lunedì 7 gennaio 2013
pc 5-6-7 gennaio - LISTE ELETTORALI, UNA PRIMA ANALISI DI PARTE PROLETARIA
Aree
di persone che non hanno votato guardano alle prossime elezioni come
se fosse tutto uguale e ordinario. Questo se da un lato è vero,
dall'altro è bene esaminare i vari passaggi che ci permettono di
interpretare la situazione politica. I proletari non sono
qualunquisti, i comunisti sono la parte avanzata e cosciente del
proletariato, quindi occorre vedere i particolari, analizzare le
dinamiche non fermandosi ad una visione superficiale, banale. Anche
ora dobbiamo guardare dentro le cose, non certo perchè dobbiamo
scegliere un partito “meno peggio”, ma per conoscerli uno per uno
e vedere come sono negativi tutti.
La
situazione in corso è partita dalle dimissioni di Monti, che noi
abbiamo chiamato finte dimissioni. Monti è caduto da destra, è
stato Berlusconi/PdL che lo ha fatto cadere, cercando di tornare in
campo. Non è caduto sulla base di un opposizione parlamentare di
“sinistra” o di un movimento in campo di opposizione democratica.
Bersani
ha chiamato le primarie “democrazia”, salvo poi, come si è
visto, non rispettare neanche la loro democrazia interna, gli
“eletti” alle primarie alla fine stanno concorrendo per il 3° e
4° posto, perchè i primi sono già assegnati d'ufficio.
Come
abbiamo scritto negli articoli precedenti in questo blog – in
particolare il 22 e 24 dicembre e il 1° gennaio ciò che accomuna
tutti i partiti è il loro essere servi dei padroni d'Europa e
dell'Italia. E le elezioni sono solo una scelta di quale comitato
d'affari della borghesia deve meglio scaricare la crisi sulle masse
popolari.
Sulle
liste.
Monti
ha chiarito che il nemico è la “sinistra”, era partito che la
colpa era di Berlusconi, ora invece dice che la colpa è della Cgil,
di Landini, di Vendola...
La
realtà non è così, come abbiamo visto. Monti è caduto per una
“congiura di Palazzo” non per colpa della Cgil – purtroppo –
diciamo noi - perchè questo avrebbe voluto dire che la Cgil aveva
chiamato ad un “grande sciopero”, i lavoratori erano scesi in
piazza contro il governo Monti, ecc.
Monti,
poi, continuando sulla sua linea, ha chiarito che la “sinistra”
ha una sola possibilità: silenziare la “sinistra”, Landini,
Vendola, ecc. e combattere tutti coloro che non siano allineati; ha,
quindi, affermato che o è lui capo del governo, o non accetta niente
di meno. Questo è parecchio per un tecnico che nessuno ha eletto.
Tutto
ciò si chiama dittatura dei tecnici, di maggiordomi del capitale.
Questi “tecnici” prima si sono presentati con 'stile' per ridare
“dignità ad un paese diventato barzelletta”, poi via via, questo
Monti è diventato volgare, più simile ai suoi ministri. Monti dice
che sta facendo una lista di “buona gente” ma la presenza di
“vecchia feccia”, tipo Buttiglione, mostrano la sostanza della
sua lista.
La
lista Monti è quella voluta dai padroni, dall'Europa, è fatta per
stabilire il governo che nascerà deve essere come lo vogliono loro,
“indipendentemente dal risultato elettorale”.
Questo
è il punto, sono loro stessi che dicono che le elezioni non valgono
niente. Il risultato è scontato! Questo da un lato deve spazzare via
le speranze di un cambiamento che venga dalle elezioni, dall'altra è
spia di un malessere del sistema italiano, che via via deve
rinunciare anche a quello che dice di essere.
Nessuna
illusione, quindi. I provvedimenti di sventagliata di aumenti di
tasse, di tariffe, prezzi, arrivati a fine anno, gli attacchi in
tutti i campi della vita sociale che si annunciano, dalla chiusura di
decine di università, ai tagli al lavoro e ai salari, tutti questi
attacchi non sono materia di campagna elettorale, né di differenti
programmi. Tutto è stato già deciso.
In
questo quadro le elezioni non ci servono come arma di combattimento.
In
certi casi i comunisti non si sottraggono alle elezioni per
ostacolare anche con l'azione parlamentare i provvedimenti del
governo, o per fare del parlamento una tribuna per chiamare i
proletari e le masse popolari alla lotta. Ma queste cose, con le
attuali leggi elettorali e parlamentari, non si possono fare. La
realtà mostra che quando fai una lotta pesi molto ma molto di più
di un deputato (vedi la No Tav). Perchè, quindi, dovremmo darci da
fare per un deputato invece che approfondire il distacco tra masse e
istituzioni? In queste elezioni utilizziamo un mix di lotte e di
scelte coraggiose di boicottaggio aperto. Questo è più conseguente
a quello che diciamo tutti i giorni.
Andiamo
avanti nell'analisi del voto. L'esito probabile delle elezioni, è
che il PD abbia la maggioranza relativa. Ma questo non significa che
Bersani sia il capo del governo, perchè se non hai la maggioranza
assoluta ti devi alleare con altre liste. In questo senso, l'unico
governo possibile del PD è quello con Monti (che deve essere capo
del governo). Avremo, quindi, un governo tecnico investito dal voto
elettorale.
Ma
nello stesso tempo Monti rischia molto, è il modo con cui ha
iniziato la campagna elettorale che lo fa rischiare. Monti dovrebbe
prendere voti dal PD (Renziani, Ichino, ecc.), da ex vicini a
Berlusconi, o raccoglie questi altri voti, o i voti alle tre liste
che ha messo insieme non bastano.
In
questa situazione Berlusconi tornerebbe effettivamente ad avere un
peso..
La
borghesia si è messa in un vicolo cieco, in una instabilità
maggiore di prima.
Fuori
da questo quadro, altre soluzioni sono difficili. Certo, Berlusconi
non va sottovalutato, raccoglie il fondo del barile, che purtroppo
non finisce mai (aree fasciste), ma è difficile che metta in
discussione i risultati elettorali. Berlusconi e PdL sarebbe comunque
una presenza incombente in parlamento. Il partito di Berlusconi è
sempre più un misto di fasci, leghisti, puttanieri, il listino di
Berlusconi è fatto con i “pizzini”. Ma resta una realtà che può
incidere. Sotto questo punto di vista, resta un problema di cui tener
conto nell'evoluzione della situazione politica.
Poi
c'è il voto a Grillo che potrebbe arrivare ad essere il 2°o 3°
partito, che però non è spendibile dalla borghesia. La lista Grillo
è una fusione di tre questioni: Grillo, i grillini e chi li vota che
in generale esprimono un voto di protesta. Grillo è un demagogo
senza futuro, esprime un populismo impregnato di destra, gli eletti
grillini non sono nessuno - per questo Grillo dice che non devono
aprire bocca – e questi grillini, una volta eletti, si posizionano
nel loro vero partito (come è già accaduto). Quindi questa lista
non è una vera opposizione, non serve a cambiare i meccanismi
interni.
Rispetto
alla Lega, Berlusconi ha indispensabile bisogno dell'aiuto della
Lega, ma essa non si allea con Berlusconi e, quindi, rischia di non
arrivare al parlamento, è in caduta libera; si trova di fronte a
questa situazione ingarbugliata: se si allea con Berlusconi perde i
suoi voti ma viene eletta in parlamento; se si presenta da sola
rischia di non andare proprio in parlamento.
Sulle
altre varianti di presenza alle elezioni, ne parleremo dopo. Ma
comunque anche queste altre liste non porterebbe parlamentari di
sinistra nel parlamento.
Noi
dobbiamo pensare a ben altro, costruire la forza e organizzazione dei
lavoratori, dei giovani, delle donne, sviluppando l'autonomia
soggettiva dei proletari e delle masse popolari.
L'unico
modo per pesare anche nelle elezioni è il boicottaggio elettorale.
L'opposizione
nel nostro paese non cresce su base parlamentare.
Proletari
comunisti
pc 5-6-7 gennaio - LE ELEZIONI E LA COSTITUZIONE CHE VERRA’: LEGITTIMAZIONE DELLO STATO DEL FASCISMO, DEL RAZZISMO DELLA GUERRA IMPERIALISTA, tre casi emblematici
Lapide per i partigiani presa
di mira dai vandali
E' accaduto in via Guerzoni
L'indignazione
dell'Anpi Milano sull'accaduto: "Questo episodio si inserisce nel
rifiorire nella nostra città di movimenti neofascisti e neonazisti, con
l’apertura di nuove sedi e punti di riferimento"
Milano, 5
gennaio 2013 - Monumento ai caduti della Resistenza in via Guerzoni
preso di mira dai vandali. La polizia è intervenuta questa notte dopo un
principio di incendio che è stato spento dai vigili del fuoco.
Secondo le
prime indagini, ignoti avrebbero appiccato il fuoco a un manifesto
affisso vicino alla lapide, quindi le fiamme hanno interessato le corone
che hanno preso fuoco. Al momento sono in corso le indagini per far
luce sull'accaduto.
Sull'accaduto,
l’Anpi Provinciale di Milano, esprime "la propria indignazione e
la propria ferma condanna del grave gesto compiuto nella notte tra venerdì e
sabato 5 gennaio ai danni della lapide posta in via Guerzoni, dedicata ai
partigiani caduti nella lotta di Liberazione contro il nazifascismo".
"Questa
ennesima provocazione neofascista, preceduta il 2 dicembre 2012 dall’aggressione di un
militante di un centro sociale milanese da parte di un gruppo di naziskin, si
inserisce nel rifiorire nella nostra città di movimenti neofascisti e
neonazisti, con l’apertura di nuove sedi e punti di riferimento - dichiara
Roberto Cenati, presidente Anpi Milano -. L’Anpi Provinciale di Milano
nell’esprimere la propria preoccupazione per il rinnovato manifestarsi di
questi movimenti che si pongono in aperto contrasto con i principi e i
valori sanciti dalla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza,
sottolinea l’urgenza di un impegno comune delle istituzioni, delle forze
preposte alla difesa dell’ordine pubblico, dei partiti, dell’associazionismo
democratico, dei cittadini, affinchè queste inaccettabili provocazioni
neofasciste abbiano finalmente a cessare e diventino improponibili a Milano,
Città Medaglia d’Oro della Resistenza".
Trapani come l’Alabama degli
anni ’60: bus separati per bianchi e immigrati
Vicino alla frazione di Salinagrande sorge un centro
per richiedenti asilo africani che usano mezzi pubblici per spostarsi in
centro. La proposta del consigliere comunale Andrea Vassallo per risolvere il
sovraffollamento dei trasporti: "Gli immigrati spesso creano un clima di
tensione"
Due linee di
autobus diverse: una per gli “indigeni” bianchi , l’altra per gli immigrati
africani, dovutamente scortati dalla polizia. Sembra l’Alabama
degli anni ’60 e invece è semplicemente Trapani nel 2013. Nella città
siciliana, infatti, da qualche tempo i cittadini lamentano un problema: gli
autobus che collegano il centro della città con la periferia meridionale sono
spesso troppo affollati. Questo perché dalle parti della frazione di Salinagrande
sorge un centro per richiedenti asilo, uno dei più grandi dell’isola con circa
260 ospiti, soprattutto africani. Logico dunque che i rifugiati ospiti di
Salinagrande utilizzino i mezzi pubblici per spostarsi in centro. Solo che in
questo modo le linee esistenti non sono sufficienti per servire la popolazione
dei quartieri periferici trapanesi. Come risolvere la situazione? Forse
aumentando le corse degli autobus? Ma neanche per idea. Piuttosto si potrebbero
creare due linee diverse: una per i bianchi e una per i neri.
L’insana
proposta è contenuta in un comunicato ufficiale pubblicato sul sito del comune
di Trapani e firmato dal consigliere comunale Andrea Vassallo,
presidente socialista della sesta commissione per le problematiche del
territorio urbano. “Sono state rappresentate al Presidente Saluto (il
dirigente dell’azienda municipale dei trasporti, ndr) le numerose
lamentele degli abituali viaggiatori indigeni della tratta i quali riferiscono
di comportamenti poco civili adottati dagli immigrati che spesso creano ed
alimentano all’interno del bus un clima di tensione tale da lasciar presagire,
prima o poi, il verificarsi di episodi spiacevoli”, avverte Vassallo nel
comunicato ufficiale. Quale soluzione adottare dunque per evitare che si
verifichino i non meglio specificati “episodi spiacevoli”? “Opportuno sarebbe,
a parere della Commissione – si legge sempre nell’atto pubblicato on line –
valutare l’ipotesi di istituire un servizio di trasporto esclusivamente
dedicato ad essi”. Ma non solo. Perché, sempre secondo Vassallo, gli autobus
che dovrebbero essere utilizzati soltanto dagli immigrati dovrebbero
addirittura essere sottoposti “a controllo da parte della polizia, al fine di
scongiurare i pericoli di ordine pubblico che potrebbero malauguratamente
ingenerarsi”.
“Una
proposta , quella della sesta commissione consiliare del comune di Trapani, che
farebbe piombare la nostra città direttamente nel Sudafrica dell’apartheid”
scrive il blogger Natale Salvo, che ha sollevato il caso. Una proposta
davvero estrema, che ha subito provocato le aspre repliche degli altri
esponenti politici. “Esprimiamo e rabbia per questa proposta: questo è
apartheid!” è il commento di Francesco Bellina, dirigente di Rifondazione
Comunista a Trapani. “Evidentemente ai consiglieri proponenti nulla dice la
storia di Rosa Parks, che nel 1955, rifiutandosi di cedere il posto
sull’autobus ad un bianco, diede vita al famoso ‘boicottaggio degli autobus’ a Montgomery”
è invece la replica di Fabio Bongiovanni dell’Udc.
Anche gli
altri componenti della commissione presieduta da Vassallo, però, hanno subito
preso le distanze dalla proposta del “doppio autobus razziale”. “Non ricordo
una proposta del genere, non so se ero presente alla seduta della commissione,
ma è ovvio che una cosa del genere non può esistere in nessun posto,
soprattutto a Trapani, da sempre aperta e ospitale con gli immigrati” è
l’immediata marcia indietro di Francesco Briale, che è addirittura
capogruppo in consiglio dei Riformisti, lo stesso partito al quale appartiene
Vassallo. Che nel frattempo ha deciso di prendere le distanze dalla sua stessa
proposta. “Non sono razzista, se solo mi conoscesse non penserebbe male di me –
si giustifica il consigliere autore della proposta – Quello degli autobus è un
reale problema della comunità e andava affrontato, ma non certo nel modo
estremo in cui è stato espresso nel comunicato stampa. Volevo solo che la
polizia s’interessasse ai casi di disordini”. Ma chi ha scritto il comunicato
stampa, che proponeva di far precipitare Trapani all’anno zero
dell’integrazione? Ma sempre lui ovviamente, il consigliere Vassallo. Che però
adesso chiede scusa, promettendo di auto rettificarsi: “Sono inesperto, sono in
politica da sei mesi. Volevo dare rilevanza al problema ma ho sbagliato il modo
dell’esposizione nel comunicato stampa. Domani manderò una rettifica. Forse era
meglio evitare quel passaggio sulle linee di autobus separate per gli
immigrati”. Sì, forse era meglio evitarlo. Anzi, sicuramente.
L’abusata
nozione di ‘intelligenza collettiva’ ha trovato in questi due giorni una delle
sue più felici applicazioni. Un articolo sulla vicenda della nave Enrica
Lexie del giornalista Matteo Miavaldi, ospitato sul blog del collettivo di
scrittori Wu Ming, ha
scatenato un’inchiesta collettiva che ha portato alla luce una serie di
gravi inesattezze date per buone dai media e dai politici italiani. E
soprattutto chiarito il ruolo giocato da alcuni personaggi. Come l’ingegnere Luigi
Di Stefano, autore di una perizia difensiva volta a scagionare i due
marò, subito
rilanciata dai maggiori media italiani e arrivata a essere illustrata in una
conferenza presso la Camera dei Deputati il 16 aprile. Peccato che sia
emerso come l’ingegnere non solo non è tale, ma è invece sicuramente un
dirigente nazionale di CasaPound. E suo figlio Simone, della
stessa associazione neofascista, è uno dei fondatori e il candidato alla presidenza
della Regione Lazio.
Tutto parte
dall’esaustivo articolo di Miavaldi, redattore dall’India di China Files, che peraltro non intendeva
entrare nel merito dell’innocenza o della colpevolezza di Salvatore Girone
e Massimiliano Latorre, date le evidenti difficoltà d’interpretazione
del diritto e delle convenzioni internazionali in materia. Piuttosto era teso a
squarciare il velo d’ipocrisia con cui i media e la politica italiana hanno
raccontato la storia. E ha aperto un ulteriore squarcio sulla vicenda. Nella
discussione sviluppatasi in seguito alla pubblicazione, è infatti intervenuto
Di Stefano in persona, che ha riproposto la sua perizia: basata su fotogrammi
provenienti da youtube, dai servizi dei telegiornali italiani e su
un’intervista rilasciata al settimanale Oggi in cui a parlare è un fantomatico
comandante/proprietario del peschereccio, Mr. Freddy Bosco.
Da qui
prende spunto l’inchiesta collettiva, dato che di un Mr. Freddy Bosco la rete
non offre traccia. Ecco che allora, piccato, l’ingegnere risponde con un
curriculum vitae, a suo dire “inappuntabile”, dove dichiara titoli e
collaborazioni con atenei che in realtà la controinchiesta scopre essere
inesistenti, o non accreditati. Come confermato
a ilfattoquotidiano.it dallo stesso Luigi Di Stefano, che ha ammesso
di non essere iscritto ad alcun Albo provinciale di ingegneri e di avere
conseguito la laurea, che dichiara “un semplice vezzo”, alla Adam
Smith University: ente para-universitario per l’apprendimento a distanza e
non accreditato. Un curriculum che invece
lo certifica come dirigente nazionale e responsabile delle politiche
energetiche di CasaPound. A dimostrazione che bastava informarsi su chi fosse il presunto
ingegnere e a quali associazioni appartenesse, prima di prendere per oro colato
le sue deduzioni.
Sarebbe
bastata una ricerca in rete. Ma probabilmente non è stato ritenuto opportuno
farlo. Inebriati da cotanto patriottismo ed essendo in così buona compagnia
nella difesa a prescindere dei due militari, alla stampa italiana non
interessava chi fosse la fonte e da dove attingesse le informazioni. Perché in
realtà la situazione è ancora più complessa. Come spiega lo stesso Di Stefano
a ilfattoquotidiano.it, per redigere la perizia tecnica, non è andato
molto oltre a una ricerca sulla rete: “Non ho mai telefonato in India, le fonti
indiane mi sono state rivelate da alcuni giornalisti italiani (cita alcuni
quotidiani ndr.) che avevano seguito il caso e avevano le loro fonti”. Quindi a
Di Stefano hanno riferito alcune informazioni e diversi dettagli tecnici per
l’estensione della famosa perizia gli stessi giornalisti che poi hanno
certificato e validato i loro articoli grazie alla sua perizia. “Anche sì –
risponde l’interessato -, se poi i dati non sono esatti hanno sbagliato loro”.
Una perizia
che tra l’altro non è ripresa solo dalla stampa, ma anche dal Parlamento. E dopo che era già stata
presentata proprio a Casa Pound (5 aprile) dieci giorni prima di arrivare fino alla conferenza
organizzata alla Camera dei Deputati (16 aprile) su invito “di un deputato
del PdL di cui non ricordo il nome” dice evasivo Di Stefano. Senza che
nessuno avanzasse dubbi sulla sua legittimazione. Solo i Radicali, che
hanno posto la questione al ministro Terzi senza ricevere peraltro
risposta. Quello che un’inchiesta di due giorni sviluppatasi in rete ha quindi
dimostrato è che da più parti, che si tratti della grande stampa o della
politica, per mesi in Italia si è dato credito e risalto alle affermazioni di
un dirigente della neofascista Casa Pound, presentato a torto come ingegnere
super partes. E senza nemmeno volere approfondire le fonti. Cosa che è invece
riuscita in brevissimo tempo grazie al lavoro di scavo, di ricerca e di
condivisione di diverse intelligenze connesse tra loro.
venerdì 4 gennaio 2013
pc 4 gennaio - Fiat Termini Imerese, il deserto avanza
pubblichiamo questo articolo tratto dalla rivista "S" di questa settimana perché dà un quadro abbastanza completo della situazione attuale degli operai dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese e mette in luce la posizione dei sindacalisti confederali di assoluta attesa e "attività" negativa per gli operai.
***
Il deserto avanza a Termini Imerese
il conto alla rovescia è partito da un
pezzo. Ma adesso che i conti si fanno in ore, l'impatto è diverso.
Sì, perché visto che la profezia Maya si è rivelata una boutade,
dal primo gennaio i lavoratori della Fiat e quelli dell'indotto (in
totale circa 2.200 persone) si troveranno a gestire oltre al danno
alche la beffa. Anche se lungo binari diversi. Perché se per gli
operai ex Fiat e Magneti Marelli (rispettivamente 1.400 e 135) il
secondo anno di cassa integrazione viene dato “quasi” per
scontato, per gli altri, ossia i circa 350 dell'indotto, l'unica cosa
data per scontata al momento è il licenziamento.
Per i primi, infatti, si attende che il
ministro del lLavoro, Elsa Fornero, così come assicurato quasi un
anno fa, pubblichi il decreto attuativo sugli esodati che riguarda
640 lavoratori della Fiat, e il cui via libera consentirà di
attivare il secondo anno di cassa integrazione per i lavoratori del
Lingotto. “Il governo si è impegnato a farsi portavoce con il
ministero del Lavoro sulla cig in deroga – dice il segretario della
Fiom d Palermo Roberto Mastrosimone -. Se ci fossero stati dei dubbi
la Fiat avrebbe dovuto prendere provvedimenti 45 giorni prima della
scadenza, cosa che non ha fatto e questo ci lascia ben sperare. Di
certo, però, fino a quando non avremo delle certezze non potremo
rasserenarci”.
Ma se per gli ex Fiat il futuro è
grigio (e la crisi di governo non aiuta di certo) per i lavoratori
dell'indotto è ancora più fosco. Quattro aziende su sei hanno
infatti già avviato le procedure di licenziamento degli operai e per
tutti il 2013 porta con sé lo spettro della mobilità (la cassa
integrazione in deroga, infatti, pare ipotesi difficilmente
percorribile visto che dovrebbe essere coperta per il 60% dallo Stato
e per il 40% dalla regione e che i fondi previsti per il prossimo
anno sono già stati ridotti notevolmente). “E' evidente –
commenta Mimma Calabrò, segretario generale della Fisascat Cisl –
come le difficoltà di mantenimento dei lavoratori occupati nelle
aziende del termitano sono chiaramente legate alla desertificazione
produttiva dell'area industriale di termini Imerese, dovuta alla
chiusura degli stabilimenti Fiat e dell'indotto, nonché alla crisi
che ha colpito numerose altre aziende come la blue Boats, la
Parmalat, la Lodetti. E nell'elenco va inserito anche il punto
vendita Aligroup di termini Imerese con i suoi 14 dipendenti e che è
già ufficialmente destinato alla chiusura”.
Un crollo vertiginoso e costante
contrastato al momento solo da proclami. “Siamo fortemente
preoccupati – dice Mastrosimone – anche perché ormai da tempo
non giungono notizie sul piano di re-industrializzazione di Termini
Imerese”.
Dal 2009 ad oggi, infatti, ossia da
quando è arrivato l'annuncio della chiusura del polo siciliano entro
il 2012, nessun passo in avanti è stato fatto. Anzi, più
precisamente, in questi anni Invitalia, l'advisor del ministero dello
Sviluppo economico incaricato di gestire il dopo-Fiat sotto la guida
di Domenico Arcuri, ha selezionato otto imprese. Di queste, tre sono
finite nel mirino della magistratura, una è stata travolta dai
debiti e le altre quattro da sole non possono garantire il futuro dei
lavoratori. Che oggi parlano di “sonora presa in giro dello Stato”
e della necessità “chiedere i danni a Invitalia”.
pc 4 gennaio - FILIPPINE, il PCF fa appello ad intensificare la lotta per il nuovo anno
"Le manifestazioni di massa sono
destinate ad intensificarsi e scuotere il sistema politico dominante
attualmente sotto il regime fantoccio Aquino antipopolare,
anti-democratico ... La richiesta di porre fine all'imperialismo, al
feudalesimo e al capitalismo burocratico, e per il rovesciamento del
sistema dominante semicoloniale e semifeudale sarà portata avanti
con forza dalle masse lavoratrici."
COMUNICATO STAMPA
PCF Information Bureau
31 Dic 2012
Il PCF fa appello ad un grande
avanzamento nella lotta armata e nella resistenza di massa nel 2013
Il Partito Comunista delle Filippine
(PCF) ha chiesto oggi al popolo filippino e alle sue forze
rivoluzionarie di lottare per un grande avanzamento nella lotta
armata e nella resistenza di massa nel 2013 in risposta alle
politiche del regime di Aquino che aggravano le condizioni
socio-economiche del popolo filippino e aprono ulteriormente il paese
all'intervento del governo degli Stati Uniti e al dominio economico
estero.
"Il continuo ricorso del regime
Aquino all'inganno, alla distorsione della statistica e alle mezze
verità, alla manipolazione dei media e dei sondaggi e alle trovate
pubblicitarie non può nascondere il peggioramento delle condizioni
del popolo filippino o placare il loro malcontento in fermento per il
fallimento di Aquino nel mantenere le promesse di cambiamento della
vita del popolo", ha detto il PCF.
"Dopo quasi tre anni, il regime
Aquino ha fallito miseramente nell'affrontare i problemi della
disoccupazione, dei contadini senza terra, dei senza casa, dei salari
bassi, della spirale dei prezzi, della fame e della povertà, delle
malattie e delle epidemie", ha aggiunto il PCF.
"Esso ha condotto una campagna di
repressione con conseguente ondata di violazioni dei diritti umani,
soprattutto nelle campagne, dove l'esercito impone la legge marziale
nelle comunità contadine che sono attive nelle lotte per la riforma
agraria e nell'opporsi alle operazioni di estrazione mineraria e
delle piantagioni."
"E' diventato chiaro che il popolo
filippino non ha altra risorsa, se non quella di intensificare le
proprie lotte rivoluzionarie di massa e di resistenza armata",
ha detto il PCF..
"Nel corso del prossimo anno, il
popolo filippino deve aumentare il suo livello di lotta contro
l'aumento del prezzo del petrolio, il congelamento dei salari e il
sistema dei due livelli salariali, la demolizione delle comunità
urbane povere, l'acquisizione arbitraria della terra, le incursioni
delle attività minerarie, l'aziendalizzazione del servizio della
sanità pubblica, il programma da K a 12, la privatizzazione di
scuole e ospedali pubblici, attraverso i cosiddetti programmi di
Partenariato Pubblico-Privato, i tentativi di cambiamento della carta
costituzionale per incorporare le politiche imposte dal FMI nella
costituzione delle Filippine e altri attacchi contro gli interessi
nazionali e democratici", ha detto il PCF.
"Le manifestazioni di massa sono
destinate ad intensificarsi e scuotere il sistema politico dominante
attualmente sotto il regime fantoccio Aquino antipopolare e
anti-democratico" ha detto il PCF. "La richiesta di porre
fine all'imperialismo, al feudalesimo e al capitalismo burocratico e
per un rovesciamento del sistema semicoloniale e semifeudale sarà
portata avanti con forza dalle masse lavoratrici."
"Nel corso degli ultimi anni, il
Nuovo Esercito del Popolo ha accumulato abbastanza potenza di fuoco,
forza organizzativa e di sostegno di massa per aumentare la sua
iniziativa e intensificare ulteriormente la lotta armata", ha
detto il PCF..
"Nel prossimo anno o nei prossimi
due, il NEP può realizzare un grande avanzamento", ha
sottolineato il PCF. "Potranno essere lanciate più offensive
tattiche e campagne militari e coordinate a livello dei diversi
fronti, interregionale e nazionale al fine di frustrare la guerra di
annientamento di Aquino portata avanti con piano Oplan Bayanihan,
sferrando colpi più letali contro il nemico e sequestrare armi da
fuoco ad un ritmo più veloce che negli ultimi dieci anni."
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