sabato 15 dicembre 2012

pc 15 dicembre - scontri a Torino tra gli antifascisti e la polizia a difesa del corteo di Forza Nuova




Torino, 15 dic. (Adnkronos) - Tensione questo pomeriggio per le vie del centro di Torino dove un centinaio tra anarchici e appartenenti ai centri sociali che si erano radunati in piazza XVIII Dicembre ha tentato di raggiungere la manifestazione organizzata dai militanti di Forza Nuova contro le misure economiche adottate dal Governo. Gli antagonisti hanno tentato di aggirare il cordone delle Forze di Polizia che era schierato a proteggere il percorso della manifestazione, ma sono stati respinti con alcune cariche di alleggerimento. In un frangente gli antagonisti hanno anche lanciato contro la polizia pietre, bombe carte e svariati corpi contundenti, In questo contesto un agente di Polizia e' stato ferito ad una mano e il vetro di un'autovettura e' stato infranto.

(15 dicembre 2012 ore 17.02)

pc 15 dicembre - Stati Uniti d'America: La strage dei bambini e le lacrime di coccodrillo di Obama


Tocca riscrivere ancora una volta - ma questo volta con il cuore in gola di chi ha, come me, nipoti in una scuola americana identica a quella dell'ultima strage degli innocenti - una storia che abbiamo scritto troppe volte. E che sicuramente, infallibilmente come la mira di chi spara su un piccolo gregge di bambini stretti gli uni agli altri con gli occhi chiusi, dovremo scrivere e leggere ancora.”
E' così che commenta il fatto dall'America il giornalista di Repubblica, Zucconi, che continua, dando la colpa alle troppe armi in giro: “Il Dio americano delle armi è insaziabile.” In questo caso il dio delle armi coincide con il dio del profitto.

Tutti sanno, infatti, e dicono, che basterebbe una legge per ridurre già il numero di morti ammazzati in questo modo, ma ancora un giornalista di Repubblica sul quotidiano di oggi aggiunge che “... la potente National Rifle Association (lobby dei proprietari di armi) 'controlla' letteralmente una gran parte dei deputati e senatori...”.

Dunque è per il profitto dei produttori di armi che non si può fare nemmeno una legge per attenuare il “fenomeno”, mentre probabilmente una legge si farà subito, entro il 31 dicembre, contro il cosiddetto “baratro fiscale” (Fiscal Cliff) per evitare altri gravi problemi all'economia del paese.

L'economia, e cioè gli intoccabili profitti dei padroni e dei loro lacchè, viene prima di ogni cosa: prima della vita di grandi e bambini: Oregon, Wisconsin, Colorado, Chicago... è l'elenco fatto da Obama, il presidente piangente del paese più potente del mondo; il presidente che si vanta di sconfiggere il “terrorismo” in ogni luogo, non riesce a sconfiggere il terrorismo della “lobby delle armi” a casa propria che procura stragi in serie, e tutta una serie fa una “normalità”.

I mezzi di comunicazione di massa con il loro modo vergognoso di affrontare le notizie aiutano ad addormentare le coscienze, aiutano questa follia a diventare normalità con fiumi di finte parole di cordoglio che all'indomani raccontano già altro.

Ma una strage di bambini non può essere qualcosa di normale e sopportabile: non lo è negli USA come non lo è la strage di bambini quasi quotidiana uccisi dai droni americani comandati dal presidente Obama in Pakistan e in giro per il mondo.

Questa pazzia collettiva rappresentata dal sistema di produzione (sempre più di morte) capitalistico può essere spazzata via solo con la rivoluzione.

pc 15 dicembre - LOTTA E BOICOTTAGGIO


Il Vampiro Monti presenta finte dimissioni

  Il cadavere Berlusconi tenta la "resurrezione"

 

 

 


Bersani chiama ogni giorno i "suoi cittadini" a dargli investitura, chiamando tutto questo "democrazia"

 

 

Sono tutti servi dei padroni dell'Europa e dell'Italia

Le elezioni non sono democrazia, ma scelta del Comitato d'affari che meglio continuerà a scaricare la crisi di padroni, banchieri, sui proletari e le masse popolari  

Lotta e boicottaggio elettorale 
Rivoluzione proletaria come unica soluzione!  

Proletari comunisti 

pc 15 dicembre - USCITO DOSSIER 2 ILVA



Gli articoli principali:


- La lunga lotta degli operai del MOF
- l'occupazione dell'Ilva del 27 novembre
- il saluto a Claudio e Francesco
- documenti su:
        * il decreto "salva-Riva
        * un'analisi di parte operaia della sentenza 'Todisco'


Lo puoi richiedere a:
slaicobasta@gmail.com


venerdì 14 dicembre 2012

pc 14 dicembre - in occasione della manifestazione di taranto del 15 dicembre - invitiamo a leggere l'opuscolo sul sistema riva della rivista marxista-leninista-maoista 'la nuova bandiera'

richiedi a
proletari comunisti
pcro.red@gmail.com

pc 14 dicembre - pronti gli atti in italiano della conferenza internazionale di amburgo di sostegno alla guerra popolare in India

Conferenza Internazionale di Amburgo: intervento del Partito Comunista maoista - Italia


Intervento del PCm Italia alla Conferenza Internazionale di Amburgo
24.11.12
A nome del PCm Italia portiamo il nostro saluto militante a questa Conferenza Internazionale a sostegno della guerra popolare in India.
La forza della Conferenza arriva ai nostri compagni indiani, ai suoi combattenti, alle masse in armi da essi diretti.
L'internazionalismo proletario – dice Lenin – è fare la rivoluzione nel nostro paese e sostenere lo stesso tipo di rivoluzione in tutti gli altri paesi del mondo.
Quella in corso in India è una rivoluzione dello stesso tipo che vogliamo fare in un paese imperialista come l'Italia, nei paesi imperialisti in genere, quella basata sulla guerra rivoluzionaria che veda i proletari e le masse come protagonisti, quella che si batte per un mondo senza imperialismo e insieme per il socialismo e il comunismo.
Il nostro partito considera la campagna di sostegno alla gp come parte essenziale del lavoro rivoluzionario dei comunisti. I nostri militanti, i proletari avanzati nel nostro paese, i giovani ribelli, le donne rivoluzionarie vanno educati a vivere in sintonia con le guerre popolari, esperienze avanzate e punto di riferimento delle lotta antimperialista nel mondo. Lo facciamo da sempre con la guerra popolare in Perù, con la guerra popolare in Nepal nei suoi dieci gloriosi anni, con la guerra popolare in Turchia. Come reparto avanzato del proletariato valutiamo questo come impegno strategico e politico.
La guerra popolare in India oggi è considerata un nemico principale dallo Stato indiano e uno dei nemici principali dall'imperialismo in generale. La sua avanzata rappresenta un cambiamento dei rapporti di forza nel mondo tra rivoluzione e controrivoluzione, una conferma importante che la contraddizione principale nel mondo è tra imperialismo e popoli oppressi e che la rivoluzione è la tendenza principale.
Non ci può essere partito rivoluzionario d'avanguardia nei paesi imperialisti senza essere in legame reale con la guerra popolare in India; e non è un legame di pura propaganda o da internet-cafè, ma nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse.
Per questo abbiamo promosso e sosteniamo il Comitato e lavoriamo per allargarlo e vediamo in questa Conferenza un evento politico di massa, un colpo contundente all'imperialismo.
La strada per la rivoluzione nei paesi imperialisti è difficile e complessa, e il lavoro è solo all'inizio. Ma la crisi dell'imperialismo e le tormenta delle masse in lotta ci dicono che bisogna osare per vincere ed avanzare.
La guerra popolare in India ci chiama ad un salto di qualità per dare una risposta rivoluzionaria nel nostro paese come in ogni paese imperialista in crisi in cui le masse si ribellano e lottano.
E' espressione di internazionalismo e di autentico antimperialismo cogliere il valore politico dello sforzo compiuto anche con questa Conferenza per isolare il regime indiano e l'operazione Green hunt.
Amburgo la rossa accoglie questo evento la cui importanza sarà ancor più riconosciuta nel tempo.
Uniamoci nel sostegno alla guerra popolare!
Uniamoci per la rivoluzione nei nostri paesi!
Morte all'imperialismo libertà ai popoli!
Guerra popolare fino al comunismo!

pc 14 dicembre - forte resistenza a roma allo sgombero delle case occupate

In evidenza

Nuovo attacco delle forze dell'ordine, questa mattina, contro alcune delle palazzine occupate da centinaia di famiglie lo scorso 6 dicembre. Nonostante la resistenza degli occupanti, sgomberata completamente l'occupazione di Ponte di Nona, mentre resiste quella di Torrevecchia.

12.20 - In via di Torrevecchia per ora la situazione sembra essersi parzialmente tranquillizzata: mentre gli occupanti dell'ex clinica di Valle Fiorita, compresi alcuni bambini e donne incinte, rimangono barricati sul tetto un altro centinaio di persone accorse da altre occupazioni stanno bloccando la strada, alla presenza di alcune pattuglie della polizia municipale e della Polizia in borghese. Ma sembra che le camionette cariche di celerini si siano allontanate. Probabilmente la Questura ha deciso di 'accontentarsi' dello sgombero delle 4 palazzine di Ponte di Nona, almeno per oggi. Sul posto sono arrivate anche alcune delle famiglie sgomberate a metà mattina dall'occupazione di Ponte di Nona.

12.10 - Dopo un periodo di stallo e senza che la trattiva andasse a buon fine, è stata sgomberata anche l'ultima palazzina a Ponte di Nona, dopo una resistenza da parte degli occupanti durata alcune ore. Centinaia di famiglie sono state cacciate e buttate in mezzo alla strada senza l'offerta di nessuna alternativa abitativa. "In cambio" gli occupanti non sono stati identificati e schedati.

11.00 - Continuano i tentativi di sgombero delle palazzine occupate dai coordinamenti romani del movimento per il diritto all’abitare lo scorso 6 dicembre. Quel giorno, in diverse parti della città, furono addirittura 9 gli edifici abbandonati – alcuni di proprietà degli enti privatizzati, altri di noti palazzinari - di cui presero possesso alcune centinaia di famiglie di senza casa.
Pochi giorni dopo una delle palazzine, in via di Settecamini, venne sgomberata, mentre un’altra in via Prenestina riuscì a resistere e ad evitare lo sfratto.
Ma questa mattina le ‘forze dell’ordine’ sono tornate alla carica. Questa mattina all’alba alcune volanti si sono presentate davanti all’occupazione dei Blocchi Precari Metropolitani in viale delle Province, abbandonando poi la zona dopo circa un’ora. Lo stesso è accaduto più tardi davanti alla palazzina abbandonata di proprietà dell'Acea, in via Ostiense 124, trasformata in uno studentato dai collettivi che l'hanno occupata lo scorso 6 dicembre.
Una "visita" che ha destato immediatamente allarme tra i coordinamenti romani per il diritto all’abitare che si sono immediatamente mobilitati. Ed infatti poco dopo 15 camionette cariche di agenti in tenuta antisommossa si sono presentate sia a Ponte di Nona che a via di Torrevecchia 156, davanti all'ex clinica Valle Fiorita. Allo stato, a Ponte di Nona, una delle palazzine occupate il 6 dicembre e due precedenti occupazioni sono state sgomberate mentre invece le famiglie che hanno preso possesso dell’altro edificio una settimana fa stanno provando a resistere. Le famiglie cacciate dagli improvvisati appartamenti hanno denunciato che i poliziotti si sono accaniti su arredi e suppellettili distruggendoli.

Stesso scenario anche in via di Torrevecchia dove gli occupanti denunciano una presenza di forze dell’ordine molto massiccia, ma in questo caso l’occupazione starebbe ancora resistendo all’incursione della celere. Un centinaio di persone sono salite sui tetti e gridano slogan. Sul posto stanno arrivando attivisti del movimento per il diritto alla casa per dare man forte agli occupanti mentre le famiglie che abitano nelle altre palazzine occupate il 6 dicembre – una in Via Prenestina - stanno preparandosi ad un'eventuale aggressione.

pc 14 dicembre - manifestazione antifascista a Bologna

la solidarietà e il sostegno di proletari comunisti PCm Italy

SABATO 15 DICEMBRE ORE 13 PIAZZA NETTUNO MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA
Città antifascista e resistente, Bologna ha sempre saputo rendere la vita difficile ai fascisti. Solo poche settimane fa in centinaia abbiamo manifestato nel quartiere Murri contro la presenza di una sede di Casapound. Sabato, a tre giorni dall’anniversario della strage di Piazza Fontana,proprio mentre un corteo metropolitano starà attraversando la Milano ferita 43 anni fa dalla bomba fascista, i neonazisti di Forza Nuova intendono sfilare in dodici città italiane, tra cui Bologna. Il manifestodiffuso  in rete porta lo slogan “Forza Nuova al potere”. Poche ore dopo la  convocazione del corteo, in Bolognina, ignoti vandali hanno ridotto in pezzi la corona affissa sulla lapide che in via Di Vincenzo ricorda i partigiani Bruno Monterumici e Vasco Mattioli.Forza  Nuova è una formazione oscurantista, ispirata dalla peggiore ultradestra europea e ad essa interconnessa, predica razzismo omofobia, intolleranza. I suoi componenti si sono resi protagonisti di numerosi atti di violenza squadrista, fin sotto le Due Torri.
Pur sapendo tutto questo, l’amministrazione comunale concede a questi soggetti di sfilare in città e discute in consiglio di quartiere la solidarietà a CasaPound.
Crediamo  necessario ritornare in piazza con parole e pratiche di libertà e uguaglianza.
Invitiamo tutte e tutti a unirci a noi in una manifestazione antifascista, sabato 15 dicembre alle ore 13 in Piazza del Nettuno, di fronte al Sacrario dei partigiani e delle partigiane caduti per la libertà.
BOLOGNA ANTIFASCISTA
Per adesioni: staffetta@riseup.net
Adesioni (in aggiornamento):
Asia-Usb Casa Popolare XXI aprile 1945Circolo Anarchico “C. Berneri”Collettivo Femminista Mujeres LibresCollettivo Iqbal MasihCollettivo MalasorteCoordinamento Antifascista MurriGiovani Comunisti – Prc LabàsLab57LazzarettoNodo Sociale AntifascistaTptTsunamiXM24

giovedì 13 dicembre 2012

pc 13 dicembre - "TUTTI NELLA STESSA BARCA"? E CHI GUIDA? - LA POSIZIONE DELLO SLAI COBAS SULLA MANIFESTAZIONE DEL 15 A TARANTO

Come abbiamo già scritto riguardo alla manifestazione cittadina a Taranto di sabato 15 dicembre, noi appoggiamo tutti i cittadini, gli abitanti dei quartieri, i lavoratori, che scenderanno in piazza contro il decreto salva-Riva del governo di dittatura “tecnica” Monti/Clini; un vero e proprio diktat che insieme a Napolitano afferma e impone contro le istanze degli operai Ilva e della popolazione di Taranto un decreto che punta salvaguardare la produzione per i profitti di Riva e dei padroni, creando un precedente pericoloso con il discorso del 'sito strategico'.
Naturalmente saremo alla manifestazione perché noi siamo sempre con/tra le masse popolari, anche quando insieme a cose giuste vengono portate avanti posizioni, concezioni, sbagliate o si inseriscono aspetti giusti in una cornice generale sbagliata.

Ma altrettanto chiaramente non aderiamo alla manifestazione per come è indetta e per le posizioni dei suoi principali organizzatori, il “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti”.
Il Comitato l’ha costruita contro le “adesioni”. Le forze per partecipare, come è scritto nel volantino/manifesto, devono andare senza alcun simbolo visibile, e non possono fare interventi come realtà organizzate. Chiunque partecipi lo deve fare a titolo individuale. Ci sono quindi solo i “cittadini”. E dietro questo termine ci stanno tutti, dall’operaio, dalla donna o disoccupato dei Tamburi, al capo della Confcommercio.
Questa non è una cosa 'nuova' ma corrisponde ad un vecchio slogan, sempre respinto nelle lotte proletarie, perché falso e fuorviante, che dice: “stiamo tutti nella stessa barca”, in cui poi il proprietario della barca ha il ‘comando’ e i lavoratori e le masse popolari devono remare per lui: questa è di fatto la parola d’ordine degli organizzatori del 15 dicembre, perché la contrapposizione sarebbe di tutta la città (senza distinzione di classe) contro l’Ilva.
Sotto la veste di “cittadini” si dà spazio a rappresentanti e a associazioni di ampi settori della media borghesia tarantina (che comunque hanno altri strumenti per rendersi visibili), i quali finchè la questione Ilva, dell’inquinamento, le conseguenze economiche non lambivano le loro classi, si voltavano dall’altra parte quando gli operai morivano, si ammalavano, quando moriva di tumori la gente dei Tamburi.
Noi non possiamo favorire un’immagine della città in cui tutti i settori sociali, tutte le classi, tutte le realtà organizzate sembrano unite. Perché questo non è vero. I rappresentanti della borghesia partecipano perchè vogliono dallo Stato soldi per loro, si fanno paladini di un ritorno ad un'economia di cozze/agricoltura/turismo, per fare là i loro utili, con il lavoro nero e senza sicurezza (basta vedere come lavorano le braccianti, o i lavoratori immigrati nelle campagne, i precari che lavorano nelle attività marine, o vedere come vengono trattate le commesse, ecc. ecc.).
Quando si consolida uno spirito “cittadino”, si dimenticano in realtà le condizioni reali di tanti proletari.

Perchè poi dovrebbero essere cancellate le forze, come lo slai cobas per il sindacato di classe, la Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, altre realtà di base che lottano, da anni, a Taranto contro padron Riva e i governi e lo Stato dei padroni, che da anni si battono per la difesa del lavoro, della sicurezza e salute in fabbrica, e della popolazione dei quartieri? – basterebbe ricordare il processo per la morte del 18 aprile 2006, di Antonio Mingolla, marito di Franca Caliolo, che proprio oggi si conclude e la importante manifestazione nazionale del 18 aprile 2009 della Rete a Taranto, in cui erano presenti – e visibili con i loro striscioni – molti di coloro che oggi sono a capo del Comitato Liberi e pensanti o che vi partecipano, e in cui era bello e importante che tante bandiere, rosse innanzitutto, si ritrovassero unite incutendo la giusta paura a digos, stato e padroni, politicanti e sindacati locali.
Sotto la coperta di “cittadini”, possono tranquillamente riciclarsi e avere legittimità chi nulla ha fatto finora contro Riva, morti sul lavoro, inquinamento; e quel che peggio personaggi di partiti parlamentari o di governo, candidati a tutte le elezioni possibili, che ora fanno l’”anima bella” di giorno nella manifestazione e si preparano a fare l’anima nera di notte, rimanendo in partiti che sono pienamente responsabili o sostenitori del decreto salva-Riva. E in questo periodo preelettorale si dà oggettivamente spazio anche agli esponenti di partiti di centrodestra, che siccome sono contro Monti, strumentalmente ora si dichiarano contro il decreto, o per la 'chiusura dell'Ilva' – di questi, si possono fare elenchi di nomi.
Noi, invece, avremmo voluto vedere chi viene e non viene con le loro “bandiere” alla manifestazione anche per poterne chiedere “conto” del loro operato filopadronale sempre.
Il discorso “niente partiti”, “niente sindacati”, può sembrare apparentemente contro i partiti parlamentari e i sindacati venduti, e più in sintonia con il sentire delle masse, ma lascia di fatto ipocritamente tutto come prima o propone ai lavoratori e alle masse il discorso alla ‘grillo’, in cui, come ‘grillo’ non è che poi le masse e i lavoratori abbiano la parola, ma uno ha la parola. E a Taranto, il pensiero unico del“Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti”.
Il Comitato attacca i sindacati, in quanto sindacati. Questo se da un lato attenua oggettivamente la critica ai sindacati filo aziendali e conciliativi, dall’altro vuole affermare una linea populista e demagogica tra gli operai: “nessuna organizzazione sindacale” – ma non è quello che vogliono i padroni e lo Stato? - per cui anche gli operai devono essere “individui” o massa seguace del Comitato (che per una cosa buona che fa, la direzione dell’occupazione della Direzione Ilva il 27 novembre, ne fa dieci male, lasciando dopo il momento di lotta gli operai disorganizzati, senza prospettiva, senza poter contare con un sindacato di classe nelle loro mani nella più difficile guerra di classe quotidiana contro padron Riva, ma semplicemente in attesa della prossima eventuale protesta…). Questa posizione è contro tutta la storia del movimento operaio ed è oggi sbagliata.
E' da queste posizione che è venuta la loro diserzione all'unica manifestazione effettivamente promossa dopo anni dagli operai dell'Ilva in quanto tali e non come 'cittadini', quella degli operai del Mof, disertata perché organizzata da un sindacato di base, l’Usb, con l’adesione e la più ridotta ma attiva presenza dello slai cobas per il sindacato di classe.

Ma torniamo alle indicazioni del volantino/manifesto che convoca la manifestazione del 15, in esso si scrive: “non ci saranno interventi dal palco e si invita a non portare simboli associativi o partitici di alcun tipo”.
Nei fatti, pur avendo il Comitato convocato questa manifestazione con una sigla ad hoc “comitato 15 dicembre”, a tutti è sostanzialmente vietato di parlare, meno che a loro, a tutti è vietato di portare simboli, bandiere, ma loro saranno ben visibili anche senza l'apecar con le magliette, tutti non devono essere “liberi” meno che gli esponenti del Comitato. Questo non è accettabile ed è preoccupante.
Per gli operai, per i movimenti proletari, popolari, studenteschi antagonisti, le bandiere, i loro striscioni, la visibilità delle loro organizzazioni, rappresentano le proprie storie, la propria identità e proposta di lotta. Ogni altro tipo di messaggio, pur nelle migliori intenzioni, è oggettivamente qualunquista o va avanti la demagogia, l'interclassismo, l'oscuramento degli interessi di classe, che sono contrapposti in questo sistema capitalista non solo tra operai e padroni ma tra proletariato e media borghesia ecc.
Gli operai, in particolare, i proletari sono morti per difendere le loro bandiere rosse! Chi oggi dice “niente bandiere, niente simboli visibili”, toglie innanzitutto le bandiere rosse, dato che di solito nere o altro non si portano nelle vere manifestazioni di lotta. Si può giustificare la cosa in molti modi, si potrà riempirla di denuncia contro la politica e il sindacalismo filopadronale e filogovernativo, ma non pensiamo che questo favorisca la forza e la coscienza di classe autonoma di operai e masse popolari.
Comunque la manifestazione sarà grossa ed è bene che lo sia, ma pensiamo che se la lotta continua e va fino in fondo il tempo modificherà questo stato di cose.

SLAI COBAS per il sindacato di classe - Taranto

pc 13 dicembre - speciale - Conferenza Internazionale di Amburgo: Messaggio del Comitato di Fondazione del Partito Comunista (maoista) - Austria



Saluto alla Conferenza internazionale a sostegno della guerra popolare in India
Amburgo 24 novembre 2012

Il subcontinente indiano trema! Perché in aree sempre più ampie dell'India, i naxaliti consolidano il potere rosso. I naxaliti, cioè ora in particolare il Partito Comunista dell'India (Maoista). Esso e l'Esercito Guerrigliero di Liberazione Popolare (PLGA) da esso guidato, stanno nella tradizione delle insurrezioni Naxalbari, che al tempo in cui Mao era vivo le compagne e i compagni cinesi, tra l'imperversare della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, nel quotidiano Osservatore di Pechino del 5 luglio 1967 veniva descritta speranzosamente "tempesta di primavera sull'India." Questa tempesta primaverile, la guerra popolare e la conseguente mobilitazione delle masse, non hanno smesso fino ad oggi.

La rivoluzione indiana nel suo lungo viaggio ha già ottenuto molte vittorie, ma ha anche vissuto momenti di sconfitta e di dolore, momenti in cui era debole e si poneva un sacco di compiti che non potevano pienamente essere portati a termine. Ma la lotta è continuata. Compagni come Charu Mazumdar e Kanhai Chaterjee trassero le giuste conclusioni e iniziarono duri scontri nella lotta ideologica e politica contro il revisionismo. Hanno combattuto per la linea rossa per ricostruire il partito e lo sviluppo della guerra popolare. Hanno messo non solo una base importante per l'ulteriore sviluppo del maoismo in India, ma anche creato le armi con le quali è stata spezzata la spina dorsale del revisionismo e dell'opportunismo in India. Il frutto più grande e più importante delle loro battaglie, la loro eredità immortale, è l'unione del Partito Comunista dell'India (Marxista-Leninista) Guerra popolare con il Centro Comunista Maoista dell'India nel Partito Comunista dell'India (Maoista) durante il 9° Congresso/Congresso dell'unità. Questo Congresso è stato un punto di svolta nella guerra popolare, era, come affermò il compagno Ganapathi "un evento di portata storica per le masse oppresse dell'India e di tutti i popoli del mondo." Nei paesi in cui il movimento comunista è debole e frammentato, impariamo oggi dall'esempio delle compagne e dei compagni indiani, che la lotta ideologica e la lotta per la nascita di una linea rossa politicamente corretta sono i principi fondamentali con cui la lotta per la costruzione del Partito Comunista maoista proletario, deve essere portata avanti. Questo è un insegnamento universale del Marxismo-leninismo-maoismo e quindi un principio per la costruzione del partito comunista.

Le classi dominanti dell'India si dibattono furiosamente di fronte al sempre più forte movimento dei naxaliti. Essi sono sempre più consapevoli che i loro giorni sono contati, perché la guerra popolare, le masse in lotta e il PCI (Maoista) sta procedendo nel suo cammino storico della nuova rivoluzione democratica a passi da gigante! I reazionari imperialisti e i loro fantocci in India scatenano un genocidio. Organizzano l'Operazione Green Hunt, costituiscono bande paramilitari fasciste indù e reprimono sempre di più le masse sfruttate dell'India. Non deve passare sotto silenzio il ruolo vergognoso dei revisionisti, che stanno al loro fianco. L'esempio indiano mostra a tutti i comunisti e ai rivoluzionari di tutto il mondo con forza che non ci deve essere unità e nessuna posizione di concessione al revisionismo, a questi socialfascisti. L'inconciliabilità nella lotta contro il revisionismo e l'opportunismo è una posizione generale, di principio del marxismo-leninismo-maoismo. Questa posizione è una parte importante del grande bandiera rossa della rivoluzione proletaria mondiale. In un momento in cui il revisionismo mascherato da "maoista" gioca un ruolo sempre più dannoso (Avakian, Prachanda, ...), è perciò ancora più importante affermare ciò in  modo e combattivo. Se questa posizione non viene afferrata, la costruzione del partito comunista maoista non è possibile. Il Partito Comunista dell'India (Maoista) ci dimostra come importante esempio, che si possono raggiungere grandi risultati se su tale questione si ha una linea corretta.

La rivoluzione indiana è una parte importante della rivoluzione proletaria mondiale. Con tutte le sue tante particolari caratteristiche, ma è di importanza particolare: la vittoria della guerra popolare in India, un paese con 1,2 miliardi di persone, non solo metterebbe sotto sopra le condizioni di tutta l'India, ma ridefinirebbe piuttosto anche il rapporto globale tra le nazioni oppresse e l'imperialismo. Questo ci mostra da un lato la grande responsabilità che hanno le compagne e i compagni indiani. Dall'altro lato, anche il movimento comunista internazionale deve riconoscere, che ha una responsabilità particolare in questa materia. Perciò salutiamo con favore tutte le iniziative per sostenere la rivoluzione e la guerra popolare in India, come la conferenza ad Amburgo del 24 Novembre, che consideriamo passo molto importante e significativo. Deve essere parte di tali campagne anche il fatto che tutti i partecipanti e simpatizzanti riflettano su come far avanzare nel modo migliore la rivoluzione nel proprio paese. Il compito principale è spesso proprio quello della costruzione di veri partiti comunisti, dato che in particolare nei paesi imperialisti questi sono spesso sviluppati solo molto debolmente o non esistono ancora – come per esempio in Germania. Come comuniste e comunisti nei paesi imperialisti dobbiamo fare di tutto per rafforzare il fronte della rivoluzione proletaria mondiale nei paesi imperialisti. Con la costruzione di partiti comunisti qui, nel più stretto collegamento con i popoli oppressi dall'imperialismo che lottano per la loro liberazione, serviamo la rivoluzione indiana nel modo più deciso. Perciò, per noi, la conferenza di Amburgo è espressione di internazionalismo proletario, del legame più stretto dei proletari rivoluzionari, dei marxisti-leninisti-maoisti dei paesi sfruttati dai paesi imperialisti e di quelli nei paesi imperialisti – senza intrecciare questo legame fermamente non sarà possibile – come insegan i lcompagno Lenin - la vittoria della nostra causa comune, la vittoria della rivoluzione proletaria mondiale.

La guerra popolare in India è un importante punto di riferimento comune per tutti noi, è un bastione rosso per il movimento comunista internazionale. Sosteniamolo con tutte le nostre forze. Facciamo della Conferenza di Amburgo del 24 Novembre una grande vittoria dell'internazionalismo proletario, facciamo di essa il punto di partenza per ulteriori, più importanti, successi della solidarietà rivoluzionaria internazionale!

Viva il PCI (Maoista) e l'EGPL (PLGA)!

Per la vittoria della guerra popolare in India - Per la vittoria della rivoluzione di nuova democrazia!

Viva la rivoluzione proletaria mondiale!

Viva la solidarietà internazionale!


Comitato Fondatore del Partito Comunista (Maoista)
Austria, Novembre 2012

pc 13 dicembre - Antonino e Franca Caliolo ..quanto è la pena per la morte di un operaio all'indotto ILVA ? e padron Riva neanche processato


Si è concluso il processo per la morte dell'operaio dell'indotto AntoninoMingolla al tribunale di taranto

dalla cronaca della gazzetta del mezzogiorno

Si è chiuso con la condanna di tutti gli imputati, il processo di primo grado per la morte di Antonino Mingolla, 47enne operaio di Mesagne,dipendente della ditta Costruzioni metalliche tubolari (Cmt) deceduto sul
lavoro il 18 aprile 2006 all'interno dello stabilimento Ilva. Il giudice del tribunale di Taranto, Massimo De Michele ha condannato i sei dirigenti finiti alla sbarra a pene comprese tra i due anni e due anni e sei mesi di
reclusione. La pena maggiore è stata inflitta a Pietro Mantovani: per il titolare della ditta Smi sas, subappaltatrice della Cmt, il tribunale in composizione monocratica avrebbe riconosciuto una maggiore responsabilità condannandolo alla pena di due anni e sei mesi. Due anni di carcere, invece,
sono stati inflitti ad Alfredo De Lucreziis, tecnico d'area energia manutenzione meccanica dell'Ilva, Antonio Assentato, capo cantiere della ditta Cmt, Angelo Lalinga, responsabile di produzione, distribuzione e
trattamento acque, soffiaggio vapore, aria e gas dell'Ilva, Mario Abbattista, capo reparto energia, aria e gas dell'Ilva e Francesco Ventruto, responsabile del servizio di prevenzione e protezione rischi per la
sicurezza e salute durante il lavoro.
Le condanne decise dal magistrato, infine, sono state superiori anche alle richieste formulate dal pubblico ministero. Durante la sua requisitoria, infatti, il sostituto procuratore della Repubblica Enrico Bruschi, aveva
chiesto al tribunale la condanna di tutti gli imputati a una pena di un anno e otto mesi di carcere. Per tutti l'ipotesi di reato contestata dalla procura ionica era di cooperazione in omicidio colposo.
Quel 18 aprile 2006, Antonino Mingolla fu investito da una nube tossica mentre era impegnato assieme ad altri suoi tre colleghi nella sostituzione di una valvola alla rete gas «Afo» in prossimità della centrale elettrica
Cet1, all'interno dello stabilimento siderurgico. Il tribunale, quindi, ha accolto la tesi accusatoria della procura della Repubblica secondo la quale la ditta Cmt avrebbe predisposto un generico piano per la sicurezza «senza che a monte ci fosse una valutazione dei rischi effettivamente connessi all'attività lavorativa e alla specifica definizione delle modalità operative più idonee». Inoltre, nel piano in questione «non vi è traccia
dello stretto coinvolgimento dei lavoratori in un efficace processo conoscitivo dei rischi ai quali andavano esposti».
Mingolla e gli altri operai furono investiti da sostanze tossiche probabilmente sprigionate dalla tubazione a cui stavano lavorando: una vera e propria nube tossica inodore, insapore e incolore contenente una cospicua
quantità di ossido di carbonio. I soccorsi furono immediati, ma l'operaio mesagnese morì poco dopo l'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale «Santissima Annunziata».

nota della rete

Antonino Mingolla è il marito di Franca Caliolo, una delle fondatrici dell'associazione dei familiari 12 giugno e successivamente della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro. e oggi attiva nelle donne
per taranto il 18 aprile 2009 la rete nazionale organizzò a taranto una manifestazione nazionale di 5000 persone contro morti sul lavoro e inquinamento che ha anticipato tutta la battaglia odierna in corso, ma su posizioni nazionali e di classe e non localiste e interclassiste

rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@domeus.it
13 dicembre 2012


da repubblica

Operaio ucciso dal gas killer Mancanza totale di sicurezza". L'incidente mortale sull'Altoforno 1 nel
2006, costato la vita ad Antonio Mingolla. Due anni anche ai dirigenti della ditta appaltatrice


Operaio ucciso dal gas killer condannati responsabili Ilva


TARANTO - I responsabili dell'Ilva condannati con i dirigenti di una delle ditte appaltatrici a due anni per concorso in omicidio colposo, per la morte di un operaio, stroncato dal gas killer fuoriuscito dall'Altoforno 1:
Antonio Mingolla, ucciso nel 2006 a 46 anni dalle esalazioni che lo hannoinvestito mentre, in assenza di adeguate misure di sicurezza, lavorava all'interno dell'Ilva.

La sentenza è arrivata nel pomeriggio, e ad ascoltarla c'era anche la vedova Francesca Caliolo, parte civile nel processo e, da allora, rappresentante della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro. Condannati per le gravi carenze sul fronte della sicurezza che sono costate la vita all'operaio, dipendente di una ditta esterna del siderurgico, sei tra uomini Ilva e responsabili dell'impresa dell'indotto. Tra loro nessun dirigente di primo piano. Il sistema delle deleghe a cascata li ha messi al riparo dalla giustizia.
Condannati per il reato di concorso in omicidio colposo Alfredo De Lucreziis, tecnico d'area energia manutenzione meccanica dell'Ilva; Antonio Assentato, capo cantiere della ditta Cmt; Piero Mantovani, titolare della società "Smi sas", ditta subappaltatrice della Cmt; Angelo Lalinga, responsabile di produzione, distrubuzione e trattamento acque, soffiaggio vapore aria e gas dell'Ilva; Mario Abbattista, capo reparto energia, aria e gas dell'Ilva; e Francesco Ventruto, responsabile del servizio di prevenzione e protezione rischi per la sicurezza e salute durante il lavoro.

L'operaio, il giorno dell'incidente, stava smontando una grossa valvola, quando fu ucciso da un gas potentissimo, nell'area dell'Altoforno 1, la centrale elettrica chiusa nei giorni scorsi per manutenzione, come primo passa nell'adeguamento dettato dalla nuova Aia. Antonio Mingolla, padre di due figli, di Mesagne,
morì fulminato dal gas, incolore e inodore, ad altissima concentrazione tossica, fuoriuscito dalla conduttura alla quale stava lavorando. L' operaio, dipendente della società appaltatrice tarantina C.m.t., stava
operando con un collega su una passerella posizionata a venti metri d'altezza. Ha respirato quel potente veleno, chiamato in gergo "gas povero da altoforno", che lo ha ucciso praticamente sul colpo.

Per tentare di salvarlo due colleghi rischiarono la vita. Le indagini hanno chiarito che la fatalità giocò un ruolo marginale quel giorno. Le relazioni dei periti e degli ispettori del lavoro hanno tracciato uno spaccato
inquietante. Sintomatica l'assenza in un luogo a rischio di una bomboletta da almeno due litri, che avrebbe potuto salvare la vita all'operaioconsentendogli di fuggire dall'ambiente saturo di monossido di carbonio. Ma

di quelle procedure c'erano labili tracce sul manuale in dotazione agli operai, nel quale però campeggiava la scritta: "L'umorismo migliora l'ambiente di lavoro".

il racconto di franca caliolo, moglie di antonino mingolla

Per tutti questi anni Franca Caliolo, moglie dell'operaio, ha condotto una dura battaglia per raccontare la vicenda, mobilitare le coscienze, ha partecipato prima alla fondazione dell'associazione 12 giugno familiari vittime del lavoro dell'Ilva in seguito, ha contribuito ed è stata protagonista della fondazione della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, la quale ha organizzato diversi eventi per fare di questa morte una battaglia per la vita degli operai contro i profitti del capitale e di padron Riva, compreso una riuscita manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile 2009.
In questa occasione pubblichiamo ancora una volta, il racconto di Franca Caliolo, che rendono ben viva questa morte e un grido di rabbia e ribellione contro il capitale che uccide

rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
sede di Taranto
347-1102638


La svolta di Francesca Caliolo

Il giorno in cui misi piede per la prima volta come operaio nel cantiere Ilva di Taranto, fui preso dallo sconforto, come mai mi era accaduto nella mia lunga esperienza lavorativa. Difficile arrivare alla fine di quella giornata.
Trovare quel lavoro non era stato facile: dopo mesi di mobilità e decine di domande inoltrate a ditte del settore, un contratto a due mesi mi aveva dato respiro. Conoscevo già il cantiere per averci lavorato in trasferta qualche anno prima.
Quella sensazione che avevo ora però, era di definitiva appartenenza a quel luogo e questo mi infondeva pessimismo per il futuro.
Dovevo avere un'espressione molto avvilita se, tornato a casa, mia moglie mi abbracciò forte dicendosi sicura che presto avrei trovato qualcosa di meglio.
Invece restai in quella ditta per due anni, passai in un'altra come caposquadra per altri due, per poi tornare alla prima divenendo vice-capocantiere circa tre anni dopo. Questo scatto di livello mi gratificò, gravandomi al tempo stesso di una grande responsabilità a causa di lavori molto impegnativi che eravamo chiamati a fare.
Ciò che restava immutato era il paesaggio.
Contro un cielo velato dai fumi, si stagliavano bizzarre architetture: come cattedrali futuriste consacrate alla grande economia, svettavano numerose ciminiere attorniate da condutture metalliche che percorrevano in lungo e in largo la città-cantiere, trasportando enormi quantità di gas, per arrivare ai potenti altiforni capaci di ridurre i metalli in lava incandescente.
A fumi e vapori si aggiungeva il 'polverino'come lo chiamavano qui, che si sollevava dalle nere colline di carbone dei parchi minerali, in una sorta di moderna rivisitazione dell'Inferno dantesco. Di tanto in tanto, paradossalmente,il tutto era avvolto dalle note dell'"Inno alla gioia" di Beethoven,  diffuse dagli altoparlanti per sottolineare il momento culmine della "colata". A questo scenario pian piano non ci feci più caso se non per il fatto che gradualmente contribuiva ad aggravare la mia allergia.
La prima estate che affrontai in Ilva fu una delle più calde in assoluto, toccò i 40°e a noi toccò ristrutturare un altoforno ancora caldo situato vicino a un altro in funzione, a 1.800°.  In seguito bisognò revisionare dei silos contenenti residui oleosi che impregnavano le nostre tute rendendole
inutilizzabili; condutture buie e fuligginose che ci rendevano irriconoscibili come minatori a fine turno; strutture poste ad altezze irraggiungibili da chi non avesse una qualche capacità funambolica.
Difficile raccontare questo stato di cose a chi non conosceva quell'ambiente.
E infatti non lo raccontavo. Non lo raccontavo ai conoscenti, non lo raccontavo ai parenti. Non lo raccontavo agli storici amici insieme ai quali avevo condiviso battaglie sociali: col tempo le nostre vite erano cambiate, dal punto di vista del lavoro però, la mia vita era cambiata più delle loro.
Lavoratori per lo più"di concetto", li ritenevo teorici idealisti, lontani anni luce dal mondo cui accennavo loro con battute ironiche.
Mia moglie era l'unica a conoscere nei dettagli la mia realtà lavorativa.
Quasi ogni mattina mi chiamava per un rapido saluto che mi rincuorava e poi, una volta a casa, mi martellava di domande per conoscere tutto della mia giornata.
Benché restio a raccontare aspetti poco rassicuranti per lei, mi ritrovavo poi a farle un resoconto completo anche di dettagli tecnici. Questo suo modo di essermi vicina era parte integrante di una condivisione totale della nostra vita e aveva in effetti il potere di alleviare tante giornate
difficili, così come mi aiutava il bellissimo, profondo legame con i nostri figli.
Ma anche al lavoro mi aiutavano i contatti umani. Ci tenevo a stabilire rapporti di amicizia prima che professionali; una risata, una battuta, qualche aneddoto ci faceva superare le giornate più pesanti. Avevo buoni rapporti con tutti o quasi e avevo rispetto per i superiori come per l'ultimo arrivato: in passato avevo subito troppe vessazioni solo per essermi opposto a delle ingiustizie da parte di capi tesi ad affermare il proprio ruolo, per non nutrire rispetto per chi avevo di fronte. Oltretutto lavoravo quasi sempre al fianco dei miei operai per condividere rischi e fatica.
Era nel periodo delle"fermate", vale a dire il blocco produttivo di un settore del cantiere che permetteva a noi di intervenire, che divenivo duro ed esigente, preoccupato che tutto andasse per il meglio.
Ad ogni modo, odiavo quel lavoro. Non lo lasciavo perché volevo mettere un po' di risparmi da parte per avviare una attività indipendente, magari nella ristorazione. Cosa non facile con una famiglia monoreddito e due figli in crescita. D'altro canto, per quanto ancora avrei potuto svolgere un lavoro così usurante con due vertebre schiacciate,un menisco lesionato e una tendinite al braccio destro? E comunque sognavo un lavoro che mi lasciasse più tempo per vivere insieme alla mia famiglia e programmare finalmente delle ferie in estate, seguire il calcio, la politica, fare passeggiate senza sentirmi stanco e stressato.
E se la stanchezza era dovuta alla manualità del lavoro, lo stress derivava dal carico di responsabilità per l'esecuzione tecnica secondo precisi parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e
addirittura 24 ore di seguito! Nel contempo bisognava fare attenzione che nessuno si facesse male e, a dire il vero, la frequenza degli incidenti in tutta l'Ilva non lasciava ben sperare.
A fine giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi: ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta si moriva anche. Le morti ci lasciavano attoniti a pensare all'esagerato tributo da pagare in cambio di un lavoro di per sé duro e alienante. Eroi, martiri del lavoro?
Nessuna medaglia, non funerali di stato.
E credo che nessuno di quegli uomini avesse voglia di immolarsi a un dio che chiedeva sacrifici in nome di interessi economici e non si prodigava ad attuare migliori misure di sicurezza, definendo"morti fisiologiche" quelle 2-3 che in media si verificavano per anno in un cantiere dove operavano circa 20.000 persone.
Ci sentivamo impotenti, rassegnate formiche al cospetto di un colosso; protestavamo e poi, dovendo continuare a lavorare, cercavamo di scongiurare la morte cercando di non pensarci.
D'altronde nella nostra ditta non era mai morto nessuno.
Sono passati ormai quasi nove anni dal mio ingresso in Ilva e sono ancora qui, alle prese con un'ennesima"fermata"che si presenta particolarmente complicata e che mi ha caricato di tensione già da qualche settimana.
Neppure questa pausa pasquale è servita a ricaricarmi, neppure la giornata di ieri passata in campagna respirando aria pura, cosa non comune per me.
Ho avuto da ridire con mia moglie anche prima di andare a dormire, col pretesto che non aveva sistemato bene la piega del lenzuolo. Lei ci è rimasta male perché era stanca, ma io ero nervoso e intrattabile e non ci siamo neppure dati la buonanotte. Più tardi appena avrò un po' di tempo la
chiamerò per scusarmi, tanto ormai lo sa che se non termina la fermata non torno sereno.
E questo lavoro ci dà già delle noie, un'operazione che non va per il verso giusto, ci tocca smontare e rimontare.
Siamo a venti metri da terra per sostituire delle valvole di un enorme tubo che è stato svuotato, così ci hanno assicurato, del gas che trasportava.
Indossiamo maschere collegate a bombole d'aria perché potrebbero esserci residui di gas, non è la prima volta che torno a casa con nausea e mal di testa da scoppiare.
E infatti verso le dieci ho soccorso un ragazzo che si è sentito male.
Questo gas è inodore e insapore, perciò più insidioso; un paio di noi hanno il rilevatore ma ormai è certo che da qualche parte c'è una  perdita, comincio ad avere mal di testa.
Comunque noi siamo abituati ad operare così, né la ditta né l'Ilva si possono permettere di bloccare i lavori ogni volta che qualcosa non va, non gli conviene. A noi scegliere poi se ci conviene rischiare o non lavorare più.
Meno male almeno che i turni ora sono regolari, in fondo non è la prima volta che respiro questo maledetto gas, mi dà nausea,vertigini, mal di testa, ma una volta a casa mi riprendo, devo resistere fino ad allora.
Intanto il cellulare continua a squillare, sono quelli dell'altra squadra ed io per rispondere e richiamarli devo togliere la maschera, non posso ogni volta scavalcare questo tubo che ha 3m di diametro per raggiungere la postazione di sicurezza, perderei troppo tempo. Anche la scala di accesso è dall'altra parte, così mi allontano del massimo che mi è consentito.
Stiamo lavorando come forsennati, vorrei che Gabriele fosse qui e ci vedesse, capirebbe perché insisto tanto sul fatto che studi; ultimamente sono stato anche un po'duro con lui, ma non vorrei mai che si trovasse costretto un giorno a fare questo.
Ora non ce la faccio proprio più, mi sento mancare le forze.
Mi allontano verso l'ufficio, vorrei chiamare Franca ma si accorgerebbe che  qualcosa non va, non voglio preoccuparla.
Nella mente mi scorrono delle immagini, mi rivedo ragazzino a bottega dal fabbro, durante le vacanze estive, mentre i miei amici giocano nel cortile dell'oratorio vicino. Ma io ho perso mio padre a nove mesi e son dovuto crescere in fretta. Mia madre, contadina, ha dovuto tirare su cinque figli
da sola.
Con un diploma professionale, non ho trovato di meglio da fare che il muratore, stringendo i denti per la fatica eccessiva per un fisico esile come il mio. Qualche anno dopo sono diventato un bravo venditore di macchinari per falegnameria, con i cui proventi ho potuto costruire la mia casa.
Dopo nove anni il mercato ristagna, torno così alla condizione di operaio stavolta metalmeccanico, nel Petrolchimico di Brindisi. Dopo altri nove anni la ditta ci impone la condizione di trasferisti; non ce la faccio ad allontanarmi dalla mia famiglia e rifiuto, ritrovandomi così in mobilità.
Fino ad oggi ho trascorso quasi nove anni qui in Ilva e chissà, forse la mia vita avrà una nuova svolta.
Non cerco di dare un senso a questa mia vita di fatica e sacrifici. Il senso è già tutto negli affetti. D'altronde la felicità non è una condizione continua, se non nelle fiabe. Noi dobbiamo accontentarci delle piccole cose e vivere intensamente i momenti di felicità che ci capitano, come dice mia moglie, che sa restituirmi la gioia di vivere. Ora devo tornare al lavoro, non mi sento ancora bene.
Qualcuno mi sconsiglia di risalire, non ho un bell'aspetto, dice.
Non posso, siamo una squadra e io ne sono anche responsabile. Infatti i problemi non sono ancora risolti; insistiamo, ricominciano le telefonate.
Cambia il turno, mi sollecitano a lasciare ad altri il completamento del lavoro. Non posso, ci sono quasi riuscito, è un lavoro pericoloso, meglio completarlo.
Stasera a casa voglio abbracciare Franca,Gabriele e Roberta, dire loro quanto li amo, proporgli di fare una crociera, è tanto che ci penso e poi voglio cambiare lavoro, non ce la faccio più, sono stanco, stanco, così stanco che all'improvviso ho voglia di dormire, mi si chiudono gli occhi, squilla il cellulare, dormo.
Amore mio, è passato un anno da quando non ci sei più. Quante volte mi sono chiesta se non sentivi lo squillo della mia chiamata, se proprio in quel momento cadevi, se pensavi a noi.
Di quel giorno posso ricordare tutto, posso anche rivivere lo straziante dolore di una realtà dura da accettare, così dura da far crescere in un attimo i nostri ragazzi, proiettati improvvisamente davanti alla morte, quella del loro adorato papà.
Voglio credere che quel giorno il Signore ti abbia fatto cadere tra le sue braccia, per portarti a vivere una felicità mai provata prima.
Voglio credere che tu sia qui tra noi, che continui a proteggerci col tuo amore e la tua tenerezza.
Dev'essere così, altrimenti non saprei spiegarmi perché continuo ad amarti tanto e ad avere la forza di vivere senza di te.


        Franca Caliolo



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pc 13 dicembre - Cucchi un omicidio di stato con molti autori... ma non è il solo


"Il quadro traumatico osservato - prosegue la perizia - si accorda sia con un'aggressione, sia con una caduta accidentale, nè vi sono elementi che facciano propendere per l'una piuttosto che per l'altra dinamica lesiva".
"In questo contesto - si legge fra l'altro nella relazione di 190 pagine - pare anche inutile perdersi in discussioni sulla causa ultima del decesso. Se, vale a dire, esso sia da ricondursi terminalmente ad un disturbo del ritmo cardiaco piuttosto che della funzionalità cerebrale, trattandosi di ipotesi entrambe valide ed ugualmente sostenibili. Questo anche in considerazione del fatto che il decesso (vuoi per causa ultima cardiaca, vuoi per causa ultima cerebrale) intervenne nelle prime ore della mattinata del 22 ottobre quando, quanto meno a partire da due-tre giorni prima, già si era instaurato il catabolismo proteico, indice come abbiamo visto sopra di una prognosi a breve sicuramente infausta".

"Morto in carcere come Cucchi"
Indagati cinque medici a Trani

Chiuse le indagini per la morte di Gregorio Durante, 34enne di Nardò, mandato in isolamento nonostante sofrisse di crisi epilettiche. Secondo l'accusa, l'uomo, non è stato curato e assistito adeguatamente. I familiari: la sua vicenda come quella di Stefano

dIl sospetto è fondato. Secondo l'accusa fosse stato ricoverato per tempo in ospedale forse non sarebbe morto. Invece, emerge dai verbali, i sanitari che lo avevano in cura in carcere avrebbero agito con superficialità nonostante le condizioni di salute dell'uomo fossero gravi, tanto che non riusciva a camminare, non mangiava e non comunicava più, rifiutando anche di assumere farmaci. Il magistrato della procura di Trani Luigi Scimè ha chiuso l'inchiesta sulla morte di Gregorio Durante, il detenuto 34enne di Nardò trovato cadavere il 31 dicembre del 2011 all'interno della cella numero 5 della sezione "Italia" del carcere, e ha notificato 5 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti medici che si occuparono del caso.

Si tratta di Francesco Monterisi, Michele De Pinto, Gioacchino Soldano, Francesco Russo e Giuseppe Storelli, accusati di concorso in omicidio colposo. Le condizioni di salute dell'uomo, trapela da fonti inquirenti, avrebbero suggerito l'adozione immediata di idonei trattamenti diagnostici e terapeutici presso un reparto ospedaliero. Invece il detenuto rimase in carcere e morì, ha stabilito l'autopsia, a causa di una crisi respiratoria indotta da un'intossicazione da fenorbital, farmaco utilizzato per il trattamento dell'epilessia.

Gregorio Durante,
figlio di Pippi, il boss accusato di aver ucciso il 1 aprile del 1984 l'assessore della pubblica istruzione del comune di Nardò Renata Fonte, soffriva di crisi epilettiche associate a crisi psicomotorie a causa di una encefalite contratta nel 1995, quando aveva 17 anni. Stava scontando una condanna a 6 anni di reclusione per uno schiaffo che, pur essendo in regime di sorveglianza, aveva dato a un ragazzo, nel corso di un diverbio avuto perché il giovane stava per fare cadere per le scale, con uno sgambetto, la compagna di Durante, Virginia, all'epoca incinta. Gregorio, ricordano le cronache, fu inizialmente ricoverato in ospedale a Bisceglie e poi dimesso il 13 dicembre. Due giorni dopo i suoi legali depositarono un'istanza di sospensione dell'esecuzione della pena, che sarebbe terminata nel 2015, o in alternativa di detenzione domiciliare per gravissimi motivi di salute ed incompatibilità con il regime carcerario.

A detta dei familiari, che paragonarono il caso di Gregorio a quello di Stefano Cucchi, il detenuto morto nel 2009 nel carcere di Regina Coeli a Roma, forse per le botte ricevute dagli agenti di polizia penitenziaria, il personale del carcere si sarebbe convinto che l'uomo fingesse di essere malato tanto da punirlo con tre giorni di isolamento all'aria aperta. Dal penitenziario di Trani si sono sempre difesi sostenendo che l'uomo era stato sempre seguito e curato, che medici e magistrato di sorveglianza avevano anche predisposto il trasferimento in una struttura psichiatrica giudiziaria, delle poche ancora rimaste in Italia, ma non c'erano posti liberi.
(12 dicembre 2012)

pc 13 dicembre - Piacenza, IkeaInlotta: torna il picchetto di fronte al Polo Logistico


A9-sUZqCMAEISXJ.jpglargeSi torna a lottare davanti ai cancelli Ikea di Piacenza. Lavoratori del consorzio di cooperative esternalizzato dalla multinazionale svedese e solidali questa mattina sono tornati a bloccare le merci in entrata al polo logistico di Piacenza.

Il freddo pungente non ferma i lavoratori. Da questa mattina all'alba un gruppo di operai ha nuovamente bloccato con un picchetto uno degli ingressi del deposito centrale della multnazionale svedese in via Torre della Razza. Una ventina di persone che hanno allestito il sit in e un falò per scaldarsi. Fuori intanto restano in attesa di entrare non solo i camion, ma anche i lavoratori che non aderiscono allo sciopero. Sul posto polizia, carabinieri e polizia municipale.
Aggiornamento h 11.20: Picchetto sciolto con consenso umanime, si deve avere 1 min di fiato in più sulla lunga distanza, non sulla breve!
Aggiornamento h 11: merci di nuovo bloccate nonostante le cariche della polizia.
Aggiornamento h 10: Identificati alcuni lavoratori Ikea dopo essere stati caricati! Molti camion rimangono bloccati! ! Il blocco continua!
Aggiornamento ore 9.45: In modo dinamico vengono bloccati i camion in manovra!
Aggiornamento ore 9.30: Cariche di polizia davanti al cancello 9 per far accedere dipendenti e camion da questo ingresso. Michele, compagno del CSA Dordoni presente ai cancelli Ikea ai microfoni di Radiondadurto
Aggiornamento ore 8.30: Le merci oggi non entrano e non escono!

pc 13 dicembre - No alla criminalizzazzione del movimento degli atudenti - il caso di Pisa

Il movimento degli studenti medi pisani è sotto una pesante pressione da parte delle autorità (questore, presidi, giornali). Un appello di solidarietà per sostenere le lotte e le aspettative di una nuova generazione.

Dopo il corteo del 6 dicembre, a Pisa è stata messa in campo una vergognosa campagna di criminalizzazione nei confronti del movimento che vede in questo momento un enorme protagonismo degli studenti medi. Le interviste rilasciate dal Questore e da alcuni presidi, le falsità diffuse da i giornali Il Tirreno e la Nazione non servono ad altro che a delegittimare queste proteste facendo spazio ad una ipotesi repressiva, che in piccolo già si sta manifestando: al liceo artistico di Cascina uno sgombero violento da parte dei carabinieri della suola occupata ha provocato contusioni a due studentesse; al liceo artistico Russoli un professore irritato dall'occupazione si è permesso di colpire con una catena al viso e alla mano uno studente; l'Istituto Alberghiero è stato sgomberato subito dopo l'occupazione. nonostante questo gli studenti stanno proseguendo nella

loro protesta che sta coinvolgendo sempre più scuole. è fondamentale dare una risposta cittadina che dimostri che questi ragazzi non sono soli: per questo abbiamo pensato di promuovere un appello di solidarietà alla loro lotta e di raccogliere il maggior numero di adesioni tra soggetti collettivi e associativi. al momento è giunta l'adesione delle lavoratrici del presidio Sodexo-Comitato diritto alla salute.

Per comunicare adesioni potete scrivere a questo indirizzo mail ( prendocasa@inventati.org), la richiesta è quella di allargare il più possibile la diffusione

Qui di seguito il testo dell’appello da sottoscrivere

Dal 5 ottobre gli studenti stanno scendendo in piazza contro scuole pubbliche immiserite e massacrate dalle successive "riforme", contro il tentativo di svenderle ai privati, contro una gestione delle scuole marcata da un crescente autoritarismo che le rende ogni giorno più simili a caserme in cui soffocare i diritti di studenti e lavoratori.

Ma, oltre questo, le lotte degli studenti aprono uno scenario più ampio di quello legato all'orizzonte della scuola, andando a rappresentare una crescente resistenza a quelle misure di austerità che scippano a loro, e non solo a loro, presente e futuro.

In questo percorso trovano compagni di strada nei lavoratori e nelle lavoratrici, come quelle delle mense e della Sodexo in lotta, nei giovani precari, negli universitari condannati al lavoro nero, nei cittadini che resistono agli sfratti o aprono spazi di socialità, restituendo a tutti un altro welfare, costruito dal basso e autogestito.

A fronte dell'emergere di forme di resistenza in un Paese che vede un italiano su quattro sotto la soglia di povertà e disoccupazione, precariato e sottooccupazione a livelli da record, la risposta di partiti e istituzioni suona come un disco ormai logoro: da un lato caccia alle streghe e oscuri teoremi costruiti con menzogne, allarmismi, ricostruzioni fantasiose; dall'altro lo scenario grottesco di una città militarizzata ogni qual volta un corteo scende in strada.

Sindaco, Presidente della Provincia, Provveditore condannano come "inaccettabile violenza" anche la semplice affissione di uno striscione mentre ritengono lesivo della loro dignità incontrare e confrontarsi con studenti e lavoratori.
Scudi, manganelli e blindati sono i cattivi maestri che annichiliscono ogni dialettica per imporre austerità e sacrifici.
Al contrario, condividere le lotte è lo strumento che abbiamo per liberarcene.

sa contropiano

pc 13 dicembre - speciale - Conferenza Internazionale di Amburgo: dichiarazione della Lega Lavoratori in Lotta - Austria



Dichiarazione di solidarietà ai movimenti democratico, popolare e operaio dell’India della Militant Workers League - Austria

Le lotte democratiche in India sono degli esempi brillanti per le lotte della classe operaia e delle masse oppresse in Austria. La classe operaia, i contadini poveri e senza terra, le minoranze nazionali oppresse, le donne e gli Adivasi, in breve tutto il popolo indiano, combattono una lunga ed eroica lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione dell'imperialismo e dei suoi lacchè.
Noi lavoratori del kommite kämpferischer Arbeiter / innen dichiariamo la nostra solidarietà alle lotte democratiche e sindacali della classe operaia e delle masse oppresse in India, in particolare ai sindacati di classe (ad es. la Maruti-Suzuki-employees-Union ) e al RDF (Fronte Democratico Rivoluzionario).

Le lotte sindacali in India sono un esempio per le lotte in Austria, per tanti motivi. Migliaia di lavoratori hanno compreso che devono organizzarsi da sé per combattere per i loro interessi. Hanno costruito sindacati indipendenti e li usano come strumenti nelle loro lotte per i diritti economici e democratici. Non si fidano più dei vecchi sindacati ufficiali, che spesso sono finanziati dai capitalisti e hanno una sola linea di difesa degli interessi dei capitalisti. I lavoratori in India combattono contro la repressione dei padroni e il supersfruttamento. Lottano contro la violazione permanente dei loro diritti costituzionali. Rivendicano il diritto a condizioni migliori e per i diritti sindacali. Lo Stato indiano, fascista, sottomesso, capitalistica-burocratico è al servizio imperialisti. Lo stato fa da cane da guardia contro attivisti sindacali e le forze democratiche, progressiste e rivoluzionarie. A migliaia sono imprigionati, torturati e le donne violentate. Condanniamo questo terrore fascista, che ha le sue radici in imperialismo. Anche l'imperialismo austriaco ha i suoi interessi in India, tutelati da questo terrore fascista e l'imperialismo austriaco sostiene i fascisti indiani contro classe operaia e le masse popolari. Condanniamo gli accordi imperialisti col capitale austriaco.

La nostra solidarietà va ai lavoratori in lotta e alle masse oppresse dell’India e contro classi dominanti indiane burocratico-capitalistiche e dipendenti dal l'imperialismo. Va alle giuste lotte della classe operaia in India, agli operai in lotta nell'industria e negli altri settori della produzione, alle lotte dei contadini poveri e senza terra, alle lotte democratiche degli Adivasi e degli settori del popolo nelle campagne e nelle città. Condanniamo chiunque prenda parte direttamente al terrore fascista o lo sostenga in qualsiasi modo. Costoro stanno dalla parte dei fascisti e sono contro gli interessi della classe operaie e delle masse oppresse.


Lavoratori e masse oppresse unitevi e lottate insieme!
Viva la solidarietà internazionale!
Libertà per i sindacalisti, i democratici e progressisti imprigionati!
Contro lo sfruttamento, la repressione e il terrore fascista, costruiamo il fronte unito dei lavoratori!
Avanti nella lotta per i diritti della classe operaia e delle masse oppresse!

pc 13 dicembre - speciale - Conferenza Internazionale di Amburgo: messaggio del Gruppo di Lavoro Culturale - Austria



Relazione del gruppo di lavoro culturale

Negli ultimi mesi, come una parte della campagne internazionale "Sostenere la guerra di popolo in India" noi, il gruppo di lavoro culturale, abbiamo studiato e discusso sulle organizzazioni rivoluzionarie culturali in India, su come funzionano e lottano e anche su che tipo di lavoro di solidarietà possiamo fare qui in Austria come gruppo di lavoro. La nostra attenzione è concentrata sul fronte della cultura. Con questo obiettivo, cerchiamo di popolarizzare anche in Austria la guerra popolare perché la gente qui la conosca e vi rifletta. I nostri obiettivi, come Gruppo di lavoro Culturale, era di informare prima noi stessi e discutere, per poi essere in grado di informare la gente per diffondere solidarietà. Perciò ci siamo concentrati e abbiamo lavorato sulla parte principale del nostro lavoro di solidarietà, l'organizzazione di una festa di solidarietà a sostegno della guerra popolare in India. Ci domandavamo qual sia il significato del lavoro culturale rivoluzionario in India, che è parte della lotta e di come possiami raggiungere le masse qui.

In questo senso abbiamo preparato una relazione cintrata su come l’organizzazione culturale Chetna Natya Manch svolge il proprio lavoro e combatte una parte imporfrtante della Guerra popolare.

Come passo successivo, ci siamo concentrati e discusso sullo Stato indù-fascista indiano e sulla repressione che utilizza per sopprimere i progressisti, rivoluzionari e democratici, comprese le organizzazioni culturali e i loro attivisti. È ad esempio, il caso dell’ Adivasi Uttpal Baski, illegalmente arrestato dalla polizia nel maggio 2012. Abbiamo potuto vedere chiaramente da questo esempio quale pericolo sia per lo Stato indiano il lavoro culturale progressista e quanto liberatorio e importante esso possa essere per il popolo. Su questa base, abbiamo orientato il n ostro lavoro con la parola d’ordine "L'arte è un'arma".

Fino ad allora eravamo concentrati per la mobilitazione e organizzazione di eventi di solidarietà. Altrettanto importante per il nostro lavoro è stato il lavoro comune con persone che non sono in alcuna organizzazione, per interessarle. Non abbiamo del tutto raggiunto questo obiettivo, ma siamo riusciti a interessare gente nuova grazie allo slogan "Creiamo una solida per una cultura superiore per le larghe masse". Con l’agitazione, incontri e affissioni abbiamo cercato di attirare l'attenzione per la Campagna internazionale a sostegno della guerra popoli in India. Quantitativamente, l’iniziativa non è stata un grosso successo, ma si sono viste tante facce nuove, con cui abbiamo discusso e festeggiato collettivamente.

In conclusione, è stata una sfida difficile conquistare persone a fare del lavoro di solidarietà per le lotte progressive, a volte è stata dura, ma pensiamo di essere riusciti a fare alcuni piccoli passi in avanti nel conoscere che cosa è il lavoro culturale rivoluzionario e come diffonderlo, nella solidarietà coi movimenti progressisti in generale e con la guerra popolare in India in particolare. Non vediamo l'ora di riavviare l’attività del gruppo di lavoro culturale, all’interno della prossima campagna internazionale.

mercoledì 12 dicembre 2012

pc 12 dicembre - il governo Monti-Clini corre nuovamente in soccorso a Riva nello scontro con la magistratura.. ma gli operai non possono affidare il loro destino a padroni, governo dei padroni, Stato del capitale..compreso la magistratura..autonomia operaia,organizzazione,lotta di classe, rivoluzione

L'Ilva è "autorizzata" alla produzione ed "alla commercializzazione dei prodotti ivi compresi quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto legge". Questo il testo dell'emendamento approvato dal governo al dl salva-Taranto. Il decreto legge sull'Ilva approderà in aula alla camera martedì 18, in base a quanto stabilito la conferenza dei capigruppo. E il governo ha già fatto sapere che sta valutando di porre la questione di fiducia visto che il provvedimento deve passare al Senato e la legislatura si chiuderà prima di Natale. "Le disposizioni previste nel decreto sono legge - ha detto il ministro dell'Ambiente Corrado Clini - la magistratura le applichi". Quanto al garante, ha aggiunto, "prima bisogna convertire in legge il decreto, poi penseremo a nominarlo".

LA CONTROMOSSA DELLA PROCURA - Nel frattempo, la procura di Taranto si appresta a sollevare il conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato. La decisione sarebbe stata presa dalla Procura nei giorni scorsi, e avrebbe trovato ulteriore 'conforto' nelle ultime ore. Nel dettaglio i magistrati punteranno l'obiettivo sulla parte del provvedimento che vanifica gli effetti dei sequestri scattati per l’area a caldo della grande fabbrica, indicata come la fonte dell’inquinamento killer. Secondo i magistrati l’iniziativa governativa costituisce una vera e propria invasione di campo. Il ricorso è in fase di elaborazione, mentre il decreto, emendato per salvare anche
l'’acciaio sequestrato oltre ai reparti dell’azienda, martedì prossimo giungerà alla Camera per la conversione in legge. Proprio il rapido passaggio in Parlamento potrebbe convincere i pm a frenare sui tempi. Il ricorso della procura, infatti, potrebbe giungere dopo la conversione in legge. Non è tramontata, peraltro, la possibilità che dal palazzo di giustizia di Taranto scatti anche la questioni di incostituzionalità del decreto. 

L'OK ALL'EMENDAMENTO PER LA VENDITA DELL'ACCIAIO - Clini si è detto fiducioso della rapida approvazione. "Quasi all'unanimità il parlamento ha approvato l'impostazione del decreto - ha detto il ministro - perché ha respinto le eccezioni d'incostituzionalità presentate dal gruppo della Lega nord e l'Idv. Credo che ora il decreto legge verrà convertito in legge rapidamente". Nel testo dell'emendamento (art.3, comma 3, del decreto) si dice che: "A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, la società Ilva spa di Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa ed è in ogni caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento di cui al comma 1, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento ed alla commercializzazione dei prodotti ivi compresi quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto legge per un periodo di 36 mesi, ferma restando l'applicazione di tutte le disposizioni contenute nel presente decreto legge".