martedì 7 gennaio 2014

pc 7 gennaio - da Viareggio a Taranto processo e stragi 8 gennaio e 11 gennaio

Viareggio
Mercoledì 8 gennaio 2014 alle ore 09.30 riprende il processo per la strage ferroviaria del 29 giugno 2009 al Tribunale presso il Polo fieristico a Lucca.
Un'udienza importante per la decisione sul Collegio giudicante: se giuridicamente idoneo a proseguire il processo iniziato il 13 novembre scorso oppure se, come hanno richiesto gli avvocati degli imputati, deve essere annullata la sua nomina.
Anche nell’ultima udienza abbiamo assistito all'ennesima piazzata degli avvocati difensori degli imputati/rinviati a giudizio. Questi "signori” hanno esercitato persino la professione di investigatori/spioni.
Il pubblico ministero Giannino ha denunciato che " ... sono state cercate notizie sulla vita privata del giudice. Con avvocati che andavano in giro a cercare di capire con chi mangiava il giudice e con chi giocava a calcetto ...".
La partecipazione all'udienza dell'8 gennaio è utilmente doverosa. Per Viareggio appuntamento nel parcheggio “Pam” sotto il cavalca ferrovia.

Sabato 11 gennaio dalle ore 16.30 presidio di informazione e denuncia in Piazza San Michele a Lucca. Volantinaggio, mostra e proiezione video sulla strage ferroviaria di Viareggio.

da Riccardo Antonini - Facebook
(ci scusiamo sia con Riccardo che con Vittorio per la nostra distrazione...)

Taranto 
L'11 gennaio a taranto si tiene la riunione convegno della rete nazionale
per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio
la riunione convegno si tiene in due parti
1) la prima parte che si tiene alla Biblioteca Comunale di Taranto -
piazzale bestat dalle 9.30-13 ha al centro il processo nazionale
probabilmente più importante degli ultimi anni sul tema.
Un processo di rilevanza nazionale e internazionale, che va oltre i processi
importanti alla ThyssenKrupp,Eternit e in un certo senso riassume e
compendia tutti i processi in questa materia che si sono svolti e si
svolgono in tutti i tribunali italiani: il processo a Padron Riva e al suo
sistema che ha prodotto morti sul lavoro e da lavoro e inquinamento in
fabbrica, nei quartieri popolari, in una intera città.. processo che
comincerà probabilmente prima dell'estate o al massimo dell'autunno:
La rete nazionale si impegnerà ad essere il terminale unitario agente e
organizzato locale e nazionale di questo processo ai padroni assassini, alla
nocività del capitale, alle responsabilità dello stato e dei governi dei
padroni, al sistema di
leggi e controlli in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e
cittadini che hanno prodotto questa realtà.
Un processo giudiziario, ma anche un processo popolare, attraverso la
costituzione di parte civile in forma
associata gratuita e di massa di operai, lavoratori, cittadini dei quartieri
colpiti, che possa permettere alle masse di pesare, esprimere la loro voce e
ottenere un risarcimento di ogni genere e e tipo.
Per questo  l'assemblea al mattino vedrà la presenza dell'avvocato Bonetto
di Torino, che sulla scorta dell'esperienza dei processi Thyssenkrupp ed
Eternit, discuterà con operai e cittadini, la piattaforma e il metodo che
possa essere applicati alla costituzione di parte civile a questo processo
All'assemblea sono invitate tutte le realtà cittadine attive in fabbrica e
in città
2) la seconda parte - dalle 15 in poi si svolge in altra sala - sempre in
forma aperta, farà il punto del lavoro della RETE su scala nazionale con i
rappresentanti di nord-centro e sud per dare continuità a questa attività
per il nuovo anno, in ogni ambito della lotta, e deciderà il piano di azione
dei prossimi mesi che prevede, oltre i processi, manifestazioni in tutto il
paese su questi temi,

per info-partecipazione tecnico logistica e materiali
bastamortesullavoro@gmail.com 347-1102638

 

pc 7 gennaio - Germania: ad Amburgo è ‘stato d’assedio’. Vietato protestare .. lo stato imperialista tedesco vuole fermare 'lampedusa ad amburgo' ma Amburgo la rossa non si fermerà !


Germania: ad Amburgo è ‘stato d’assedio’. Vietato protestare
Nella seconda città tedesca per popolazione e importanza da alcune settimane è in corso una protesta da parte degli ambienti antagonisti che ha convinto le autorità cittadine a instaurare una vera e propria “zona rossa”, blindando una parte importante della città all’interno del quale è diventato impossibile manifestare o protestare. Un vero e proprio ‘stato d’assedio’, denunciano varie realtà sociali e politiche della sinistra, intollerabile in un territorio sottoposto da tempo ad una incessante opera di gentrificazione dei quartieri e delle aree popolari e dove di fatto è diventato impossibile esprimere il proprio dissenso. Nella cosiddetta "area di pericolo" (così è stata soprannominata la zona interdetta) qualsiasi cittadino può essere arrestato anche in assenza di elementi che possano attirare l'attenzione dei poliziotti, che hanno militarizzato a migliaia l'area di Amburgo e organizzato numerosissimi posti di controllo.
Ad Amburgo nelle ultime settimane la relativa ‘pace sociale’ è stata rotta da alcune mobilitazioni che evidentemente le classi dirigenti locali e nazionali non hanno gradito. Tutto è iniziato con alcune mobilitazioni da parte dei richiedenti asilo del collettivo ‘Lampedusa ad Amburgo’ che ha portato in piazza i migranti con manifestazioni, occupazioni e forme di resistenza passiva alle espulsioni di cittadini stranieri, alcuni dei quali provenienti dall'isola siciliana.
Poi il 21 dicembre, una grande manifestazione è scesa in strada a difesa del centro sociale Rote Flora- uno spazio sociale occupato dal 1989 – che l’amministrazione vuole sgomberare e mettere all’asta. Il corteo prenatalizio è sfociato in violenti scontri ai quali si sono sommate anche le proteste contro l’abbattimento di ben 110 appartamenti nel popolare quartiere di St. Pauli dove il comune vuole edificare uffici e appartamenti di lusso. Contro i diecimila manifestanti scesi in piazza il 21 dicembre la polizia ha usato non solo i manganelli ma anche gli idranti e gli spray urticanti, e molti dimostranti sono rimasti feriti o sono stati arrestati.
Secondo la polizia una settimana dopo gli scontri, poco prima di capodanno, alcuni gruppi di appartenenti alla sinistra radicale avrebbero preso di mira il commissariato di Davidswache. Il che è servito a giustificare nuove misure repressive, denunce e l’instaurazione appunto della ‘zona rossa’ di cui sopra. Ma le forze antagoniste della città contestano il fatto stesso che si siano verificati attacchi nei confronti dei commissariati, di cui la polizia non ha voluto – o potuto – fornire alcuna prova nonostante la città sia piena di videocamere. E anche alcuni avvocati hanno presto confermato che almeno uno dei due presunti episodi non era mai avvenuto.
Nonostante il clima plumbeo, manifestazioni contro i continui controlli e le restrizioni al diritto di esprimere il proprio dissenso si sono svolte ad Amburgo il 5 e poi il 6 gennaio. Gli attivisti hanno protestato a piccoli gruppi all'interno della zona interdetta esponendi cartelli e striscioni e urlando slogan, ma hanno dovuto fare ancora i conti con la polizia che ha operato decine di fermi, alcuni dei quali poi trasformati in arresti.

come è cominciata 'Lampedusa ad Amburgo

Rede auf der Großdemo am 02. November 2013 mit dem Motto "Solidarität mit Lampedusa in Hamburg – Wir fordern ein Bleiberecht nach § 23 Aufenthaltsgesetz!"

 
Liebe Freundinnen und Freunde, und vor allem liebe Freunde von der Gruppe Lampedusa in Hamburg,
Chers amis, et surtout chers amis du groupe Lampedusa in Hamburg,
Dear friends – especially dear friends of the group Lampedusa in Hamburg,
 
Wir freuen uns sehr, heute hier sprechen zu dürfen. Der Kampf der Gruppe Lampedusa in Hamburg um ihr Recht, sich hier in dieser Stadt eine Existenz aufzubauen, ist in den letzten Wochen richtig intensiv geworden. Sie haben sich von keiner Gegenoffensive des Senats und seiner Polizei oder der Medien einschüchtern lassen. Sie stehen weiterhin entschlossen zusammen. Sie haben mittlerweile eine unglaublich große und kämpferische Solidaritätsbewegung auf ihrer Seite.
Nous sommes très enchantés de parler ici aujourd'hui. La lutte du groupe Lampedusa in Hamburg pour leur droit de constituer une vie dans cette ville, est devenue très intensive les dernières semaines. Le groupe a resisté tous les attaques du gouvernement, de la police où bien des médias. Ils persistent à être ensemble très déterminés. Ils ont derrière eux un mouvement de solidarité incroyablement grand et combatif.
We are very glad that we can speak here today. The struggle of the group Lampedusa in Hamburg for their right to build up an existence in this city has become really intensive in the last weeks. They have not let the aggression of government, its police or the media intimidate them. They continue standing together determinately. And by now they have an unbelievably big and fierce movement of solidarity on their side.
 
Lampedusa in Hamburg, wir haben großen Respekt vor eurem Mut und eurer Entschlossenheit! Und wir finden es sehr richtig von euch, dass ihr uns immer wieder an eure gemeinsame Geschichte erinnert und daran, an welchem Punkt das Verbrechen gegen euch angefangen hat!
Lampedusa in Hamburg, nous sommes pleins de respect de votre courage et votre détermination!
Et nous pensons que c'est très bon, que vous nous racontez toujours votre histoire commune, et que vous direz clairement à quel point le crime contre vous a commencé!
Lampedusa in Hamburg, we are full of respect for your courage and your determination!
And we think you are doing very right in always reminding us on your common history, and it is good that you are always telling us at which point of history the crime against you has begun!
 
Ihr erinnert uns immer wieder daran, dass ihr in Libyen gearbeitet habt und dort ein gutes Leben hattet. Die Bomben der NATO haben dieses Land und eure Existenz kaputt gemacht. Die sogenannten Rebellen, denen die NATO an die Macht geholfen hat, waren gegen euch!
Wir erinnern uns daran, dass die Medien hier in Deutschland alle Stimmung für diesen Krieg gemacht haben. Sie haben alle Propaganda gemacht, Gaddafi würde Verbrechen gegen die Menschlichkeit begehen und „wir“ müssten zum Schutz der Zivilbevölkerung eingreifen. Sie haben uns gar nichts von den Verbrechen der sogenannten Rebellen erzählt, auch nichts von ihren rassistischen Angriffen gegen die schwarzen Arbeiterinnen und Arbeiter.
Vous nous racontez toujours que vous avez travaillez en Libye et que vous avez eu une bonne vie là. Les bombes de l'OTAN ont détruit ce pays et votre existence. Les soi-disant rebelles ont été contre vous et l'OTAN les a aidés de gagner la force en Libye! Nous nous rappelons que les médias ici en Allemagne étaient tous pour la guerre. Ils ont tous fait de la propagande, Gaddafi commet des crimes horribles et il faut intervenir, pour sauvegarder la population civile. Les médias n'ont rien raconté des crimes des soi-disant rebelles, rien de leurs attaques racistes contre les travailleurs noirs.
You always remember us that you have lived in Libya and that you had a good live there.
The bombs of the NATO have destroyed this land and your existence. The so-called rebels were against you, and the NATO has helped them to win the power! We remember that the media here in Germany were for that war! They all made propaganda that Gaddafi would be committing the most horrible crimes and that it would be necessary to intervene in order to protect the civil population! They did not tell us anything about the crimes of the so-called rebels, nothing about their racist attacks against black workers.
 
Damals 2011, als Libyen von der NATO kaputt gemacht wurde und viele von euren Freundinnen und Freunden gestorben sind, waren hier noch nicht so viele wütende Menschen auf der Straße.
Aber jetzt seid ihr hier und dank euch ist endlich eine riesige Bewegung entstanden!
En 2011, quand l'OTAN a detruit la Libye et beaucoup de votre amis sont mort, ici il n'y avait pas encore beaucoup des personnes fâchées dans la rue. Mais maintenant vous êtes ici et grâce à vous un mouvement magnifique s'est développé!
Back in 2011, when the NATO destroyed Libya and many of your friends died, here in Hamburg were not yet so many angry people in the streets. But now you are here and thanks to you a huge movement has developed!
 
Das Verbrechen gegen euch geht weiter. Natürlich ist die Regierung gegen euch und will euch hier kein Leben aufbauen lassen. Das ist das imperialistische Deutschland hier! Diese Regierung ist nicht auf eurer Seite! Aber die Bevölkerung, alle die heute und in den letzten Wochen und Monaten Hand in Hand mit euch arbeiten und auf die Straße gehen, wir sind an eurer Seite!
Le crime contre vous continue. Bien sûr le gouvernement est contre vous et ne veut pas vous laisser constituer une vie ici. Ici c'est l'Allemagne impérialiste! Ce gouvernement n'est pas à votre coté! Mais la population, tous ceux qui travaillent ensemble avec vous et font des manifestations les dernières semaines et mois, nous sommes à votre coté!
Thecrime against you continues! Of course the government is against you and does not want to let you built up a living here. This is imperialist Germany! This government is not on your side! But the population, all those working hand in hand with you the last weeks and months and going on the street with you, we are on your side!
 
Für alle Menschen in Hamburg mit internationalistischer Weltanschauung ist es eine große Freude, dass ihr in diese Stadt gekommen seid und dass wir jetzt zusammenstehen! Und zusammen sind wir richtig stark geworden, und wenn wir weiterhin so entschieden zusammenstehen, dann werden wir eure Forderungen durchsetzen! Ihr habt das Recht, hier zu bleiben, hier zu wohnen, hier zu arbeiten, euch hier eine Existenz aufzubauen! Und dafür kämpfen wir weiter!
Pour tous les personnes in Hambourg qui sont internationalist, c'est un grand plaisir que vous êtes venus dans cette ville et que nous sommes ensembles maintenant! Et ensemble nous sommes devenus très forts, et si nous restons tant décidément ensemble, alors nous allons triompher! Vous avez le droit de rester ici, habiter ici, travailler ici, constituer un existence ici! Et nous persistons à lutter pour cela!
For all internationalists in Hamburg it is a big pleasure that you have come into this city and that we are standing together now! And together we have become really strong, and if we continue standing together so determinedly, then we will achieve your demands! You have the right to stay here, to live here, to work here, to build up an existence here! And we continue fighting for this!
 
Lampedusa bleibt in Hamburg!
Lampedusa reste en Hambourg!
Lampedusa stays in Hamburg!
 
Hoch die internationale Solidarität!

pc 7 gennaio - gli operai della Goodyear di Amiens riaprono la stagione delle lotte dure in Francia e Proletari Comunisti ritiene che l'esempio vada seguito in tutte le fabbriche italiane a rischio licenziamenti

due dirigenti della goodyear sequestrati  dopo l'annuncio della chiusura della fabbrica che occupa 173 operai- gli operai tengono la fabbrica tutta la notte - questa mattina vi doveva essere un incontro ma non si è tenuto - i padroni della multinazionale vogliono che prila i dirigenti vengano liberati e che ci sia l'intervento della forza pubblica

Goodyear : deux dirigeants d'Amiens-Nord toujours séquestrés
Le directeur des ressources humaines, Bernard Glesser (à gauche), et le directeur de production de l'usine Goodyear Amiens-Nord, Michel Dheilly (au centre), sont séquestrés par les salariés depuis lundi matin.
gli operai della Goodyear non vogliono fare la fine degli operai  già licenziati Arcelor Mittal,  PSA, Molex.


Francia, l’ira degli operai Goodyear: sequestrati due manager
Secondo quanto scrive un giornale locale, il Courrier Picard, i dirigenti trattenuti dalle 10,30 di questa mattina da sindacalisti e operai del sindacato comunista Cgt sono Michel Dheilly, direttore della produzione, e Bernard Glesser, direttore dalle risorse umane.
1protesta goodyear2-2I reporter locali, ai quali è stato permesso di accedere all'edificio, hanno raccontato che la porta della stanza al cui interno sono trattenuti i due manager sarebbe stata bloccata con un grosso pneumatico per trattori, di quelli prodotti proprio dallo stabilimento della Goodyear. Nello stabilimento di Amiens lavorano 1173 persone: secondo i sindacati le prime lettere di licenziamento dovrebbero arrivare ai lavoratori proprio nei prossimi giorni.

pc 7 gennaio - Prima la Camusso ora il Garante sul diritto di sciopero: la marcia verso il moderno fascismo prevede la sua abolizione

Vertenze
Garante scioperi: "Serve riflessione"


Lo sciopero è ormai uno strumento "poco efficace" per risolvere le vertenze e bisognerebbe puntare su forme alternative di protesta. Lo ha detto il presidente dell'Autorità di garanzia, Roberto Alesse, secondo cui "prima o  poi occorrerà avviare una riflessione seria e profonda sull'istituto dello sciopero che, così come concepito oggi, è poco efficace rispetto alla risoluzione concreta delle singole vertenze". È necessario quindi, ha sottolineato il garante a Radio 1, "investire su forme alternative, esaltando il momento della conciliazione e del raffreddamento del conflitto, su cui invito le parti sociali a confrontarsi con l'Autorità nell'interesse del sistema pese. Gli scioperi nei trasporti proclamati (a partire dall'8 gennaio) sono legittimi – ha concluso – a la situazione desta preoccupazione per l'aumento complessivo del conflitto collettivo".

il sole 24 ore
7 gennaio 2014

pc 7 gennaio - lo stato delle carceri assassine ha già fatto 2 morti - Governo e Cancellieri sono responsabili e vanno denunciati da famiglie e movimento!

Carceri: 

si impicca a Rebibbia, muore detenuto italiano Un detenuto italiano di 53 anni si è tolto la vita la notte del 5 impiccandosi nel carcere di Rebibbia. . La vittima era in carcere dallo scorso luglio 




Un sacchetto dell’immondizia usato come  cappio E’ morto così, nel bagno di una cella del carcere di Ivrea, un uomo di 42 anni, F. S., di Pont Canavese Il suo gesto ha lasciato attoniti personale e volontari della casa circondariale, che non si attendevano un gesto così estremo da un detenuto considerato da tutti tranquillo e pacato.
invece, la decisione di farla finita è maturata ed è stata messa in atto con lucidità e determinazione.


Morire di carcere: dossier 2000 - 2014

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, overdose

Anni
Suicidi
Totale morti
2000
61
165
2001
69
177
52
160
56
157
52
156
57
172
50
134
45
123
46
142
72
177
66
184
66
186
2012
60
154
2013
49
148
2014
2
3
Totale
803
2.238
* Aggiornamento al 6 gennaio 2014

pc 7 gennaio - A proposito di guerrafondai: La lega lombarda vuole mani libere nella vendita delle armi... e il consigliere Pd sostiene e i pacifisti protestano

Non capiamo perché, come dice il giornalista, il Pd si dovrebbe imbarazzare dato che è proprio il governo Letta che stanzia circa 6 miliardi per la guerra
***
Lombardia, il renziano Tomasi si schiera per la mozione della Lega
"Facilitare la vendita di armi" consigliere imbarazza i dem


Milano – La Lega in Lombardia chiede di rendere più facile la vendita delle armi. È il contenuto di una mozione oggi al voto del Consiglio regionale della Lombardia che chiede di sollecitare il governo "a ridurre il gravame burocratico sulle imprese armiere che sta ostacolando l'export". In parziale deroga alle normative europee in vigore. Primo firmatario il consigliere regionale leghista bresciano Fabio Rolfi, ma la proposta è stata condivisa anche dal Pd Corrado Tomasi. Renziano della prima ora, autore, tra l'altro, del seggio nell'igloo alle scorse primarie del Pd con la statua di ghiaccio con l'effigie dell'allora candidato alla segreteria Matteo Renzi. L'iniziativa imbarazza il resto del partito che voterà contro la mozione. Come conferma il capogruppo del Pd in Lombardia Alessandro Alfieri: "E' un argomento troppo delicato, non siamo d'accordo". Tomasi, però, insiste: "Sono bresciano e oltre il cinquanta per cento del fatturato italiano del settore dipende dalla mia zone. Io non cambio idea. Chiediamo solo di ridurre la burocrazia sulla vendita delle armi civili e sportive". Fuori dal Pirellone questa mattina il movimento contro la guerra manifesterà contro la mozione. "Mobilitiamoci contro questa iniziativa criminale della Lega. Sono gli stessi che poi la domenica vanno in chiesa a scambiarsi il segno della pace".

La Repubblica
7 gennaio 2014

lunedì 6 gennaio 2014

pc 5-6 gennaio- La borghesia imperialista italiana spera in altre guerre di rapina per rafforzarsi nella crisi e scarica sui proletari e masse popolari 5 milardi di spese militari. L'opposizione parlamentare è inconsistente, la rivoluzione è l'unica soluzione



Il Fatto Quotidiano

Armamenti, nel 2014 niente spending review per la Difesa: spese per 5 miliardi
Cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. E' la lista della spesa che l'apparato militare italiano ha in serbo nonostante l'opposizione parlamentare e le polemiche sugli F-35. Un "investimento" che non ha a che fare con la sicurezza nazionale, ma è il costo occulto delle missioni internazionali, prima fra tutte l'Afghanistan. E dal ministro Mauro arriva soltanto un "no comment"

di Enrico Piovesana | 4 gennaio 2014



Armamenti, nel 2014 niente spending review per la Difesa: spese per 5 miliardi

Generali e ammiragli brindano all’inizio di un nuovo anno di spese pazze in armamenti alla faccia della crisi. Nel 2014 la Difesa si prepara a spendere altri 5 miliardi di euro in cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. Impermeabili a ogni spending reviewe refrattari a qualsiasi controllo parlamentare, gli stati maggiori continuano a sentirsi intoccabili. Ma l’anno che viene potrebbe riservare loro qualche sorpresina.

Il 2013 verrà ricordato come l’anno in cui il Parlamento, pungolato dall’opposizione di Sel e Cinque stelle e facendo leva su un’articolo della riforma militare del 2012, ha osato esercitare le proprie prerogative di controllo sui programmi di riarmo della Difesa. A partire dai famigerati F35 da 150 milioni di euro l’uno, per cui le mozioni approvate da Camera e Senato il 26 giugno e 7 luglio impegnavano il governo a non procedere a nessuna “ulteriore acquisizione” in attesa delle conclusioni di un’apposita indagine conoscitiva parlamentare. Un’inaudita insolenza per i vertici militari, che hanno immediatamente reagito attraverso il Consiglio supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano lanciando un duro monito: “Niente veti del Parlamento sulle spese militari”. E infatti, incurante della volontà del Parlamento, il ministro della Difesa Mario Mauro ha continuando ad autorizzare di nascosto la firma di nuovi contratti per centinaia di milioni di euro.

IL MINISTERO: “NUOVE COMMESSE? NO COMMENT”. Il 27 settembre scorso, oltre a saldare l’ultima rata da 113 milioni dei primi 3 aerei già acquistati (e già pagati per 350 milioni di euro), è stato firmato il contratto d’acquisto definitivo di altri 3 aerei per 403 milioni (per i quali in precedenza erano stati anticipati 47 milioni). Successivamente, non è dato sapere quando, sono anche stati versati 60 milioni di anticipo per ulteriori 8 aerei (che la Difesa vuole acquistare nel 2014, anno in cui intende inoltre dare anticipi per altri 10 aerei). Quando queste informazioni di “ulteriori acquisizioni” – trapelate dagli Stati Uniti – sono state riferite in commissione Difesa, diversi parlamentari, sentitisi presi in giro, hanno chiesto immediate spiegazioni e hanno preteso di avere accesso a tutti i documenti contrattuali. Niente da fare: il ministro Mauro si è limitato a ribadire (nemmeno di persona, ma per bocca di un messaggio letto in aula il 18 ottobre dal sottosegretario all’Agricoltura…) che a suo giudizio le mozioni parlamentari “non incidono sulle politiche di acquisto già determinate”. A più riprese ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla Difesa dettagli sull’avanzamento dei contratti del programma F35, rimbalzando contro un cortese muro di gomma e ottenendo alla fine solo un secco ma eloquente “no comment”.

“Queste ulteriori acquisizioni sono contra legem - taglia corto Gianpiero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa – così come lo è l’ostinata resistenza della Difesa a ogni controllo parlamentare sulle sue politiche di spesa. Un potere di controllo che è stato introdotto nella legislazione italiana con una norma dall’aspetto innocuo ma di portata dirompente: l’articolo 4 della legge 244 del 31 dicembre 2012. Dal giorno della sua approvazione è in atto uno scontro durissimo, una continua guerra di posizione tra il Parlamento e la Difesa che non vuole accettare questa legge che pone fine a decenni di spese incontrollate. L’indagine conoscitiva parlamentare sugli F35, che qualcuno voleva chiudere frettolosamente a dicembre senza alcuna presa di posizione, proseguirà fino a febbraio e si dovrà concludere con un documento prescrittivo che la Difesa dovrà rispettare”. Quale sarà questa ‘prescrizione’ non è ancora dato sapere ma, dopo la svolta renziana del Pd, tra gli addetti ai lavori c’è chi ipotizza (e chi teme) un congelamento del programma o un suo ulteriore forte ridimensionamento. Durante la campagna per le primarie, il sindaco di Firenze aveva dichiarato: “Gli F35 sono soldi buttati via, io ho proposto il dimezzamento”.

E GLI F-35 “ABBATTONO” GLI EUROFIGHTER. Ipotesi a parte, al momento ciò che fa testo rimane il cosiddetto Dpp (Documento programmatico pluriennale) della Difesa per il triennio 2013-2015 presentato lo scorso aprile dall’allora ministro della Difesa Di Paola – oggi consulente di Finmeccanica – che dei 5 miliardi di spesa totale allocata per il nuovo anno su decine di programmi di riarmo (guarda la tabella) ne assegna oltre mezzo (535,4 milioni per la precisione) agli F35 della Lockheed Martin. Questo mentre si continua a investire il doppio (un miliardo l’anno, anche nel 2014) nel programma aeronautico alternativo Eurofighter – rara concretizzazione della tanto auspicata cooperazione industriale europea nel settore difesa e principale concorrente del programma americano – che invece la Difesa ha deciso di tagliare proprio per far posto agli F35, nonostante tutti gli esperti del settore lo ritengano ampiamente sufficiente a soddisfare da solo le esigenze della nostra Aeronautica (come lo è per la Luftwaffe tedesca, che infatti ha scelto Eurofighter rinunciando agli F35), per giunta con indiscutibili vantaggi in termini di costi di manutenzione, di ricaduta tecnologica e occupazionale e, non ultimi, di autonomia operativa vista la comproprietà dell’hardware, che invece rimane sotto esclusivo controllo americano sugli F35: veri e propri “aerei a sovranità limitata”.

pc 5-6 gennaio - verso il 25 gennaio giornata internazionale di solidarietà e sostegno ai prigionieri politici in India... prima iniziativa a Palermo


domenica 5 gennaio 2014

pc 5-6 gennaio - ILVA: SI APRE MALE IL 2014

Ilva - il 2014 si apre: con Bondi che dice che le risorse attuali non bastano per attuare l'Aia e il rilancio dell'azienda e pensa di chiedere a Riva un "aumento di capitale" (padron Riva che intanto ha avuto il regalo di fine anno dalla corte Costituzionale del dissequestro degli 8,1 miliardi e che quindi, forte di questa vittoria, non crediamo proprio che pensi a mettere più soldi per la messa a norma); con un decreto del governo ancora pro-Ilva ma che è stato di fatto svuotato con la sentenza della Cassazione; con le lamentale aziendale per una produzione 2013 più bassa (6.230 milioni di tonnellate di contro agli 8.248 del 2012) con una differenza di ricavi per l'Ilva di 41 euro a tonnellata; con la notizia che gli stipendi tornano ad essere incerti, forse per questo mese ci sono, ma poi...; e soprattutto con la rinegoziazione (= rinnovo) del contratto di solidarietà o nuova cassintegrazione)...  
ma si apre anche dal fronte degli operai con gli operai dell'Officina a rischio tumore alla tiroide, con un altro recente funerale, con le emissioni inquinanti che continuano benchè celate da azienda e enti di controllo... 
unico dato positivo è il contrasto di una parte consistente degli operai ai sindacati confederali evidenziatosi con il voto nelle Rsu al Usb e con un aumento dell'astensione. 

Ma occorre, evidentemente, molto di più per affrontare un 2014 che si apre male.

 

(da Sole 24 Ore) - "Un aumento di capitale per consentire all'Ilva di avere le risorse necessarie ad affrontare gli interventi dell'Autorizzazione integrata ambientale e del rilancio competitivo dello stabilimento di Taranto. Ora che la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dei Riva, ha dissequestrato i beni del gruppo che erano finiti sotto chiave su ordine del gip di Taranto – un sequestro da 8,1 miliardi di euro anche se in realtá si é fermato a circa due –, il tema dei fondi é diventato stringente per assicurare concretezza ai progetti per il futuro del siderurgico... «Col dissequestro puó instaurarsi un rapporto normale – dichiara Bondi riferendosi alla proprietá dell'Ilva – e sarebbe molto conveniente ragionare in termini di aumento di capitale. Seppure sui generis, sono un amministratore delegato. Chiedo risorse per fare le cose». Dal punto di vista della «provvista» finanziaria che serve all'Ilva, il decreto legge indica due strade. La prima é che Bondi chieda direttamente alla proprietá di finanziare i lavori di ambientalizzazione. La seconda é che, in caso di rifiuto, Bondi chieda all'autoritá giudiziaria di mettergli a disposizione le somme dei Riva oggetto di sequestro penale, comprese quelle bloccate per reati diversi da quelli ambientali. Scenario, questo, che poggiava su due possibili «cespiti»: il sequestro di Taranto e quello di Milano, che riguarda per 1,9 miliardi reati fiscali e valutari dei Riva. Dopo il verdetto della Cassazione, peró, rimane solo quest'ultimo, ed ecco, quindi, farsi strada l'ipotesi di puntare all'aumento di capitale coinvolgendo la proprietá. Tutta da verificare, ovviamente, la reazione dei Riva, tenuto conto che Bondi, nelle scorse settimane, ha chiesto loro anche un risarcimento danni di 480 milioni di euro per attivitá di consulenza che le societá del gruppo Riva avrebbero fatto all'Ilva.
Servono soldi per mandare avanti i programmi per Taranto. Bondi alla commissione Ambiente della Camera lo dice chiaramente. Nel 2014 «prevediamo 600-700 milioni di investimenti nell'Aia» ma si potranno fare, sottolinea il commissario, solo «se ci saranno finanziamenti perché le nostre risorse non bastano». Nel 2013, aggiunge Bondi, l'Ilva ha prodotto «6 milioni e 230 mila tonnellate di acciaio contro gli 8 milioni e 248 mila del 2012». Sul piano dei ricavi, invece, rispetto al 2012 l'Ilva ha registrato 41 euro in meno a tonnellata. Il costo delle materie prime é diminuito di 25 euro a tonnellata ma non é stato compensato, visto che si é registrato «un incremento del costo per energia, manutenzione e prestazioni esterne pari a 24 euro a tonnellata».
La produzione, rileva ancora Bondi, «ha frenato moltissimo. Nel mercato italiano i nostri concorrenti hanno esportato il 25 per cento in più. Siamo in equilibrio finanziario, ma il conto economico è particolarmente pesante. Certo – aggiunge il commissario dell'Ilva – non è assolutamente aumentata l'esposizione con le banche» così come quella con i fornitori, «che resta a 35 giorni di scaduto», un livello ritenuto «fisiologico». Tuttavia «a gennaio non so se saremo ancora in grado di mantenere questa situazione. Serve adesso un provvedimento veloce – conclude Bondi –, altrimenti faticheremo a realizzare tutto quello che dobbiamo fare».

pc 5-6 Gennaio - 15 Denunce a militanti No Muos per l'ingresso nella base lo scorso 9 Agosto

Il Circolo di proletari comunisti Palermo esprime la propria solidarietà militante verso i militanti No Muos di Niscemi oggetto dell'ennesimo e inutile atto repressivo. Questo stato e queste istituzioni non possono e non vogliono dare soluzione reale ai problemi delle masse popolari e tentano a provare la via dell'intimidazione legale quando queste si muovono e si organizzano da se. 
Quel giorno dentro la base siamo entrati tutti!
Abbasso la repressione poliziesca!
Fuori le basi USA/NATO dalla nostra terra!
Viva il movimento No Muos, avanti fino alla vittoria!
Riceviamo e rigiriamo:

Muos, 15 denunce per l’invasione della base 

I legali: «Vogliono spaccare il movimento»

Nuove accuse per gli attivisti che protestano contro la costruzione dell’impianto satellitare Usa: in quindici dovranno rispondere del reato di invasione di suolo militare, in occasione del corteo del 9 agosto. «A quella manifestazione eravamo in centinaia, ma vengono colpiti solo i membri del presidio permanente», sottolineano dal comitato di Niscemi. Anche gli avvocati che li difendono prendono posizione con una nota: «Si reprimono fatti sanzionabili per isolare soggetti ben individuati»
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Quindici denunce per invasione di suolo militare sono state recapitate ieri mattina ad altrettantiattivisti No Muos residenti a Niscemi. Inizia così il nuovo anno per alcune tra le centinaia di persone che lo scorso 9 agosto sono entrate nella base americana a Niscemiin un corteo di solidarietà per i manifestanti che il giorno prima erano saliti su quattro delle 46 antenne radio già presenti nel territorio. E’ a questa manifestazione infatti che si riferiscono le accuse che si aggiungono alle dieci denunce perchi era salito sui tralicci, e alle altre che hanno ricevuto gli attivisti in questi mesi. Il lavoro per gli avvocati che li difendono si annuncia lungo e complesso, tanto da preparare un documento per denunciare una stategia di «repressione».
«Siamo convinti che questa pioggia di denunce non sia altro che una persecuzione delle persone, peraltro già colpite da atti repressivi a vario titolo, più che dei reati – afferma Fabio D’alessandro dei No Muos di Niscemi -. Ci vogliono tagliare le gambe perché stiamo organizzando nuove iniziative». Le denunce subite, secondo i No Muos, sono dirette solo ai niscemesi del presidio, a fronte di un’invasione di moltissime persone quel giorno nella base Usa, sono dei «veri e propri atti intimidatori per metterci paura. Un evidente attacco politico», continua l’attivista.
Ieri pomeriggio nella sede di No Muos del paese si è svolto un incontro con la cittadinanza «per fare il punto e capire dove vogliamo andare», racconta D’Alessandro. Per giorno 6 il comitato delle mamme No Muos ha già deciso di distribuire carbone all’ingresso della base americana, con un travestimento da befane. Giorno 11, in occasione dell’anniversario del passaggio, nel cuore della notte e scortata da un ingente numero di forze dell’ordine, della gru atta a completare la costruzione delle antenne satellitari militari e che i No Muos hanno aspettato per giorni, sono tante le iniziative previste. «Sarà una giornata importante, ricca di eventi tra cui una grande assemblea in piazza», comunica D’Alessandro.
Gli avvocati che si occupano della difesa dei No Muos accusati di vari reati, sono convinti che ci sia un disegno preciso dietro a questa crescita di denunce. «Si assiste ad una escalation della repressione operata dalle forze di polizia ed in parte dall’autorità giudiziaria nei confronti degli attivisti, in particolare durante le manifestazioni svoltesi nel territorio di Niscemi», scrivono in un documento congiunto gli avvocati Goffredo D’antona, Paola Ottaviano, Emanuela Fragalà, Valentina Buonadonna, Luigi Cinquerruni, Carmelo Picciotto, Nello Papandrea, Giuseppe Carnabuci, Salvo Cannata, Francesco Aurichiella e Nicolò Vignanello. Le denunce, secondo i legali, mirerebbero quindi «a reprimere condotte riconducibili a fatti reati o comunque sanzionabili, ma per indebolire e dividere il fronte degli oppositori. Denunce – continua la nota – a macchia di leopardo per dividere i gruppi, isolando e mettendo in difficoltà soggetti ben individuati».
I legali ribadiscono la disponibilità «all’assistenza legale dei soggetti ai quali vengono contestati azioni di disobbedienza civile contro un atto, che appare assolutamente illegittimo, quale è la costruzione del Muos». Il documento degli avvocati si conclude con un auspicio: «Che la solerzia e la celerità poste in essere da varie autorità giudiziarie per verificare eventuali responsabilità penali e amministrative dei singoli manifestanti durante i vari momenti di protesta, sia applicata ugualmente a tutti gli esposti presentati in questi mesi alle varie Procure competenti». Il riferimento è soprattutto alla denuncia presentata a Palermo dall’associazione antimafie Rita Atria nei confronti di Gaetano Gullo, il dirigente regionale che ha firmato l’annullamento della revoca delle autorizzazioni per l’impianto Usa, che sta andando avanti.

sabato 4 gennaio 2014

pc 4 gennaio - ISRAELE ALL'OMBRA DEGLI USA DI OBAMA AVANZA NELL'OCCUPAZIONE DELLA VALLE DEL GIORDANO

di Michele Giorgio
Gerusalemme, 4 gennaio 2014, Nena News - Ignorata per anni dai mezzi d'informazione, nonostante sia teatro di uno dei processi di colonizzazione israeliana più intensi e di abusi a danno dei palestinesi che vi risiedono, la Valle del Giordano da qualche settimana occupa spazi sempre più evidenti sulle prime pagine dei giornali in ebraico e in arabo.

Lo sviluppo (si fa per dire) delle trattative bilaterali Israele-Anp fortemente volute dal segretario di stato Usa John Kerry, ha riportato in superficie l'importanza eccezionale di questa porzione di Cisgiordania...
Israele da quasi 40 anni, dalla formulazione del «Piano Allon» e dell'«Opzione Giordana», ha mire ben precise sulla Valle del Giordano che in buona parte ricade nel territorio palestinese occupato. Nel corso degli anni i governi di centrosinistra e di destra hanno indicato che Israele, in qualsiasi accordo di pace, conserverà il controllo di tutta la frontiera con la Giordania, almeno per un certo numero di anni. Ma mai come in questi ultimi giorni la destra guidata dal premier Netanyahu è apparsa tanto impegnata in una campagna, anche alla Knesset, per fare della fertile striscia di terra bagnata dal fiume Giordano «il confine orientale di Israele».

A dare fuoco alle polveri è stato un articolo pubblicato dal quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot, nel quale si faceva riferimento al piano di sicurezza che gli Usa avrebbero presentato a israeliani e palestinesi.Pur prevedendo il dispiegamento di truppe israeliane lungo il confine e al terminal di frontiera tra Stato di Palestina e Giordania - ipotesi categoricamente respinta dall'Anp di Abu Mazen - la proposta americana includerebbe anche l'evacuazione delle colonie ebraiche costruite (in violazione della legge internazionale) in quella zona.
L'artiglieria pesante israeliana è subito entrata in azione. Prima con la bozza di legge approvata da una commissione della Knesset che prevede l'annessione di una ventina di colonie israeliane sparse per la Valle del Giordano. Poi con l'iniziativa del ministro degli interni Gideon Saar, un dirigente del partito Likud, che ha posto la «prima pietra» di nuove case nella colonia di Ghitit, poche ore prima del ritorno a Gerusalemme di Kerry. Saar ha dichiarato che «senza la Valle del Giordano Israele sarebbe privato della profondità strategica» e che le colonie ebraiche in quella zona sono essenziali per le attività dell'esercito (nessuno lo dubitava).

Immediata la reazione dei palestinesi che hanno chiarito a più riprese che la Valle del Giordano dovrà rappresentare il confine orientale dello Stato di Palestina. L'annessione di quel territorio a Israele metterebbe fine al negoziato, ha avvertito il negoziatore Saeb Erekat e spingerebbe i palestinesi a chiedere il riconoscimento internazionale della Palestina, come «Stato sotto occupazione», entro le linee antecedenti la guerra del 1967, con Gerusalemme est per capitale. Il governo palestinese si è poi riunito in un villaggio nella Valle del Giordano per ribadire la propria determinazione.

E Kerry? È riuscito soltanto ad aggravare la rabbia dei palestinesi proponendo la costruzione di una "possente barriera di sicurezza" lungo il Giordano, allo scopo di assecondare le richieste di «sicurezza» di Netanyahu. Israele secondo il segretario di stato verrebbe autorizzato anche in futuro a pattugliare il confine fra la Cisgiordania e la Giordania: nei primi anni da solo, in seguito assieme a forze palestinesi. I droni israeliani inoltre potranno sorvolare la Cisgiordania..."

pc 4 gennaio -12 INDAGATI DELLA CASERMA DI PAROLISI

Il Movimento femminista Proletario Rivoluzionario aveva immediatamente denunciato a maggio 2011, quando fu uccisa Melania Rea, il: "...buco nero dell'esercito, improntato e pregno comunque e sempre di una logica e prassi fascista, machista, sessista, di relazioni improntate ad uno spirito di oppressione/sopraffazione gerarchica che diventa a volte uso/abuso sessuale soprattutto quando vi sono donne (che o si adeguano a questo spirito e ne sono complici o ne vengono schiacciate dal rambismo maschilista), ma anche di difesa/omertà di corpo all'interno.

Questa difesa "di corpo" emerge anche in questo articolo del CdS in cui ciò che viene messo in evidenza è che con questa indagine "vacilla il rigore della disciplina di caserma". 

«Devi offrirti a me e agli altri»
Quelle notti tra caporali e allieve

Dodici indagati nella caserma di Ascoli per violenza, minacce e ingiurie. E nell’elenco c’è anche il nome del caporalmaggiore Salvatore Parolisi  

La magistratura ha raccolto testimonianze delle vittime che avrebbero ricevuto inviti espliciti a fare sesso, in particolare dopo la mezzanotte, quando le porte delle camerate devono restare chiuse.
La caserma «Clementi» è la stessa in cui prestava servizio Salvatore Parolisi, il sottufficiale condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Melania Rea avvenuto il 18 aprile del 2011 nella pineta di Ripe di Civitella, in provincia di Teramo. Il corpo di Melania venne trovato a 18 chilometri di distanza, massacrato con numerose coltellate. Parolisi avrebbe ucciso la moglie dopo che quest’ultima aveva scoperto la sua relazione proprio con una delle soldate della «Clementi». Il caporal maggiore è indagato, seppure per un episodio minore, anche nella nuova inchiesta aperta dalla procura militare di Roma.

Fra le colline di Ascoli Piceno, quando scendeva la sera e il contrappello chiudeva la giornata militare della caserma Clementi, il sergente G. M. invitava l’allieva Simona nell’Ufficio del plotone e lì parlava, ammiccava e osava, pare con successo. Prima Simona, poi Anna per il bicchierino, poi Sara... Lui aitante, vulcanico e impaziente, loro giovani aspiranti soldate dell’esercito italiano di stanza al Reggimento addestramento volontari, cioè la caserma di Salvatore Parolisi. Il quale, al di là della grossa grana per l’omicidio di sua moglie Melania che gli è costata una condanna a 30 anni, dovrà vedersela anche per un episodio decisamente meno grave ma molto simile a quello del collega G. M.: sempre dopo la mezzanotte, sempre negli uffici del plotone, sempre per un bicchierino con le soldate e via.

Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”». E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini...».
Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme - ha messo a verbale - Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo».
Fin qui, gli approcci. Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore... mi fate schifo... Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena... Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z...», e avanti così... Il suo avvocato, Giovanni Falci dice che non bisogna sorprendersi: «Per una caserma si tratta di un linguaggio istituzionale. Stiamo parlando di addestramento al combattimento, di lancio di bombe, di piegamenti sulle braccia...».    

pc 4 gennaio - LE VERE RAGIONI DEL PERCHE' PER LE SPESE MILITARI NON C'E' SPENDING REVIEW..

MA E' CHIARO- PRIMA SI ESERCITANO COME MERCENARI CONTRO I POPOLI
..E POI METTONO IN PRATICA QUELLO CHE PENSAVA LA THATCHER NEL 1984

Thatcher ecco i documenti segreti: “L’esercito contro i minatori in sciopero”
Nel 1984 l'allora premier britannico valutò l'uso dei militari per contrastare la protesta dei lavoratori, che metteva a rischio le scorte di energia e cibo. Dalle carte dell'Archivio nazionale emergono anche il timore per gli aiuti sovietici ai sindacati e lo scarso interesse per le sorti del prigioniero politico sudafricano Nelson Mandela


Armamenti nel 2014 niente spending review per la Difesa: spese per 5 miliardi
Cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. E' la lista della spesa che l'apparato militare italiano ha in serbo nonostante l'opposizione parlamentare e le polemiche sugli F-35. Un "investimento" che non ha a che fare con la sicurezza nazionale, ma è il costo occulto delle missioni internazionali, prima fra tutte l'Afghanistan. E dal ministro Mauro arriva soltanto un "no comment"
Generali e ammiragli brindano all’inizio di un nuovo anno di spese pazze in armamenti alla faccia della crisi. Nel 2014 la Difesa si prepara a spendere altri 5 miliardi di euro in cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. Impermeabili a ogni spending reviewe refrattari a qualsiasi controllo parlamentare, gli stati maggiori continuano a sentirsi intoccabili. Ma l’anno che viene potrebbe riservare loro qualche sorpresina. Il 2013 verrà ricordato come l’anno in cui il Parlamento, pungolato dall’opposizione di Sel e Cinque stelle e facendo leva su un’articolo della riforma militare del 2012, ha osato esercitare le proprie prerogative di controllo sui programmi di riarmo della Difesa. A partire dai famigerati F35 da 150 milioni di euro l’uno, per cui le mozioni approvate da Camera e Senato il 26 giugno e 7 luglio impegnavano il governo a non procedere a nessuna “ulteriore acquisizione” in attesa delle conclusioni di un’apposita indagine conoscitiva parlamentare. Un’inaudita insolenza per i vertici militari, che hanno immediatamente reagito attraverso il Consiglio supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano lanciando un duro monito: “Niente veti del Parlamento sulle spese militari”. E infatti, incurante della volontà del Parlamento, il ministro della Difesa Mario Mauro ha continuando ad autorizzare di nascosto la firma di nuovi contratti per centinaia di milioni di euro.
IL MINISTERO: “NUOVE COMMESSE? NO COMMENT”. Il 27 settembre scorso, oltre a saldare l’ultima rata da 113 milioni dei primi 3 aerei già acquistati (e già pagati per 350 milioni di euro), è stato firmato il contratto d’acquisto definitivo di altri 3 aerei per 403 milioni (per i quali in precedenza erano stati anticipati 47 milioni). Successivamente, non è dato sapere quando, sono anche stati versati 60 milioni di anticipo per ulteriori 8 aerei (che la Difesa vuole acquistare nel 2014, anno in cui intende inoltre dare anticipi per altri 10 aerei). Quando queste informazioni di “ulteriori acquisizioni” – trapelate dagli Stati Uniti – sono state riferite in commissione Difesa, diversi parlamentari, sentitisi presi in giro, hanno chiesto immediate spiegazioni e hanno preteso di avere accesso a tutti i documenti contrattuali. Niente da fare: il ministro Mauro si è limitato a ribadire (nemmeno di persona, ma per bocca di un messaggio letto in aula il 18 ottobre dal sottosegretario all’Agricoltura…) che a suo giudizio le mozioni parlamentari “non incidono sulle politiche di acquisto già determinate”. A più riprese ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla Difesa dettagli sull’avanzamento dei contratti del programma F35, rimbalzando contro un cortese muro di gomma e ottenendo alla fine solo un secco ma eloquente “no comment”. 
“Queste ulteriori acquisizioni sono contra legem - taglia corto Gianpiero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa – così come lo è l’ostinata resistenza della Difesa a ogni controllo parlamentare sulle sue politiche di spesa. Un potere di controllo che è stato introdotto nella legislazione italiana con una norma dall’aspetto innocuo ma di portata dirompente: l’articolo 4 della legge 244 del 31 dicembre 2012. Dal giorno della sua approvazione è in atto uno scontro durissimo, una continua guerra di posizione tra il Parlamento e la Difesa che non vuole accettare questa legge che pone fine a decenni di spese incontrollate. L’indagine conoscitiva parlamentare sugli F35, che qualcuno voleva chiudere frettolosamente a dicembre senza alcuna presa di posizione, proseguirà fino a febbraio e si dovrà concludere con un documento prescrittivo che la Difesa dovrà rispettare”. Quale sarà questa ‘prescrizione’ non è ancora dato sapere ma, dopo la svolta renziana del Pd, tra gli addetti ai lavori c’è chi ipotizza (e chi teme) un congelamento del programma o un suo ulteriore forte ridimensionamento. Durante la campagna per le primarie, il sindaco di Firenze aveva dichiarato: “Gli F35 sono soldi buttati via, io ho proposto il dimezzamento”. 
E GLI F-35 “ABBATTONO” GLI EUROFIGHTER. Ipotesi a parte, al momento ciò che fa testo rimane il cosiddetto Dpp (Documento programmatico pluriennale) della Difesa per il triennio 2013-2015 presentato lo scorso aprile dall’allora ministro della Difesa Di Paola – oggi consulente di Finmeccanica – che dei 5 miliardi di spesa totale allocata per il nuovo anno su decine di programmi di riarmo (guarda la tabella) ne assegna oltre mezzo (535,4 milioni per la precisione) agli F35 della Lockheed Martin. Questo mentre si continua a investire il doppio (un miliardo l’anno, anche nel 2014) nel programma aeronautico alternativo Eurofighter – rara concretizzazione della tanto auspicata cooperazione industriale europea nel settore difesa e principale concorrente del programma americano – che invece la Difesa ha deciso di tagliare proprio per far posto agli F35, nonostante tutti gli esperti del settore lo ritengano ampiamente sufficiente a soddisfare da solo le esigenze della nostra Aeronautica (come lo è per la Luftwaffe tedesca, che infatti ha scelto Eurofighter rinunciando agli F35), per giunta con indiscutibili vantaggi in termini di costi di manutenzione, di ricaduta tecnologica e occupazionale e, non ultimi, di autonomia operativa vista la comproprietà dell’hardware, che invece rimane sotto esclusivo controllo americano sugli F35: veri e propri “aerei a sovranità limitata”. L’attaccamento della Difesa al programma F35 è spiegabile solo tirando in ballo delicati equilibri di politica estera. Il 16 luglio scorso, pochi giorni dopo l’approvazione delle mozioni, l’ambasciatore americano David Thorne ha convocato nella sua residenza romana di Villa Taverna i massimi vertici militari italiani per ricordare loro, con il sorriso e un bicchiere di rosso in mano, che l’Italia “deve” mantenere gli impegni presi rispetto al programma F35 se vuole “continuare a essere nostro stretto alleato, ad avere voce in capitolo quando si tratta di prendere decisioni sulle regioni più critiche e sulla sicurezza mondiale e a rimanere tra gli alleati Nato di alto livello giocando un ruolo di leadership”. Gli F35 come pegno di fedeltà verso il nostro potente alleato, come suggello di quella “stretta alleanza che unisce Italia e Stati Uniti e che – spiegava Thorne quella sera d’estate ai nostri generali – è andata rafforzandosi negli ultimi dieci-quindici anni con il comune impegno nei Balcani, in Medio Oriente, in Afghanistan e Nord Africa”. Un impegno, quelle nelle missioni internazionali, che incide in maniera sostanziale sulla spesa italiana in armamenti.  
IL COSTO OCCULTO DELLA MISSIONE IN AFGHANISTAN. Dopo aver esaminato la lista dei programmi di riarmo in corso, sorge infatti spontaneo chiedersi a cosa ci servano tutte queste nuove armi visto che, per fortuna, non si intravedono all’orizzonte conflitti mondiali o invasioni straniere. La risposta data la scorsa primavera in Parlamento dal capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, era stata molto sincera: “Le nostre forze armate dispongono di materiali, sistemi d’arma e mezzi adeguati all’impegno attuale e il cui standard possiamo considerare, dal punto di vista qualitativo, paritetico a quello di molti nostri alleati; sussiste tuttavia l’esigenza di ammodernare e rinnovare costantemente le dotazioni delle nostre unità per l’impiego continuato in operazioni lontane dal supporto logistico in patria, che ne ha fortemente accresciuto l’usura”. Insomma, non compriamo nuove armi tanto per ragioni di sicurezza nazionale, quanto in funzione delle prolungate campagne militari condotte in paesi lontani. Afghanistan in primis. Combattere una guerra implica la necessità di ricostituire le scorte di munizioni (durante la campagna aerea sulla Libia del 2011 abbiamo sganciato bombe per 260 milioni), rimpiazzare i blindati danneggiati negli attacchi nemici e impiegare mezzi più robusti e sicuri, potenziare i sistemi di protezione delle basi e degli avamposti, dotarsi di droni di sorveglianza, di artiglierie più precise, di mezzi e armi per le forze speciali e di tutta una serie di altri strumenti richiesti dalle esigenze operative. Voci di spesa (evidenziati in grigio nella tabella) da centinaia di milioni che contribuiscono a far salire a 5 miliardi la spesa annua in armamenti e che rappresentano un costo occulto delle missioni militari internazionali che si somma al costo palese dichiarato nei periodici decreti di rifinanziamento. Lo tengano a mente i nostri parlamentari quando al rientro dalle festività saranno chiamati a rifinanziare la prosecuzione del coinvolgimento militare italiano nella sempre più sanguinosa guerra civile afgana (2.730 civili uccisi nel 2013, un incremento del 10 percento rispetto all’anno precedente). I principali paesi della Nato se ne sono già andati dal’Afghanistan o se ne andranno entro un anno, perfino la Gran Bretagna lo ha annunciato pochi giorni fa. Il governo italiano invece, senza consultare il Parlamento, si è impegnato con Washington e con il presidente Karzai (che con le elezioni presidenziali del prossimo 5 aprile uscirà di scena e Allah solo sa da chi verrà rimpiazzato) a lasciare le sue truppe nei deserti afgani almeno fino al 2017 e a donare 360 milioni all’esercito di Kabul.