Alessandro Volpi | altreconomia.it
20/12/2023
Dal 1991 a oggi in Italia i salari sono cresciuti soltanto dell'1%
mentre nei Paesi Ocse la crescita è stata del 32,3%. Inoltre la quota
dei salari sul Pil è passata nello stesso arco di tempo dal 60 al 40%
mentre quella dei profitti dal 40 al 60%. Questi dati suggeriscono due
considerazioni.
La prima. Il modello economico italiano -se così si può definire- negli
ultimi trent'anni ha impoverito i lavoratori e arricchito il capitale.
La seconda. I contratti nazionali non sono stati in grado di difendere
la tenuta salariale, alla faccia di chi sostiene che siano sufficienti a
garantire i redditi dei lavoratori di fronte alla perdita di potere
d'acquisto. Una nota, invece, per chi tira sempre in ballo la scarsa
produttività del sistema economico italiano: i salari sono cresciuti
assai meno anche della produttività, che evidentemente ha giovato solo
ai profitti.
In sintesi, a seguito del lungo Dopoguerra del conflitto sociale e
politico, siamo approdati nel paradiso dei ricchi che hanno fatto pagare
il conto ai lavoratori. Per capire meglio un simile quadro forse
Le scorribande finanziarie sono all'ordine del giorno: Vivendi, socio forte di Tim, ha avviato una causa contro la cessione a Kkr, ma avendolo fatto senza chiedere la sospensiva, ha subito generato un aumento del valore del titolo di Tim, con grande gioia dei fondi già proprietari della società. Nel frattempo, l'Agcom, l'autorità di regolazione del settore, pur con varie cautele, consente l'indicizzazione delle tariffe telefoniche che quindi possono essere agganciate all'inflazione. Si tratta di una novità assoluta, e certamente assai favorevole per i gestori, che avviene, guarda caso, proprio quando prendono corpo queste grandi manovre. Naturalmente Tim ha già dichiarato che si avvarrà di tale prerogativa, insieme a WindTre.
In Italia non indicizziamo gli stipendi ma le tariffe telefoniche, gestite dai fondi, possono seguire, e dunque alimentare, il corso dell'inflazione. Sembra incredibile ma nulla è ormai incredibile nel nostro Paese. Airbnb ad esempio ha firmato di recente un accordo con l'Agenzia delle entrate per chiudere i rilievi relativi alle indagini fiscali per il periodo 2017-2021, versando 576 milioni di euro. Airbnb, che fattura miliardi in Italia, non ha mai pagato un euro di imposta fino ad oggi perché anche sul periodo 2022-2023 è aperto un contenzioso non ancora saldato. I suoi principali azionisti sono i grandi fondi finanziari: Vanguard, BlackRock, State Street e pochissimi altri detengono quasi il 40% del suo capitale. Sono gli stessi fondi a cui l'Italia ha ceduto o sta cedendo le proprie infrastrutture e i propri servizi. Torniamo al dato iniziale: l'Italia è un Paese per ricchi che, molto spesso, abitano solo l'esclusivo Pianeta della finanza, privo di qualsiasi idea di cittadinanza.
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