venerdì 5 giugno 2015

pc 5 giugno - Mafia capitale è legame organico PD e Fascio mafia

Mafia Capitale, “equilibri politici” nella spartizione degli appalti. ‘Coratti garante’



Giustizia Impunità



Il presidente dem dell'assemblea capitolina, scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia cautelare, "si preoccupa che siano rispettati gli equilibri politici tra maggioranza e opposizione in Consiglio Comunale nella percezione delle relative utilità". A governare Roma ci sarebbe in pratica un'unica consorteria che si spartisce le commesse“Stamo de qua… e stamo de là“, gongola Salvatore Buzzi. Dove per “de qua” e “de là” il braccio operativo di Massimo Carminati intende i due schieramenti opposti in Consiglio comunale: il potere della cupola arrivava a pilotare gli appalti sia in favore della maggioranza targata Partito Democratico che dell’opposizione di centrodestra. Perché bisognava accontentare tutti. E il garante degli “equilibri politici” secondo l’accusa alla base della spartizione delle commesse era Mirko Coratti, presidente dell’assemblea capitolina in quota Pd finito agli arresti con altre 43 persone nell’inchiesta su Mafia Capitale.
Sono gli stessi inquirenti a tratteggiare il ruolo dell’esponente del Pd, che avrebbe trasformato “la funzione di controllo e di indirizzo del Consiglio Comunale sull’esercizio del potere di indirizzo della giunta su controllate come Ama (la municipalizzata che si occupa della gestione dei rifiuti, ndr) in strumento di intervento diretto e personale sulla assegnazione dei lavori da parte dell’azienda”. L’appalto presa in esame è la gara AMA n. 30/2013 riguardante la raccolta del multimateriale: “Nel corso di dialoghi con i suoi collaboratori – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – Buzzi indica il ruolo di Coratti nell’assegnazione delle gare di Ama; Coratti che si preoccupa che siano rispettati gli equilibri politici tra maggioranza e opposizione in Consiglio Comunale nella percezione delle relative utilità“.Tradotto: Coratti aveva il compito di far sì che venissero accontentati sia gli appetiti degli esponenti del centrosinistra al governo sia quelli del centrodestra. Un ruolo che emerge chiaro da un dialogo captato nel gennaio 2014 negli uffici della cooperativa 29 giugno tra Buzzi e Claudio Caldarelli, che spiega: “Coratti dice che sulla gara AMA 27 lui non se la po’ carica’ tutta quanta. Dice ‘una parte deve esser a carico dell’opposizione‘”. Nel senso che una parte dell’appalto deve essere affidata a una coop legata al centrodestra romano.
A governare la città di Roma ci sarebbe in pratica un unico schieramento trasversale, un’unica consorteria che si spartisce le commesse. E chi c’è dall’altra parte della (teorica) barricata politica? C’è Giordano Tredicine, presidente Commissione Politiche Sociali e Famiglia sotto la giunta Alemanno, attuale vicepresidente del consiglio comunale e vicecoordinatore di Forza Italia per il Lazio (nonché esponente di una famiglia che controlla la quasi totalità del commercio ambulante di Roma), finito anch’egli in manette in questa seconda tornata di arresti.
“A noi Giordano c’ha sposati – spiega Buzzi a Caldarelli nella stessa intercettazione, utilizzata dagli inquirenti per illustrare la logica spartitoria utilizzata dal gruppo – e semo felici de sta co Giordano”. Perché, continua il capo della 29 giugno, “stamo de qua.. e stamo de là…”, sia con il centrosinistra che con il centrodestra. Buzzi si spiega ancora meglio qualche secondo più tardi: “Formula Sociale (società cooperativa utilizzata da sodalizio di Mafia Capitale insieme alla 29 giugno, ndr) semo sempre noi… in quota Giordano… de qua semo sempre noi e volemo sta pure con te..”.

Mafia Roma, l’uomo di Zingaretti a Gramazio indagato: ‘Rispettami alle urne’





E’ il 20 febbraio 2013. “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”, domanda Michele Baldi, capogruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio, non indagato. “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “, risponde Luca Gramazio, consigliere di Forza Italia iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di associazione mafiosa. L’intercettazione ha destato l’attenzione degli inquirenti che hanno svelato l’intreccio tra il potere romano e la Mafia Capitale perché solo pochi giorni prima lo stesso Gramazio aveva spiegato a un conoscente: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi (…) non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. Dichiarazioni che fanno pensare agli inquirenti della Procura di Roma che Gramazio e la “cupola” volessero truccare l’esito del voto.
E’ il 2 febbraio 2013, mancano 22 giorni alle elezioni: il 24 e il 25 successivi si sarebbe votato per rinnovare il consiglio regionale del Lazio spazzato via dallo scandalo Fiorito. Gramazio, candidato alla Pisana con l’allora Popolo delle Libertà, telefona a Simone Foglio, eletto poi nelle liste del Pdl nell’VIII municipio di Roma ed estraneo all’inchiesta, e in attesa che questi risponda parla con una persona presente nella stanza: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi dove vengono .. .inc … nate, contate, tutto, non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. La persona in attesa al telefono risponde, ma Gramazio, rivolto alla terza persona, aggiunge: “… ce provo, se stiamo in tempo la metto“. Le parole di Gramazio sono prese sul serio al punto che i pm ipotizzano l’utilizzo per fini illeciti delle schede elettorali che normalmente vengono stampate in maggior numero rispetto al numero degli elettori e scrivono alla Prefettura per avere l’elenco delle tipografie romane incaricate dalla Zecca di Stato di stamparle.

La richiesta di Baldi emerge da una richiesta di decreto di intercettazione in via d’urgenza inoltrata il 23 febbraio dai carabinieri del Ros. A un capo del telefono il 2o febbraio c’è il solito Gramazio, all’altro c’è Michele Baldi, capogruppo della lista Zingaretti in Regione,
che non compare nella lista degli indagati. “Oh, ma io mi aspettavo che tu mi mandassi un po’ de voti, visto che so’ stato ‘a fortuna tua – esordisce Baldi –  tu lo sai che io so stato a fortuna tua o no? … “. In virtù di questo presunto credito, Baldi avanza la sua richiesta: “Io a te! non a papà (il senatore Domenico Gramazio, ndr), a te! … te posso chiedere un favore da … leale?”. Alla risposta affermativa di Gramazio (“certo che sì”) il capogruppo di Zingaretti continuava: “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”. Inequivocabile la risposta dell’esponente Pdl: “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “. Michele proseguiva: “ma, ehmmm … tu che sei un uomo d’onore … perché veramente so che invece le voci non … e quindi insomma ecco, se tu me fai rispettare te ne sono grato”. E il futuro capogruppo di Forza Italia, eletto con oltre 18 mila voti, tornava ad assicurare: “Assolutamente sì“. Una conversazione ritenuta importante dagli inquirenti, al punto da rubricarla sotto il titolo “Emergenze investigative” nella richiesta inoltrata alla Procura: “Dal momento che Luca Gramazio si sposterà in continuazione tra i seggi elettorali per seguire l’esito delle consultazioni elettorali, ed allo scopo pertanto di monitorarlo nei suoi movimenti e negli incontri che effettuerà nel corso delle operazioni di scrutinio, si richiede l’emissione di un decreto di intercettazione in via d’urgenza”.
Il cursus honorum di Baldi è un monumento alla trasversalità politica. Così gli inquirenti lo descrivono nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 37 persone: “Eletto nel consiglio regionale del Lazio il 26/02/2013, ha militato prima in Alleanza Nazionale, poi in Forza Italia, fondando la civica “Movimento per Roma”. Approdato infine nel centrosinistra, primo nella lista che porta il nome di Zingaretti, eletto e capogruppo della stessa in consiglio regionale”. Nel frattempo si è anche presentato alle elezioni comunali nel 2008 con la lista “Per Roma Baldi sindaco” che conquistava lo 0,8% e alle Regionali del 2010 con la lista “Movimento per Roma e per il Lazio, presidente Baldi”. Una corsa segnata da un inconveniente: agli inizi di marzo circa 1.400 firme false, alcune anche corrispondenti a persone decedute, a sostegno della presentazione della lista elettorale collegata a Baldi vennero scoperte dalla Digos di Latina. Il capogruppo Pd compare anche in un altro capitolo dell’inchiesta su Mafia Capitale. Baldi viene tirato in ballo da Giovanni Quarzo, indagato per associazione mafiosa, che domanda a Fabrizio Testa se Baldi fosse in grado di “controllare” Cosimo Dinoi nel gruppo misto durante le manovre che portarono Quarzo a diventare presidente della Commissione Trasparenza del Comune di Roma.
Ora la posizione di Gramazio junior si aggrava: accusato di associazione di tipo mafioso, corruzione aggravata e illecito finanziamento, il consigliere regionale di FI compare anche nel capitolo che riguarda i reati “in materia elettorale al fine di incidere sul risultato delle elezioni”. La memoria corre ad un fatto strano che accadde proprio nei giorni delle ultime Regionali, quando una nota urgente inviata dagli inquirenti al pm Paolo Ielo segnalava il pericolo che le schede regolarmente compilate dagli elettori venissero sostituite con altre evidentemente preconfezionate. Il 24 febbraio gli scrutatori del seggio 608 di Roma si accorsero che mancava uno scatolone con 550 schede e chiesero che venissero sostituite.

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