte, uova, pasta, benzina, energia, trasporti, rette universitarie... sono sostenuti dallo Stato rendendoli accessibili alla popolazione: il FMI attualmente chiede di eliminare tale politica contraria ai principi dell'economia liberale.
Il FMI chiede anche la "razionalizzazione della massa salariale" che tradotto significa licenziamenti tra i dipendenti pubblici, una riforma che preveda un prepensionamento senza un ricambio di lavoratori e così via.
Spingere per far passare il finanziamento come si sta adoperando la Meloni significa quindi impoverire il popolo tunisino già messo a dura prova dalla crisi economica internazionale aggravatasi con la pandemia e con l'attuale guerra in Ucraina che ha creato delle distorsioni nelle importazioni di beni alimentari da quel paese.
pur avendo iniziato parzialmente negli ultimi anni ad aumentare i prezzi di alcuni beni, ha annunciato che non si "piegherà ai diktat del FMI" che significherebbero aggravare la posizione sociale del paese. Vero! Ma in mancanza di una controtendenza sulla politica economica del proprio governo è evidente che tale mossa sia funzionale in realtà all'ottenimento del finanziamento, ma sperando di ottenerlo a condizioni migliori che non facciano esplodere la rabbia sociale in un paese già abbastanza precario con il 30% di disoccupazione giovanile, il 45% degli occupati nell'economia informale quindi senza coperture sociali ne diritti e con un'inflazione in aumento che sta impoverendo il popolo tunisino.
- maggiore apertura del mercato tunisino agli investimenti italiani ed in particolare alle imprese italiane che decidono di impiantarsi in Tunisia
Il mercato tunisino ha incominciato ad aprirsi al capitale straniero già dai primi anni '90 col regime Ben Alì, ciò ha rappresentato un'occasione d'oro per il capitale straniero ed in particolare italiano: centinaia di imprenditori si sono fiondati in Tunisia attratti dai bassi salari, dalla totale defiscalizzazione per il primo decennio di attività, dalla garanzia di totale libertà del movimento dei capitali derivanti dal profitto delle loro attività nel paese e tanto altro tra cui ad esempio la garanzia ufficiosa del sostegno ricevuto dal regime tunisino e dal suo braccio repressivo nei confronti del combattivo sindacato locale, l'UGTT.
Il regime tunisino dal canto suo guadagna in stabilità dato che il capitale straniero impiantando attività, seppur spesso limitate nel medio periodo di dieci anni (il tempo di usufruire della piena defiscalizzazione per poi chiudere baracca e spostarsi altrove), allevia seppur momentaneamente e relativamente la disoccupazione nel paese.
Negli ultimi 30 anni tale processo di liberalizzazione si è sempre più approfondito e con esso l'interesse italiano sul paese.
In tale quadro la Meloni ha annunciato un finanziamento tutto italiano di 700 milioni di €, ciò rientra nel quadro generale dell'esportazione di capitale italiano in Tunisia, con le stesse dinamiche dette poc'anzi: il soggetto "donatore" ha tutto da guadagnare mentre il soggetto "beneficiario" approfondisce la propria dipendenza dal primo. Questo finanziamento avviene tramite la cooperazione governativa italiana a conferma di come sia funzionale al dominio economico dell'imperialismo.
Tale progetto è finanziato dall'UE e sarà installato da un'azienda italiana nei prossimi mesi permettendo all'Italia di importare energia elettrica prodotta dagli impianti "green" solari dell'Eni nel sud della Tunisia per soddisfare le proprie necessità ma anche di riesportare verso altri paesi europei con profitti aggiuntivi, tutto ciò avviene mentre in Tunisia vi è un continuo aumento della domanda di energia, insufficiente per il fabbisogno nazionale e si profila anche un aumento delle bollette.
Inoltre dalla Tunisia passano i gasdotti algerini da cui l'Italia importa sempre più gas facendo diventare l'Algeria primo paese esportatore di gas verso l'Italia a seguito della guerra in Ucraina.
Il bilaterale di ieri è un ulteriore tassello della lunga azione italiana in Tunisia iniziata alla fine del secolo scorso, prima mossa dal sogno coloniale italiano e dal secondo dopoguerra dalla volontà di incrementare i rapporti neocoloniali facendo restare la Tunisia un paese dalla struttura economica semi-coloniale.
Ieri la Meloni si è detta disponibile a “tornare presto in Tunisia” insieme alla responsabile della Commissione europea, Ursula von der Leyen e ha dichiarato: “A livello di Unione Europea, l’Italia è portavoce di un approccio concreto di sostegno alla Tunisia nella lotta alla tratta di esseri umani, ma anche per un pacchetto di sostegno integrato” per fornire finanziamenti al Paese nordafricano.
Nonostante la visita della Meloni sia stata confermata con poche ore d'anticipo, il Forum Tunisino dei Diritti Economici e Sociali (una delle principali organizzazioni sociali apertamente in opposizione con il regime di Saied) ha organizzato un sit in di protesta con la partecipazione di una trentina di persone, nella centrale Avenue Bourghiba coinvolgendo altre associazioni e organizzazioni di stampo sociale.
Nel comunicato d'indizione gli organizzatori denunciano :
L'obiettivo del governo italiano è quello di fare della Tunisia il guardiano dei propri confini, in particolare nelle operazioni di intercettazione di imbarcazioni in acque territoriali e il loro trasferimento in Tunisia, e favorire una superficiale stabilizzazione del Paese per evitare che più sempre meno tunisini partano.
E' quindi evidente come si stia sviluppando in Tunisia una consapevolezza sul ruolo imperialista che l'Italia ha nel paese che implica un sostegno al regime reazionario interno e che non giova né agli interessi del popolo tunisino né a quello dei lavoratori italiani, bensì ai capitalisti italiani e alla borghesia locale tunisina al potere.
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Giorgia Meloni in visita a Tunisi: "persona non grata!"
Oggi, martedì 6 giugno 2023, Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio italiano, effettuerà una visita ufficiale a Tunisi per incontrare il Presidente Kais Saied. Questa visita è stata concordata dopo il colloquio telefonico avvenuto il 2 giugno tra Saïd e Meloni durante il quale "È stato sottolineato il continuo sostegno dell'Italia alla Tunisia nelle trattative con il Fondo monetario internazionale e nella gestione dei flussi migratori".
Il sostegno offerto dall'Italia mira a frenare le partenze dalla Tunisia, siano esse tunisine o straniere, e a facilitare e accelerare i rimpatri forzati dall'Italia. Le politiche migratorie del governo italiano hanno un impatto diretto sui tunisini in Italia. Nel 2020 e nel 2021 i cittadini tunisini sono stati la prima nazionalità trattenuta nei Centri Permanenti Italiani per il Rimpatrio (CPR) e la prima nazionalità ad essere rimpatriata. Una recente inchiesta ha anche denunciato il trattamento disumano che i migranti, tra cui molti tunisini, subiscono in questi centri.
La cooperazione tra i due Paesi non riguarda né le procedure per l'identificazione delle salme di coloro che sono morti in mare, né il rimpatrio delle salme.
Inoltre, i cospicui finanziamenti concessi dall'Italia, circa 47 milioni dal 2014, sono stati utilizzati esclusivamente per l'apparato di sicurezza tunisino, di cui il Ministero dell'Interno e della Difesa sono i principali destinatari.
Inoltre, la cooperazione tecnica e commerciale che l'Italia manterrà con la Tunisia non giova a molti tunisini, considerando che per benificiarne bisogna ottenere un visto che resta una chimera per molti tunisini.
Mentre l'Italia ha rinnovato la classificazione della Tunisia nell'elenco dei paesi di origine sicuri, mentre il paese sta affrontando una grave crisi economica, sociale e politica e l'unica priorità del governo tunisino è quella di rintracciare e imprigionare attivisti, sindacati, giornalisti e oppositori politici.
Inoltre, gli eventi del febbraio 2023, con la dichiarazione del presidente Kais Said preoccupato che le "orde di migranti irregolari" potrebbero "cambiare la composizione demografica della Tunisia", potrebbero aver peggiorato le condizioni di vita della popolazione migrante in Tunisia.
Dato il contesto attuale, la Tunisia non può essere considerata un paese sicuro per le persone in movimento.
L'obiettivo del governo italiano è quello di fare della Tunisia il guardiano dei propri confini, in particolare nelle operazioni di intercettazione di imbarcazioni in acque territoriali e il loro trasferimento in Tunisia, e favorire una superficiale stabilizzazione del Paese per evitare che più sempre meno tunisini partano. Dal 1° gennaio al 31 maggio la Tunisia ha intercettato 23.110 migranti (10 volte di più rispetto allo stesso periodo del 2020).
In tal senso, noi associazioni firmatarie:
– Ricordiamo che la mobilità è un diritto umano e che c'è un legame tra le cause di queste politiche di esternalizzazione e sicurezza adottate dai due paesi e il fatto che migliaia di persone, tunisini e stranieri, perdono la vita, costrette a percorrere strade sempre più pericolose.
– Ricordiamo che le politiche di cooperazione e di vicinato devono promuovere gli interessi del popolo tunisino ed esortiamo il governo tunisino ad astenersi dal ruolo di poliziotto del Mediterraneo.
– Ricordiamo che le discussioni in corso con le autorità italiane sulla cooperazione nel controllo delle frontiere e nella lotta ai traffici espongono le acque territoriali e il territorio tunisino all'ingerenza delle forze di sicurezza europee.
– Richiamiamo l'esame la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 30 marzo che ha condannato il governo italiano per aver violato i capitoli 3, 5 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo nei confronti di 4 migranti tunisini e appello a fermare le espulsioni di massa di migranti tunisini dall'Italia.
– Denunciamo il riavvicinamento ideologico dei governi tunisino e italiano, segnato da proposte xenofobe e razziste.
– Esortiamo i governi a stabilire la verità e fare giustizia per la morte sospetta di Wissem Ben Abdellatif, deceduto il 28 novembre 2021 legato a un letto all'ospedale San Camillo di Roma, in seguito al suo trasferimento dal CPR Ponte Galeria.
Tunisia:
Forum Tunisien pour les Droits Economiques et Sociaux FTDES
Ligue Tunisienne des Droits de l’Homme LTDH
Association tunisienne des femmes démocrates ATFD
Syndicat National des Journalistes Tunisiens
Avocats sans frontières ASF
Association Intersection pour les droits et les libertés
Association Intersection pour les droits et les libertés
Damj l’Association Tunisienne pour la justice et l’égalité
EuroMed Rights
Association Nachaz-Dissonances
Comité de Vigilance pour la Démocratie en Tunisie CVDT
Association NOMAD 08
Comité pour le respect des libertés et des droits de l’Homme en Tunisie (CRLDHT)
Fédération des Tunisiens pour une Citoyenneté des deux Rives (FTCR)
Organisation Contre la Torture en Tunisie
Coalition Tunisienne Contre la Peine de Mort
Association Tunisienne pour les Droits et les Libertés
Association mères des disparus
Association terre pour tous
Mountada Ettajdid
Association Joussour de Citoyenneté
Association BEITY
Aswat NISSA
WatchTheMed – Alarm Phone
Melting Pot Europa
Italia:
Association d’études juridiques sur l’immigration (Italie) ASGI
A Buon Diritto Onlus
Carovane Migranti (Italia)
Mai più Lager – No ai CPR
Campagna LasciateCIEntrare
Mem.Med Memoria Mediterranea
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