(da una corrispondenza ad Operaicontro)
Calenda ministro
dello Sviluppo, e Bentivogli segretario nazionale della Fim Cisl,
disegnano il ” nuovo patto per la fabbrica”. Dietro il paravento della
“Formazione continua” i due intrepidi progettisti, suggeriscono ai
padroni come sfruttare di più e meglio gli operai, attraverso
l’Industria 4.0. “Così si sostiene la produttività dell’Italia” ci
tengono a precisare, e con essa – aggiungiamo noi – i profitti per i
padroni.
Finora le aziende affidavano ai propri uffici tecnici, lo
studio dei “tempi e metodi” per la massima resa dello sfruttamento
operaio. A questi ora si è affiancato anche il bravo sindacalista
Bentivogli: prima suggerisce come creare esuberi aumentando la
produttività, poi firmerà gli accordi per licenziare gli esuberi.
Meraviglie dell’Industria 4.0! Ma non è tutto. Bentivoglio e Calenda
“incoraggiano il decentramento contrattuale a livello territoriale, di
sito e di rete”. Si potrebbe aggiungere di “numero civico della
fabbrica”, così ogni padrone potrà disfarsi del contratto nazionale e di
quello integrativo, spalancando le porte alla selvaggia contrattazione
al ribasso in ogni singola fabbrica. L’antidoto alla disgregazione
operaia è l’organizzazione degli operai stessi, contro i padroni.
Smascherare e isolare ovunque gli agenti dei padroni.
Saluti Oxervator
PUBBLICHIAMO
STRALCI DELL'ARTICOLO USCITO SU SOLE 24 ORE il 12 gennaio 2018 A FIRMA
DI CARLO CALENDA E MARCO BENTIVOGLI (sottolineamo in neretto i passaggi
più significativi)
NEI PROSSIMI GIORNI NOSTRO COMMENTO
Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto
Il
ministro dello Sviluppo e il segretario della Fim Cisl disegnano il
nuovo patto per la fabbrica: “Formazione continua la chiave. Così si
sostiene la produttività dell’Italia”
"La fine degli stimoli
della Bce, l’evoluzione, certo non orientata a maggior flessibilità,
dell’Eurozona e la restrizione dei parametri di valutazione sugli Npl,
renderanno il 2018 un anno potenzialmente critico per la tenuta
finanziaria del Paese...
Eventuali margini di flessibilità si
potranno negoziare solo a fronte di un convincente “Piano industriale
per il Paese” focalizzato su crescita e investimenti. A tutto ciò si
aggiunge la sfida di una rapidissima innovazione tecnologica che mette in discussione modelli produttivi e organizzazione del lavoro. Se
l’Italia non saprà essere all’altezza andremo incontro a un secondo
shock sistemico... Riteniamo che l’avvio della campagna elettorale
mostri una diffusa mancanza di consapevolezza rispetto a questa
situazione... Noi pensiamo invece che la parola d’ordine debba essere
“costruire” un futuro fondato su tre pilastri: Competenze, Impresa,
Lavoro.
1) Competenze
La rivoluzione digitale crea e
distrugge occupazione e non è possibile prevedere con certezza quale
sarà il saldo netto... Nella grande riallocazione internazionale del
lavoro, l’occupazione crescerà nei Paesi che hanno investito sulle
competenze digitali e si ridurrà in quelli che non le hanno acquisite in
maniera adeguata ad affrontare la trasformazione del tessuto
produttivo. In Italia ci sono profondi gap da colmare: solo il 29% della
forza lavoro possiede elevate competenze digitali, contro una media Ue
del 37%. Un divario che rischia di aumentare ulteriormente considerando
la bassa partecipazione di lavoratori a corsi di formazione (8,3%)
rispetto alla media Ue di 10,8% e a benchmark quali Francia 18,8% e
Svezia 29,6%...
...A questo fine, proponiamo il riconoscimento del diritto soggettivo del lavoratore alla formazione in tutti i rapporti di lavoro e la sua definizione come specifico contenuto contrattuale.
2) Impresa
(Il)
divario (del nostro paese rispetto alla Germania) dipende da alcune
fragilità peculiari del nostro tessuto produttivo: 1) il numero limitato
delle imprese pienamente integrate nelle catene globali del valore (20%
circa del totale); 2) le differenze di performance territoriali e tra
classi d’impresa; 3) condizioni di contesto - costo dell’energia,
concorrenza, connettività - ancora spesso meno favorevoli rispetto ai
competitor internazionali; 4) un mercato del lavoro ancora troppo
centralizzato con modalità di determinazione delle condizioni salariali
lontane dal contesto competitivo delle singole imprese.
Quello che proponiamo è una politica industriale e del lavoro non retorica... La
base di partenza non può che essere quella delle politiche realizzate
dagli ultimi due governi che hanno contribuito a determinare una
dinamica positiva di occupazione, reddito, esportazioni e di saldi di finanza pubblica...
3) Impresa 4.0
...Pur
confermando l’impostazione generale del Piano, per gli anni a venire
occorrerà procedere lungo due direzioni. Da un lato occorrerà
rifinanziare per il 2019 il Fondo Centrale di Garanzia per 2 miliardi di
euro, in modo da garantire circa 50 miliardi di crediti finalizzati
agli investimenti delle Pmi. Dall’altro occorrerà sostenere
l’investimento privato per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze
4.0. In concreto: dovranno essere stanziati 400 milioni di euro
aggiuntivi all’anno da destinare agli Istituti Tecnici Superiori con
l’obiettivo di raggiungere almeno 100mila studenti iscritti entro il
2020 (in Italia attualmente gli studenti degli Its sono circa 9000
contro i quasi 800mila della Germania); i Competence Center dovranno
essere rafforzati al fine di costruire una vera rete nazionale, per lo
sviluppo e il trasferimento di competenze digitali e ad alta
specializzazione (sul modello del tedesco Fraunhofer e dell’inglese
Catapult); dovrà essere reso strutturale lo strumento del credito di
imposta alla formazione 4.0, previsto attualmente in forma sperimentale.
4) Lavoro 4.0
L’impresa 4.0 ha bisogno, oltre alle tecnologie e alle competenze, di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, che vanno quindi incentivati come ulteriore tassello del Piano.
Dal punto di vista contrattuale occorre rispondere ad una produzione che sarà sempre più “sartoriale” e quindi il Contratto
nazionale ha senso non solo se ne riduce drasticamente il numero delle
tipologie - che negli ultimi anni è esploso - ma anche e soprattutto se
il suo ruolo resta quello di “cornice di garanzia” finalizzata ad
assicurare il più possibile una dimensione di prossimità all’impresa. Va incoraggiato un vero decentramento contrattuale, utile anche ai programmi condivisi di miglioramento della produttività, a livello territoriale, di sito e di rete. Questo
processo, unitamente ai nuovi contenuti della contrattazione (welfare,
formazione, orari, flessibilità attive) possono rappresentare il nuovo
“patto per la fabbrica” in grado di centrare la sfida della produttività
e dell’innovazione a partire dalle Pmi per le quali la
contrattazione territoriale può diventare una risorsa fondamentale.
Permane in alcuni settori il rischio che i nuovi modelli organizzativi
comportino una riduzione del valore del lavoro che va contrastato con la
capacità di costruire nuove tutele e diritti sociali ma, soprattutto, con un salario minimo legale, per i settori non coperti da contrattazione collettiva.
5) Energia
La Strategia Energetica Nazionale definisce la strada per... l’indipendenza energetica dell’Italia...
L’abbandono
del carbone nel 2025 nella produzione elettrica necessita, oltre che
degli investimenti in reti e rinnovabili, anche di un deciso
coordinamento operativo e di un focus forte sul rafforzamento e sulla diversificazione delle aree di approvvigionamento del gas.
6) Concorrenza
Negli
ultimi anni l’Italia ha fatto passi avanti, ma molto ancora resta da
fare... Nella prossima legislatura sono almeno due i capitoli su cui è
necessario concentrarsi. Il primo è quello dei servizi pubblici locali
ancora spesso poco efficienti mentre il secondo è quello delle concessioni: da quelle balneari alle autostrade.
Anche qui è necessario disciplinare le modalità di affidamento
competitivo... oltre ad assoggettarne i contenuti alla massima
trasparenza, pur riconoscendo la possibilità di introdurre correttivi sociali e cautele a difesa dell’occupazione e degli operatori più piccoli.
7) Banda Larga
...Su
questo fronte la situazione italiana attuale presenta un preoccupante
ritardo rispetto alle economie con le quali ci confrontiamo...
Il
carattere sistemico dell’infrastruttura Tlc, che ha bisogno di grandi
investimenti di sviluppo e ammodernamento suggerisce di verificare la
possibilità di concentrare lo sviluppo della rete in un unico operatore...
8) Politica commerciale e internazionalizzazione
...gli
accordi di libero scambio sono lo strumento principale attraverso il
quale favorire l’accesso delle Pmi ai mercati esteri...
Contemporaneamente... dobbiamo perseguire l’obiettivo di creare un
contesto di regole condivise... assumendo un ruolo guida in Europa,
nel caso del mancato riconoscimento alla Cina dello status di economia
di mercato. La prossima battaglia che dobbiamo portare avanti è quella
per l’inclusione dei principi di sostenibilità ambientale e sociale
negli accordi di libero scambio. La stessa strategia duale dovrà continuare ad applicarsi per l’attrazione degli investimenti diretti esteri.
Da un lato, razionalizzazione e semplificazione della governance delle
politiche di attrazione e definizione di nuovi strumenti nella
convinzione che l’Italia ha bisogno di capitale di crescita. Dall’altro
lato, tutela dell’interesse nazionale contro operazioni predatorie verso
imprese ad alto contenuto tecnologico anche usando la nuova golden
power varata dal Governo a questo scopo...
9) Gestire le trasformazioni
I
processi di trasformazione dell’economia si sono fatti sempre più
rapidi con l’accorciarsi dei cicli di sviluppo tecnologico che ha reso
sempre più frequente l’emergere di tecnologie disruptive. La nuova
condizione di normalità è dunque quella in cui segmenti o interi settori
industriali sono costantemente spiazzati. Occorre attrezzare il Paese a prendersi cura degli “sconfitti”; di quei lavoratori e di quelle imprese che nel breve periodo sono vittime del cambiamento. Alcune
iniziative sembrano aver dato risultati. È il caso della strategia di
recovery settoriale attuata per i call center con salvaguardia salariale
e il ritorno degli investimenti nei settori dell’alluminio e
dell’acciaio.
Occorre però sistematizzare queste modalità di azione, ingegnerizzando per così dire il modello e massimizzando la velocità di intervento.
Funzionale allo scopo sarebbe la possibilità di potenziare nelle aree
di crisi complessa soluzioni eccezionali: strumentazioni dedicate per le
imprese beneficiarie di agevolazioni (deroghe alle regole del mercato
del lavoro e ammortizzatori sociali, semplificazioni e accelerazioni
burocratiche/autorizzative, supporto prioritario del Fondo di Garanzia,
defiscalizzazioni) e iter accelerati per bonifiche e interventi
infrastrutturali per poter rapidamente rilanciare l’attività d’impresa.
Altro strumento fondamentale per ricostituire base manifatturiera sono i
Nuovi Contratti di Sviluppo destinati per l’80% al Mezzogiorno che
spesso vedono protagonisti grandi aziende multinazionali... Occorre
infine varare un fondo equivalente al “Globalization Adjustment Fund”
dedicato alla riconversione di lavoratori e aziende spiazzati da innovazione tecnologica e globalizzazione.
Non
esiste sviluppo, reddito e benessere senza investimenti, imprese e
lavoro. Le scorciatoie conducono a vicoli ciechi e non di rado a veri e
propri burroni. L’Italia è ancora fragile e le ferite della crisi ancora
aperte. È fondamentale che chiunque governerà il Paese riparta da
questa consapevolezza e da queste priorità..."
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