Info: da compagno di proletari comunisti Italia
La Fondazione Rosa Luxembourg ha organizzato a Tunisi un incontro dal titolo: "Algerine, dalla rivoluzione nazionale alla rivoluzione femminista", ospiti due figure storiche del femminismo algerino: Wassyla Tamzali avvocato e Fatma Oussedik sociologa e docente universitaria.
Entrambe si sono confrontate evidenziando accordi e differenze, rispondendo alle domande della rappresentante della fondazione tedesca, infine hanno risposto ad alcune domande del pubblico.
Tanti i temi trattati relativi non solo circa la situazione del femminismo algerino ma anche quella a livello regionale maghrebino (Marocco, Algeria, Tunisia), ed internazionale.
La questione principale su cui le due militanti femministe si sono trovate d'accordo e che ha rappresentato un po' il filo conduttore dell'incontro, è stata la denuncia di un certo femminismo para-istituzionale egemonizzato dalle ONG (si è parlato continuamente di ong-zzazione del femminismo), con la conseguente perdita della centralità politica e ideologica della strategia del movimento femminista che invece si è piegato a logica istituzionali internazionali.
La Tamzali ad esempio lo ha toccato con mano "dal ventre della bestia" avendo lavorato in commissioni femminili in seno alle Nazioni Unite, e ha rilanciato: "in Algeria il femminismo è più forte che nei paesi vicini", e nonostante ciò "adesso siamo in una fase di decadenza politica", invece "all'inizio eravamo marxiste e socialiste, avevamo un'ideologia e quindi un'alternativa politica di cambiamento, mentre adesso, anche i militanti all'opposizione hanno perso qualsiasi progettualità".
Fatma Oussedik dal canto suo ha sottolineato come questa "ong--zzazione" del femminismo, colpendo la politicizzazione del movimento, ha fatto perdere di vista "i rapporti sociali del sesso", che "non devono essere mascherati dalle identità sessuali", ma ha ribadito, bisogna comprendere il giusto rapporto tra i fenomeni e la loro base materiale che li produce, derivanti dai rapporti di produzione.
Un altro grande tema non poteva non essere l'impatto che l'Hirak (il grande movimento popolare algerino sviluppatosi tra il 2019 ed il 2020) ha avuto sulla società algerina ed il ruolo del movimento femminista al suo interno.
Le due femministe si sono qui confrontate con due visioni parzialmente diverse: la Tamzali pensa che nell'Hirak non si sono risolte due questioni importanti per l'Algeria ovvero la questione delle donne ed il ruolo che spetta loro nella società algerina ed in secondo luogo la questione della laicità, mentre secondo lei: "l'avvenire del nostro paese è legato alla questione delle donne" in forme maggiori rispetto a paesi europei quali Francia, Italia o Spagna.
Di contro Fatma Oussedik ha espresso il proprio disaccordo su tale analisi affermando che "in due anni di Hirak abbiamo invece affermato l'esistenza del movimento femminista "pur essendo "un episodio della nostra lunga storia".
Effettivamente l'Hirak ha visto imporsi al proprio interno la presenza delle donne, inizialmente osteggiate da alcune componenti maschili del movimento stesso, ma non arretrando e continuando ad affermare la propria presenza costante sul percorso delle settimanali manifestazioni del venerdì all'ingresso dell'Università di Algeri 1.
Wassyla Tamzali si è quindi corretta subito dopo specificando che nell'Hirak erano presenti innanzitutto i giovani, una forza dirompente che sembrava sopita e che invece ha rioccupato la scena sociale e politica, secondariamente i lavoratori tramite il sindacato paraistituzionale, in cui c'è da considerare che una buona fetta di proletari sono influenzati dall'islamismo (e questa è una contraddizione con cui anche la componente femminista si è scontrata/confrontata) ed in terzo luogo la presenza femminista. Quest'ultima, secondo la Tamzali, non ha tradotto la propria radicalità in azioni altrettanto radicali anche se è entrata in dialettica con la seconda componente, quella dei lavoratori, provocando anche risultati inediti: aneddoto di un'assemblea di piazza organizzata dal Collettivo Maghrebino Uguaglianza (la sua organizzazione) in cui un lavoratore fermatosi ad ascoltare ha provato ad interrompere una ragazza che stava parlando, le donne lo hanno riportato all'ordine dicendogli: "falla finire e poi ti diamo la parola". Una volta datogli il microfono il lavoratore è scoppiato in lacrime; "perché piangi? Hai il microfono, dì quello che volevi dire", il lavoratore rispose: "piango perché è la prima volta che qualcuno è disposto ad ascoltarmi". Quindi l'Hirak ha posto questioni profonde inerenti anche all'organizzazione e protagonismo dei lavoratori.
Infine secondo la Tamzali, nei paesi "cosiddetti arabo-musulmani" si pone anche una questione giuridica nel lungo percorso della liberazione delle donne, nonostante dei passi in avanti siano stati fatti dall'indipendenza algerina ad oggi.
Fatma Oussedik pur essendo sostanzialmente d'accordo ha aggiunto un altro elemento di riflessione ricollegandosi alla questione giuridica, che quindi dovrebbe afferire maggiormente con lo "spazio pubblico", ora il problema secondo la Oussedik che in questo tipo di società viene a mancare la libertà anche nello spazio privato: "non abbiamo neanche lo spazio privato!" e pone come esempio il mese di Ramadhan in cui da un lato la donna in digiuno è obbligata a cucinare per il resto della famiglia, inoltre all'interno della famiglia si dispiega un controllo "di tutti verso tutti" ed il digiuno diventa praticamente un obbligo.
L'islamismo è fenomeno complicato e ancora una volta bisogna ricercare il rapporto tra il fenomeno sovrastrutturale e la struttura materiale che lo produce: l'islamismo anche in Algeria è cambiato ed è stato modificato dal fenomeno dell'urbanizzazione, della scolarizzazione di massa che hanno provocato una riduzione del nucleo familiare, una modifica nelle abitudini di consumo, una mercificazione generalizzata: tutto ciò ha modificato gli islamisti stessi, le loro abitudini e modi di vita.
Altro tema affrontato è stato il rapporto tra Hirak e progettualità politica per l'Algeria: l'Hirak rivendicava democrazia, ma democrazia non coincide con "democrazia rappresentativa" o con la sola pratica delle elezioni, ricorda la Oussedik: "nell'Hirak stesso la democrazia rappresentativa non ha funzionato... non si è stati in grado di eleggere un rappresentante del movimento durante due anni, al contrario ha funzionato la democrazia partecipativa che ha fatto scendere in piazza milioni di persone ogni settimana per due anni".
A tal proposito ricorda la Tamzali che l'8 marzo 2019 scesero in piazza in tutta l'Algeria 20 milioni di persone facendo coincidere uno dei venerdì di protesta con la giornata internazionale della donna: "com'è possibile che dopo quella giornata non siamo riusciti ad incidere e a cambiare l'Algeria?".
Sulla falsariga di questa domanda, durante il dibattito, una femminista tunisina ha ricordato che nel 1985 si tenne l'ultimo Simposio Femminista Maghrebino dal titolo: "Quale Femminismo?", oggi è questa ancora la questione sia per superare l'influenza negativa delle pratiche paraistituzionali egemonizzate dall'ONU e da governi dei paesi imperialisti sia per superare la frammentazione e ricomporre il femminismo maghrebino, africano e internazionale che è stato diviso anche a causa della chiusura delle frontiere tra paesi del Maghreb ed Europa da un lato, ma anche tra gli stessi paesi del Maghreb (ed evidentemente il riferimento è per Algeria e Marocco).
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