Riportiamo di seguito qualche appunto, essenzialmente dei nostri interventi alla presentazione del libro “Lenin, il pensiero strategico, il partito, il combattimento, la rivoluzione” curato da Emilio Quadrelli che agli inizi di dicembre è stata organizzata a Palermo dal circolo di proletari comunisti e dal Viklab occupato (che qualche giorno fa è stato purtroppo sgomberato dalla polizia).
Naturalmente questi appunti sono i nostri e possono non coincidere con quelli di chi ha partecipato; altri interventi in aggiunta o di aggiustamento potrebbero servire a mantenere aperto il dibattito.
Il libro che raccoglie una serie di scritti di Lenin è diviso in tre parti precedute da una introduzione generale e da una specifica introduzione per ognuna delle parti. Naturalmente il libro offre una miriade di spunti per importanti riflessioni per l’analisi e la lotta da condurre che non si possono esaurire in una serata...
La presentazione dell’iniziativa è stata fatta da un compagno del Laboratorio e da una compagna del circolo che si è soffermata sull’aspetto importante riportato dall’introduzione del libro che è il nesso pratica-teoria-pratica e sulla necessità posta dagli scritti sulle risposte organizzative prendendo ad esempio la rivolta della gioventù di Londra, e l’importanza della teoria in tutto questo.
Il compagno Quadrelli è intervenuto riprendendo l’introduzione generale del libro... soffermandosi su quella che lui chiama la controrivoluzione aperta che dura da 20 anni, e dicendo che questa, che si può considerare una sconfitta per i comunisti è madre di esperienza... perché comunque la storia non è finita come inutilmente provano a dire i borghesi con i loro intellettuali (Fukuyama su tutti) o che si inventano categorie stile “impero” come fa Negri... e infatti, allargando la visuale alla prospettiva internazionale si vede come le masse, in questo contesto generale, rispondono con la lotta; per esempio il 15 ottobre in Italia ha significato qualcosa, o appunto la rivolta di Londra, ma anche le rivolte nei paesi arabi che però mostrano il pericolo della mancata “organizzazione” che lascia spazio, per esempio ai Fratelli musulmani.
Questo “abbandono” da parte di organizzazioni di massa come sindacati e partiti “storici” affetti, non solo loro, da “eurocentrismo” lascia “che le masse si arrangino”. E ci troviamo davanti ad un ciclo di disordini e repressione infiniti. Le Organizzazioni di massa come quella sindacale vengono messe in discussione, in questo contesto ci si chiede se ha senso stare nella Cgil, stare nei sindacati di massa.
In altro punto dell’introduzione, Quadrelli parla della dimensione internazionale della politica, e in riferimento all’analisi leninista della Russia di allora come “anello debole” della catena imperialista (e qui si evidenzia come Lenin proceda costantemente per salti/rotture) e si chiede se oggi può essere considerata la Grecia l’anello debole. Lo scopriremo analizzando, strada facendo, dice, il fatto è che c’è una via internazionale da ricostruire.
Per tornare all’oggi, dice che in Italia è necessaria una analisi della composizione di classe, interrogarsi sulla Forza lavoro (nel suo aspetto anche di esclusione sociale), e sulla fine della centralità operaia, in questo senso la cosa principale rimane la rappresentanza che è da organizzare nuovamente e, infatti Londra, il 15 ottobre a Roma, le banlieues… o rappresentano il vecchio oppure qualcosa da analizzare di nuovo, così come serve una analisi sugli immigrati che storicamente manca. Ma nel nostro paese è necessaria una analisi per quanto riguarda gli italiani: com’è che di fronte a tutto questo e comunque alle ribellioni generali, non si trova la soluzione? E qui la necessità di una nuova analisi generale che non si trova però per esempio nel sito di Uninomade...
E poi ci sono quelli che si soffermano sull’"estetica della politica", che sono "innamorati" del fuoco, ma questa non è la risposta, dice Quadrelli.
Gli interventi del circolo di proletari comunisti si concentrano sull’importanza dell’aspetto internazionale (le contraddizioni inter-imperialistiche sono importanti da capire per combattere l’imperialismo in generale e quello di casa nostra, esempio la differenza tra la Libia e l’Irak, c’è stata convergenza/divergenza tra i vari paesi imperialisti); sempre su questo aspetto è importante l’analisi della composizione di classe internazionale che diventa di importanza strategica internazionale: facendo un parallelismo tra Russia di allora, dove l’accento viene messo sugli operai, ma alleati ai contadini poveri e medi, e la Cina di allora dove in presenza di una classe operaia quasi inesistente rispetto alla Russia, Mao ha puntato sul partito comunista della classe operaia vincendo, e oggi dove contro le stupidaggini del capitalismo cognitivo e lavoro cognitivo è cambiata la divisione internazionale del lavoro, la classe operaia è in ascesa quantitativa in Cina, India e Brasile e resta sempre cuore del sistema, mentre il lavoratore cognitivo italiano come l'ingegnere per esempio lavora per estrarre più plusvalore dall'operaio, vedi Marchionne, il sistema Tmc2 ed Ergouas)...
Altro aspetto riportato nel libro è quello della concettualizzazione del nemico, in questo senso risalta la necessità di combattere il riformismo, e il 15 ottobre per esempio ha prodotto una polarizzazione, mostrando in quel caso il “partito della conciliazione” che deve essere considerato nemico.
Il secondo intervento del Circolo valorizza il lavoro fatto per la realizzazione del libro dicendo che è certamente il risultato di uno sforzo, ma che non “assolve ad una funzione didattica” soltanto come si dice nella presentazione, ma fa parte di una battaglia e si inserisce nel contesto delle “riprese” di Marx, (quasi impossibile quella di Lenin come si dice anche nell’introduzione) e di Mao... “riprese” che la borghesia ripropone periodicamente soprattutto nei momenti di crisi (Marx) o per tentare di spiegarsi l’”innamoramento delle masse popolari” per Mao, come ha detto un intellettuale americano.
L’intervento si è concentrato in particolare su tre punti:
ripresa del concetto di “eurocentrismo” per dire che non si tratta tanto di una questione soggettiva, ma di una posizione di classe da analizzare in senso materialistico perché la sua fondatezza è l’imperialismo, ideologia dominante, che “costringe” a pensare in un certo modo, e per sfuggire a questa “costrizione” non basta il semplice riconoscimento di una situazione internazionale, compreso la novità della globalizzazione, ma che è necessario uno sforzo di internazionalismo concreto; un internazionalismo che va inserito nel contesto vivo e attuale della lotta in corso, e qui per forza, se non si vogliono chiudere gli occhi davanti alla realtà, si deve fare riferimento alle esperienze delle lotte sul piano internazionale e delle guerre popolari in India, Perù, Nepal, Filippine... insomma è necessario un internazionalismo praticato, noi per esempio in primavera saremo in Tunisia...
il grande valore della sconfitta: Lenin ha fatto dell’analisi delle varie sconfitte del movimento un punto di partenza per nuovi sviluppi e salti di qualità nell’azione e in questo senso possiamo dire che i rivoluzionari “vivono di sconfitte” e si preparano per cogliere il momento per l’offensiva finale;
necessità di partire, come dice Lenin, da ciò che c’è sul terreno qui ed ora, le masse popolari che sono presenti e attive, senza la necessità di inventarsi alcun “soggetto rivoluzionario”. E qui ci sono stati alcuni richiami alla scienza della classe, ad Engels (Anthiduring) e ai classici che hanno analizzato la “società capitalistica”, così la definiscono oramai tutti e ciò ha un significato preciso, non abbiamo cambiato sistema sociale, da qui la critica al capitalismo cognitivo, nel senso che non abbiamo bisogno di inventarci nuove categorie (per esempio rispetto al soggetto rivoluzionario), dato che anche i padroni, specialmente in periodo di crisi, parlano più chiaramente e apertamente (parlano di capitalismo e profitti, vedi Marchionne, e attaccano gli operai fin nei secondi della loro vita) chiamando le cose con il loro nome; anche noi dobbiamo chiamare le cose con il loro nome e usare la scienza contro l’attacco dei padroni che hanno mille risorse soprattutto nei paesi imperialisti usando alla grande, per esempio, gli ammortizzatori sociali pensando anche alla possibilità di introdurre il salario minimo garantito; e alla loro organizzazione bisogna contrapporre l’organizzazione capace di strappare il potere politico alla borghesia; a questo serve la costruzione del partito in un paese imperialista, cosa difficile ma necessaria.
E a proposito di partito torna Lenin e il leninismo: ma chi continua ad usare questi termini oggi?
Marxisti: quelli che si definiscono tali sono quasi sempre passati dall'altra parte della barricata;
Marxisti Leninisti: quelli che si definiscono così, diciamo, per essere buoni, che sono perlomeno “imbalsamati”;
Marxisti Leninisti Maoisti: quelli che si definiscono tali in generale sono gli unici che fanno vivere il nome di Lenin applicandone quei principi e insegnamenti che vengono riportati nel libro, portando avanti la guerra popolare o preparandola o facendone il proprio punto di riferimento.
E infine il compagno ha ripreso alcuni riferimenti di Quadrelli all’ “estetica della politica” e ai “fuochi”, dicendo che anche l’“estetica” è utile e i “fuochi” servono e soprattutto nei paesi imperialisti dove il peso del riformismo è schiacciante e c’è una “pace sociale” imposta... il fuoco serve spesso a risvegliare le coscienze, d’altronde nella mitologia è un dio, Prometeo, che lottando contro il dio più potente di tutti, dona il fuoco agli uomini...
Quadrelli interviene e conclude riprendendo una cosa sulla quale non era d'accordo: nell'intervento del compagno del circolo si parlava degli ammortizzatori sociali (e l’introduzione del salario minimo garantito) come arma della borghesia, dicendo di avere forti dubbi che in questa congiuntura lo Stato realmente abbia la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali, come il salario minimo garantito, per prevenire rivolte.
La serata è stata considerata positiva da tutti i partecipanti, nonostante all’inizio ci fosse qualche problema audio che non ha permesso di seguire al meglio soprattutto l’introduzione di Quadrelli, il quale ha affermato che nella presentazione fatta a Roma il numero dei partecipanti era più o meno lo stesso, mentre in altre città ci sono state meno presenze. Utilissimo il dibattito che è necessario continui…
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