sabato 6 aprile 2013
pc 6 aprile. Processo per il 15 Ottobre: rinvio a giudizio per 18 compagni e 7 assoluzioni
Si è aperto ieri a Roma il processo a carico di 25 compagni e compagne per i fatti del 15 ottobre 2011, quando centinaia di migliaia di persone parteciparono al corteo nella capitale per gridare il proprio no alle politiche di austerity e del sacrificio, come avveniva contemporaneamente in moltissime altre città europee e non solo.
Circa un anno fa le indagini sugli scontri che avvennero in piazza San Giovanni si concretizzarono in arresti, misure cautelari e perquisizioni in diverse città italiane: l’accusa – tra le altre - è di devastazione e saccheggio, la stessa già impiegata per il G8 di Genova, un reato di derivazione fascista risalente al Codice Rocco.
Ieri mattina in concomitanza con l’apertura del processo era stato convocato un presidio in piazzale Clodio, sotto il Tribunale di Roma, a cui hanno partecipato moltissime persone decise a portare solidarietà agli imputati.
Contemporaneamente, a Teramo, un presidio sotto la Prefettura per sostenere Davide Rosci, uno degli imputati attualmente in carcere e vittima di un particolare accanimento giudiziario nei propri confronti. Molte anche le iniziative e gli striscioni di solidarietà in altre città d’Italia.
L’udienza preliminare si è conclusa con il rinvio a giudizio per 18 degli imputati , mentre per 7 di loro è stato disposto il proscioglimento. Tre indagati finiti a giudizio risponderanno anche dell'accusa di tentato omicidio per aver partecipato all'assalto di un blindato dell'Arma (per lo stesso assalto sono già stati condannati altri 6 manifestanti).
Nella giornata di ieri sono intervenute come parti civili il ministero dell’Interno, quello dell’Economia e quello della Difesa assieme ad alcuni agenti di polizia: come in altri casi lo Stato al completo per condannare e demonizzare i momenti di conflitto sociale di questi anni.
La prossima udienza si aprirà il 27 di giugno, mentre per l’11 aprile è già stato convocato un nuovo presidio di solidarietà – sempre a piazzale Clodio – in occasione del Tribunale del riesame che deciderà sulla posizione di Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo.
da InfoAut
pc 6 aprile: IL GOLPISTA, ORA E SEMPRE CAVALIER SERVENTE
Caso Abu Omar, Napolitano
concede la grazia a Joseph Romano
Fonti del Quirinale sostengono che Giorgio Napolitano
nella concessione della grazia al militare Usa si sia ispirato "allo
stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in India".
E' un fatto, però, che Obama in persona il 15 febbraio aveva chiesto la grazia
per tutti i 23 condannati Usa per i sequestri (22 agenti Cia e un militare),
come ha rivelato Il Fatto Quotidiano il 22 febbraio.
Ultimo atto
prima di lasciare il Colle. Il Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano ha concesso la grazia al colonnello Joseph Romano, che
era stato condannato dalla Corte d’Appello di Milano in relazione al
cosiddetto caso Abu Omar. Fonti del Quirinale sostengono che Giorgio
Napolitano nella concessione della grazia al militare Usa si sia ispirato
“allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in
India“. E’ un fatto, però, che Obama in persona il 15 febbraio aveva
chiesto la grazia per tutti i 23 condannati Usa per i sequestri (22 agenti Cia
e un militare), come
ha rivelato Il Fatto Quotidiano il 22 febbraio. Quello che resta da chiarire è il
destino degli altri condannati definitivi, una patata bollente che Napolitano
lascerà nelle mani del suo successore. Gli americani vogliono il colpo
di spugna per tutti, anche per l’ex capo della Cia in Italia Jeff Castelli,
appena condannato in appello. In caso di conferma della sentenza di secondo
grado, il principio della clemenza potrebbe valere anche per Nicola Pollari
e Marco Mancini.
LE MOTIVAZIONI UFFICIALI DEL COLLE – Secondo quanto si legge nel comunicato
del Quirinale, il Capo dello Stato “ai sensi dell’articolo 87, comma
11, della Costituzione, ha oggi concesso la grazia al colonnello Joseph L.
Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle
pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del
15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012. La decisione
è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla
domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le
osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non
ostativo del Ministro della Giustizia”. “A fondamento della concessione
della grazia – prosegue il Quirinale – il Capo dello Stato ha, in primo luogo,
tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama,
subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della
sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico
e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione
Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di
diritto”. “D’altra parte – si legge nella nota – della
peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione
che, pur escludendo che il Romano – come gli altri imputati americani – potesse
beneficiare della causa di giustificazione dell’avere obbedito all’ordine
delle Autorità statunitensi, ha però ricordato ‘il dramma dell’abbattimento
delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che
rapidamente si diffuse in tutto il mondo; e ha evidenziato ‘la
consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto
accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il
terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare,
consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti
di drastici provvedimenti”.
“L’esercizio
del potere di clemenza – è la conclusione- ha ovviato a una situazione
di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali
con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e
dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di
promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.
POLLARI E LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO – La decisione di Napolitano
avviene, inoltre, nel giorno in cui sono state depositate le
motivazioni della Corte D’Appello di Milano che ha condannato a 10 anni Nicolò
Pollari. ”In
Italia chi fa il suo dovere viene perseguito. Chi osserva la legge viene
condannato: ma qualcuno si sta dando carico di questo problema? Io credo che
nelle sedi proprie si debba molto riflettere, perchè qui stiamo scherzano con
la democrazia”, è lo sfogo di Pollari. “E’ stato condannato un
innocente – ha ribadito – leggo dalle motivazioni di essere stato
condannato perché mi viene imputato un comportamento che è invece
diametralmente opposto a quello tenuto nell’esercizio delle mie funzioni: non
solo sono estraneo a questa vicenda, ma ho impedito che il Sismi da me diretto
potesse anche semplicemente immaginare ipotesi del genere”. Non solo. Secondo
Pollari la prova della sua innocenza è “documentale“, essendo contenuta
nei vari atti “coperti da segreto di Stato: non è colpa mia – dice – se tre
governi mi hanno ordinato di non utilizzare quegli atti e di non propagarne il
contenuto. Io ho solo osservato la legge, ho rispettato quello che è un obbligo
sanzionato penalmente, ma a quanto pare oggi ciò in Italia non serve. Sono
incredulo. Cosa mi si rimprovera?”.
LA REAZIONE DEGLI USA – Una nota dell’ambasciata Usa a Roma fa sapere che “l‘ambasciata
americana accoglie con estremo favore la decisione del presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano di concedere la grazia al colonnello Joseph L.
Romano e apprezza il contesto di amicizia italo-americana nel quale è
maturata”. La posizione di Romano, l’unico militare del Pentagono e Nato
tra gli americani condannati, è sempre stata molto al cuore all’amministrazione
Usa, che in occasione della prima condanna espresse “disappunto”, sostenendo
che i tribunali italiani non avessero alcuna giurisdizione su di lui. La
cassazione – respingendo la tesi di Romano che sosteneva di godere di immunità
– ha però stabilito che “legittimamente” i carabinieri svolsero le indagini sul
rapimento di Abu Omar anche nella base Nato di Aviano, in quanto la base, e gli
uffici “ivi allocati”, non godono “di extraterritorialità ed immunità dalla
giurisdizione penale per fatti rientranti nella giurisdizione italiana”.
CHI E’ JOSEPH ROMANO - Il colonnello Joseph L. Romano, l’ufficiale graziato oggi dal
capo dello Stato Giorgio Napolitano, all’epoca del sequestro di Abu Omar era il
responsabile statunitense della sicurezza della base di Aviano, dove sostò
l’aereo che portò l’ex imam in Germania e da lì in Egitto. Il 19 settembre 2012
la Cassazione lo ha condannato in via definitiva insieme a 22 agenti della Cia,
ritenuti responsabili del rapimento: all’ex ‘capo centro’ Robert Seldon Lady
sono stati inflitti 9 anni di reclusione e agli altri 7. Joseph Romano, 56
anni, originario di Darby, in Pennsylvania, dal 6 luglio 2001 al 7 luglio 2003
è stato in servizio al 31/o SFS (Security Forces Squadron) Usaf dell’aeroporto
di Aviano: dopo i fatti èstato trasferito al Pentagono. Secondo gli atti
dell’inchiesta avrebbe, nella sua qualità di “ufficiale superiore responsabile
statunitense nella base di Aviano”, “atteso i sequestratori ed il sequestrato
nella base, garantendo ai primi l’ingresso sicuro e la possibilità di imbarcare
il sequestrato su un aereo che lo conduceva fuori dell’Italia”.
pc 6 aprile: Il 75% delle tasse? IN TASCA LORO!
da Roberto -Formigoni- a Roberto "Bobo" -Maroni- il metodo è uguale E' COSA NOSTRA, PARDON, COSA LORO
Regione Lombardia paga 268mila
euro all’ex assessore in carcere per mafia
Domenico Zambetti, arrestato per voto di scambio con
la 'ndrangheta, ha già ricevuto la liquidazione per i 12 anni passati in
Consiglio al Pirellone. La notizia emerge da un colloquio intercetato in
carcere. di Fabio Abati | 5 aprile 2013
E adesso ai
lombardi tocca pure pagare la buonauscita a Domenico
Zambetti, l’ex assessore regionale della Lombardia, rinviato a giudizio con la
pesantissima accusa di voto di scambio con la ‘ndrangheta. Ammonta ad una cifra di poco
superiore ai 260mila euro: 268 mila per l’esattezza, quanto la Regione
Lombardia – e quindi il contribuente – ha liquidato all’ex assessore alla
Casa della giunta di Roberto Formigoni, rinviato a processo con rito
immediato assieme ad altre 17 persone, alcune delle quali accusate di essere
contigue all’organizzazione criminale calabrese. Quindi 268mila euro per tre
legislature. Un tesoretto che Zambetti ha accumulato durante la sua attività al
Pirellone e che la Regione non poteva esimersi dal liquidargli. La notizia la
si apprende dalla bocca del diretto interessato, l’ex assessore, che è stato
intercettato durante la sua detenzione presso il carcere di Opera su richiesta
di Giuseppe D’Amico, il pubblico ministero della Direzione distrettuale
antimafia di Milano, che ha condotto le indagini e ordinato l’arresto di
Zambetti il 10 ottobre scorso. D’Amico aveva richiesto l’acquisizione di queste
intercettazioni quali fonti di prova; alcuni avvocati avevano però sollevato
una serie di eccezioni e solo di recente il giudice s’è pronunciato, ammettendo
nell’ambito del procedimento, le trascrizioni delle parole di Zambetti,
registrate nella sala colloqui del carcere di massima sicurezza alle porte di
Milano. Il 5 gennaio scorso alle ore 10 e 15 del mattino l’ex assessore sta
dialogando con la convivente, Mara Grazioli, la figlia Simona nonché il genero
Francesco Stoccoro. Di questa intercettazione il personale dei carabinieri in
forze al Nucleo investigativo di Milano non fa una trascrizione letterale, ma
un riassunto che riporta successivamente nel brogliaccio da consegnare in
Procura. Ecco cosa scrivono i militari: “Dopo i saluti Mara Grazioli riferisce
a Zambetti che sono arrivati i suoi documenti della pensione dalla Regione
Lombardia. Come fine rapporto di lavoro, a Domenico Zambetti gli hanno
conteggiato duecentosessantotto (268.000 euro, ndr). Nel corso della
conversazione Mara precisa che ha avvisato l’avvocato di verificare che non ci
siano blocchi in tal senso”. Fonti interne confermano a ilfattoquotidiano.it
che la cifra dovuta all’ex assessore alla Casa, come “trattamento di fine servizio”
è stata liquidata a inizio 2013. Domenico Zambetti fu eletto per la
prima volta al Pirellone come consigliere nel 2000, col gruppo “Cristiano
Democratici Uniti – Partito Popolare Europeo”; da quel momento non ha mai
interrotto la sua attività in Regione, arrivando quindi al terzo mandato.
L’ultimo, nel 2012, è quello sotto accusa, per il quale Zambetti è imputato di
aver acquistato 4 mila voti dalla ‘ndrangheta, in cambio di 200 mila euro in
contanti, di assunzioni e promesse di appalti. Come lasciato intendere dalle
parole dell’ex assessore, l’economato della Regione avrebbe potuto opporre
eccezione legale alla liquidazione di quanto dovuto. Ma il diretto interessato
non era intenzionato a tirare i remi in barca: in fondo era suo diritto avere
quei soldi, perché la legge regionale parla chiaro. In un’intercettazione
registrata a Opera a inizio dicembre 2012, per la precisione il giorno 5,
Zambetti sbotta: “Questi pensano che… Gli faccio un culo come… Questo coglione
(si riferisce a qualcuno che stava seguendo la pratica per lui nrd),
ieri gli ho fatto l’elenco, deve andare in Regione! Adesso la pensione la
modificheranno…” Successivamente – come riassume il personale addetto
all’ascolto – “Zambetti prosegue il discorso sugli anni di contributi
pensionistici, sul suo vitalizio, sulla sua liquidazione, di circa 240 mia euro
per tre legislature…” una cifra calcolata per difetto, come abbiamo
visto.
pc 6 aprile- Ilva:"I Riva consapevoli dei danni ambientali", e anche della strage di operai,
...... con lo sfruttamento e la catena di infortuni e morti nei suoi reparti dove vige la divisione e l'organizzazione del lavoro capitalistico per estrarre il massimo profitto dal sangue degli operai, che devono organizzarsi per vincere uniti con la popolazione contro padroni e stato.
Taranto - Il gruppo Riva, era consapevole del disastro ambientale che l'attività produttiva dello stabilimento Ilva di taranto stava provocando sulla città e sui suoi abitanti. A dichiararlo è la prima sezione penale della Cassazione. Le motivazioni sono contenute nella sentenza con la quale, il 16 gennaio scorso, furono confermati gli arresti domiciliari per il patron Emilio Riva, il figlio Nicola, presidente del cda, e per l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso.
Inoltre, il Tribunale della libertà di Taranto ha dichiarato che "il disastro ambientale subito dal capoluogo ionico "era certamente riconducibile anche alla gestione successiva al 1995, quando è subentrato il gruppo Riva nella proprietà e nella gestione dello stabilimento siderurgico e che gli accertamenti effettuati hanno chiarito che l'inquinamento è attuale".
Per i giudici della Cassazione, i vertici dell'azienda avrebbero agito con spregiudicatezza e pervicacia hanno dato prova di perseverare nelle condotte delittuose, nonostante la consapevolezza della gravissima offensività per la comunità e per i lavoratori delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali.
"Le concrete modalità di gestione dello stabilimento siderurgico dell'Ilva hanno determinato la contaminazione di terreni ed acque e di animali destinati all'alimentazione umana in un'area vastissima che comprende l'abitato di Taranto e i paesi vicini, nonché un'ampia zona rurale tra i territori di Taranto e Statte". I reati contestati sono disastro doloso, omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, all'avvelenamento di acque e di sostanze alimentari.
Inoltre, il Tribunale della libertà di Taranto ha dichiarato che "il disastro ambientale subito dal capoluogo ionico "era certamente riconducibile anche alla gestione successiva al 1995, quando è subentrato il gruppo Riva nella proprietà e nella gestione dello stabilimento siderurgico e che gli accertamenti effettuati hanno chiarito che l'inquinamento è attuale".
Per i giudici della Cassazione, i vertici dell'azienda avrebbero agito con spregiudicatezza e pervicacia hanno dato prova di perseverare nelle condotte delittuose, nonostante la consapevolezza della gravissima offensività per la comunità e per i lavoratori delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali.
"Le concrete modalità di gestione dello stabilimento siderurgico dell'Ilva hanno determinato la contaminazione di terreni ed acque e di animali destinati all'alimentazione umana in un'area vastissima che comprende l'abitato di Taranto e i paesi vicini, nonché un'ampia zona rurale tra i territori di Taranto e Statte". I reati contestati sono disastro doloso, omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, all'avvelenamento di acque e di sostanze alimentari.
pc 6 aprile - La Fornero continua a fare vittime....
E' QUESTO SISTEMA DEI PADRONI CHE FA PAGARE LA CRISI AI PROLETARI CHE BISOGNA ED E' LECITO ROVESCIARE
BASTA MORIRE PER I PROFITTI DEI PADRONI
TRASFORMARE LA DISPERAZIONE IN RIBELLIONE
ORGANIZZARE IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE
LA VISIONE E L'ILLUSIONE DEL RIFORMISMO DI SINISTRA DI CREMASCHI, IL SISTEMA NON SI CAMBIA SI ABBATTE.....
"Quanti omicidi d'austerità ancora per risanare i conti?"
di Giorgio Cremaschi
Primo Piano 5.4.2013 – www.rete28aprile.it
Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l'altro a Civitanova Marche.
Come per i morti sul lavoro, non c è alcuna tragica fatalità nella strage che ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della CGIL Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono.
Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto. Se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell'austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente.
Quanti sono oramai gli omicidi dell'austerità nel nostro paese?
Il disoccupato di Trapani che si è impiccato con in mano la Costituzione, l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. O quello che si è dato fuoco davanti al parlamento. O l'ultimo piccolo imprenditore strangolato dalle banche che non ce l' ha fatta più.
Quanta gente dovrà morire ancora, prima che si capisca che le politiche di austerità sono assassine?
Abbiamo da poco commentato una ricerca della rivista medica Lancet, che ha misurato in Europa il rapporto tra tagli allo stato sociale e distruzione della salute dei cittadini.
Ci sono le patologie e gli omicidi da austerità, come nella strage che colpisce il lavoro. Ma su questa almeno si aprono le inchieste e a volte, come alla Tyssen Krupp di Torino, ci sono persino condanne esemplari dei colpevoli.
Tuttavia, nonostante i processi, la strage del lavoro continua ed è proprio l'austerità che l'alimenta. Anche perché la strage di austerità non rientra nel codice. Come per chi oggi provoca le vittime di guerra, essa gode di una assoluzione preventiva, non ha responsabili né colpevoli.
Quella della austerità è una guerra che i governi e le classi dirigenti conducono contro il proprio popolo. Una guerra umanitaria naturalmente, come tutte quelle che si fanno oggi. Una guerra con il supremo obiettivo di rendere nuovamente virtuosa e competitiva l'economia e che inevitabilmente provoca danni collaterali. Che tutti i potenti deprecano e condannano, salvo poi continuare esattamente come prima.
Se si bombarda una città mirando alle opere militari, gli esperti sanno perfettamente calcolare quale sarà la percentuale minima inevitabile di vittime civili.
Se, per mantenere quel pareggio di bilancio a cui ci siamo impiccati obbedendo ai diktat della Troika europea, si devono tagliare spese per il lavoro, per le pensioni e la sanità; se così si taglia, una percentuale definita di persone verrà brutalmente colpita nelle condizioni di vita, nella salute e nella dignità. E una parte di esse non potrà reggere alla disperazione.
Si sa benissimo che accade e perché accade, ma si continua. Il codice ed il mercato assolvono preventivamente gli autori di questa criminalità economica.
Come diceva Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, se uccidi una persona sei un assassino, un milione sei uno statista.
Quanta gente ancora dovrà essere uccisa dalla austerità, prima che essa sia cancellata e condannata come socialmente e moralmente esecrabile e i suoi responsabili chiamati a risponderne?
BASTA MORIRE PER I PROFITTI DEI PADRONI
TRASFORMARE LA DISPERAZIONE IN RIBELLIONE
ORGANIZZARE IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE
LA VISIONE E L'ILLUSIONE DEL RIFORMISMO DI SINISTRA DI CREMASCHI, IL SISTEMA NON SI CAMBIA SI ABBATTE.....
"Quanti omicidi d'austerità ancora per risanare i conti?"
di Giorgio Cremaschi
Primo Piano 5.4.2013 – www.rete28aprile.it
Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l'altro a Civitanova Marche.
Come per i morti sul lavoro, non c è alcuna tragica fatalità nella strage che ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della CGIL Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono.
Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto. Se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell'austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente.
Quanti sono oramai gli omicidi dell'austerità nel nostro paese?
Il disoccupato di Trapani che si è impiccato con in mano la Costituzione, l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. O quello che si è dato fuoco davanti al parlamento. O l'ultimo piccolo imprenditore strangolato dalle banche che non ce l' ha fatta più.
Quanta gente dovrà morire ancora, prima che si capisca che le politiche di austerità sono assassine?
Abbiamo da poco commentato una ricerca della rivista medica Lancet, che ha misurato in Europa il rapporto tra tagli allo stato sociale e distruzione della salute dei cittadini.
Ci sono le patologie e gli omicidi da austerità, come nella strage che colpisce il lavoro. Ma su questa almeno si aprono le inchieste e a volte, come alla Tyssen Krupp di Torino, ci sono persino condanne esemplari dei colpevoli.
Tuttavia, nonostante i processi, la strage del lavoro continua ed è proprio l'austerità che l'alimenta. Anche perché la strage di austerità non rientra nel codice. Come per chi oggi provoca le vittime di guerra, essa gode di una assoluzione preventiva, non ha responsabili né colpevoli.
Quella della austerità è una guerra che i governi e le classi dirigenti conducono contro il proprio popolo. Una guerra umanitaria naturalmente, come tutte quelle che si fanno oggi. Una guerra con il supremo obiettivo di rendere nuovamente virtuosa e competitiva l'economia e che inevitabilmente provoca danni collaterali. Che tutti i potenti deprecano e condannano, salvo poi continuare esattamente come prima.
Se si bombarda una città mirando alle opere militari, gli esperti sanno perfettamente calcolare quale sarà la percentuale minima inevitabile di vittime civili.
Se, per mantenere quel pareggio di bilancio a cui ci siamo impiccati obbedendo ai diktat della Troika europea, si devono tagliare spese per il lavoro, per le pensioni e la sanità; se così si taglia, una percentuale definita di persone verrà brutalmente colpita nelle condizioni di vita, nella salute e nella dignità. E una parte di esse non potrà reggere alla disperazione.
Si sa benissimo che accade e perché accade, ma si continua. Il codice ed il mercato assolvono preventivamente gli autori di questa criminalità economica.
Come diceva Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, se uccidi una persona sei un assassino, un milione sei uno statista.
Quanta gente ancora dovrà essere uccisa dalla austerità, prima che essa sia cancellata e condannata come socialmente e moralmente esecrabile e i suoi responsabili chiamati a risponderne?
pc 6 aprile - Metalmeccanica, riparte la crisi
IL SETTORE HANNO SUPERATO QUOTA 300 LE AZIENDE IN DIFFICOLTÀ. IERI IN MOBILITÀ GLI ULTIMI 51 DELLA VALBREM DI LENNA
I casi Per i 131 dell'ex Indesit sarà chiesta cassa in deroga per sei mesi. Alla Tenaris di Dalmine ricorso alla Cig ordinaria
Torna a crescere la richiesta di ammortizzatori sociali nella metalmeccanica bergamasca, secondo la rilevazione di fine marzo della Fiom-Cgil. Dopo il calo a febbraio per la fine della riorganizzazione senza uscite non volontarie alla Tenaris (che peraltro venerdì incontrerà i sindacati per il ricorso a cassa integrazione ordinaria anche a Dalmine, per le aree bomboloni, acciaieria e laminatoio a seguito di una flessione di mercato nei prodotti industriali) le domande sono tornate a crescere, arrivando a 310 aziende coinvolte (più 51% in un anno), con il coinvolgimento di 10.516 dipendenti (più 38%) su un organico di 12.636. «C'è un aumento del ricorso in particolare di piccole aziende e di società impiantistiche, che risentono della crisi dell'edilizia ? osserva il segretario generale della Fiom, Eugenio Borella ?. I numeri mostrano un settore in sofferenza, anche perché in questo periodo mediamente c'è sempre stato un calo nelle richieste; i lavoratori inoltre devono sopportare spesso ritardi di 5-6 mesi per l'inizio dei pagamenti».Si registra un aumento dei contratti di solidarietà anche se gli interventi maggiori riguardano soprattutto la cassa ordinaria. Le procedure di mobilità sono in crescita anche se i numeri restano nel complesso ancora contenuti. «Il timore è però che alla fine in alcune aziende si arrivi ai licenziamenti», osserva Borella. È quello che è successo proprio ieri alla Valbrem di Lenna, che aveva annunciato a ottobre 2010 la chiusura: allora aveva 117 persone, ora, al termine della cassa integrazione straordinaria, ha messo in mobilità gli ultimi 51 ancora in forze. All'Indesit di Brembate Sopra, invece dove i due anni di cassa integrazione straordinaria scadono domani è previsto, sempre domani, un incontro per la richiesta di cassa in deroga per sei mesi ai 131 ancora in forze (dai 388 iniziali), inclusi quelli che verranno assunti da Effegi Pallets, anche se i tempi per il trasferimento a Brembate Sopra slittano e saranno ridefiniti solo in estate.RIPRODUZIONE RISERVATA
Ravaschio Stefano
Pagina 09
(27 marzo 2013) - Corriere della Sera
(27 marzo 2013) - Corriere della Sera
pc 6 aprile - Dimissioni per maternità
Nella Bergamasca 792 nel 2012
- 4 aprile 2013
- Economia
Non si arresta il fenomeno delle dimissioni di lavoratrici madri nel primo anno di vita del bimbo. Nella Bergamasca il dato è preoccupante: dalle 705 lavoratrici dimissionarie del 2011 si è passati a 792, con un incremento del 13.3%. Interessanti anche i settori di appartenenza delle dimissioni: 410 nei Servizi, 203 nel Commercio, 175 nell'Industria (e poi una in Agricoltura, 3 in Credito e assicurazioni).
Non solo: il fenomeno comincia a coinvolgere anche i padri. Nel 2012, infatti, hanno lasciato il lavoro 55 lavoratori, con un incremento del 1000% rispetto all'anno precedente (erano stati 5).
Complessivamente, invece, si registra un aumento dell'11,3% delle dimissioni, salite a 4.980 casi (4.473 nel 2011). E' quanto emerge dalle elaborazioni condotte dal Coordinamento Donne e Pari opportunità della Cisl Lombardia, sulla base dei dati forniti dal ministero del Lavoro Regione Lombardia relativi al 2012.
«Nonostante le risorse messe a disposizione dalla Regione sul tema della conciliazione lavoro-famiglia i numeri delle dimissioni tornano a crescere – commenta Rita Brembilla, responsabile Coordinamento Donne Cisl Lombardia -. Occorrono progetti più incisivi e capaci di dare risposte alle famiglie e alle lavoratrici. Il dato sui padri che abbandonano l'impiego è assolutamente inedito e dovrà essere approfondito - aggiunge - . Sicuramente è una conferma del fatto che la conciliazione tra tempi di lavoro e di cura sta assumendo un dimensione sempre più familiare».
pc 6 aprile - All' Eureco come alla Thyssen: vite operaie bruciate in nome del profitto
La prossima udienza del processo per il rogo alla
Eureco si terrà lunedì 8 aprile con la replica della
difesa e le controdeduzioni dei pm, poi la sentenza.
Il dibattimento davanti al gup Bertoja si è tenuto a porte chiuse, con rito abbreviato e lo sconto automatico della pena.
Nella scorsa udienza del 25 marzo il pm manuela Massenz ha chiesto se anni e mezzo per la morte di Sergio Scapolan- Arun Zeqiri- Salvatore Catalano- Leonard Shehu e il grave ferimento di altri loro tre compagni di lavoro, nonostante abbia pesantemente stigmatizzato il tentativo di Giovanni Merlino, il proprietario dell'azienda di Paderno Dugnano accusato di omicidio colposo plurimo, lesioni, traffico e trattamento illecito di sostanze nocive, frode fiscale, di mettere a disposizione delle parti civili, all'ultimo momento, 220 mila euro:”Non si comprano le attenuanti generiche con quattro soldi!”. Attenuanti generiche che non gli vengono concesse.
Come sempre governo, istituzioni, mass media li definiscono Morti Bianche – Tragiche Fatalità, e, con lacrime di coccodrillo, dicono Mai Più. Ma questi morti sono veri e propri ASSASSINI in nome del Profitto padronale. Sono Rosse del Sangue Operaio, sono Nere di “gente” senza scrupoli come Merlino: bramosi del profitto - di criminali che disattendono le regole per la sicurezza – arroganti perché si sentono coperti da un potere politico compiacente o Istituzioni che dovrebbero controllare e che invece non controllano. Una situazione uguale a tutte le altre: dalla Thyssen alla Eternit, da Viareggio all’Ilva, dalle fabbriche ai cantieri.
E nonostante il Merlino sia stato condannato per omicidio colposo-incendio colposo e violazioni delle norme relative alla sicurezzasul lavoro- ad 1 anno con la condizionale (sic!), per la morte di un operaio nel 2005 a Santangelo dei Burgundi (Pavia); e dopo aver subito altre due condanne per gestione illecita di rifiuti –spesso pericolosi, come l’amianto-: una nel novembre 2009 (6 mesi e 3mila euro di multa); l’altra nel febbraio 2010 (15mesi e 15mila euro d’ammenda), nonostante questi precedenti, prima è stato libero di continuare impunemente a fare profitti e poi ha causato la morte di altri 4 operai. Infine oggi un Giudice, Bertoja, l’ha rinviato a giudizio per omicidio colposo. La quale Giudice si è anche prodigata, nelle fasi preliminari, perché si giungesse ad un risarcimento economico e deciso per il rito abbreviato. Tutto questo potrebbe tradursi nel fatto che il Merlino non si farà 1 giorno di carcere. INGIUSTIZIA E’ FATTA!
Ma noi non ci stiamo e ci batteremo sino in fondo. Come i famigliari delle vittime della Thyssen arrabbiati-sgomenti della decisione dei Giudici del processo d’Appello; come e con gli operai dell’Ilva di Taranto e gli abitanti dei Tamburi; come i famigliari e gli operai dell’Eternit, in cui i padroni assassini vogliono passare impuniti ; ovunque.
Come loro vogliamo una sola GIUSTIZIA: PADRONI IN GALERA E BUTTIAMO LA CHIAVE!
Lunedì 8 aprile h. 9.00
presidio davanti al Tribunale di Milano
promosso dalla
Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e nei territori- Nodo di Milano e
dal Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco
Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e nei territori Nodo di Milano
retesicurezzamilano@gmail.com
Il dibattimento davanti al gup Bertoja si è tenuto a porte chiuse, con rito abbreviato e lo sconto automatico della pena.
Nella scorsa udienza del 25 marzo il pm manuela Massenz ha chiesto se anni e mezzo per la morte di Sergio Scapolan- Arun Zeqiri- Salvatore Catalano- Leonard Shehu e il grave ferimento di altri loro tre compagni di lavoro, nonostante abbia pesantemente stigmatizzato il tentativo di Giovanni Merlino, il proprietario dell'azienda di Paderno Dugnano accusato di omicidio colposo plurimo, lesioni, traffico e trattamento illecito di sostanze nocive, frode fiscale, di mettere a disposizione delle parti civili, all'ultimo momento, 220 mila euro:”Non si comprano le attenuanti generiche con quattro soldi!”. Attenuanti generiche che non gli vengono concesse.
Come sempre governo, istituzioni, mass media li definiscono Morti Bianche – Tragiche Fatalità, e, con lacrime di coccodrillo, dicono Mai Più. Ma questi morti sono veri e propri ASSASSINI in nome del Profitto padronale. Sono Rosse del Sangue Operaio, sono Nere di “gente” senza scrupoli come Merlino: bramosi del profitto - di criminali che disattendono le regole per la sicurezza – arroganti perché si sentono coperti da un potere politico compiacente o Istituzioni che dovrebbero controllare e che invece non controllano. Una situazione uguale a tutte le altre: dalla Thyssen alla Eternit, da Viareggio all’Ilva, dalle fabbriche ai cantieri.
E nonostante il Merlino sia stato condannato per omicidio colposo-incendio colposo e violazioni delle norme relative alla sicurezzasul lavoro- ad 1 anno con la condizionale (sic!), per la morte di un operaio nel 2005 a Santangelo dei Burgundi (Pavia); e dopo aver subito altre due condanne per gestione illecita di rifiuti –spesso pericolosi, come l’amianto-: una nel novembre 2009 (6 mesi e 3mila euro di multa); l’altra nel febbraio 2010 (15mesi e 15mila euro d’ammenda), nonostante questi precedenti, prima è stato libero di continuare impunemente a fare profitti e poi ha causato la morte di altri 4 operai. Infine oggi un Giudice, Bertoja, l’ha rinviato a giudizio per omicidio colposo. La quale Giudice si è anche prodigata, nelle fasi preliminari, perché si giungesse ad un risarcimento economico e deciso per il rito abbreviato. Tutto questo potrebbe tradursi nel fatto che il Merlino non si farà 1 giorno di carcere. INGIUSTIZIA E’ FATTA!
Ma noi non ci stiamo e ci batteremo sino in fondo. Come i famigliari delle vittime della Thyssen arrabbiati-sgomenti della decisione dei Giudici del processo d’Appello; come e con gli operai dell’Ilva di Taranto e gli abitanti dei Tamburi; come i famigliari e gli operai dell’Eternit, in cui i padroni assassini vogliono passare impuniti ; ovunque.
Come loro vogliamo una sola GIUSTIZIA: PADRONI IN GALERA E BUTTIAMO LA CHIAVE!
Lunedì 8 aprile h. 9.00
presidio davanti al Tribunale di Milano
promosso dalla
Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e nei territori- Nodo di Milano e
dal Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco
Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e nei territori Nodo di Milano
retesicurezzamilano@gmail.com
pc 6 aprile - condanna a esponenti di Casapound per apologia di fascismo
"...Avete idee condivisibili, alcune più, alcune meno.
Ma se un ragazzo di Casa Pound vuole entrare a far parte del Movimento,
non vedo problemi oggettivi...
questo è un movimento ecumenico, se un ragazzo di Casa Pound volesse
entrare nel Movimento Cinque Stelle
e ha i requisiti, ci entra"...
Questa è democrazia..." PAROLA DI GRILLO M5S!
SALERNO: Apologia del fascismo, chiesta la condanna per quattro esponenti di Casapound
Apposero dei fantocci al balcone dell’ex Pretura di cava il 25 aprile del 2007, fecero irruzione nel centro sociale “Asilo Politico” di Salerno nel giugno dello stesso anno dando fuoco a mobili e suppellettili e portando via uno striscione. Il pm Rocco Alfano ha chiesto la condanna per i quattro esponenti di Forza Nuova, alcuni oggi leader di Casapound Salerno per reati che vanno dall’apologia del fascismo, al vilipendio delle forze di liberazione, al furto, danneggiamento e detenzione di armi bianche. Sul banco degli imputati Luca Lezzi, il 24enne leader salernitano di Casapound, con Vito Mercurio 28 anni di cava de’ Tirreni, Guido D’Amore 29 enne di Salerno, e Raffaele Marino 26enne di San Marzano sul Sarno. La procura ha così chiesto, in una lunga e dettagliata requisitoria, la condanna per tutti e quattro gli imputati: 8 mesi e 250 euro di multa per Lezzi, 9 mesi e 200 euro di multa per Marino e Mercurio, 6 mesi e 200 euro di multa per D’Amore. Pesante la richiesta di pene accessorie: interdizione dagli uffici elettorali per la durata di tre anni. Parte civile per l’associazione Andrea Proto, che ha in assegnazione i locali dove è ubicato il centro sociale, l’avvocato Luciano Pepe, mentre si è costituito per l’Anpi il legale Lupi. Le arringhe difensive sono previste per il prossimo 16 aprile, mentre la sentenza è attesa per il 30 aprile, quando i giudici della seconda sezione del tribunale di Salerno si ritireranno in camera di consiglio per la decisione. Nella requisitoria il pm Alfano ha ricostruito tutte le fasi delle indagini a partire dal ritrovamento di quattro manichini impiccati sui balconi a Cava con scritte contro i partigiani. Ma una delle prove che hanno portato ad accusare i quattro è stato il ritrovamento in un computer di uno di loro di alcune foto di striscioni trafugati ad Asilo Politico. Secondo l’accusa nel giugno del 2007 Lezzi e Marino avrebbero forzato la grata di una finestra del centro sociale e avrebbero dato fuoco a mobili e suppellettili. Inoltre sarebbe stato manomesso l’impianto idrico con conseguente allagamento della struttura e danneggiati i servizi igienici e l’impianto elettrico.
Fonte: Metropoli 03/04/2013
pc 6 aprile - Contro la repressione, le denunce, i fogli di via... corteo a Piacenza
Il foglio di via dalla città di Piacenza per 3 anni, emesso dal Questore contro il coordinatore nazionale del SI Cobas, Aldo Milani e a due altri compagni per aver partecipato alle lotte prima della TNT e GLS e poi dei lavoratori Ikea, è un gravissimo atto antioperaio. Va respinto con la mobilitazione dei lavoratori e di chi si schiera per la loro libertà di organizzarsi e lottare a difesa delle proprie condizioni!
Un foglio di via sarebbe stato dovuto: ai capi e padroni di quelle imprese e cooperative che sistematicamente violano i contratti di lavoro, le leggi sul lavoro, che sistematicamente evadono contributi e tasse, che sfruttano i lavoratori con il ricatto e che in molti casi, soprattutto della logistica, hanno al loro interno settori importanti dell' economia controllati da mafia, camorra e 'ndrangheta. Niente di tutto questo.
Il foglio di via è stato dato a chi ha aiutato i lavoratori ad organizzarsi per lottare contro lo sfruttamento della forza lavoro e i soprusi , violazioni contrattuali perpretate in questo settore! Questa è la democrazia borghese!
Il governo e i suoi apparati sono allarmati per le lotte in corso nel settore della logistica ad opera di lavoratori (in gran parte immigrati) organizzati nel SI Cobas e ADL Cobas, per il rinnovo in meglio del contratto, contro le pretese padronali che li farebbero tornare indietro di decenni. Il problema non è solo che la conquista di migliori condizioni da parte di questi lavoratori mina i profitti e una competitività basati sui bassi salari e il supersfruttamento.
Vogliono impedire il "contagio" di lotte vincenti verso altri settori, impedire che i lavoratori italiani imparino a lottare per davvero a difesa delle loro condizioni, a rialzare la testa e prendere in mano la propria sorte anziché limitarsi a sperare che l'imbonitore di turno risolva o esorcizzi i loro problemi andando in parlamento.
Vogliono impedire che un numero crescente di giovani, che la crisi esclude in massa da un lavoro, decente o indecente che sia, impari da queste lotte a non subire passivamente la propria sorte, a collegarsi ai lavoratori per una lotta comune.
Sabato 6 aprile, ore 15
MANIFESTIAMO A PIACENZA
concentramento sotto il gazebo dei Giardini Margherita
Network antagonista piacentino
pc 6 aprile - Gli operai Fiat di Termini Imerese tornano in piazza... ma non è questa la lotta!
Gli operai ex Fiat di Termini Imerese continuano a farsi guidare in questa vertenza dai sindacati confederali, Fiom, Fim, Uilm che non fanno che riprodurre lo schema della richiesta dell'elemosina... non è da operai in lotta subire questo tipo di umiliazioni, non essere nemmeno ricevuti dal presidente della Regione! È da tempo ormai che tutte le richieste alla Regione e alle varie autorità, tra cui Invitalia, perché risolvessero il problema sono andate a farsi benedire; è ora che gli operai riprendano in mano completamente la lotta, secondo le migliori tradizioni della propria classe!, e la portino avanti a modo proprio e fino in fondo se vogliono dare una svolta vera alla vertenza, innanzi tutto riprendendosi la fabbrica! Che sia la Dr Motor o siano i cinesi a farla ripartire dal punto di vista della produzione industriale poco importa... l'importante è adesso riprendersi la fabbrica chiusa da due anni, una vera offesa alla disoccupazione dilagante... un vero crimine sociale che non viene punito da nessuno!
Gli
operai Fiat tornano in piazza
"La Regione ci ha abbandonati"
Trecento lavoratori dell'ex stabilimento Fiat di Termini Imerese stanno manifestando davanti a Palazzo d'Orleans. "La Regione - denuncia la Fiom - ci aveva assicurato un incontro entro il 31 marzo. Ma la data è trascorsa e non abbiamo ricevuto alcun segnale". Traffico bloccato in tutta la città
Si
riaccende la rabbia degli operai dell'ex Fiat di Termini Imerese.
Circa 300 persone stanno manifestando dalle 9,30 di stamattina a
Palermo, paralizzando il traffico nel centro storico. Accanto a loro
ci sono Fiom, Fim e Uilm e anche le tute blu della Keller, l'azienda
di Carini in crisi da anni e per la quale sembra sempre più concreto
lo spettro del fallimento. Dopo un sit in di fronte Palazzo
d'Orleans, dove speravano di essere ricevuti dal presidente della
Regione Rosario Crocetta, gli operai si sono spostati su corso
Vittorio Emanuele, per poi proseguire verso la Prefettura e la sede
della Banca d'Italia in via Cavour, dove alcuni di loro hanno tentato
pacificamente di entrare. In questo momento le tute blu stanno
percorrendo via Maqueda, per ritornare verso piazza Indipendenza,
dove continueranno il sit in a oltranza.
Quello che vogliono è essere ricevuti da Crocetta, che si era impegnato a trovare una soluzione per la vertenza Fiat, paralizzata ormai da tre anni. "Il governatore - spiega Roberto Mastrosimone della Fiom palermitana - aveva annunciato che si sarebbe fatto carico della vicenda Fiat, visto il fallimento totale dell'azione di Invitalia (l'advisor governativo che dal 2009 cerca qualcuno che rilevi lo stabilimento, ndr) e che avrebbe contattato personalmente nuove cordate imprenditoriali disposte a investire a Termini. Come al solito si è trattato di proclami che non hanno portato a nulla. Ci avevano assicurato un incontro entro il 31 marzo, marzo è passato e non si è fatto sentire nessuno".
In campo, secondo quanto riferiscono i sindacati, Crocetta vorrebbe fare tornare Dr Motor, l'azienda molisana inizialmente nominata da Invitalia successore del Lingotto e poi scartata a causa dei gravi buchi nel bilancio societario e dal mancato credito da parte delle banche. Stavolta, però, si pensa a un ruolo più attivo di Chery, casa automobilistica cinese già partner di Dr Motor.
L'unica certezza, per adesso, è che i 1.500 operai ex Sicilfiat e dell'indotto saranno coperti solo fino a dicembre dalla cassa integrazione straordinaria e se non sarà trovata una soluzione entro pochi mesi si arriverà inevitabilmente al licenziamento collettivo, creando una nuova voragine nel già collassato sistema economico siciliano.
Quello che vogliono è essere ricevuti da Crocetta, che si era impegnato a trovare una soluzione per la vertenza Fiat, paralizzata ormai da tre anni. "Il governatore - spiega Roberto Mastrosimone della Fiom palermitana - aveva annunciato che si sarebbe fatto carico della vicenda Fiat, visto il fallimento totale dell'azione di Invitalia (l'advisor governativo che dal 2009 cerca qualcuno che rilevi lo stabilimento, ndr) e che avrebbe contattato personalmente nuove cordate imprenditoriali disposte a investire a Termini. Come al solito si è trattato di proclami che non hanno portato a nulla. Ci avevano assicurato un incontro entro il 31 marzo, marzo è passato e non si è fatto sentire nessuno".
In campo, secondo quanto riferiscono i sindacati, Crocetta vorrebbe fare tornare Dr Motor, l'azienda molisana inizialmente nominata da Invitalia successore del Lingotto e poi scartata a causa dei gravi buchi nel bilancio societario e dal mancato credito da parte delle banche. Stavolta, però, si pensa a un ruolo più attivo di Chery, casa automobilistica cinese già partner di Dr Motor.
L'unica certezza, per adesso, è che i 1.500 operai ex Sicilfiat e dell'indotto saranno coperti solo fino a dicembre dalla cassa integrazione straordinaria e se non sarà trovata una soluzione entro pochi mesi si arriverà inevitabilmente al licenziamento collettivo, creando una nuova voragine nel già collassato sistema economico siciliano.
(05
aprile 2013)
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/04/05/news/gli_operai_fiat_tornano_in_piazza_la_regione_ci_ha_abbandonati-55984944/
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