sabato 26 luglio 2014

pc 26 luglio - SmontaIkea! Scontri a Piacenza e manifestazioni in tutta Italia

SmontaIkea...! E la giornata di mobilitazione per il rilancio della lotta dei facchini dell'Ikea inizia con un picchettone ai cancelli dei magazzini piacentini! Intorno alle sette di mattina, sotto una pioggia incessante, si radunano i facchini di Piacenza, gli operai e i loro compagni di lotta venuti dalla Lombardia e da tutta l'Emilia-Romagna a testimoniare anche l'inefficacia delle iniziative repressive della questura piacentina. All'arrivo del primo camion inizia il blocco del carico – scarico merci e la celere, accorsa in gran numero, si avventa contro i manifestanti. Il picchetto resiste e la polizia impiega molto tempo prima di riuscire a sgomberare la strada, trascinando, spingendo e accerchiando gran parte dei manifestanti. Le provocazioni poliziesche continuano e nel tentativo degli operai di divincolarsi e fronteggiare l'accerchiamento, la celere non esita a caricare e a picchiare duro. Una compagna del Collettivo Autonomo Studentesco viene ferita da una manganellata e viene soccorsa dall'ambulanza per essere portata in ospedale, insieme a lei anche altri manifestanti restano feriti durante gli scontri. A quel punto un celerino allestisce una sceneggiata gettandosi a terra per lagnare immediati soccorsi. L'iniziativa animata da grande determinazione e tenacia va avanti per altre ore fino a quando in assemblea il picchetto decide di sciogliersi al grido di “torneremo, torneremo!” e “il facchino paura non ne ha!”. Ma la giornata di lotta non finisce qua! E come indicato dall'appello promosso da S.I.Cobas e ADL Cobas, e firmato da diverse realtà antagoniste e organizzazioni del sindacalismo conflittuale, la mobilitazione continua in molte città italiane e non solo. Certo èsmonta_ikea_ikea che la vittoria alla Granarolo ha dato nuova spinta all'iniziativa degli operai della logistica e da Bologna gli operai della multinazionale del latte hanno raggiunto in forza il picchetto all'Ikea di Piacenza per praticare nel vivo della lotta lo slogan "se toccano uno, toccano tutti!". E in una giornata di mobilitazione nazionale come questa non può che essere valutata che positivamente la continuità di una solidarietà di classe non più evocata ma praticata fino infondo. Domenica al Laboratorio Crash di Bologna si uniranno in assemblea pubblica i facchini organizzati dal S.I.Cobas e ADL Cobas di tuttta Italia per discutere del rilancio complessivo delle lotte nella logistica, segno che il conflitto prodotto fino ad oggi continua a spingere nella direzione giusta!

Intanto ci giungono notizie dell'inizio di un presidio all'Ikea di Napoli e di prima provocazioni della digos contro i solidali radunatisi davanti all'Ikea di Firenze. Mentre la maggior parte dei manifestanti che aveva partecipato al picchetto di Piacenza ha raggiunto l'Ikea di Parma. Ad attenderli c'è già la celere che dovrà vedersela ancora una volta con la rabbia e la dignità dei facchini e dei propri compagni di lotta.
E infatti i celerini schierati all'Ikea di Parma non sono riusciti ad impedire l'ingresso dei manifestanti, composto dai delegati S.I.Cobas, operai Granarolo, Lab Crash, Cua, Cas e dal Guernica di Modena, che hanno improvvisato un corteo selvaggio dentro il mega-store, volantinando, megafonando e riempendo i carrelli dei prodotti esposti, spiegando ai numerosi clienti le condizioni di lavoro schiavistiche a cui sono
A Firenze l'iniziativa di solidarietà è andata avanti nonostante le provocazioni della Digos, così come nel Nord-Est, e nel mantovano. A Roma il presidio è durato tutto il pomeriggio, e i clienti Ikea hanno avuto modo di ascoltare le ragioni della lotta grazie alla comunicazione attivata dai numerosi compagni e compagne che hanno animato il presidio di solidarietà. Intorno alle 18:30 il presidio composto anche dai facchini romani si è trasformato in un corteo che si è spinto dentro e fuori il grande negozio. All'Ikea di Pisa volantinaggio e presenza di numerosi attivisti con volantini e striscioni.
A Padova sono state presidiate e bloccate le casse del negozio Ikea, e ci giungono notizie di un presidio partecipato anche a Milano

pc 26 luglio - Paracadusti Folgore e inni fascisti

da contropiano
Sempre negato sempre vero. La scuola dei paracadusti di Livorno è un luogo di formazione di fascisti. Oppure, ma è lo stesso, una scuola militare che seleziona i propri allievi scegliendoli tra quanti manifestano chiaramente un subcultura fascista.
Ultimo episodio che dimostra inequivocabilmente questa realtà è addirittura un video - quindi non smentibile - che ritrae un folto gruppo di parà  che si è esibito nel noto inno del ventennio Se non ci conoscete.
I militari della Folgore, nel video, sono in divisa, ma probabilmente in un momento di pausa, e sono davanti alla propria caserma. Insieme ad alcuni civili, verosimilmente "amici" venuti a trovarli, tra cui un anziano imberrettato che fa da capocoro, cantano a voce alta “Noi siamo i paraca del Quinto d’assalto”. Alcuni versi dell’inno della Folgore - più volte rimaneggiato per adattarlo all'epoca fascista e poi per renderlo nuovamente "potabile" anche in epoca repubblicana e ufficialmente antifascista - sono però ulteriormente "aggiornati" in questa versione.
Cantano infatti: “Lo sai che i paraca ne han fatta una grossa / Si son puliti il culo con la bandiera rossa!”, che riprende - ancora più involgarita - la versione fascista di Se non ci conoscete, quella cantata al ritorno dalle spedizioni punitive (“Han detto che i fascisti ne han fatta una grossa / si son puliti il naso con la bandiera rossa!”).
Inevitabili le polemiche via web. Da segnalare la solita "minimizzazione": "era solo un canto goliardico!". Strani, ' sti fascisti... Sono sempre "razza superiore", tranne quando fanno qualche cazzata ("goliardica"). Quando ammazzano o cercano di farlo (Casseri, Insabato, ecc), scadono improvvisamente a "matti". Prezzolati dal padrone, e col certificato di handicap mentale quando vengono beccati...
Ma questi sono "militari professionisti", addestrati e ben pagati dalla Repubblica italiana. Non sembra il caso di mettere un po' d'ordine - è il caso di dirlo - in questo casino? Ministro Pinotti, niente da eccepire?
Il video, comunque, è questo:

pc 26 luglio: Giornata internazionale di mobilitazione - Milano con la Resistenza Palestinese fino in fondo

Anche se all’inizio si era in pochi, circa 400,quando il corteo è partito ci siamo scoperti di essere in tanti e possiamo dire di aver sfiorato i 3.000 partecipanti.



Delegazioni di palestinesi sono venute da Bergamo-Sondrio-Monza-Mantova-Cremona-Varese-Como piene di ragazze e ragazzi.


Tanti gli “indigeni” italiani e con anche una delegazione del Si Cobas, segnale positivo nel desolante panorama dei silenti antagonisti e del sindacalismo di base milanese.
Come è giusto che fosse tante, tantissime e di tutte le misure le bandiere palestinesi, ma come è altrettanto giusto come circoli di Proletari comunisti BG/MI con le nostre bandiere,il nostro striscione, i nostri volantini, le locandine (che hanno trovato posto anche sul camion che apriva il corteo. Un mescolarsi salutare come un melting pop di lotta e solidarietà.
Così si sono lanciati slogan comuni e si è intervenuti anche ai microfoni del camion.

Certo il corteo voleva fare un altro percorso, andando verso San Babila e cacciare un gruppo di fascisti scesi in piazza al fianco della Palestina (sic!) ma un imponente e spropositato numeri di sbirri e digossini ha impedito che che si impartisse la giusta lezione ai topi fi fogna. D'altronde come è stato ribadito negli interventi finali non lasceremo nessuno spazio a questa feccia coperti dai loro amici in divisa.
Tra le presenze anche quella della consigliera Anita Sonego, unica voce nel consiglio comunale a denunciare Israele, che di fatto ha pulito la coscienza alla giunta Pisapia che nei giorni scorsi ha partecipato con Maroni e Podestà alle manifestazioni filo israeliane, in verità molto sparute al massimo 30, e iper difese come una zona rossa.
Unica nota stonata il momento in cui dal camion, dopo che vi erano stati degli interventi di denuncia della connivenza dello stato italiano-dela giunta Pisapia e dopo che era stata mandata Bella Ciao, è stato fatto partire l’inno italiano. Prontamente intervenuti  fischiando sonoramente e denunciando che del sangue versato a Gaza l’Italia è il 1° alleato di Israele, lo scempio dell’inno è cessato.
Circoli Proletari Comunisti BG/MI  


pc 26 luglio - Le violenza dei soldati americani a Vicenza

un lungo articolo, in seguito alla denuncia dello stupro subito con tanto di pestaggio, borseggio e abbandono in un campo in stato di semincoscienza, da una ragazza nei giorni scorsi che cerca di analizzare la presenza dei militari USA a Vicenza, la lunga serie di violenze che la caratterizza e la sostanziale impunità di cui godono. Ne emerge un quadro di sostanziale "tolleranza", di facilità con cui i militari statunitensi non vengono processati in Italia, quando di non insabbiamento. Di più, dall'articolo sembrerebbe quasi giustificato, comprensibile che i militari USA possano "lasciarsi andare"in virtù di un sostanziale isolamento in cui sarebbero tenuti. La realtà dei fatti dice tutt'altro: che vivono in condizioni di privilegi, con una mentalità da colonizzatori, con concezioni maschiliste, razziste che nei militari sono  fortemente radicate.
La coraggiosa denuncia della ragazza- doppio, triplo coraggio perchè giovane, perchè immigrata, perchè prostituta, perchè in una città che tante volte ha subito in silenzio- ha avuto il merito di squarciare il velo di sostanziale impunità. Non permettiamo che ricada nuovamente
mfpr- Milano

di Leonardo Bianchi: (da Vice.com)

L’anno scorso, dopo un lungo periodo di contestazioni e proteste, sono finiti i lavori della nuova caserma americana Del Din. Vicenza è così diventata, di fatto, una città chiusa tra due basi militari che conta oltre 12mila cittadini statunitensi su una popolazione complessiva di 113mila abitanti.
Nonostante questi numeri, nel capoluogo berico la presenza di una comunità Usa così estesa è praticamente invisibile. Ogni tanto, però, si verificano fatti di cronaca che gettano un’ombra sul comportamento di alcuni soldati americani.
Quello più recente è avvenuto la sera del 14 luglio 2014. Due parà americani di stanza alle caserme Ederle e Dal Molin di Vicenza caricano sulla loro macchina una prostituta romena di 24 anni incinta al sesto mese. I soldati le propongono un rapporto a tre e la portano in una zona periferica di Vicenza ovest. È in quel momento che, secondo quanto riportano i giornali locali, iniziano le violenze.
I militari sequestrano la ragazza per oltre due ore: la picchiano a sangue, la stuprano, la derubano e infine l’abbandonano in mezzo a un campo in stato di semi-incoscienza. La vittima riesce a memorizzare la targa dell’auto e trova le forze per chiamare una sua amica, con la quale si reca in ospedale in gravi condizioni e sporge denuncia.
I due soldati sono identificati in fretta: si chiamano Edil McCough e Jerelle Lamarcus Gray. Quest’ultimo non è un nome nuovo per le forze dell’ordine e la magistratura italiana: il militare, infatti, è già indagato per violenza sessuale e sequestro di persona nei confronti di una minorenne vicentina. L’episodio risale al novembre del 2013. La ragazza aveva conosciuto Gray in una discoteca vicino alla Ederle. Stando alla sua testimonianza, una volta uscita dal locale il soldato, ubriaco, l’ha seguita e “con una scusa mi ha portato in un viottolo poco lontano e quindi mi ha aggredita. Mi ha tappato la bocca e mi ha violentata con brutalità.”
All’epoca la Procura aveva richiesto il fermo, ma il giudice “non ha accolto la richiesta [...] non ritenendo probabilmente che il giovane possa reiterare il reato, alla luce anche del fatto che sarà trasferito da Vicenza quanto prima.” Anna Silvia Zanini, avvocato della minore vicentina, ha riferito pochi giorni fa che “il militare aveva da poco ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.”
Dopo le violenze sulla prostituta romena, Gray avrebbe tentato il suicidio. È per questo che attualmente si trova, piantonato da due superiori, all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Ma non è in stato di fermo: come ha confermato anche il maggiore Mark Weisman, “le autorità italiane per ora non hanno deciso di prendere in custodia i soldati.”
Non si sa ancora dove Gray e McCough saranno processati. In base all’articolo 7 della Convenzione di Londra del 1951 i militari Nato possono essere giudicati nel paese di appartenenza—dietro apposita richiesta—invece che in quello in cui è commesso il reato.
La Convenzione, tuttavia, non prescrive il criterio in base al quale un governo debba prendere una decisione. Il procuratore capo di Vicenza, Antonio Cappelleri, tempo fa aveva candidamente ammesso che “il criterio è la convenienza politica”; e anche l’ufficio cooperazione internazionale del Ministero della Giustizia aveva fatto sapere che “le richieste vengono accolte quasi sempre perché la convenzione Nato chiede di valutarle con benevolenza.”
L’esercito americano ha immediatamente richiesto la giurisdizione esclusiva sul caso in base agli accordi internazionali. Per ora, però, il pm Silvia Golin ha respinto la richiesta di trasferimento all’estero dei due soldati. L’intenzione è quella di processarli a Vicenza, dal momento che si tratta di un reato comune che non è legato allo status di militari stranieri.
Il 23 luglio anche il sindaco di Vicenza, Achille Variati, è intervenuto sulla questione chiedendo al ministro della giustizia Andrea Orlando che il giudizio si celebri in Italia.
Ma non è così scontato che questo succeda. Secondo un’inchiesta de Il Fatto Quotidiano di qualche mese fa, nell’ultimo anno e mezzo l’Italia avrebbe rinunciato a esercitare la giurisdizione nella stragrande maggioranza dei casi—91 su 113.
Per citare quelli più recenti che coinvolgono Vicenza, nell’agosto del 2013 lo stato italiano aveva rinunciato a processare tre militari americani che avevano investito e ferito un gruppo di pedoni nel centro della città, senza poi fermarsi a prestare soccorso. Il 27 febbraio 2014, dopo ben otto anni di tentennamenti, si è deciso di non esercitare la giurisdizione italiana nei confronti dei militari Louis Carrasquillo e David Michael Simon, che la sera del 2 dicembre del 2006 si erano messi a gareggiare per le strade del centro mettendo in serio pericolo gli automobilisti.
Le polemiche, però, non si placano nemmeno quando il processo viene eccezionalmente celebrato in Italia. Un caso che ha fatto molto discutere è stato quello del parà James Michael Brown. Il 22 febbraio del 2004, dopo essere tornato a Vicenza da una missione in Iraq, il soldato americano aveva picchiato, ammanettato e brutalmente violentato una prostituta nigeriana.
Il Tribunale di Vicenza lo aveva condannato nel 2006 a cinque anni e otto mesi di carcere (di cui Brown ha scontato un anno in custodia cautelare, prima di essere mandato in Germania e infine rispedito negli Stati Uniti) e a 100mila euro di risarcimento. A Brown erano state riconosciute le attenuanti generiche (e il relativo sconto di pena) con questa motivazione: “Appare verosimile che l’imputato, nella commissione dei reati, sia stato influenzato da atti di violenza cui ha assistito in Iraq e che nulla avevano a che fare con la necessaria violenza bellica.”
Come si vede, il caso di stupro avvenuto la settimana scorsa non è isolato: è solo l’ultimo di una lunga serie di violenze e comportamenti sopra le righe che vedono protagonisti i militari statunitensi. Gli archivi del Giornale di Vicenza e diverse rassegne online sono infatti piene di casi di risse, aggressioni, ubriachezza, sfregi e abusi sessuali.
Queste vicende, del resto, evidenziano come l’impatto delle basi su Vicenza non sia solo di tipo economico o ambientale—come il movimento di protesta No Dal Molin ha sempre denunciato—ma anche sociale. Le ragioni sono molteplici, e non necessariamente hanno a che fare con le condizioni psicologiche dei soldati di ritorno da scenari di guerra.
Secondo Martina Vultaggio, che fa parte dell’assemblea permanente “We Want Sex” (una delle sigle organizzatrici del sit-in di protesta tenutosi il 22 luglio 2014 di fronte alla base), ci troviamo di fronte a “stranieri non integrati,” nel senso che “la vita in base è molto distaccata rispetto a quella della società che la ospita.”
I soldati, a meno che non decidano di rimanere in Italia in pianta stabile, “sono di stanza per cinque anni al massimo.” In più, “i contatti con la popolazione locale sono minimi. Gli americani hanno i ‘loro’ locali e frequentano dei circuiti diversi. Non c’è un reale contatto.” Di qui, sempre secondo Vultaggio, può svilupparsi “l’idea di poter agire un po’ come dei turisti: usando la città che ti ospita e approfittando della situazione.”
La Setaf (acronimo per Southern European Task Force), prosegue Vultaggio, è ben consapevole delle condotte a rischio dei soldati di stanza a Vicenza e, oltre a programmi di supporto psicologico, non esita a “intervenire duramente con la Military Police, perché comunque vuole dimostrare di avere il polso della situazione e di saper sedare i disordini.” Ma al contempo, conclude Vultaggio, “non è possibile che una base militare sponsorizzi l’impunità.”
La questione è: quanto sono diffusi certi comportamenti? E fino a che livello arrivano? Un episodio altamente significativo si è verificato il 3 luglio del 2013, al termine dei festeggiamenti per l’Independence Day.
Il colonnello David Buckingham, comandante della base Dal Molin, era stato fermato dalla Military Police per oltraggio e resistenza. Secondo il Giornale di Vicenza, “il comandante avrebbe bevuto un bicchiere di troppo [circostanza mai confermata dal Comando militare] e, quando gli hanno fatto notare che in quello stato non poteva guidare, avrebbe cercato di forzare il posto di blocco.” A seguito dell’incidente il colonnello è stato rimosso dall’incarico.
Tuttavia, raramente notizie che riguardano le violenze in divisa oltrepassano i confini di Vicenza e si impongono all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale. Secondo Cristiana Catapano, attiva nel movimento No Dal Molin e tra i curatori del libro Wars on demand, “i casi di violenza all’esterno della base vengono nascosti il più possibile.”
Nonostante le ripetute proteste di questi anni, sia per la costruzione della base che per questi fatti di cronaca, secondo Catapano c’è comunque “una parte di popolazione che si indigna più facilmente se lo stupro e la violenza vengono causati da un altro tipo di cittadino straniero, perché comunque il cittadino americano è ancora visto come una persona che fa del bene e rafforza la sicurezza della città. Ma quale tipo di sicurezza può portarmi un cittadino americano che commette certi atti?”
La poca rilevanza data a questo genere di notizie può anche derivare dal fatto che molte vittime sono cittadini stranieri, prostitute o soggetti già marginalizzati. “Si fa moltissima fatica a denunciare casi del genere,” afferma Catapano. “Ce l’hanno fatta alcuni italiani che hanno provato ad andare fino in fondo. Alcuni sono stati risarciti, di altri non si conosce l’esito dei processi perché questi sono stati trasferiti negli Stati Uniti.”
Il quadro è ulteriormente complicato dall’atteggiamento delle istituzioni italiane, che quasi sempre “si liberano molto volentieri di questi processi”. O non ne sono addirittura a conoscenza. Lo scorso marzo, ad esempio, l’ex vicesindaco di Vicenza e deputata del PD Alessandra Moretti aveva dichiarato: “Non sapevo dei reati gravi commessi attorno alla base.”
In tutto ciò, mentre la vicenda processuale dei due soldati americani si sta velocemente trasformando in uno scontro diplomatico, l’ultimo caso di stupro dimostra ancora una volta che i rapporti tra la città di Vicenza e le basi militari statunitensi sono ancora molto lontani dall’essere idiallici.

pc 26 luglio - Intervista a Hamas

Intervista di Kaled Meshaal a a Stephen Sackur, conduttore del programma HARDtalk della BBC.

Quanto credete che durerà il conflitto?
La sofferenza e catastrofe umanitaria è la creazione dello stato di Israel, noi ne siamo vittime e spero che finisca il più presto possibile. Questa è una guerra che Netanyahu ha scatenato contro Gaza sena alcuna giustificazione. Ha strumentalizzato la vicenda degli assassinii in Cisgiordania e si è vendicato su Gaza per dare soddisfazione alla comunità internazionale e ai suoi oppositori politici, col sangue dei palestinesi.
Ma vi è stata offerta una tregua… Non respingiamo nessuna iniziativa che possa alleviare l'aggressione e l'assedio. Quello che ci è stato offerto era un cessate il fuoco che aggravava l'assedio, che il popolo di Gaza ha già subito abbastanza. Otto anni di blocco ingiustificato hanno ucciso più gente delle guerre precedenti. Quello sto dicendo è chiaro: fermare l'aggressione e fermare il blocco.
Una cosa è sedersi a Doha per dire che non accettate il blocco ma, in questa situazione, non è proprio una tregua ciò di cui avete bisogno?
Questa posizione non è stata decisa a Doha, questa è la posizione della gente di Gaza, di Hamas, della Jihad Islamica, del Fronte Popolare. Le masse palestinesi di Gaza ci dicono : "Accettate il cessate il fuoco solo se rimuovono il blocco".
Le banche di tutto il mondo hanno fatto pressioni sulle banche palestinesi perché non inviino denaro alla gente di Gaza. E quella gente sta morendo. Immaginate: se il Regno Unito – una grande isola nell'Atlantico - subisse un blocco, che farebbero il britannici? Solo un paio di giorni fa ho sentito un parlamentare inglese dire: "Io avrei lanciato missili contro Israele e contro l'aggressione".
Civili, scudi umani e resistenza
Hamas è stata accusata di esporre deliberatamente i civili.
I numeri raccontano una storia diversa. Si possono usare le cifre in entrambi i sensi. Contiamo più di 700 martiri, per la maggior parte civili. Israele lo conferma.
Su chi ricade la responsabilità? Sugli invasori o su chi si difende? Questa è la terza aggressone contro Gaza. Come i sudafricani, noi palestinesi vogliamo vivere senza occupazioni, senza massacri. E' ora che la comunità internazionale ponga fine all'ultima occupazione storica: quella della Palestina.
Si dice anche che utilizzate scudi umani…
E' una menzogna. l'unico responsabile dell'assassinio dei palestinesi è Israel, che usa i suoi F16 e le armi fornite dagli USA e dell'Occidente.
Quando Hamas o qualsiasi altra componente del movimento di resistenza si difende contro l'occupazione, non fa altro che proteggere il suo popolo.
Stiamo facendo ciò che anche altri popoli fanno quando sono sottoposti all'oppressione.
E' giusto che la resistenza installi missili nelle scuole?
Onestamente, è falso. Guardate Israele. Dove sono i lanciamissili da Gaza?
I lanciamissili della resistenza sono sottoterra e Israele non è riuscito a trovarli. Per questo fingono che si trovino in aree civili, e così Israele bombarda ospedali, moschee, torri ed edifici. Hanno fatto un massacro a Shujaiya e Tufah. Gaza è una carneficina e il mondo getta la colpa su Hamas.
Perché mentre Israele chiede di lasciare certe case le autorità palestinesi chiedono di continuare la loro vita?
Pretendete che le autorità palestinesi obblighino il proprio popolo a lasciare la sua terra? E' questa la logica con cui agite voi in Gran Bretagna e Stati Uniti? Che razza di governo chiede alla sua gente di abbandonare le proprie case?
Che autorità ha Hamas di chiedere ai civili di ignorare gli avvertimenti?
I palestinesi hanno il diritto di rimanere nella loro terra e nelle loro case. Sapete come "avverte" Israele? Manda un segnale, e tre minuti dopo manda un F16 a distruggere la tua casa. E' un avvertimento questo? Israel ha fallito il suo attacco alla resistenza e ora sta attacando i civili. Questa è la realtà.
Voi però avete ordinato alla gente di difendere le loro case "con la vita".
Hamas non dà ordini alla gente di restare nelle proprie case. Hamas invita a mostrare la propria fermezza. Non dovete dare la colpa alle vittime. La va attribuita agli israeliani che hanno perpetrato questo massacro. Mentre Hamas si concentra contro i soldati, noi abbiamo 700 morti palestinese, im maggioranza civili. questa è la differenza fondamentale tra la resistenza palestinese e l'aggressione israeliana.
Shimon Peres ha detto che nessuno Stato tollererebbe che dei terroristi vegano attraverso i tunnel per uccidere innocenti.
La legge internazionale si dovrebbe applicare su Israele. Stanno occupando e invadendo. Stanno uccidendo. Stanno lasciando gente senza una casa. Perché invece di guardare ai deboli e rudimentali missili che vengono da Gaza non guardate ai missili sofisticati che la stanno colpendo, e che sono costruiti in tutto il mondo?
Non c'è dubbio che Israele superiore negli armamenti, ma ha il diritto di difendersi dai razzi indiscriminati…
E ai palestinesi nei territori occupati da Israele, il diritto internazionale non si applica? Non hanno il diritto a difendersi? Perché Israele ha il diritto a difendersi, quando è l'invasore, l'oppresore. Ha un esercito gigantesco.
Il mondo è ipocrita a favore di Israele. Ne lodano e appoggiano la democrazia, perchè allora non hanno rispettano la democrazia in Palestina, quando Hamas ha vinto le eleziono?
La strategia di Hamas
Il conflitto si trova ad un punto morto per volontà di entrambe le parti. Si lanciano razzi contro Tel Aviv e anche più lontano . E' questa la strategia di Hamas?
La strategia di Hamas è riprendere la terra all'invasore e stabilire uno stato come tutti gli altri, indipendente, senza occupazione né invasione. La strategia di Hamas è difendere il suo popolo. E' chiaro che è una sfida difficile, Israele è militarmente più forte di noi, ma la nostra è una causa giusta. E la storia ha dimostrato che un popolo che si batte per una causa giusta vince sempre contro gli invasori, non importa quanto tempo occorra.
Qual è la strategia di Hamas?
Lo scopo è il diritto all'autodeterminazione, mettere fine all'occupazione israeliana, agli assassini sionisti e all'aggressione. Preferiremmo l'opzione pacifica, ma siamo costretti scegliere la via militare.
Hamas ha parlato di una terza intifada. Questo aiuta i palestinesi?
Perché non attribuite la responsabilità a Netanyahu? e' stati lui il responsabile del fallimento del piano di Kerry durante i negoziati con Abbas. Si americani ed europei avessero offerto un'opportunità , aperto una porta ai palestinesi, questa escalation di violenza non ci sarebbe stata. Ma in faccia ai palestinesi è stata chiusa la porta, e la speranza.
La gente vive sotto occupazione, ma in 60 anni non sono riusciti a risolvere il problema. Il mondo è ingiustamente contro di noi. Stiamo soffrendo, ma sempre il popolo che vive sotto occupazione soffre. E, alla fine, vinceremo noi.
Cessate il fuoco
Che cosa occorrerebbe per un cessate il fuoco?
Vogliamo il cessate il fuoco il prima possibile. In parallelo alla fine del blocco su Gaza. Questa Esa è la richiesta del popolo di Gaza. Invito l'ONU, il Regno Unito, gli Stati uniti a venire a Gaza e chiedere alla gente che cosa vuole. Vi garantisco che questa sarà la risposta.
Ma ci sono state delle proposte. Gli Stati Uniti hanno un trattato in due tappe…
Al di là del meccanismo, l'importante è che si garantisca effettivamente la rimozione del blocco su Gaza. Abbiamo già ascoltato queste promesse, ma non si è fatto nulla.
Vogliamo  un aeroporto, un porto, essere aperti al mondo. Non volgiamo essere controllati da una frontiera che trasforma Gaza nella più grande prigione del mondo.
Lei è il capo politico di Hamas. E' possibile fermare i razzi per poi negoziare cambiamento sul piano economico?
Ma perché insistete sul passo per passo? Arafat ha già trattato ad Oslo il passo per passo e qual è stato il risultato, dopo cinque anni di negoziati? Niente. Sono passati più di 20 anni. Vogliamo una commissione internazionale che fermi l'aggressione e rimuova il blocco. Vogliamo un accordo vero, non passo per passo. E vogliamo anche che finisca l'occupazione. I palestinesi hanno diritto a essere liberi in Cisgiordania e a Gaza. Abbiamo il diritto all'autodeterminazione e a vivere nella nostra terra.
Il futuro del governo di unità
Hamas è più debole. Ha perso diversi alleati, l'Iran non più tanto vicino, avete problemi economici…
Ma non ci arrenderemo. Sí, Hamas sta passando un momento difficile. Ma è questo il rischio che Netanyahu non ha ben calcolato, ha creduto che Hamas sarebbe stata indebolita dall'assedio ed è stati sorpreso quando ha visto che la gente di Gaza e Hamas sono più forti. Le difficili circostanze non ci costringeranno ad arrenderci. Hamas non combatte perché ha alleati, combatte per la sua causa, una causa giusta.
Suona quasi suicida.
Quando si insisti sui tuoi diritti, ti stai suicidando? Tutti i popoli che hanno combattuto battaglie impari, i vietnamiti, i sudafricani, perfino i francesi contro i nazisti, alla fine hanno vinto. Hanno combattuto per i principi di libertà e dignità. Il popolo non combatte perché i rapporti di forza sono a suo favore, perché la forza sta sempre dalla parte dell'invasore. Ma il popolo (che si batte per cause giuste) vince.
La "resistenza" di Hamas è definita da Israel terrorismo. A che punto è l'accordo con Fatah? Il governo di unità sembra essere morto.
Dopo la dichiarazione di riconciliazione e il governo di unità nazionale Israele, ha lanciato una guerra contro di esso. Il suo obiettivo è sabotarlo. Incontriamo ostacoli, ma Abbas ed io siamo sicuri che reggerà. Ci siamo visti a Doha. siamo uniti sulle rivendicazioni del nostro popolo e per fermare il blocco.
Perché alcuni accusano Abbas di collaborare con Israele? Suona come scarsa credibilità.
Abbiamo le nostre differenze, sulla sicurezza in Cisgiordania e su altri temi, come i fondi per Gaza, ma possiamo risolverle guardando all'unità nazionale. Israele vuole che non ci riusciamo.
Quando finirà il conflitto?
Inshallah, spero che finisca stanotte o domani. Come palestinese, spero che finisca il prima possibile.

pc 26 luglio:GAZA. Emergenza umanitaria: oltre un milione senza acqua. Faranno un deserto e "lo chiamano confini sicuri". Al fianco della resistenza del popolo palestinese

GAZA. Emergenza umanitaria: oltre un milione senza acqua 0 26 lug 2014 gaza, UNRWA by Redazione La testimonianza di una cooperante nella Striscia: l’80% della popolazione ha elettricità solo 4 ore al giorno, danneggiati e distrutti ospedali e scuole. L’impegno italiano. di Meri Calvelli* – Il Manifesto Gaza City, 26 luglio 2014, Nena News – In questi giorni la Striscia di Gaza sta subendo l’ennesimo attacco militare con una potenza di fuoco lanciata sulla popolazione civile, che più di ogni altro obiettivo mirato, ne paga le conseguenze. Sin dall’inizio dell’operazione israeliana la situazione più drammatica dello scontro militare, è stato l’alto numero di morti e feriti civili, che rimangono colpiti pesantemente in numeri crescenti. Il secondo dato riguarda le condizioni delle persone costrette a sfollare le aree coinvolte nelle operazioni militari, e che – oltre ai familiari – hanno perso ogni cosa per la quale avevano lavorato e vissuto tutta una vita. L’attacco alla scuola dell’Unrwa a Beit Hanoun porta a 120 il numero di strutture scolastiche che hanno subito danni dall’inizio degli attacchi; 85 impianti dell’Unrwa hanno subito danneggiamenti (centri sanitari, pompa dell’acqua, il Centro di Riabilitazione per Ipovedenti e magazzini contenenti le scorte vitali per le operazioni dell’Unrwa). 615 immobili residenziali (compresi negozi, e edifici a più piani) sono stati completamente distrutti o gravemente danneggiati. Ad oggi, almeno 42 famiglie hanno perso tre o più familiari nello stesso incidente, per un totale di 253 decessi, a partire dall’inizio dell’emergenza. Sono oltre 149.000 le persone sfollate (fonte Ocha/Unrwa) in 18 giorni di guerra. 1.200.000 persone hanno accesso poco o molto limitato all’acqua e ai servizi sanitari; l’80% della popolazione riceve l’elettricità per solo 4 ore al giorno, 120 scuole sono state danneggiate, 18 strutture sanitarie parzialmente danneggiate, 3.330 unità abitative totalmente o severamente danneggiate. Ad aiutare la popolazione civile, ci sono le agenzie internazionali, che sono pronte ad intervenire con programmi di emergenza immediata, per i bisogni primari. Gli aiuti di emergenza italiani sono stati subito preparati dai cooperanti delle Organizzazioni non Governative attraverso una raccolta di fondi, lanciata in Italia per l’acquisto immediato di medicine e supporto degli ospedali e delle cliniche mediche che da subito hanno lanciato l’appello per il rischio di «collasso sanitario». Attraverso un conto corrente sono stati raccolti fondi e acquistato i materiali da far entrare a Gaza. Ad oggi sono stati acquistati 20.000 euro di medicinali e sono già stati allocati nelle strutture sanitarie della Striscia. Anche la Cooperazione Italiana allo Sviluppo, con fondi di emergenza «in diretta», ha fatto pervenire medicinali e materiale sanitario, materassi e coperte per la popolazione locale. Con il Centro italiano di Scambio Culturale «Vik», con sede a Gaza e sostenuto da una cordata di associazioni italiane, con associazioni di volontari palestinesi, sono state organizzate raccolte di beni di prima necessità , ma anche medicinali e cibo, immediatamente distribuiti alle prime famiglie che già dall’inizio del conflitto sono rimaste prive di abitazione. Ogni bomba che cade, ogni boato che produce, incute terrore e distruzione. I danni poi sono molti e chi resta in vita si trova con tutto distrutto e perduto. *cooperante della ong italiana Acs - See more at: http://nena-news.it/gaza-emergenza-umanitaria-oltre-un-milione-senza-acqua/#sthash.oRRsbPXM.dpuf

pc 26 Luglio- Al fianco del popolo palestinese, contro chi semina confusione

Ieri sera è stata organizzata una fiaccolata per la Palestina, il nostro circolo ha deciso di non partecipare a questa manifestazione e ne prendiamo le distanze.

Un nostro compagno ha avuto modo di fare un "sopralluogo" e non possiamo che confermare la nostra scelta politica di "disertare" un corteo composto all'ottanta per cento da sostenitori dell'attuale giunta (il gonfalone del comune apriva il corteo), in primis Rifondazione Comunista, dal Coordinamento di solidarietà con  la Palestina, dai pacifisti di Socialismo Rivoluzionario.

Crediamo che il sostegno ad un popolo in lotta debba essere il più largo possibile, quindi la nostra obiezione non riguarda la natura non-proletaria e non-rivoluzionaria di queste forze.
Il punto è che non si può scendere in piazza con chi oggettivamente non sostiene il popolo palestinese dato che si fa portavoce di posizioni fuorvianti come "Due popoli due stati" o inneggia in maniera generica "alla fine di ogni violenza".

Dopo gli sciagurati accordi di Oslo del 1993 firmati dai traditori di Al-Fatah, la sinistra riformista e revisionista ripete come un disco rotto questa rivendicazione di due stati per due popoli (?), e dovremmo anche approfondire se si possa usare correttamente la categoria di "popolo" per gli israeliani, chiusa parentesi.
Oggettivamente la ghettizzazione, l'occupazione e l'assedio continuo dei Territori Palestinesi di Gaza e Cisgiordania è frutto di quell'accordo; il popolo palestinese, le sue organizzazioni politiche e di resistenza, tutti i coerenti anti-imperialisti nel mondo rivendicano uno stato palestinese libero dal cancro del sionismo.

Chi sostiene gli accordi di Oslo gridando questi slogan sostiene oggettivamente i collaborazionisti di Al-Fatah e lo stato di Israele. Con questa gente, che è la stessa che qui attacca i proletari e i settori popolari governando la città attaccando quotidianamente i nostri diritti, non possiamo condividere nulla.

Gli stessi che inneggiano continuamente ad una "pace" amorfa mettendo sullo stesso piano la "violenza" dell'aggressore con quella dell'aggredito (leggi resistenza) continuano a fare il gioco di Israele e in realtà la loro "pace" è quella dei cimiteri, non a caso organizzano fiaccolate quale migliore esternazione di questa attitudine.

Infine non possiamo condividere la scelta dei compagni dei Centri Sociali che pur gridando slogan a sostegno della Palestina in coda alla fiaccolata hanno oggettivamente ingrossato un corteo di questo tipo accettando di fatto la natura dello stesso.

Il nostro coerente sostegno alla causa palestinese sta innanzitutto nel denunciare queste posizioni "anti-palestinesi" e continuare a mobilitarci per denunciare la criminale e genocida aggressione da parte dell'entità sionista di Israele, continuare con la contro-informazione in particolari nei settori popolari, proletari e immigrati nel nostro paese perchè si schierino a sostegno del popolo palestinese, e gridare a gran voce il nostro sostegno alla resistenza armata palestinese e che questa insieme all'imminente terza intifada sfoci in una guerra popolare che spazzi via Israele e i collaborazionisti traditori della causa palestinese.

Oggi in occasione della giornata nazionale di sostegno al popolo palestinese, il nostro circolo darà il proprio contributo in tal senso, seguiranno aggiornamenti...

pc 26 luglio - Le "forze dell'ordine", serve dello Stato borghese moderno fascista, che continuano a reprimere la giusta ribellione dei No Tav, non si fanno alcuno scrupolo a camminare sulla strada della 'ndrangheta

Tav, 'ndrangheta sotto i piedi

Giovanni Toro  l'imprenditore che ha lavorato nei cantieri militarizzati dell'Alta velocità Torino-Lione ndr) ha fatto parte della pletora di subappaltatori della Torino-Lione. Proprio lui che, come sostengono gli inquirenti che l'hanno arrestato, è complice delle 'ndrine piemontesi. Nel cantiere militarizzato l'azienda Toro srl ha realizzato l'asfaltatura della strada richiesta dalle forze dell'ordine. Una vera beffa per lo Stato, che è lì per difendere la zona dagli antagonisti Notav e viaggia sul viale realizzato dalla ditta sospetta. Dalle carte emergono anche altri particolari: l'utilizzo di una cava "come deposito di rifiuti speciali per le ditte 'amiche' che avrebbero lavorato nella Tav, nonché come luogo per la frantumazione dei rifiuti già presenti sul posto da reimpiegare (senza controllo, bonifica e in assenza di autorizzazione) nei lavori dell'alta velocità".

Nelle intercettazioni si fa riferimento a sabbia riciclata, di scarsissima qualità, sulla quale stendere il bitume. Lo stesso imprenditore arrestato, d'altronde, definisce "approssimativo" il lavoro svolto nel cantiere più contestato d'Italia.

da l'Espresso luglio 2014

pc 26 luglio: GAZA. Tregua di 12 ore, nuovo massacro a Khan Yunis. Oggi in Italia giornata di mobilitazione al fianco della resistenza del popolo palestinese

GAZA. Tregua di 12 ore, nuovo massacro a Khan Yunis 0 26 lug 2014 gaza, Hamas, Israele, Khan Yunis by Redazione Uccisi 18 membri della stessa famiglia a Khan Yunis, dove più intensa si è fatta negli ultimi giorni la campagna militare israeliana diretta di ieri, venerdì 25 luglio della redazione Gaza, 26 luglio 2014, Nena News - E’ cominciata alle 7 italiane la tregua “umanitaria” di 12 ore approvata dal governo israeliano e da Hamas, assieme ad altre otto formazioni armate palestinesi. Pesa ancora il secco “no” che Israele ha detto ieri sera al piano per un cessate il fuoco di sette giorni proposto dal segretario di stato Usa John Kerry, quando erano in molti, anche nello Stato ebraico, a dare per certa la sua approvazione. Secondo il governo Netanyahu, l’iniziativa del capo della diplomazia americana, accoglierebbe di più le richieste di Hamas che quelle di Israele per un cessate il fuoco. In realtà l’esecutivo israeliano non vuole fermare l’offensiva militare, stando a quanto spiegano i media locali, e si prepara ad ordinare una ulteriore espansione delle operazioni di guerra. Ciò è stato chiaro anche nelle ultime ore quando, nonostante l’imminenza della tregua umanitaria, le forze armate israeliane hanno continuato a colpire con violenza Gaza, facendo almeno 20 morti nelle ultime ore, in particolare nella zona di Khan Yunis dove è stata colpita una abitazione civile. Tra le vittime si segnalano ancora numerosi bambini. Sono oltre 850 i palestinesi, in gran parte civili, uccisi sino ad oggi. I feriti circa 5 mila. La scorsa notte erano in piena emergenza anche all’ospedale di Beit Hanun, a nord di Gaza, raggiunto da colpi israeliani che hanno fatto alcuni feriti, tra i quali un attivista internazionale. Nei combattimenti della scorsa notte due soldati israeliani sono stati uccisi, facendo salire il bilancio dall’inizio dell’offensiva di terra a 37. GISGIORDANIA E’ stata una notte di proteste e scontri, con due morti e decine di feriti tra i palestinesi, nelle città della Cisgiordania. Il ‘Giorno della rabbia’, indetto da tutti i partiti e le fazioni palestinesi, per l’eccidio in atto a Gaza e l’ultimo venerdì del mese islamico del Ramadan si è chiuso con migliaia di persone scese in strada a Betlemme, Tulkarem, Jenin, Nablus, Salfit e nei villaggio dei territori occupati. A Beit Fajjar, vicino Betlemme, il 16enne Nasri Mahmoud Taqataqa è stato ucciso da un proiettili esploso dai soldati israeliani. A Qabatiya gli scontri con i militari hanno fatto un morto, Bassem Safi Sadeq Abu Rob, e trenta feriti. A Jenin erano almeno in 10mila alla marcia di protesta diretta verso il check point di Jalame, a nord della città. Le manifestazioni hanno chiuso una giornata di proteste in tutta la Cisgiordania, durante la quale sono stati uccisi sei palestinesi, di cui uno da un colono a Nablus. Da giovedì notte, quando a Qalandia sono morti due giovani nel corso di una manifestazione di almeno 10mila persone, il bilancio delle vittime del fuoco israeliano è di dieci morti. Nena News

venerdì 25 luglio 2014

pc 25 luglio - Ventinove divieti di dimora ai NoMuos

da infoaut
Ventinove divieti di dimora nel comune di Niscemi sono stati consegnati oggi nelle mani di altrettanti NoMuos protagonisti delle mobilitazioni contro il sistema di comunicazione militare USA. Una prescrizione ordinata dal GIP Fabrizio Molinari e eseguita in maniera congiunta dagli uffici DIGOS di Palermo, Catania, Messina, Siracusa e Venezia che prova a colpire l'intero movimento NoMuos.
Si tratta di misure cautelari giustificate da indagini su manifestazioni svolte a Niscemi nell'ultimo anno e che arrivano giusto in tempo per depotenziare la manifestazione del prossimo 9 agosto. Secondo PM e GIP, infatti «sussiste il pericolo attuale e concreto che gli indagati reiterino, in occasione di future forme di protesta, reati della stessa specie di quelli per cui si procede, ovvero anche fatti di più allarmante e preoccupante offensività».
Questi provvedimenti si inseriscono in un sempre più chiaro disegno repressivo operato da magistratura e polizia per colpire i soggetti che hanno messo in prima fila i loro corpi per difendere la propria terra dalle onde del MUOS e dagli scopi bellici dell'esercito yankee. Così, per permettere alla US navy di completare la sua opera di devastazione e distruzione ventinove NoMuos non potranno più attraversare il territorio niscemese a cui hanno donato tanto amore. Nel frattempo la solita questura di Caltanissetta sta provando a giocarsi la sua carta preferita non autorizzando il percorso del corteo del prossimo 9 agosto. Tutto ciò segue, oltre che le numerose denunce piovute durante gli scorsi mesi, le recenti notifiche dei fogli di via agli studenti nomuos e non fa altro che confermare il timore che le istituzioni provano nei confronti della rabbia che si esprime contro l'impianto siciliano del Mobile User Objective System.
La storia si ripete. In un paese di corrotti, in cui la politica non solo permette ai potentati della guerra di calpestare la salute dei cittadini e dell'ambiente ma si permette anche le prese in giro più ridicole (basti pensare ai voltafaccia di Crocetta e degli altri "onorevoli" siciliani), ecco che giudici e questurini svolgono il loro più classico ruolo di servi. Secondo tutte le istituzioni di questo Paese, dunque, dai ministeri ai sindaci, passando per il presidente della regione e la magistratura, un esercito straniero ha più diritto a risiedere a Niscemi (e a demolire il suo ecosistema) rispetto a quanti difendono il proprio territorio. In Sicilia, come nel resto d'Italia, chi si ribella al malaffare e alle politiche devastatrici imposte sulla pelle di chi abita nei territori deve essere represso e impaurito. Sembra questo il mantra che muove le istituzioni del paese e a farne le spese oggi sono i coraggiosi giovani siciliani che senza paura si oppongono al MUOS dell'esercito statunitense.
In questi anni però sembra proprio che ai tentativi di repressione non segua la paura, ma la voglia e la determinazione di continuare a opporsi all'esistente e ai soprusi dei governanti...e nel frattempo la data del 9 agosto si avvicina e con lei la prossima manifestazione NoMuos a Niscemi.

pc 25 luglio - NoTav. Passeggiata notturna in Clarea

Ancora un'altra iniziativa quella di questa sera che si va ad inserire nel denso programma dell'estate di lotta NoTav. Questa sera infatti, centinaia di NoTav si sono dati appuntamento a Giaglione per la passeggiata notturna, dimostrando ancora una volta l'accessibilità di quei territori che vorrebbero a tutti i costi rendere inaccessibili.
La diretta da notav.info
Ore 02.20: i folletti No Tav sono svaniti nel bosco e poco alla volta tutti gli altri stanno rientrando a Giaglione. Molti sorrisi e soddisfazione per una grande nottata di lotta!
Ore 1.44: Le agenzie stampa locali danno notizia del cantiere attaccato in più punti. In questo momento fuochi d’artificio a ripetizione, risuona tutta la Val Clarea!
Ore 01.28: Un gruppo di No Tav continua a fronteggiare la polizia all’altezza dell’autostrada. La polizia cerca di allontanarli con i lacrimogeni.
Ore 01.22: La busiarda da notizia di copertoni bruciati da No Tav all’interno della galleria del Frejus in direzione Bardonecchia all’altezza di Giaglione
Ore 01.16: ancora fuochi d’artificio sul cantiere. I No Tav sono sparsi lungo tutto il sentiero verso Giaglione. Continua il lancio copioso di lacrimogeni da parte della polizia e l’odore arriva fino in paese.
Ore 00.44: Questa notte nel cantiere non si dorme! La polizia ha chiuso l’autostrada, pare che i folletti della Clarea siano arrivati fino a là. L’odore dei gas lacrimogeni arriva ora fino al sentiero per Giaglione.
Ore 00.35: Dal sentiero per Giaglione che continua ad essere presidiato da molti No Tav si vede il cantiere avvolto nel fumo e si sentono dei botti che si susseguono in maniera incessante
Ore 00.31: risuonano dei botti nel silenzio della notte attorno al cantiere ancora presidiato dalle forze dell’ordine.
Ore 00.22: alcuni No Tav riferiscono che attorno al cantiere si vede del fumo, probabilmente lacrimogeni. Che siano arrivati anche i folletti della Clarea?
Ore 00.01: i No Tav sui sentieri si avvicinano sempre di più al cantiere nonostante il buio e il percorso impervio
Ore 23.39: Mentre i No tav erano impegnati nella battitura al guardrail, alcuni folletti della Clarea hanno eretto alcune barricate sul sentiero per proteggere il rientro dei No Tav
Ore 23.26: tantissimi No Tav alla centrale continuano la battitura e la polizia li sta a guardare dal cavalcavia dell’autostrada
Ore 23.15: il gruppo dei No Tav che è risalito dal ponte della Clarea ha ora iniziato con altri la battitura al guardrail sonito dopo il cavalcavia. I gruppi sui monti continuano a percorrere i sentieri.
Ore 23:07: Il primo gruppo No Tav si allontana dal ponte e torna il silenzio tutto attorno il cantiere
Ore 23:03: il gruppo dei No Tav sul ponte inizia ad indietreggiare lanciando cori derisori verso le forze dell’ordine
Ore 22:48: i No Tav continuano a stare vicino al ponte nonostante la presenza massiccia della polizia che è uscita dalle reti
Ore 22.44: due furgoni carichi di celerini hanno ora raggiunto il cancello dell’autostrada
Ore 22.41: una cinquantina di No Tav si stanno avvicinando al ponte dove la polizia antisommossa li attende. Si sentono cori No Tav: qui la paura non è di casa!
Ore 22.36: La polizia riprende dall’autostrada il corteo che si dirige verso il cantiere, ma l’autostrada è ancora aperta al passaggio delle macchine. Il corteo che si era fermato prima della galleria è ora ripartito verso il ponte della Clarea dove ad attenderlo fuori dalle reti sembra ci siamo già le forze dell’ordine e i loro mezzi .
Ore 22.20: una parte del corteo sta risalendo la montagna dai sentieri, l’altra si dirige verso il ponte della Clarea e le reti del cantiere. Nonostante la scontata presenza di ciò che troveranno la, cioè le forze dell’ordine, l’umore è alto e anche la determinazione nel voler proseguire il cammino.
Ore 22.09: la passeggiata dei No tav si divide i diversi serpentoni mentre un gruppo prosegue verso il cantiere sulla strada principale che da Giaglione arriva in Clarea
ore 21:50: in diverse centinaia sono da poco partiti dal luogo del concentramento dalla passeggiata notturna, Giaglione. Scarponi, pile ed acqua e tanta voglia di rompere i divieti.

pc 25 luglio - poco combattiva ma molto partecipata la manifestazione a Roma del 24 luglio

Mentre Repubblica parla di circa un migliaio di manifestanti, le immagini e i video parlano di circa 10.000 persone...














pc 25 luglio - In ogni parte del mondo, in tempi di “pace”, ma ancor più in tempi di guerra, le donne sono considerate carne da macello!



L’incitamento da parte di ministri e illustri professori israeliani all’assassinio di tutte le madri e allo stupro delle donne palestinesi, per fermare l’eroica lotta/resistenza del popolo dell’intifada, è uno dei tantissimi esempi eclatanti

Dopo Hitler, non si era mai sentito nulla di così efferato, sanguinario, DISUMANO!

Con la scusa della Shoah, fin dal 1947, Israele, stato fantoccio USA, con la complicità anche dell’imperialismo europeo, Italia compresa, cerca di annientare il popolo palestinese per impossessarsi di tutto il territorio, della “terra santa”.
Il bilancio di oltre 60 anni della guerra genocida di Israele contro il popolo arabo-palestinese è di 800 mila morti, 700 mila profughi e decine di migliaia di feriti, a maggioranza donne,bambini,vecchi.

La crudeltà e la barbarie perpetrati dai governi sionisti finora succedutisi ha inorridito finanche noti giornalisti, insegnanti e scrittori israeliani, tra cui  Gideon Levy e  Nurit Peled-El Hanan,  che da anni denunciano gli orrori commessi dallo stato nazista israeliano, il quale, mentre parla di pace, continua con il massacro, con la guerra militare, politica, economica,poliziesca, coloniale, contro i palestinesi, sottoposti ad un regime di apartheid, costretti a condizioni disumane.  Siccità, fame, abitazioni fatiscenti e minuscole, pochi ospedali, strade militarizzate che impediscono gli  spostamenti degli abitanti di Gaza, stupri, esecuzioni sommarie, bombardamenti, su ospedali, scuole,abitazioni, continui massacri; è questa la “vita” a cui è costretto il popolo palestinese, da più di 60 anni.

Ma quel che è ancora più insopportabile è l’uso del corpo e della vita delle donne palestinesi, come carne da macello,  nel tentativo di arrestare l’eroica  lotta di resistenza del popolo.

L’incitamento alle uccisioni di tutte le madri per impedire che nascano altri ribelli, e alla violenza sessuale contro le donne della Palestina, non è una novità.  Già in marzo 2009, il quotidiano israeliano “Haaretz”, pubblicava una denuncia sconvolgente sui soldati israeliani che  andavano in giro con addosso magliette con riferimenti sessuali e sullo stupro delle donne palestinesi. Inoltre, il suddetto giornale continuava affermando che l’esercito israeliano ( Israeli Defens Forces) andava pazzo anche per le t-shirt con foto di donne incinta, con un mirino puntato alla pancia e sotto uno slogan che recita : “I shot, 2 kills”, ovvero, “con un tiro due morti”. Poi, vi erano anche le magliette con foto di bambini palestinesi morti, con disegni di bimbi presi nel mirino, moschee rase al suolo e madri che piangevano sulle tombe dei loro figli. Ed ancora, con immagini di uccisioni di bambini e donne disarmate e, per finire, con foto agghiaccianti di palestinesi feriti e uccisi con un colpo alla nuca, a distanza ravvicinata, per essere sicuri della loro morte.

Tutto questo si chiama NAZISMO,RAZZISMO,BARBARIE,TERRORISMO, altro che democrazia, che diritto alla difesa dello stato Israeliano, così come invece asseriscono i paesi imperialisti occidentali,tra cui l’Italia,  per giustificare e legittimare il vile e disumano operato dei nazisionisti.

La morte dei tre coloni ebrei è stata solo un pretesto per rilanciare l’attacco già pianificato da tempo contro Gaza e la Cisgiordania, e le potenze imperialiste, Italia compresa,  hanno anch’esse le mani sporche di sangue; del sangue versato di tantissimi innocenti, donne, bambini, anziani,giovani, masse popolari.

Gli insediamenti, l’espropriazione della terra palestinese e il genocidio del suo popolo, sono un grande CRIMINE. Lo stato di Israele NON HA IL DIRITTO DI ESISTERE e i palestinesi HANNO IL DIRITTO DI ABBATTERLO!| Le donne, che sono quelle maggiormente colpite da questa guerra, dall’oppressione e dalla violenza dell’invasore,  continueranno ad essere come sempre in prima fila nella lotta di RESISTENZA e per la libertà e l’autodeterminazione del popolo di Gaza.

Al fianco delle donne e dell’eroica resistenza del popolo palestinese
Contro lo stato nazisionista e genocida di Israele e gli stati imperialisti,
a cominciare dall’Italia, che lo sostengono

Lavoratrici SLAI Cobas s.c. –Policlinico Palermo