lunedì 7 gennaio 2013

pc 5-6-7 gennaio - l'attivo nazionale di 'proletari comunisti' rilancia la battaglia per la costruzione del Partito Comunista maoista in Italia !


pc 5-6-7 gennaio - Viva il 7° congresso del Partito Comunista del Nepal maoista ! sostegno alla rivoluzione nepalese !


pc 5-6-7 gennaio - LISTE ELETTORALI, UNA PRIMA ANALISI DI PARTE PROLETARIA

Aree di persone che non hanno votato guardano alle prossime elezioni come se fosse tutto uguale e ordinario. Questo se da un lato è vero, dall'altro è bene esaminare i vari passaggi che ci permettono di interpretare la situazione politica. I proletari non sono qualunquisti, i comunisti sono la parte avanzata e cosciente del proletariato, quindi occorre vedere i particolari, analizzare le dinamiche non fermandosi ad una visione superficiale, banale. Anche ora dobbiamo guardare dentro le cose, non certo perchè dobbiamo scegliere un partito “meno peggio”, ma per conoscerli uno per uno e vedere come sono negativi tutti.

La situazione in corso è partita dalle dimissioni di Monti, che noi abbiamo chiamato finte dimissioni. Monti è caduto da destra, è stato Berlusconi/PdL che lo ha fatto cadere, cercando di tornare in campo. Non è caduto sulla base di un opposizione parlamentare di “sinistra” o di un movimento in campo di opposizione democratica.
Bersani ha chiamato le primarie “democrazia”, salvo poi, come si è visto, non rispettare neanche la loro democrazia interna, gli “eletti” alle primarie alla fine stanno concorrendo per il 3° e 4° posto, perchè i primi sono già assegnati d'ufficio.

Come abbiamo scritto negli articoli precedenti in questo blog – in particolare il 22 e 24 dicembre e il 1° gennaio ciò che accomuna tutti i partiti è il loro essere servi dei padroni d'Europa e dell'Italia. E le elezioni sono solo una scelta di quale comitato d'affari della borghesia deve meglio scaricare la crisi sulle masse popolari.

Sulle liste.
Monti ha chiarito che il nemico è la “sinistra”, era partito che la colpa era di Berlusconi, ora invece dice che la colpa è della Cgil, di Landini, di Vendola...
La realtà non è così, come abbiamo visto. Monti è caduto per una “congiura di Palazzo” non per colpa della Cgil – purtroppo – diciamo noi - perchè questo avrebbe voluto dire che la Cgil aveva chiamato ad un “grande sciopero”, i lavoratori erano scesi in piazza contro il governo Monti, ecc.
Monti, poi, continuando sulla sua linea, ha chiarito che la “sinistra” ha una sola possibilità: silenziare la “sinistra”, Landini, Vendola, ecc. e combattere tutti coloro che non siano allineati; ha, quindi, affermato che o è lui capo del governo, o non accetta niente di meno. Questo è parecchio per un tecnico che nessuno ha eletto.
Tutto ciò si chiama dittatura dei tecnici, di maggiordomi del capitale. Questi “tecnici” prima si sono presentati con 'stile' per ridare “dignità ad un paese diventato barzelletta”, poi via via, questo Monti è diventato volgare, più simile ai suoi ministri. Monti dice che sta facendo una lista di “buona gente” ma la presenza di “vecchia feccia”, tipo Buttiglione, mostrano la sostanza della sua lista.
La lista Monti è quella voluta dai padroni, dall'Europa, è fatta per stabilire il governo che nascerà deve essere come lo vogliono loro, “indipendentemente dal risultato elettorale”.

Questo è il punto, sono loro stessi che dicono che le elezioni non valgono niente. Il risultato è scontato! Questo da un lato deve spazzare via le speranze di un cambiamento che venga dalle elezioni, dall'altra è spia di un malessere del sistema italiano, che via via deve rinunciare anche a quello che dice di essere.
Nessuna illusione, quindi. I provvedimenti di sventagliata di aumenti di tasse, di tariffe, prezzi, arrivati a fine anno, gli attacchi in tutti i campi della vita sociale che si annunciano, dalla chiusura di decine di università, ai tagli al lavoro e ai salari, tutti questi attacchi non sono materia di campagna elettorale, né di differenti programmi. Tutto è stato già deciso.
In questo quadro le elezioni non ci servono come arma di combattimento.
In certi casi i comunisti non si sottraggono alle elezioni per ostacolare anche con l'azione parlamentare i provvedimenti del governo, o per fare del parlamento una tribuna per chiamare i proletari e le masse popolari alla lotta. Ma queste cose, con le attuali leggi elettorali e parlamentari, non si possono fare. La realtà mostra che quando fai una lotta pesi molto ma molto di più di un deputato (vedi la No Tav). Perchè, quindi, dovremmo darci da fare per un deputato invece che approfondire il distacco tra masse e istituzioni? In queste elezioni utilizziamo un mix di lotte e di scelte coraggiose di boicottaggio aperto. Questo è più conseguente a quello che diciamo tutti i giorni.

Andiamo avanti nell'analisi del voto. L'esito probabile delle elezioni, è che il PD abbia la maggioranza relativa. Ma questo non significa che Bersani sia il capo del governo, perchè se non hai la maggioranza assoluta ti devi alleare con altre liste. In questo senso, l'unico governo possibile del PD è quello con Monti (che deve essere capo del governo). Avremo, quindi, un governo tecnico investito dal voto elettorale.
Ma nello stesso tempo Monti rischia molto, è il modo con cui ha iniziato la campagna elettorale che lo fa rischiare. Monti dovrebbe prendere voti dal PD (Renziani, Ichino, ecc.), da ex vicini a Berlusconi, o raccoglie questi altri voti, o i voti alle tre liste che ha messo insieme non bastano.
In questa situazione Berlusconi tornerebbe effettivamente ad avere un peso..
La borghesia si è messa in un vicolo cieco, in una instabilità maggiore di prima.

Fuori da questo quadro, altre soluzioni sono difficili. Certo, Berlusconi non va sottovalutato, raccoglie il fondo del barile, che purtroppo non finisce mai (aree fasciste), ma è difficile che metta in discussione i risultati elettorali. Berlusconi e PdL sarebbe comunque una presenza incombente in parlamento. Il partito di Berlusconi è sempre più un misto di fasci, leghisti, puttanieri, il listino di Berlusconi è fatto con i “pizzini”. Ma resta una realtà che può incidere. Sotto questo punto di vista, resta un problema di cui tener conto nell'evoluzione della situazione politica.
Poi c'è il voto a Grillo che potrebbe arrivare ad essere il 2°o 3° partito, che però non è spendibile dalla borghesia. La lista Grillo è una fusione di tre questioni: Grillo, i grillini e chi li vota che in generale esprimono un voto di protesta. Grillo è un demagogo senza futuro, esprime un populismo impregnato di destra, gli eletti grillini non sono nessuno - per questo Grillo dice che non devono aprire bocca – e questi grillini, una volta eletti, si posizionano nel loro vero partito (come è già accaduto). Quindi questa lista non è una vera opposizione, non serve a cambiare i meccanismi interni.
Rispetto alla Lega, Berlusconi ha indispensabile bisogno dell'aiuto della Lega, ma essa non si allea con Berlusconi e, quindi, rischia di non arrivare al parlamento, è in caduta libera; si trova di fronte a questa situazione ingarbugliata: se si allea con Berlusconi perde i suoi voti ma viene eletta in parlamento; se si presenta da sola rischia di non andare proprio in parlamento.
Sulle altre varianti di presenza alle elezioni, ne parleremo dopo. Ma comunque anche queste altre liste non porterebbe parlamentari di sinistra nel parlamento.

Noi dobbiamo pensare a ben altro, costruire la forza e organizzazione dei lavoratori, dei giovani, delle donne, sviluppando l'autonomia soggettiva dei proletari e delle masse popolari.
L'unico modo per pesare anche nelle elezioni è il boicottaggio elettorale.
L'opposizione nel nostro paese non cresce su base parlamentare.

Proletari comunisti




pc 5-6-7 gennaio - LE ELEZIONI E LA COSTITUZIONE CHE VERRA’: LEGITTIMAZIONE DELLO STATO DEL FASCISMO, DEL RAZZISMO DELLA GUERRA IMPERIALISTA, tre casi emblematici


Lapide per i partigiani presa di mira dai vandali
E' accaduto in via Guerzoni
L'indignazione dell'Anpi Milano sull'accaduto: "Questo episodio si inserisce nel rifiorire nella nostra città di movimenti neofascisti e neonazisti, con l’apertura di nuove sedi e punti di riferimento"

Milano, 5 gennaio 2013 - Monumento ai caduti della Resistenza in via Guerzoni preso di mira dai vandali. La polizia è intervenuta questa notte dopo un principio di incendio che è stato spento dai vigili del fuoco.
Secondo le prime indagini, ignoti avrebbero appiccato il fuoco a un manifesto affisso vicino alla lapide, quindi le fiamme hanno interessato le corone che hanno preso fuoco. Al momento sono in corso le indagini per far luce sull'accaduto.
Sull'accaduto, l’Anpi Provinciale di Milano, esprime "la propria indignazione e la propria ferma condanna del grave gesto compiuto nella notte tra venerdì e sabato 5 gennaio ai danni della lapide posta in via Guerzoni, dedicata ai partigiani caduti nella lotta di Liberazione contro il nazifascismo".

"Questa ennesima provocazione neofascista, preceduta il 2 dicembre 2012 dall’aggressione di un militante di un centro sociale milanese da parte di un gruppo di naziskin, si inserisce nel rifiorire nella nostra città di movimenti neofascisti e neonazisti, con l’apertura di nuove sedi e punti di riferimento - dichiara Roberto Cenati, presidente Anpi Milano -. L’Anpi Provinciale di Milano nell’esprimere la propria preoccupazione per il rinnovato manifestarsi di questi movimenti che si pongono in aperto contrasto con i principi e i valori sanciti dalla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, sottolinea l’urgenza di un impegno comune delle istituzioni, delle forze preposte alla difesa dell’ordine pubblico, dei partiti, dell’associazionismo democratico, dei cittadini, affinchè queste inaccettabili provocazioni neofasciste abbiano finalmente a cessare e diventino improponibili a Milano, Città Medaglia d’Oro della Resistenza".

Trapani come l’Alabama degli anni ’60: bus separati per bianchi e immigrati
Vicino alla frazione di Salinagrande sorge un centro per richiedenti asilo africani che usano mezzi pubblici per spostarsi in centro. La proposta del consigliere comunale Andrea Vassallo per risolvere il sovraffollamento dei trasporti: "Gli immigrati spesso creano un clima di tensione"
Due linee di autobus diverse: una per gli “indigeni” bianchi , l’altra per gli immigrati africani, dovutamente scortati dalla polizia. Sembra l’Alabama degli anni ’60 e invece è semplicemente Trapani nel 2013. Nella città siciliana, infatti, da qualche tempo i cittadini lamentano un problema: gli autobus che collegano il centro della città con la periferia meridionale sono spesso troppo affollati. Questo perché dalle parti della frazione di Salinagrande sorge un centro per richiedenti asilo, uno dei più grandi dell’isola con circa 260 ospiti, soprattutto africani. Logico dunque che i rifugiati ospiti di Salinagrande utilizzino i mezzi pubblici per spostarsi in centro. Solo che in questo modo le linee esistenti non sono sufficienti per servire la popolazione dei quartieri periferici trapanesi. Come risolvere la situazione? Forse aumentando le corse degli autobus? Ma neanche per idea. Piuttosto si potrebbero creare due linee diverse: una per i bianchi e una per i neri.
L’insana proposta è contenuta in un comunicato ufficiale pubblicato sul sito del comune di Trapani e firmato dal consigliere comunale Andrea Vassallo, presidente socialista della sesta commissione per le problematiche del territorio urbano. “Sono state rappresentate al Presidente Saluto (il dirigente dell’azienda municipale dei trasporti, ndr) le numerose lamentele degli abituali viaggiatori indigeni della tratta i quali riferiscono di comportamenti poco civili adottati dagli immigrati che spesso creano ed alimentano all’interno del bus un clima di tensione tale da lasciar presagire, prima o poi, il verificarsi di episodi spiacevoli”, avverte Vassallo nel comunicato ufficiale. Quale soluzione adottare dunque per evitare che si verifichino i non meglio specificati “episodi spiacevoli”? “Opportuno sarebbe, a parere della Commissione – si legge sempre nell’atto pubblicato on line – valutare l’ipotesi di istituire un servizio di trasporto esclusivamente dedicato ad essi”. Ma non solo. Perché, sempre secondo Vassallo, gli autobus che dovrebbero essere utilizzati soltanto dagli immigrati dovrebbero addirittura essere sottoposti “a controllo da parte della polizia, al fine di scongiurare i pericoli di ordine pubblico che potrebbero malauguratamente ingenerarsi”.
“Una proposta , quella della sesta commissione consiliare del comune di Trapani, che farebbe piombare la nostra città direttamente nel Sudafrica dell’apartheid” scrive il blogger Natale Salvo, che ha sollevato il caso. Una proposta davvero estrema, che ha subito provocato le aspre repliche degli altri esponenti politici. “Esprimiamo e rabbia per questa proposta: questo è apartheid!” è il commento di Francesco Bellina, dirigente di Rifondazione Comunista a Trapani. “Evidentemente ai consiglieri proponenti nulla dice la storia di Rosa Parks, che nel 1955, rifiutandosi di cedere il posto sull’autobus ad un bianco, diede vita al famoso ‘boicottaggio degli autobus’ a Montgomery” è invece la replica di Fabio Bongiovanni dell’Udc.
Anche gli altri componenti della commissione presieduta da Vassallo, però, hanno subito preso le distanze dalla proposta del “doppio autobus razziale”. “Non ricordo una proposta del genere, non so se ero presente alla seduta della commissione, ma è ovvio che una cosa del genere non può esistere in nessun posto, soprattutto a Trapani, da sempre aperta e ospitale con gli immigrati” è l’immediata marcia indietro di Francesco Briale, che è addirittura capogruppo in consiglio dei Riformisti, lo stesso partito al quale appartiene Vassallo. Che nel frattempo ha deciso di prendere le distanze dalla sua stessa proposta. “Non sono razzista, se solo mi conoscesse non penserebbe male di me – si giustifica il consigliere autore della proposta – Quello degli autobus è un reale problema della comunità e andava affrontato, ma non certo nel modo estremo in cui è stato espresso nel comunicato stampa. Volevo solo che la polizia s’interessasse ai casi di disordini”. Ma chi ha scritto il comunicato stampa, che proponeva di far precipitare Trapani all’anno zero dell’integrazione? Ma sempre lui ovviamente, il consigliere Vassallo. Che però adesso chiede scusa, promettendo di auto rettificarsi: “Sono inesperto, sono in politica da sei mesi. Volevo dare rilevanza al problema ma ho sbagliato il modo dell’esposizione nel comunicato stampa. Domani manderò una rettifica. Forse era meglio evitare quel passaggio sulle linee di autobus separate per gli immigrati”. Sì, forse era meglio evitarlo. Anzi, sicuramente.






L’abusata nozione di ‘intelligenza collettiva’ ha trovato in questi due giorni una delle sue più felici applicazioni. Un articolo sulla vicenda della nave Enrica Lexie del giornalista Matteo Miavaldi, ospitato sul blog del collettivo di scrittori Wu Ming, ha scatenato un’inchiesta collettiva che ha portato alla luce una serie di gravi inesattezze date per buone dai media e dai politici italiani. E soprattutto chiarito il ruolo giocato da alcuni personaggi. Come l’ingegnere Luigi Di Stefano, autore di una perizia difensiva volta a scagionare i due marò, subito rilanciata dai maggiori media italiani e arrivata a essere illustrata in una conferenza presso la Camera dei Deputati il 16 aprile. Peccato che sia emerso come l’ingegnere non solo non è tale, ma è invece sicuramente un dirigente nazionale di CasaPound. E suo figlio Simone, della stessa associazione neofascista, è uno dei fondatori e il candidato alla presidenza della Regione Lazio

Tutto parte dall’esaustivo articolo di Miavaldi, redattore dall’India di China Files, che peraltro non intendeva entrare nel merito dell’innocenza o della colpevolezza di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, date le evidenti difficoltà d’interpretazione del diritto e delle convenzioni internazionali in materia. Piuttosto era teso a squarciare il velo d’ipocrisia con cui i media e la politica italiana hanno raccontato la storia. E ha aperto un ulteriore squarcio sulla vicenda. Nella discussione sviluppatasi in seguito alla pubblicazione, è infatti intervenuto Di Stefano in persona, che ha riproposto la sua perizia: basata su fotogrammi provenienti da youtube, dai servizi dei telegiornali italiani e su un’intervista rilasciata al settimanale Oggi in cui a parlare è un fantomatico comandante/proprietario del peschereccio, Mr. Freddy Bosco.

Da qui prende spunto l’inchiesta collettiva, dato che di un Mr. Freddy Bosco la rete non offre traccia. Ecco che allora, piccato, l’ingegnere risponde con un curriculum vitae, a suo dire “inappuntabile”, dove dichiara titoli e collaborazioni con atenei che in realtà la controinchiesta scopre essere inesistenti, o non accreditati. Come confermato a ilfattoquotidiano.it dallo stesso Luigi Di Stefano, che ha ammesso di non essere iscritto ad alcun Albo provinciale di ingegneri e di avere conseguito la laurea, che dichiara “un semplice vezzo”, alla Adam Smith University: ente para-universitario per l’apprendimento a distanza e non accreditato. Un curriculum che invece lo certifica come dirigente nazionale e responsabile delle politiche energetiche di CasaPound.  A dimostrazione che bastava informarsi su chi fosse il presunto ingegnere e a quali associazioni appartenesse, prima di prendere per oro colato le sue deduzioni.

Sarebbe bastata una ricerca in rete. Ma probabilmente non è stato ritenuto opportuno farlo. Inebriati da cotanto patriottismo ed essendo in così buona compagnia nella difesa a prescindere dei due militari, alla stampa italiana non interessava chi fosse la fonte e da dove attingesse le informazioni. Perché in realtà la situazione è ancora più complessa. Come spiega lo stesso Di Stefano a ilfattoquotidiano.it, per redigere la perizia tecnica, non è andato molto oltre a una ricerca sulla rete: “Non ho mai telefonato in India, le fonti indiane mi sono state rivelate da alcuni giornalisti italiani (cita alcuni quotidiani ndr.) che avevano seguito il caso e avevano le loro fonti”. Quindi a Di Stefano hanno riferito alcune informazioni e diversi dettagli tecnici per l’estensione della famosa perizia gli stessi giornalisti che poi hanno certificato e validato i loro articoli grazie alla sua perizia. “Anche sì – risponde l’interessato -, se poi i dati non sono esatti hanno sbagliato loro”.

Una perizia che tra l’altro non è ripresa solo dalla stampa, ma anche dal Parlamento. E dopo che era già stata presentata proprio a Casa Pound (5 aprile)  dieci giorni prima di arrivare fino alla conferenza organizzata alla Camera dei Deputati (16 aprile) su invito “di un deputato del PdL di cui non ricordo il nome” dice evasivo Di Stefano. Senza che nessuno avanzasse dubbi sulla sua legittimazione. Solo i Radicali, che hanno posto la questione al ministro Terzi senza ricevere peraltro risposta. Quello che un’inchiesta di due giorni sviluppatasi in rete ha quindi dimostrato è che da più parti, che si tratti della grande stampa o della politica, per mesi in Italia si è dato credito e risalto alle affermazioni di un dirigente della neofascista Casa Pound, presentato a torto come ingegnere super partes. E senza nemmeno volere approfondire le fonti. Cosa che è invece riuscita in brevissimo tempo grazie al lavoro di scavo, di ricerca e di condivisione di diverse intelligenze connesse tra loro.



venerdì 4 gennaio 2013

pc 4 gennaio - Fiat Termini Imerese, il deserto avanza


pubblichiamo questo articolo tratto dalla rivista "S" di questa settimana perché dà un quadro abbastanza completo della situazione attuale degli operai dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese e mette in luce la posizione dei sindacalisti confederali di assoluta attesa e "attività" negativa per gli operai.

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Il deserto avanza a Termini Imerese

il conto alla rovescia è partito da un pezzo. Ma adesso che i conti si fanno in ore, l'impatto è diverso. Sì, perché visto che la profezia Maya si è rivelata una boutade, dal primo gennaio i lavoratori della Fiat e quelli dell'indotto (in totale circa 2.200 persone) si troveranno a gestire oltre al danno alche la beffa. Anche se lungo binari diversi. Perché se per gli operai ex Fiat e Magneti Marelli (rispettivamente 1.400 e 135) il secondo anno di cassa integrazione viene dato “quasi” per scontato, per gli altri, ossia i circa 350 dell'indotto, l'unica cosa data per scontata al momento è il licenziamento.
Per i primi, infatti, si attende che il ministro del lLavoro, Elsa Fornero, così come assicurato quasi un anno fa, pubblichi il decreto attuativo sugli esodati che riguarda 640 lavoratori della Fiat, e il cui via libera consentirà di attivare il secondo anno di cassa integrazione per i lavoratori del Lingotto. “Il governo si è impegnato a farsi portavoce con il ministero del Lavoro sulla cig in deroga – dice il segretario della Fiom d Palermo Roberto Mastrosimone -. Se ci fossero stati dei dubbi la Fiat avrebbe dovuto prendere provvedimenti 45 giorni prima della scadenza, cosa che non ha fatto e questo ci lascia ben sperare. Di certo, però, fino a quando non avremo delle certezze non potremo rasserenarci”.
Ma se per gli ex Fiat il futuro è grigio (e la crisi di governo non aiuta di certo) per i lavoratori dell'indotto è ancora più fosco. Quattro aziende su sei hanno infatti già avviato le procedure di licenziamento degli operai e per tutti il 2013 porta con sé lo spettro della mobilità (la cassa integrazione in deroga, infatti, pare ipotesi difficilmente percorribile visto che dovrebbe essere coperta per il 60% dallo Stato e per il 40% dalla regione e che i fondi previsti per il prossimo anno sono già stati ridotti notevolmente). “E' evidente – commenta Mimma Calabrò, segretario generale della Fisascat Cisl – come le difficoltà di mantenimento dei lavoratori occupati nelle aziende del termitano sono chiaramente legate alla desertificazione produttiva dell'area industriale di termini Imerese, dovuta alla chiusura degli stabilimenti Fiat e dell'indotto, nonché alla crisi che ha colpito numerose altre aziende come la blue Boats, la Parmalat, la Lodetti. E nell'elenco va inserito anche il punto vendita Aligroup di termini Imerese con i suoi 14 dipendenti e che è già ufficialmente destinato alla chiusura”.
Un crollo vertiginoso e costante contrastato al momento solo da proclami. “Siamo fortemente preoccupati – dice Mastrosimone – anche perché ormai da tempo non giungono notizie sul piano di re-industrializzazione di Termini Imerese”.
Dal 2009 ad oggi, infatti, ossia da quando è arrivato l'annuncio della chiusura del polo siciliano entro il 2012, nessun passo in avanti è stato fatto. Anzi, più precisamente, in questi anni Invitalia, l'advisor del ministero dello Sviluppo economico incaricato di gestire il dopo-Fiat sotto la guida di Domenico Arcuri, ha selezionato otto imprese. Di queste, tre sono finite nel mirino della magistratura, una è stata travolta dai debiti e le altre quattro da sole non possono garantire il futuro dei lavoratori. Che oggi parlano di “sonora presa in giro dello Stato” e della necessità “chiedere i danni a Invitalia”.

pc 4 gennaio - FILIPPINE, il PCF fa appello ad intensificare la lotta per il nuovo anno


"Le manifestazioni di massa sono destinate ad intensificarsi e scuotere il sistema politico dominante attualmente sotto il regime fantoccio Aquino antipopolare, anti-democratico ... La richiesta di porre fine all'imperialismo, al feudalesimo e al capitalismo burocratico, e per il rovesciamento del sistema dominante semicoloniale e semifeudale sarà portata avanti con forza dalle masse lavoratrici."

COMUNICATO STAMPA
PCF Information Bureau
31 Dic 2012

Il PCF fa appello ad un grande avanzamento nella lotta armata e nella resistenza di massa nel 2013

Il Partito Comunista delle Filippine (PCF) ha chiesto oggi al popolo filippino e alle sue forze rivoluzionarie di lottare per un grande avanzamento nella lotta armata e nella resistenza di massa nel 2013 in risposta alle politiche del regime di Aquino che aggravano le condizioni socio-economiche del popolo filippino e aprono ulteriormente il paese all'intervento del governo degli Stati Uniti e al dominio economico estero.

"Il continuo ricorso del regime Aquino all'inganno, alla distorsione della statistica e alle mezze verità, alla manipolazione dei media e dei sondaggi e alle trovate pubblicitarie non può nascondere il peggioramento delle condizioni del popolo filippino o placare il loro malcontento in fermento per il fallimento di Aquino nel mantenere le promesse di cambiamento della vita del popolo", ha detto il PCF.

"Dopo quasi tre anni, il regime Aquino ha fallito miseramente nell'affrontare i problemi della disoccupazione, dei contadini senza terra, dei senza casa, dei salari bassi, della spirale dei prezzi, della fame e della povertà, delle malattie e delle epidemie", ha aggiunto il PCF.

"Esso ha condotto una campagna di repressione con conseguente ondata di violazioni dei diritti umani, soprattutto nelle campagne, dove l'esercito impone la legge marziale nelle comunità contadine che sono attive nelle lotte per la riforma agraria e nell'opporsi alle operazioni di estrazione mineraria e delle piantagioni."

"E' diventato chiaro che il popolo filippino non ha altra risorsa, se non quella di intensificare le proprie lotte rivoluzionarie di massa e di resistenza armata", ha detto il PCF..

"Nel corso del prossimo anno, il popolo filippino deve aumentare il suo livello di lotta contro l'aumento del prezzo del petrolio, il congelamento dei salari e il sistema dei due livelli salariali, la demolizione delle comunità urbane povere, l'acquisizione arbitraria della terra, le incursioni delle attività minerarie, l'aziendalizzazione del servizio della sanità pubblica, il programma da K a 12, la privatizzazione di scuole e ospedali pubblici, attraverso i cosiddetti programmi di Partenariato Pubblico-Privato, i tentativi di cambiamento della carta costituzionale per incorporare le politiche imposte dal FMI nella costituzione delle Filippine e altri attacchi contro gli interessi nazionali e democratici", ha detto il PCF.

"Le manifestazioni di massa sono destinate ad intensificarsi e scuotere il sistema politico dominante attualmente sotto il regime fantoccio Aquino antipopolare e anti-democratico" ha detto il PCF. "La richiesta di porre fine all'imperialismo, al feudalesimo e al capitalismo burocratico e per un rovesciamento del sistema semicoloniale e semifeudale sarà portata avanti con forza dalle masse lavoratrici."

"Nel corso degli ultimi anni, il Nuovo Esercito del Popolo ha accumulato abbastanza potenza di fuoco, forza organizzativa e di sostegno di massa per aumentare la sua iniziativa e intensificare ulteriormente la lotta armata", ha detto il PCF..

"Nel prossimo anno o nei prossimi due, il NEP può realizzare un grande avanzamento", ha sottolineato il PCF. "Potranno essere lanciate più offensive tattiche e campagne militari e coordinate a livello dei diversi fronti, interregionale e nazionale al fine di frustrare la guerra di annientamento di Aquino portata avanti con piano Oplan Bayanihan, sferrando colpi più letali contro il nemico e sequestrare armi da fuoco ad un ritmo più veloce che negli ultimi dieci anni."