sabato 22 giugno 2019

pc 22 giugno - Genova prepara il corteo antifascista del 30 giugno pzza Alimonda ore 17

Verso il corteo del 30 giugno: striscioni mercoledì assemblea pubblica a De Ferrari

 “30.06 La lotta continua” 
 “Non un passo indietro”. 
Genova. Tre striscioni sono stati collocati questa notte sui jersey della strada a mare Guido Rossa in vista del corteo del 30 giugno. Il concentramento del corteo è fissato in piazza Alimonda alle 17. Il percorso non è ancora noto, ma l’arrivo sarà in piazza De Ferrari, la piazza degli scontri del 30 giugno del 1960.
In vista del corteo per mercoledì 26 giugno Genova antifascista ha convocato un’assemblea pubblica in piazza De Ferrari. Lì come ogni anno si alterneranno diversi interventi per spiegare le ragioni della mobilitazione ma anche mettere a fuori il frutto dei tavoli di lavoro che il collettivo ha affrontato nel percorso di avvicinamento al corteo in questi mesi
Rispetto al corteo del 30 giugno resta da vedere cosa faranno la base della Cgil e dell’Anpi visto che, contrariamente a quanto accaduto lo scorso anno, dove si svolse un corteo unitario, quest’anno il sindacato ha deciso con l’Anpi di fare il corteo venerdì 28 giugno, giorno che tra l’altro vede la presenza di Matteo Salvini a Genova per l’esplosione delle pile lato est di ponte Morandi. Difficile ipotizzare i numero ma sembra abbastanza evidente che tanti iscritti al sindacato e all’Anpi decideranno di partecipare comunque al corteo di domenica 30.
“Non ricordiamo i fatti del 30 giugno in chiave celebrativa ma come occasione per discutere e rivendicare gli ideali antifascisti” si legge nell’incipit della piattaforma politica pubblicata sulla pagina di Genova antifascista in cui si spiegano le rivendicazioni che saranno portate al corteo: la chiusura delle sedi neofasciste anzitutto, poi la depenalizzazione dei reati sociali, infine le tematiche uscite dai tavoli a partire da lavoro, ambiente, istruzione e diritti civili.

pc 22 giugno - Nelle carceri ogni giorno condizioni peggiori e rischio vita

Detenuto tenta il suicidio, salvato in extremis dagli agenti

SAN MICHELE - Gli agenti della Polizia Penitenziaria hanno salvato la vita in extremis a un detenuto che ha tentato il suicidio. E' accaduto ieri mattina (giovedì) all'interno del carcere di San Michele. Un detenuto rumeno di 35 anni, in carcere per reati contro il patrimonio e resistenza a pubblico ufficiale ha cercato di uccidersi con una lametta: si è praticato un taglio all'altezza del collo, lato sinistro.

Un gesto che ha procurato il panico tra i presenti e coloro che sono intervenuti vista l'enorme quantità di sangue che in pochissimo tempo è fuoriuscita dalla vena. Solo grazie al tempestivo intervento degli infermieri e dei poliziotti penitenziari accorsi, che non si sono fatti intimorire da ciò che si presentava ai loro occhi, hanno immobilizzato lo stesso. Tamponando così l'emorragia fino all'arrivo dell'ambulanza del 118. L'episodio è avvenuto davanti al cancello dell'infermeria. 

pc 22 giugno - Combattivo sit-in il 19 Giugno a Palermo al Tribunale per i prigionieri politici e contro la repressione

Combattivo sit-in il 19 Giugno a Palermo al Tribunale, in collegamento con le altre iniziative in corso a livello nazionale, con lavoratori, precari, compagne che hanno partecipato in modo molto solidale e attivo, condividendo le ragioni e la necessità di una battaglia che ha nella giornata di solidarietà e lotta per i prigionieri e le prigioniere politiche e contro la repressione del 19 giugno una tappa importante, ma che deve proseguire ogni giorno e in ogni ambito, come parte della lotta più generale contro questo Stato borghese al servizio della classe capitalista dominante.

AL FIANCO DI TUTTI I E TUTTE
 I PRIGIONIERI POLITICI 



Ampio volantinaggio e buona diffusione del bollettino che ha suscitato interesse da parte di avvocati, giovani e donne che hanno anche ringraziato per le informazioni date "di cui in televisione non dice niente nessuno", vedi lo sciopero della fame delle compagne Anna e Silvia in corso nel carcere dell'Aquila contro le condizioni carcerarie disumane e da vero e proprio annientamento delle persone in ogni senso, e hanno condiviso la necessità di organizzarsi a livello popolare contro la repressione, lo stato di polizia che avanzano nel nostro paese e in particolare in questa fase politica con l'attuale governo Salvini/Di Maio.

SOLIDARIETA' AD ANNA E SILVIA 
IN SCIOPERO DELLA FAME 
NEL CARCERE DELL'AQUILA





NO AL CARCERE TORTURA
NO AL CARCERE ASSASSINO
CONTRO IL 41 BIS


CONTRO LA REPRESSIONE DELLE LOTTE OPERAIE E SOCIALI
CONTRO IL MODERNO FASCISMO E LO STATO DI POLIZIA
CONTRO IL GOVERNO FASCIO-POPULISTA-RAZZISTA-SESSISTA SALVINI/DI MAIO




19 GIUGNO 1986 - 19 GIUGNO 2019 
GIORNATA DELL'EROISMO
sempre al fianco di tutti i prigionieri politici 
rivoluzionari nel mondo nostri fratelli e sorelle di classe

In piazza e poi a seguire un punto di discussione 
presso la sede dello Slai Cobas sc 


Per un soccorso rosso proletario

pc 22 giugno - Dl Crescita: passa Odg Lega a favore di Ilva/ArcelorMittal e immunità penale

Salvini uomo forte dei padroni a difesa dei padroni indiani ArcelorMittal su immunità penale, con Di Maio a fare da valletto e cala a Taranto con 5 ministri lunedì

Con l’approvazione del nostro ordine del giorno al decreto Crescita il Governo si impegna a verificare la coerenza dei più recenti interventi normativi di modifica alla disciplina sull’Ilva con gli accordi intervenuti in sede di cessione aziendale. Ne prendiamo atto con soddisfazione“. Così in una nota il capogruppo Lega alla Camera, Riccardo Molinari, dopo l’approvazione dell’Aula della Camera a un ordine del giorno al Dl crescita, riportata da RADIOCOR, agenzia di stampa del Sole24Ore. “Salute e ambiente – puntualizza – vanno tutelati, così come gli impegni assunti vanno mantenuti. Altrimenti, non ci possiamo lamentare poi della fuga degli investitori e dell’inevitabile perdita di posti di lavoro. La nuova proprietà ha un piano di riqualificazione ambientale in corso che va a sanare la mancanza di investimenti, eredità del passato. Ci sono tutte le premesse perchè la proprietà continui nel risanamento ambientale senza andare a intaccare, in modo retroattivo, gli impegni presi tra questo governo e l’attuale investitore“.

Lunedì a Taranto con Di Maio per il CIS

Saranno sei i ministri del Movimento 5 Stelle che lunedì saranno a Taranto in Prefettura per fare il punto sul Contratto istituzionale di sviluppo. Ci saranno il vicepremier e ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, il ministro per il Sud Barbara Lezzi, la responsabile della Salute Giulia Grillo, quello dell’Ambiente Sergio Costa, quello ai Beni Culturali Alberto Bonisoli ed anche la titolare della Difesa Elisabetta Trenta.

Fascismo è sempre dittatura padronale, ma anche Stato e Governo neocorporativo di economia e fabbrica - All'ex Ilva ArcelorMittal questo significa fascismo padronale in fabbrica e collaborazionismo sindacale - alla triade AM/Di Maio/sindacati confederali... si sostituisce quella Salvini/Am/sindacalismo aziendalista 

Per gli operai  è cassintegrazione, sfruttamento, cacciata dalla fabbrica degli operai scomodi o in esubero - violazione di leggi, contratti, accordi...; ma anche intimidazione aggressione provocazione contro il sindacalismo non allineato e gli operai che lottano - ostracismo e repressione verso il sindacalismo di classe. 
Tutto questo si riversa in senso letterale su sicurezza in fabbrica e inquinamento in città che continua con il suo carico di morti e malati. Di Maio e i suoi ministri ingannapopolo riversano soldi e nuove promesse pur di lasciar in pace Padroni indiani e padroni e padroncini italiani e tarantini, con istituzioni al carro

Serve la lotta e la guerra di classe, serve l'organizzazione di classe per la lotta dura e determinata, unitaria in fabbrica e in città. 

proletari comunisti/PCm Italia
22 giugno 2019

pc 22 giugno - Genova Portuali contro le navi saudite. Una lettera da lavoratori a lavoratori

Ai lavoratori della TEKNEL srl di Roma
Genova, 21 giugno 2019.
 Siamo i portuali di Genova che sono scesi in sciopero per bloccare in due occasioni il carico sulla nave Bahri Yanbu e poi sulla Bahri Jazan dei generatori elettrici spediti dalla vostra azienda alla Guardia nazionale Saudita nel quadro di un contratto di forniture militari in corso dal 2018. Lo abbiamo fatto perché abbiamo verificato che la Guardia saudita è un corpo militare impegnato nella guerra civile in Yemen, guerra che è stata indicata dall’ONU come il teatro di una immane catastrofe umanitaria di cui l’Arabia saudita è uno dei principali responsabili. Inoltre abbiamo verificato che le apparecchiature spedite fanno parte dei lotti di produzione per i quali la Teknel ha chiesto espressa autorizzazione al Ministero per l’esportazione di materiale militare.
Nonostante ciò, abbiamo dovuto assistere alla farsa delle dichiarazioni della vostra direzione che ha cercato in tutti i modi nascondere la verità sulla natura militare della spedizione di fronte all’autorità, al sindacato e all’opinione pubblica, creando una situazione di inganno insostenibile per i lavoratori, oltre che per la legge. Noi non crediamo di ergerci al ruolo di salvatori dell’umanità o di giudici dei

pc 22 giugno - Prato - Aggressione padronale agli operai in sciopero



12 ore di lavoro sette giorni su sette per 900 euro al mese. Senza contratto. Padroni che dalle finestre dei loro uffici tirano pietre e spazzatura sulla testa dei lavoratori durante gli scioperi. Fino ad arrivare all'aggressione squadrista di oggi pomeriggio.Dopo che il padrone aveva garantito un accordo per la

pc 22 giugno - A Parigi oggi per Georges Ibrahim Abdallah - Lo scorso anno presente una folta delegazione SRP Italia - oggi un rappresentante a nome di tutti noi


 Resoconto della manifestazione internazionale a Parigi dello scorso  anno

per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah e dei prigionieri politici rivoluzionari nel mondo

Importante manifestazione internazionale a Parigi per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah.

Circa 300 compagni e compagne sono scesi in piazza in un lungo e popolare corteo per le vie di Parigi per gridare forte e chiaro: “Libertà per Georges Ibrahim Abdallah! Palestina vincerà”.

Il corteo è stato convocato nel quadro della lunga campagna unitaria che si svolge da anni in Francia e in tante altre parti del mondo che ha reso Georges un compagno riconosciuto e sostenuto da tante realtà organizzate, antimperialiste e rivoluzionarie d'Europa, del Mondo Arabo e di tanti altri paesi del mondo.
34 anni ingiusti di prigione non hanno assolutamente piegato G.I. Abdallah, né fermato la campagna in suo favore.
34 anni in cui l'imperialismo Usa e l'imperialismo francese hanno tentato di mettere a tacere una voce rivoluzionaria a sostegno della Palestina e delle masse arabe.

La campagna in questi anni ha avuto diversi momenti e diverse facce con ogni forma di
manifestazione, ora d'avanguardia ora di massa. E sempre G.I. Abdallah è stato al fianco delle masse oppresse in rivolta e in armi, così come non ha fatto mai mancare la sua voce a sostegno dei prigionieri politici rivoluzionari nel mondo.
La manifestazione di Parigi è stato un segnale forte che questa campagna non si fermerà fino alla vittoria: la scarcerazione di Georges Ibrahim Abdallah.

Questa manifestazione ha portato insieme alle caratteristiche di sempre delle novità importanti che possono e devono influenzare lo sviluppo di questa campagna.
Insieme alle forze che sostengono da sempre la campagna e che guidavano la manifestazione in un quadro solidale, unitario, vi è stata questa volta la presenza di un forte contingente, un blocco rosso maoista, guidato dallo striscione della Jeunesse communist revolutionary, che ha portato in forma compatta e determinata nella manifestazione la battaglia per Georges, a difesa della lotta armata delle masse palestinesi e che ha raccolto nelle sue fila compagni francesi, tedeschi, austriaci, norvegesi e di altri paesi e una folta delegazione italiana, la più numerosa tra le delegazioni, formata da compagni, da operai, donne proletarie, impegnati negli organismi di massa del Soccorso rosso proletario, del Movimento femminista proletario rivoluzionario, dello Slai cobas sc, guidata dalla rappresentanza di proletari comunisti-PCm Italia. Questa forte presenza ha portato nella manifestazione la battaglia a difesa di tutti i prigionieri politici comunisti, rivoluzionari nel mondo, con ritratti del presidente Gonzalo, di Ajith, con uno striscione per la prigioniera politica Nadia Lioce, per la quale è in corso in Italia una forte campagna con l'Mfpr in prima fila, e, la prima volta in una manifestazione di questo tipo, uno striscione per i prigionieri politici rivoluzionari in India, Saibaba e altri, portato da compagni e compagne facenti parte del Comitato di sostegno alla guerra popolare in India.

Il contingente ha lanciato slogan a sostegno della guerra popolare e Viva Marx-Lenin-Mao.
Questa novità in questa manifestazione rafforza notevolmente la campagna, la amplia, la arricchisce e la inserisce nello scontro globale tra imperialismo e lotte di liberazione dei popoli oppressi, nella contesa tra rivoluzione e controrivoluzione.
Stanno anche in questo le ragioni di fondo dell'ostinata persecuzione contro Georges Ibrahim Abdallah. E questa battaglia rappresenta una battaglia per tutti i popoli oppressi che sviluppano la lotta armata e la guerra popolare; così come oggi più che mai la sorte dei prigionieri politici rivoluzionari è legata all'avanzamento delle masse popolari e della rivoluzione proletaria.

Resoconto a cura della delegazione italiana

pc 22 giugno - Solidali con la delegata Rita Di Fazio - FCA Piedimonte S.Germano - Slai cobas per il sindacato di classe - CN

pc 22 giugno - All'ArcelorMittal Taranto attivisti USB minacciati - La solidarietà dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto

Lo Slai cobas per il sindacato di classe esprime la massima solidarietà contro l'aggressione-provocazione che mostra dove vogliono arrivare sindacalisti e galoppini al servizio del padrone 
indiano, pur di tutelare privilegi e discriminazioni.
E' un attacco e una intimidazione rivolta a tutti i lavoratori cassintegrati cacciati dalla fabbrica, proprio per tutelare capi, sindacalisti e galoppini in odor di malavita che 'lavorano' al posto degli operai cacciati; questo quindi richiede la risposta innanzitutto dei cassintegrati che si sono mobilitati in questi mesi con il ricorso alla magistratura, il presidio della Direzione e altre iniziative di lotta.
E' giusto denunciare con nome e cognome  gli autori e mandanti di questa aggressione.
E' giusto pretendere una posizione pubblica e chiara delle direzioni sindacali interessate.
Ma se il clima è questo sappiamo da sempre che la migliore difesa è l'attacco e che alla violenza padronale, mafiosa e fascista si risponde continuando la lotta e con la forza -
perchè in nessuna maniera questa situazione va tollerata.

pc 22 giugno - Riuscita manifestazione NO MUOS a Catania - "Siamo una marea!" 2-5 agosto campeggio No MUOS

L'immagine può contenere: una o più persone, persone che camminano, folla e spazio all'aperto


pc 22 giugno - ArcelorMittal Taranto minuto per minuto sul blog tarantocontro

pc 22 giugno - Questo 19 giugno con tante e varie iniziative

Con presidi alle carceri, importante e riuscito a Taranto - ai tribunali come a Palermo - con azione di propaganda al Ministero Giustizia a Roma - con assemblee e interventi militanti a Bergamo, Ravenna - e con il sostegno a tutte le iniziative di solidarietà con Silvia e Anna in lotta e resistenza al carcere di L'Aquila - danno il senso del lavoro e della proposta di costruzione del Soccorso Rosso Proletario
info  - srpitalia@gmail.com
Leggi richiedi e diffondi il Bollettino di informazione, con una sezione ampia su Georges Ibrahim Abdallah - Messico Sernas - India Saibaba... - Turchia Kurdistan

pc 22 giugno - 19 GIUGNO AL CARCERE DI TARANTO

DALLE IMMAGINI I CONTENUTI DELL'IMPORTANTE PRESIDIO SERALE CON INTERVENTI, FORTI SLOGAN, MUSICA - DALL'INTERNO I DETENUTI HANNO SENTITO E SI SONO FATTI SENTIRE




pc 22 giugno - 19 GIUGNO A ROMA: COMPARE UNO STRISCIONE AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA...

poi i compagni hanno volantinato nel pressi



Aggiungi didascalia

pc 22 giugno - Seminario Mfpr - movimento - analisi - progetto...

pc 22 giugno - Costruire un vero sciopero generale politico e sociale nel prossimo autunno - una indicazione data in occasione delle manifestazioni dei metalmeccanici del 14 giugno

pc 22 giugno - E' in preparazione il nuovo numero de 'La Nuova Bandiera' dedicato all'autunno caldo '69 - i marxisti-leninisti-maoisti italiani - l'analisi critica dell'esperienza della lotta armata anni '70 - la Terza Internazionale

Leggi - studia - dibatti - analizza criticamente
 il numero già uscito per l'anniversario del 
maggio francese-cronache del biennio rosso 68/69 e altro... 
Richiedi a pcro.red@gmail.com

venerdì 21 giugno 2019

pc 21 giugno - QUANDO IL 21 GIUGNO 1978 LE FEMMINISTE OCCUPANO IL "REPARTINO" DEL POLICLINICO DI ROMA E IMPONGONO L'ABORTO GRATUITO E ASSISTITO


Il 21 giugno del 1978 un reparto della clinica ostetrica del Policlinico di Roma viene occupato da un gruppo di compagne assieme ad alcuni lavoratori del complesso e alle donne in attesa di interrompere la gravidanza.
La scelta del luogo non è casuale: si tratta infatti del reparto fino a poco tempo prima riservato ai clienti “di riguardo” di alcuni personaggi di spicco del Policlinico che sposavano la logica di un’assistenza ospedaliera di prima e seconda classe. Il reparto, chiuso ed inutilizzato ormai da un paio di anni, viene dunque occupato per far fronte all’esigenza di uno spazio in cui le donne possano affrontare consapevolmente la scelta dell’aborto... Per i collettivi femministi protagonisti dell’occupazione la scelta è tutt’altro che lineare o libera da dubbi in quanto cozza fortemente con una realtà controversa, quella della neonata legge 194 sull’aborto. Una legge che trasforma l’interruzione di gravidanza in una mera trafila ambulatoriale, in qualcosa di cui bisogna continuare a vergognarsi un po’ e che, tramite lo strumento dell’obiezione di coscienza, lascia ampi margini per la sua non applicazione.... In breve l’azione del Collettivo si allarga dall’ambito dell’interruzione di gravidanza a quello più generale della sfera della salute delle donne (anche i parti, ad esempio, avvenivano spesso in condizioni pessime, con mancanza di strumenti adatti e pressioni psicologiche sulla madre). Passare attraverso la clinica occupata è fattore di crescita politica e soggettivizzazione anche per le donne esterne al Collettivo: lottare per l’aborto vuol dire rendere complessiva ogni lotta per chiedere salario, per chiedere potere. L’esperienza ha grande eco e risalto mediatico e comincia ad infastidire alcuni Baroni e “luminari” del Policlinico... il Professor Marcelli nel mese di Settembre, dopo una riunione con alcuni colleghi, decide di richiedere l’intervento della polizia per sgomberare la clinica e mettere fino al progetto del Collettivo Policlinico. Il 25 Settembre del ’78, dopo più di tre mesi di occupazione, la polizia irrompere nel reparto e mette fine a questa esperienza, dando però un segno inequivocabile di quanto quel percorso costituisse una lotta reale e fastidiosa per certi poteri forti e dando di fatto a tante donne nuova forza per future mobilitazioni. (da InfoAut)
di Infosex
... Al Policlinico si susseguono riunioni e incontri con i collettivi femministi del quartiere. Il 21 GIUGNO del 1978 viene occupato il Repartino... Con le femministe capaci di attivare il metodo Karman, e il dottor Enzo Maiorana che garantisce l’accettazione delle prime 4 donne che devono abortire, si attiva il reparto di interruzione di gravidanza. Il policlinico Umberto 1 è il primo ospedale romano che, attraverso l’occupazione di un reparto inutilizzato ma funzionante, impone l’aborto gratuito e autogestito. Gli altri ospedali romani, come il San Giovanni o il San Camillo, non furono in grado di fare un’occupazione vera e propria e i collettivi femministi aprirono trattative con le direzioni sanitarie.
Graziella Bastelli, tra le protagoniste dell’occupazione al Policlinico, in un’intervista rilasciata nel 21 Febbraio 2006 ricorda: «Nel 1978 la Legge 194 suscitò tante discussioni all’interno dei movimenti femministi, soprattutto perché perpetuava un controllo sulle donne e perché prevedeva la settimana di attesa in cui si invitavano le donne a riflettere sull’azione che si apprestavano a compiere […] Ma dopo un momento iniziale di sconcerto, era chiaro ai più che la 194 c’era e andava applicata. Il Repartino nasceva con lo slogan ‘abortiamo per non abortire più’, per dare massimo risalto alle lotte per l’autodeterminazione delle donne, per la gestione della propria sessualità e per la scelta della temporalità legata alla propria maternità. Ho cominciato come studentessa di medicina e sono entrata nel collettivo a 20 anni. Ho fatto esperienza del Repartino a 27 anni. Noi del Policlinico avevamo bisogno di concretizzare e venivamo criticati come poco teorici. Ma all’epoca c’erano i giusti rapporti di forza per passare dalla teoria alla prassi, e il Repartino è stata una esperienza ricchissima»...
LA NASCITA DEL REPARTINO: La storia del Repartino di aborti autogestiti del Policlinico è una storia emblematica: di gioia, lotta e conquista. Dal punto di vista umano, il fattore aggregante e la solidarietà tra categorie di lavoratori e lavoratrici con le utenze della struttura sanitaria è il valore aggiunto, a cui aspirano da anni le proteste degli “autonomi” del Policlinico: cambiare il rapporto con il paziente, che da spettatore passivo deve divenire attore consapevole e quindi ‘attivo’ di quanto si muove sulla sua pelle. Infatti, grazie anche al sostegno di collettivi femministi come quello di San Lorenzo con Simonetta Tosi, il Repartino degli aborti, nella sua fase autogestita, non fu solo un contesto medico e medicalizzato nel suo operato, quanto piuttosto un punto di riferimento per le donne che dovevano abortire o avevano abortito, attraverso assemblee quotidiane e incontri sulla prevenzione. Sul terreno della pratica della lotta dal basso e quello della conquista l’esperienza del Repartino permise:
  • di sperimentare nel 1978 una diversa ed unica alleanza fra alcuni collettivi femministi del 
  • quartiere di San Lorenzo e un collettivo misto di operatori sanitari, arrivando ad una condivisione di agiti che, nell’applicazione di una legge piena di contraddizioni e illegalità legalizzate, ne imponeva l’applicazione con una gestione totale da parte dell’utenza, ovvero delle DONNE;
  • di dare senso e contenuti all’autodeterminazione tramite l’ascolto dei bisogni soggettivi e collettivi per offrire salute e benessere, libertà di scelta nell’essere madre e donna, conoscenze

pc 21 giugno - NO TAP - 46 MANIFESTANTI INDAGATI, con reati che prevedono PENE ALTISSIME

pc 21 giugno - TRA UN MESE IL SEMINARIO ESTIVO ORGANIZZATO DAL MFPR

pc 21 giugno - UNA GIUSTA INIZIATIVA DEL SINDACO DI NARDO' (LE) PER I BRACCIANTI IMMIGRATI - DA ESTENDERE

Il sindaco: niente lavoro sotto il solleone per i braccianti agricoli

La misura in vigore a Nardò da domani (OGGI 21 GIUGNO) al 31 agosto:
Stop alla raccolta dalle 12,20 alle 16,30. Multe di 500 euro

Corriere del Mezzogiorno (Puglia) 20 Jun 2019
Salvatore Avitabile

La tragedia di Abdullah Muhamed non è stata mai dimenticata. Il bracciante agricolo del Sudan aveva 47 anni e il 20 luglio di quattro anni fa fu colto da malore nelle campagne tra Nardò e Porto Cesareo mentre era impegnato nella raccolta di pomodori. Morì nonostante i soccorsi dei suoi compagni di lavoro, altri braccianti immigrati. La tragedia di Abdullah Muhamed fece molto scalpore e così il Comune di Nardò, sfidando anche gli imprenditori agricoli e le associazioni di categoria, ha vietato il lavoro nelle campagne durante le ore più calde. Una decisione che di fatto ha scongiurato altre vittime nelle campagne.
Così anche quest’anno il sindaco di Nardò, Pippi Mellone, ha firmato l’ordinanza che, a partire da domani e fino al 31 agosto, vieterà il lavoro nei campi nella fascia oraria compresa tra le 12.30 e le

pc 21 giugno - CONTRO SESSISMO E RAZZISMO, RIPARTIAMO DA NOI - un lungo documento di Rete campagne in lotta, che condividiamo

La violenza eteropatriarcale e quella razzista sono intrecciate e si rinforzano a vicenda in molteplici modi. Non solo il concetto di “razza” è per sua natura legato all’ossessione per il controllo della riproduzione e quindi del corpo delle donne. Le politiche migratorie, intrise di razzismo istituzionale, sono anche politiche sessiste, che mirano a controllare, sfruttare e segregare le migranti. Ad esempio, assegnandole a mestieri di cura in condizioni di sfruttamento e segregazione, legando il loro permesso di soggiorno a quello del marito, o subordinando l’ottenimento dei documenti all’accertamento, da parte di un qualche “esperto,” di situazioni di violenza estrema, sempre e soltanto in un’ottica di repressione del “crimine”, negando l’esistenza di altre forme di violenza (subdola, meno visibile o semplicemente giudicata meno intensa) e di altri canali di riconoscimento, costringendo le donne al ruolo di vittime e all’umiliazione di dovere esporre il loro vissuto a sconosciuti burocrati e tutori dell’ordine. Le politiche europee e italiane in materia migratoria colpiscono le donne in triplice forma: in quanto genere oppresso, e in quanto soggetti razzializzati e

pc 21 giugno - SULLA SENTENZA PER LA STRAGE FERROVIARIA DI VIAREGGIO - IL COMUNICATO DI MEDICINA DEMOCRATICA


Firenze, 20 giugno 2019
COMUNICATO STAMPA
Strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009 : soddisfazione di Medicina Democratica, parte civile nel processo, per la sostanziale conferma della Corte d'Appello di Firenze dell'impianto accusatorio e delle condanne dei vertici aziendali responsabili. Vicinanza e solidarietà alle vittime e ai familiari

“Esprimiamo soddisfazione per la sostanziale conferma dell'impianto accusatorio e delle responsabilità nei confronti dei vertici delle aziende coinvolte nella strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, che costò la vita a 32 persone e il ferimento di 136, in particolare, per la conferma della condanna a 7 anni di reclusione per Mauro Moretti, ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, con un'aggravamento della sua posizione, in quanto civilmente responsabile degli atti della società da lui diretta”, ha dichiarato Marco Caldiroli, presidente nazionale di Medicina Democratica, parte civile nel processo iniziato 2013 e che ha visto oggi la conferma della condanna per 21 imputati da parte della III Sezione Penale della Corte d'Appello di Firenze.
“ Come Medicina Democratica- ha aggiunto- siamo particolarmente vicini alle famiglie alle

pc 21 giugno - Ilva: che fine ha fatto il miliardo sequestrato ai Riva? - Un quadro informativo utile

di Michelangelo Borrillo, video di Milena Gabanelli

Poco più di un miliardo, 1.083 milioni per la precisione. Il tesoro della famiglia Riva, scovato nel 2013 dai magistrati milanesi in Svizzera e disponibile da giugno 2017, è vincolato al risanamento ambientale (decontaminazione e bonifica) dell’area Ilva di Taranto. Due anni dopo, di quella somma sono stati spesi o allocati (più allocati che spesi) 635 milioni fra decontaminazione, gestione e trattamento di acque e rifiuti e bonifica e messa in sicurezza delle discariche, così come emerge dalle ultime audizioni pubbliche in Parlamento dei commissari straordinari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi.
Dal 1° giugno hanno lasciato spazio ai loro successori, i pugliesi Francesco Ardito (commercialista e dirigente di Acquedotto Pugliese) e Antonio Lupo (avvocato amministrativista di Grottaglie) e il lombardo Antonio Cattaneo (partner di Deloitte). Quest’ultimo, prima ancora di insediarsi ha deciso di rinunciare all’incarico per evitare un conflitto d’interesse: tra gli «audit client» di Deloitte c’è una società che controlla una controparte di ArcelorMittal, oggi nuova proprietaria di Ilva. Ufficialmente i commissari uscenti si sono dimessi dopo aver portato a termine il passaggio ad ArcelorMittal, conclusosi il 1° novembre 2018. In realtà il cambio della guardia è stata una scelta del ministro Luigi Di Maio che ha voluto iniziare quella che lo stesso vicepremier chiama la Fase 2 di Taranto e dell’acciaieria. Che, però, inizia già zoppa: con un commissario in meno.

Il mezzo miliardo da spendere
Tornando ai conti: in cassa sono rimasti circa 450 milioni, né allocati né spesi. Dovrebbero essere destinati ad altri interventi di bonifica dell’area Ilva, che però sono attualmente sotto sequestro, come quelle delle discariche adiacenti alla gravina Leucaspide, alla Cava Mater Gratiae e quella delle collinette che separano l’acciaieria dal quartiere Tamburi. Che, da «ecologiche» — avrebbero dovuto preservare il quartiere dall’inquinamento dell’acciaieria — si sono trasformate in altre discariche, così inquinate che i ragazzi iscritti alle vicine scuole «De Carolis» e «Deledda» nell’ultimo anno scolastico hanno dovuto frequentare le lezioni in aule di altri istituti. Un paradosso, visto che si tratta di due scuole (su un totale di 5) rimesse a norma, nel 2016, con 9 milioni di euro di un’altra bonifica, quella dell’area Sin (Sito di interesse nazionale) di cui è commissario dal 2014 Vera Corbelli. Considerando che per le aree sequestrate ogni intervento andrà pensato di concerto con l’autorità giudiziaria, con i 450 milioni da allocare, per ora i nuovi commissari potranno fare ben poco. Per questo c’è il timore che possano essere dirottati altrove, nonostante una norma li vincoli al risanamento di Taranto. Perché una legge (la 123 dell’agosto 2017) può essere superata da un’altra, se il governo lo volesse per decreto.
L’inquinamento di un secolo
L’inquinamento di Taranto non riguarda solo l’aerea ex Ilva. Come dimostra anche la bonifica dell’area Sin, individuata nel 2000, quando si prese atto che le industrie del Novecento — da quelle belliche delle due guerre mondiali, fino alle cementerie, alle raffinerie e all’acciaieria — non avevano la stessa coscienza ambientale di oggi. E inquinavano. Con tutte le conseguenze nefaste del caso: nell’arco di 14 anni, dal 2002 al 2015, nel Sin di Taranto sono nati 600 bambini malformati e si sono registrati oltre 40 tumori in età pediatrica e nel primo anno di vita, come emerge dall’aggiornamento dello studio epidemiologico Sentieri. Con questi dati, si capisce perché il nuovo ospedale da 715 posti letto su 6 piani, non solo è uno degli investimenti più rilevanti del Contratto istituzionale di sviluppo per l’area di Taranto, ma è un simbolo per la città dell’acciaio. Stanziati i 200 milioni: il progetto risale al 2012, il bando per la costruzione al 2018.

Ma adesso, quando tutto è pronto per far partire il cantiere, si scopre che l’area in cui deve sorgere è limitrofa rispetto a Salina Grande, area sequestrata per inquinamento, con un’estensione pari a 9,8 chilometri quadrati. All’interno del Sin. Ebbene, qualsiasi attività che nella Salina Grande provochi il solo alzarsi delle polveri è vietata perché mette a rischio la salute. E a soli 800 metri da quel confine dovrebbe sorgere un ospedale. La bonifica, secondo il commissario Corbelli, potrà essere conclusa entro 48 mesi dal suo inizio. Il problema, però, è che non si sa quando inizierà, perché dovrà prima completarsi un percorso amministrativo, istituzionale e giuridico che coinvolge Regione, Comune, Provincia e lo Stato. Senza considerare che l’area in questione è di un privato.
Il patto incrinato con ArcelorMittal
In questo contesto confuso, nelle scorse settimane sono emerse altre due variabili. La prima è politico-istituzionale: il ministero dell’Ambiente ha infatti deciso di modificare le prescrizioni anti-inquinamento per l’acciaieria ArcelorMittal Italia, firmando un decreto per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Cosa cambierà? Per ora non si sa. Il ministro Sergio Costa (M5S) si è limitato a far sapere che «si procederà eventualmente fissando più adeguate condizioni di esercizio». Eventualmente. Ma l’incertezza non piace ad ArcelorMittal. «Abbiamo preso un impegno — ha dichiarato l’ ad Matthieu Jehl — e fatto un contratto con Ilva con un certo quadro di leggi. Dobbiamo andare avanti con la certezza che questo quadro c’è». Il quadro, però, lo sta modificando anche ArcelorMittal. E qui interviene la seconda variabile, quella industriale. Il gruppo guidato dalla famiglia indiana Mittal, infatti, a meno di dieci mesi dall’accordo ha deciso per lo stabilimento di Taranto di dar via alla cassa integrazione. A causa della crisi di mercato.
Dal 1° luglio, per 13 settimane (quindi fino a tutto settembre), 1.400 dipendenti al giorno (sugli 8.200 dello stabilimento pugliese, il 17% della forza lavoro) saranno in cassa integrazione ordinaria. Dall’accordo firmato a settembre al Mise — con il quale il gruppo ha assunto 10.700 persone — erano rimasti fuori i 2.586 esuberi passati all’Ilva, in amministrazione straordinaria, in cassa integrazione. Neanche quando la guidavano i commissari si erano raggiunte le 4 mila unità in cassa integrazione (si era arrivati al massimo a 3.300). Ma, appunto, all’epoca, l’acciaieria era guidata dall’amministrazione straordinaria. Non dal più grande gruppo siderurgico del mondo.