Il disastro ambientale della marea nera nel Golfo del Messico è l'ennesimo fallimento del "nuovo corso" di Obama, costruito tutto su un piano mediatico, che, nella sostanza, si conferma il migliore interprete di questa fase di crisi ma per mandare avanti i piani dell'imperialismo. La stessa "opposizione" borghese, progressista, non ha niente da dire di fronte a quella che qualcuno ha chiamato "La Katrina di Obama", la fuoriuscita continua di petrolio dopo l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon che il 20 aprile ha ucciso 11 operai che vi lavoravano e che sta causando un disastro ambientale di proporzioni gigantesche con effetti per molti decenni, anche sull'attività di chi vive di pesca per sopravvivere per kilometri e kilometri di costa.
E' la conseguenza di mancati controlli, complicità e collusioni di uno stato imperialista che ha messo al primo posto gli interessi dei petrolieri e adesso si straccia le vesti per l'enorme danno che ha scaricato sul suo popolo.
Dal sito di Limes riportiamo la parte finale di un articolo di Federico Rampini su questo ennesimo disastro ambientale capitalista. Ovviamente non possiamo essere d'accordo con l'articolista nell'accusare lo "smantellamento dell'apparato statale" iniziato con Regan come responsabile dei mancati interventi.
Dopo le critiche, l'articolista borghese passa all'assoluzione, che suona come una giustificazione per la presunta inattività di Obama.
Ma come può operare contro i suoi principali azionisti uno Stato espressione delle multinazionali, delle lobby petrolifere, che ha fatto del primato del profitto capitalista la sua ragion d'essere, non lo strumento "super partes" al di sopra delle classi ma la forma organizzata del suo dominio?
"Un breve diario della marea nera illustra la débacle governativa.
20 aprile. Poche ore dopo l’esplosione sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, gestita dal trio Bp, Halliburton e Transoceanic, gli scienziati della National Oceanic and Athmospheric Administration (Noaa) parlano della “marea nera del secolo” e stimano che nell’ipotesi peggiore il ritmo di fuoruscita del greggio in mare potrebbe raggiungere i 110.000 barili al giorno. La Casa Bianca preferisce i dati della Bp, solo 1.000 barili al giorno. Sotto la pressione dei mass media la Bp ritoccherà in seguito le sue stime a 5.000 barili, poi a 35.000, con ritardi di settimane. Due mesi dopo, la Casa Bianca è costretta ad ammettere che i centomila barili della Noaa erano la stima più attendibile fin dall’inizio.
Primo Maggio. “La Bp pagherà”, tuona Barack Obama. “Gli staremo col fiato sul collo”, annuncia il suo ministro dell’Interno Ken Salazar. La Bp ha promesso di avvalersi di tutte le risorse disponibili, compreso l’ingaggio delle flotte di pescherecci locali per dispiegare attorno alla chiazza le reti di galleggianti. Ma i pescatori della Louisiana rivelano che “il numero di telefono pubblicizzato dalla Bp non esiste o non funziona, non c’è nessuno che ci risponde”. Il Congresso decide di aprire un’indagine immediata sulle aziende private coinvolte, ma è un boomerang: nel 2005 la stessa Bp fu protagonista di un altro incidente drammatico, l’esplosione di una sua raffineria a Texas City, perché le autorità federali hanno continuato ad autorizzare le sue operazioni? Il ministro dell’Interno Salazar, quando era un senatore dell’opposizione criticava Bush per la politica delle “trivellazioni facili”. Si scopre che dalla sua nomina a ministro dell’Interno di Obama ha autorizzato nuove trivellazioni petrolifere in mare per una superficie totale di 214.000 km quadrati, battendo ogni record dell’Amministrazione Bush. In base alla legge americana, approvata dopo il disastro di Exxon Valdez nel 1989, la prima responsabilità d’intervento in un incidente simile spetta alla compagnia petrolifera. Il governo è tenuto ad attivarsi solo in un ruolo di supplenza se i mezzi privati risultano insufficienti. Questa legge fu varata proprio per garantire che i petrolieri prendessero sul serio le proprie responsabilità nei disastri da loro provocati. “E’ chiaro che non funziona – dice Tyson Slocum del Public Citizen’s Energy Program – perché il soggetto che deve guidare gli sforzi per risolvere la crisi è lo stesso che ha causato il danno”.
14 maggio. Decine di permessi di trivellazioni illegali furono concessi per anni alle compagnie petrolifere, sotto l'Amministrazione Bush ma anche da quando c'è Obama alla Casa Bianca. Il New York Times denuncia le irregolarità nelle procedure seguite.
22 maggio. L’uomo che lo Stato ha messo in prima linea ad affrontare la catastrofe, è l’ammiraglio della Coast Guard, Thad Allen. A lungo appare succube dei petrolieri. Dichiara: “Ho fiducia nel chief executive della Bp”. La guardia costiera impedisce l’accesso alla marea nera a un esercito di volontari pronti ad aiutare, compresi i biologi che lavorano nei parchi naturali delle lagune. Il sospetto è che la Bp non voglia osservatori scomodi. Fidandosi di Bp, si sono persi 30 giorni solo perché le autorità federali creassero una loro squadra di esperti indipendenti per valutare l’ampiezza della chiazza.
26 maggio. Affiorano prove di una collusione sistematica tra le autorità federali preposte alla vigilanza sugli impianti petroliferi (il Minerals Management Service, Mms) e le compagnie petrolifere: in certi casi gli ispettori che dovevano controllare la sicurezza delle piattaforme marine facevano compilare i rapporti dalle stesse compagnie. Obama, rivela il suo consigliere più fidato, David Axelrod, “è indignato sia con la Bp sia con le autorità federali che dovevano regolarla”. Licenzia la numero della Mms. L’aveva nominata lui stesso.
17 giugno. Quei parlamentari Usa che nelle commissioni del Senato e della Camera dovevano vigilare sulla Bp (e su tutta l'industria petrolifera) erano azionisti delle compagnie. Il Washington Post denuncia il conflitto d'interesse, rivelando il contenuto dei portafogli azionari dei politici.
19 giugno. Il politico più finanziato dalla Bp nell'elezione del 2008 è stato lo stesso Barack Obama, lo rivela il New York Times, giornale progressista e certamente non ostile a questa Amministrazione.
Intanto la lentezza nel fermare la fuga di greggio in mare esaspera le popolazioni degli Stati più minacciati (Louisiana, Florida, Mississippi, Alabama) che chiedono di togliere alla Bp la responsabilità delle operazioni. Ma con chi sostituirla? Nessuna agenzia civile del governo federale ha tecnologie comparabili a quelle dell’industria petrolifera. Si tira indietro lo Army Corps of Engineers, il genio militare più efficiente del mondo, la cui reputazione fu macchiata a New Orleans per le sue colpe nella mancata manutenzione degli argini.
Il presidente che vinse le elezioni con lo slogan "Yes we can" viene umiliato nella parte dello spettatore impotente. Lui che sembrava l'artefice di un riscatto dell' azione politica, il protagonista di una rivalutazione del ruolo dello Stato, di fronte alla più grave catastrofe ambientale nella storia americana dà uno spettacolo di debolezza e di frustrazione. Minaccia azioni penali, giura che farà pagare la Bp fino all' ultimo centesimo, ma le sue grida sembrano velleitarie".
prolcomra
24/07/2010
sabato 24 luglio 2010
pc quotidiano 24 luglio - Usa-Italia sempre più unite nella guerra al popolo afghano La Camera ha votato la continuazione delle missioni di guerra
La Camera ha approvato il decreto legge che proroga la partecipazione italiana alle missioni militari all'estero, fra cui quella in Afghanistan. E' stato approvato con 484 sì, 25 no (Idv) e 11 astenuti (i radicali del pd), e ora è passato al Senato.
"Afghanistan, governo battuto su 2 emendamenti del Pd" è l'altra notizia che, al contrario di quanto sembra annunciato da questo titolo dalla stampa, mette in risalto la stretta convergenza invece dell'inesistente "opposizione" parlamentare del Pd con le decisioni del governo Berlusconi: addirittura "contro il parere del governo", il Pd ha fatto passare "l'assegnazione diretta (come già accade per le polizie civili) del contributo Ue ai carabinieri impegnati nella missione EUPM in Bosnia, grazie a un emendamento di Giuseppe Moles; l'assegnazione di 250mila euro al Comitato Atlantico italiano; un trattamento più favorevole per licenze e congedi per i militari impegnati nelle missioni".
Il decreto n. 102 del 6 luglio 2010 - dal sito internet della Camera - "autorizza, per quanto riguarda la missione Isaf in Afghanistan, la presenza complessiva di oltre 3.900 militari, attuando la seconda fase della decisione annunciata nel Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2009, che prevedeva l'aumento di 1.000 unità del contingente impegnato nella missione nel corso dell'anno 2010, con gradualità e con una maggiore incidenza nella seconda metà dell'anno".
"Tale decisione - continua il bollettino web della Camera - si collega alla revisione della strategia in Afghanistan annunciata dal presidente degli Stati Uniti Obama il 1° dicembre scorso e alle conseguenti decisioni concordate in sede Nato".
Dal sito pacifista pacereport: "L'invio di mille soldati in più e di mezzi da combattimento più 'pesanti' (17 carri armati su ruota 'Freccia') produce un inevitabile aumento dei costi della missione: i prossimi sei mesi di guerra in Afghanistan (agosto-dicembre) ci costeranno oltre 393 milioni di euro, vale a dire più di 65 milioni al mese. Un netto incremento rispetto ai 308 milioni (51 al mese) del primo semestre 2010.
La cifra è così suddivisa: 365 milioni di euro per il mantenimento del contingente Isaf schierato in Afghanistan, 12 milioni per il personale militare della missione che opera nelle basi americane negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein e in Florida (Usa), 10 milioni per le operazioni in loco del Sismi, 1,7 milioni per il personale della Guardia di Finanza (Isaf , Eupol e Jmous), 2.7 milioni per le operazioni militari a favore della popolazione locale (aiuti in cambio di intelligence), 1,8 milioni per il sostegno alle forze armate afgane e, duclis in fundo, mezzo milione alla Rai per "azioni di comunicazione nell'ambito delle NATO Strategic Communications" (propaganda di guerra).
Fuori dalle spese militari e paramilitari, troviamo lo striminzito finanziamento alle iniziative di cooperazione: 18,7 milioni di euro, che serviranno a pagare progetti di ricostruzione e di assistenza umanitaria sia in Afghanistan che in Pakistan (dov'è prevista una "missione di stabilizzazione economica, sociale e umanitaria"), e anche a organizzare una conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, in collaborazione con la rete di organizzazioni non governative "Afghana.org" (associazione promossa da Arci, Lunaria e Lettera22)".
L'Italia imperialista di Berlusconi e dell'"opposizione/stampella" di Bersani rimane così il principale alleato europeo sul campo di battaglia afghano del "gigante dai piedi d'argilla" Usa. Con cui condividerà inevitabilmente la stessa sorte di stato terrorista occupante.
prolcomra
24/07/2010
"Afghanistan, governo battuto su 2 emendamenti del Pd" è l'altra notizia che, al contrario di quanto sembra annunciato da questo titolo dalla stampa, mette in risalto la stretta convergenza invece dell'inesistente "opposizione" parlamentare del Pd con le decisioni del governo Berlusconi: addirittura "contro il parere del governo", il Pd ha fatto passare "l'assegnazione diretta (come già accade per le polizie civili) del contributo Ue ai carabinieri impegnati nella missione EUPM in Bosnia, grazie a un emendamento di Giuseppe Moles; l'assegnazione di 250mila euro al Comitato Atlantico italiano; un trattamento più favorevole per licenze e congedi per i militari impegnati nelle missioni".
Il decreto n. 102 del 6 luglio 2010 - dal sito internet della Camera - "autorizza, per quanto riguarda la missione Isaf in Afghanistan, la presenza complessiva di oltre 3.900 militari, attuando la seconda fase della decisione annunciata nel Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2009, che prevedeva l'aumento di 1.000 unità del contingente impegnato nella missione nel corso dell'anno 2010, con gradualità e con una maggiore incidenza nella seconda metà dell'anno".
"Tale decisione - continua il bollettino web della Camera - si collega alla revisione della strategia in Afghanistan annunciata dal presidente degli Stati Uniti Obama il 1° dicembre scorso e alle conseguenti decisioni concordate in sede Nato".
Dal sito pacifista pacereport: "L'invio di mille soldati in più e di mezzi da combattimento più 'pesanti' (17 carri armati su ruota 'Freccia') produce un inevitabile aumento dei costi della missione: i prossimi sei mesi di guerra in Afghanistan (agosto-dicembre) ci costeranno oltre 393 milioni di euro, vale a dire più di 65 milioni al mese. Un netto incremento rispetto ai 308 milioni (51 al mese) del primo semestre 2010.
La cifra è così suddivisa: 365 milioni di euro per il mantenimento del contingente Isaf schierato in Afghanistan, 12 milioni per il personale militare della missione che opera nelle basi americane negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein e in Florida (Usa), 10 milioni per le operazioni in loco del Sismi, 1,7 milioni per il personale della Guardia di Finanza (Isaf , Eupol e Jmous), 2.7 milioni per le operazioni militari a favore della popolazione locale (aiuti in cambio di intelligence), 1,8 milioni per il sostegno alle forze armate afgane e, duclis in fundo, mezzo milione alla Rai per "azioni di comunicazione nell'ambito delle NATO Strategic Communications" (propaganda di guerra).
Fuori dalle spese militari e paramilitari, troviamo lo striminzito finanziamento alle iniziative di cooperazione: 18,7 milioni di euro, che serviranno a pagare progetti di ricostruzione e di assistenza umanitaria sia in Afghanistan che in Pakistan (dov'è prevista una "missione di stabilizzazione economica, sociale e umanitaria"), e anche a organizzare una conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, in collaborazione con la rete di organizzazioni non governative "Afghana.org" (associazione promossa da Arci, Lunaria e Lettera22)".
L'Italia imperialista di Berlusconi e dell'"opposizione/stampella" di Bersani rimane così il principale alleato europeo sul campo di battaglia afghano del "gigante dai piedi d'argilla" Usa. Con cui condividerà inevitabilmente la stessa sorte di stato terrorista occupante.
prolcomra
24/07/2010
pc quotidiano 24 luglio - 150 denunce a Napoli - una guerra ai disoccupati di polizia e istituzioni
150 denunce per le lotte e i blocchi di questa ultima settimana, dopo cariche, fermi arresti
una guerra contro la lotta per il lavoro, contro le realtà dei disoccupati organizzati del progetto Bros
una guerra pianificata e teorizzata da questore e digos
invece che lavoro, taglio del sostegno al reddito
la scelta della tolleranza zero è politica e sociale di un governo e un potere locale corrotto
è un laboratorio della repressione preventiva per scongiurare un autunno caldo che può avere a napoli - dove c'è anche la Fiat pomigliano - il suo centro e il suo laboratorio
un processo colto e intuito in anticipo dai disoccupati organizzati di banchi nuovi e dello slai cobas per il sindacato di classe di taranto che hanno lanciato con una assemblea nazionale il 21 maggio e un incontro nazionale il 3 luglio un appello e un percorso di ricomposizione di classe per il lavoro, per il salario, per il reddito sociale ai disoccupati contro padroni e governo contro le istituzioni nazionali e locali
ora più che mai questa è la strada e a settembre una nuova iniziativa nazionale accetterà la sfida dello stato, perchè solo così si possono tutelare i bisogni e gli interessi di classe delle masse sfruttate
no alla repressione delle lotte
unità di classe
una guerra contro la lotta per il lavoro, contro le realtà dei disoccupati organizzati del progetto Bros
una guerra pianificata e teorizzata da questore e digos
invece che lavoro, taglio del sostegno al reddito
la scelta della tolleranza zero è politica e sociale di un governo e un potere locale corrotto
è un laboratorio della repressione preventiva per scongiurare un autunno caldo che può avere a napoli - dove c'è anche la Fiat pomigliano - il suo centro e il suo laboratorio
un processo colto e intuito in anticipo dai disoccupati organizzati di banchi nuovi e dello slai cobas per il sindacato di classe di taranto che hanno lanciato con una assemblea nazionale il 21 maggio e un incontro nazionale il 3 luglio un appello e un percorso di ricomposizione di classe per il lavoro, per il salario, per il reddito sociale ai disoccupati contro padroni e governo contro le istituzioni nazionali e locali
ora più che mai questa è la strada e a settembre una nuova iniziativa nazionale accetterà la sfida dello stato, perchè solo così si possono tutelare i bisogni e gli interessi di classe delle masse sfruttate
no alla repressione delle lotte
unità di classe
pc quotidiano 24 luglio - palermo -La lotta dei senza casa allo Zen e stampa reazionaria
La lotta dei senza casa allo Zen continua e Il Giornale di Sicilia si appella allo Stato contro gli “abusivi”
Il Giornale di Sicilia del 23 luglio riporta un articolo in prima pagina il cui titolo è già abbastanza impegnativo: “Allo Zen lo Stato è in ritirata”, e qui si comincia, nelle intenzioni del “giornalista”, a parlare male addirittura dello Stato, che praticamente non farebbe nulla contro questi straccioni e “nasconde” quindi il desiderio che lo Stato spinto da questa drammatica invocazione faccia DAVVERO qualcosa.
Dunque, “Allo zen lo Stato non c’è più. Se mai c’è stato. Allo Zen la legge è carta straccia, bruciacchiata dai roghi delle carcasse d’auto in abbandono, insozzata dai cumuli di nauseabonda spazzatura, stritolata sotto cataste di vecchie lavatrici o mobili in disuso, calpestata dai caporali della criminalità organizzata che gestiscono le reti di acqua e luce e dettano le proprie regole. Quelle della prevaricazione, del sopruso e dell’abuso” [!] Ora, dopo cotanta denuncia uno si aspetta che il giornalista convinca tutta la redazione, e perfino il proprietario a cambiare paese, o almeno città…
Ma il giornalista entra in un particolare: “Allo Zen l’avamposto simbolo del malaffare era – e rimane – l’Insula 3. [che cavolo sarà mai? sembra un film di fantascienza] Lo era, quando, spettro inquietante del degrado e dell’infranto miraggio urbanistico degli anni Ottanta, faceva orrida mostra di sé davanti agli scatti dei fotoreporter di mezzo mondo. Lo è adesso che hanno provato a ristrutturare quelle case popolari, salvo arrendersi ben presto davanti alla prepotenza degli abusivi. I quali hanno deciso di prendere possesso della struttura, di farsi beffe di un paio di maldestri tentativi di sgombero [sui “maldestri tentativi” di sgombero rimandiamo alla lettura dei nostri articoli precedenti e chissà che ne penserà il questore che ne va fiero e tutti i poliziotti di varia caratura che vi hanno partecipato] e di imporre il proprio dominio su tutto e tutti. Violando le case, smantellando il cantiere, e perfino – sussurra qualche testimone [udite e strabiliate!] – staccando via sanitari e infissi per piazzarli magari a buon prezzo.
“Ieri il camper del Giornale di Sicilia è tornato ancora una volta in quel luogo di frontiera, per raccontarne il degrado e denunciarne l’illegalità. Ma è stato bloccato dagli stessi abusivi. [finalmente, e poteva dirlo prima! si scopre il perché del rancore nauseabondo e di tutta questa rabbia] Che nessuno combatte più. E ai quali sembra aver deciso di darla vinta uno Stato ormai in ritirata!!!
Insomma in maniera semplice: gli “abusivi” così descritti dal giornalista conoscendo la funzione del giornale di Sicilia hanno pensato bene di mandarli a quel paese impedendogli di fare interviste riprese ecc. ancora una volta si sono mostrati più intelligenti di chi tenta di descriverli come sopra!
I palermitani più attenti sanno che il giornale di Sicilia è un vero e proprio giornalaccio reazionario che non disdegna mai di dare una mano alla destra, anche fascista, con articoli ad hoc, normalmente e ferocemente contro le lotte sociali incisive, che si impongono con la forza dell’azione e non con l’atteggiamento da elemosinante che è molto diffuso al sud, da parte dei partiti e soprattutto da parte dei sindacati confederali, espresse per esempio in questo articolo sullo Zen.
Ora chiamare abusivi coloro che cercano con ogni mezzo di avere una casa o un lavoro è già sintomo di scelta della parte che si sostiene
Dello stesso tenore sono gli articoli dedicati ad altri “delinquenti”: i rottamai, le prostitute ecc. ecc. spalleggiando il questore che della “ripulitura” di Palermo ha fatto il suo programma.
Il Giornale di Sicilia del 23 luglio riporta un articolo in prima pagina il cui titolo è già abbastanza impegnativo: “Allo Zen lo Stato è in ritirata”, e qui si comincia, nelle intenzioni del “giornalista”, a parlare male addirittura dello Stato, che praticamente non farebbe nulla contro questi straccioni e “nasconde” quindi il desiderio che lo Stato spinto da questa drammatica invocazione faccia DAVVERO qualcosa.
Dunque, “Allo zen lo Stato non c’è più. Se mai c’è stato. Allo Zen la legge è carta straccia, bruciacchiata dai roghi delle carcasse d’auto in abbandono, insozzata dai cumuli di nauseabonda spazzatura, stritolata sotto cataste di vecchie lavatrici o mobili in disuso, calpestata dai caporali della criminalità organizzata che gestiscono le reti di acqua e luce e dettano le proprie regole. Quelle della prevaricazione, del sopruso e dell’abuso” [!] Ora, dopo cotanta denuncia uno si aspetta che il giornalista convinca tutta la redazione, e perfino il proprietario a cambiare paese, o almeno città…
Ma il giornalista entra in un particolare: “Allo Zen l’avamposto simbolo del malaffare era – e rimane – l’Insula 3. [che cavolo sarà mai? sembra un film di fantascienza] Lo era, quando, spettro inquietante del degrado e dell’infranto miraggio urbanistico degli anni Ottanta, faceva orrida mostra di sé davanti agli scatti dei fotoreporter di mezzo mondo. Lo è adesso che hanno provato a ristrutturare quelle case popolari, salvo arrendersi ben presto davanti alla prepotenza degli abusivi. I quali hanno deciso di prendere possesso della struttura, di farsi beffe di un paio di maldestri tentativi di sgombero [sui “maldestri tentativi” di sgombero rimandiamo alla lettura dei nostri articoli precedenti e chissà che ne penserà il questore che ne va fiero e tutti i poliziotti di varia caratura che vi hanno partecipato] e di imporre il proprio dominio su tutto e tutti. Violando le case, smantellando il cantiere, e perfino – sussurra qualche testimone [udite e strabiliate!] – staccando via sanitari e infissi per piazzarli magari a buon prezzo.
“Ieri il camper del Giornale di Sicilia è tornato ancora una volta in quel luogo di frontiera, per raccontarne il degrado e denunciarne l’illegalità. Ma è stato bloccato dagli stessi abusivi. [finalmente, e poteva dirlo prima! si scopre il perché del rancore nauseabondo e di tutta questa rabbia] Che nessuno combatte più. E ai quali sembra aver deciso di darla vinta uno Stato ormai in ritirata!!!
Insomma in maniera semplice: gli “abusivi” così descritti dal giornalista conoscendo la funzione del giornale di Sicilia hanno pensato bene di mandarli a quel paese impedendogli di fare interviste riprese ecc. ancora una volta si sono mostrati più intelligenti di chi tenta di descriverli come sopra!
I palermitani più attenti sanno che il giornale di Sicilia è un vero e proprio giornalaccio reazionario che non disdegna mai di dare una mano alla destra, anche fascista, con articoli ad hoc, normalmente e ferocemente contro le lotte sociali incisive, che si impongono con la forza dell’azione e non con l’atteggiamento da elemosinante che è molto diffuso al sud, da parte dei partiti e soprattutto da parte dei sindacati confederali, espresse per esempio in questo articolo sullo Zen.
Ora chiamare abusivi coloro che cercano con ogni mezzo di avere una casa o un lavoro è già sintomo di scelta della parte che si sostiene
Dello stesso tenore sono gli articoli dedicati ad altri “delinquenti”: i rottamai, le prostitute ecc. ecc. spalleggiando il questore che della “ripulitura” di Palermo ha fatto il suo programma.
pc quotidiano 24 luglio - 100 morti alla bridgestone di bari in 25 anni..
Cento ex lavoratori dello stabilimento Bridgestone di Bari sono morti negli ultimi 25 anni, altri 400 – secondo alcune associazioni – sono attualmente malati di tumore. La procura di Bari, nel corso degli anni, ha avviato decine di indagini per accertare se sia stata colpa dell’amianto, ma alcune inchieste sono già stata archiviate. All’indomani dell’incontro tra una delegazione di ex lavoratori della fabbrica di pneumatici e di familiari delle vittime dell’amianto, con il procuratore di Bari Antonio Laudati, è stato affidato al procuratore aggiunto Anna Maria Tosto il coordinamento di queste indagini.
Sono state proprio le due associazioni a fornire al procuratore i numeri di vittime e ammalati. Quando a settembre sarà operativa la nuova riorganizzazione della Procura, verrà istituito anche un gruppo di magistrati che avranno il compito di occuparsi di malattie professionali all’interno del pool reati ambientali.
«Questa – ha detto Laudati conversando con i giornalisti - è una vera tragedia sociale. Per i magistrati è difficilissimo accertare le responsabilità penali, perchè le malattie professionali si manifestano a molti anni di distanza dall’esposizione alle sostanze nocive, i cui effetti sono incalcolabili».
Laudati ha chiesto ai sostituti baresi titolari dei vari fascicoli d’inchiesta sulla Bridgestone una relazione sullo stato delle indagini, aperti dopo i centinaia di esposti presentati dagli ex lavoratori. Su questa vicenda – viene fatto notare in ambienti giudiziari - Bari guarda all’esempio di Latina, dove una sentenza ha condannato i dirigenti dell’azienda Goodyear per omicidio colposo plurimo e lesioni plurime aggravate a danno di decine di ex dipendenti. Tutto è legato a stabilire il nesso di causalità tra l’esposizione all’amianto, le malattie contratte e i tumori.
Sono state proprio le due associazioni a fornire al procuratore i numeri di vittime e ammalati. Quando a settembre sarà operativa la nuova riorganizzazione della Procura, verrà istituito anche un gruppo di magistrati che avranno il compito di occuparsi di malattie professionali all’interno del pool reati ambientali.
«Questa – ha detto Laudati conversando con i giornalisti - è una vera tragedia sociale. Per i magistrati è difficilissimo accertare le responsabilità penali, perchè le malattie professionali si manifestano a molti anni di distanza dall’esposizione alle sostanze nocive, i cui effetti sono incalcolabili».
Laudati ha chiesto ai sostituti baresi titolari dei vari fascicoli d’inchiesta sulla Bridgestone una relazione sullo stato delle indagini, aperti dopo i centinaia di esposti presentati dagli ex lavoratori. Su questa vicenda – viene fatto notare in ambienti giudiziari - Bari guarda all’esempio di Latina, dove una sentenza ha condannato i dirigenti dell’azienda Goodyear per omicidio colposo plurimo e lesioni plurime aggravate a danno di decine di ex dipendenti. Tutto è legato a stabilire il nesso di causalità tra l’esposizione all’amianto, le malattie contratte e i tumori.
pc quotidiano 24 luglio - ieri sciopero, oggi manifestazione alla fiat termoli
FIAT POWERTRAIN: 40% DI ADESIONI ALLA GIORNATA DI SCIOPERO PROCLAMATO DAL SOLO SLAI COBAS CONTRO I LICENZIAMENTI POLITICI ED I RICATTI DEL FACCENDIERE MARCHIONNE
Scritto da redazione
Venerdì 23 Luglio 2010 22:24
FIAT POWERTRAIN: 40% DI ADESIONI ALLA GIORNATA DI SCIOPERO PROCLAMATO DAL SOLO SLAI COBAS CONTRO I LICENZIAMENTI POLITICI ED I RICATTI DEL FACCENDIERE MARCHIONNE, I REPARTI CONFINO, IL MANCATO PAGAMENTO DEL PDR ED IL MANCATO RINNOVO DELLE RSU DECADUTE DA PIU’ DI UN ANNO A POMIGLIANO
Si è attestata al 40% la partecipazione dei lavoratori del 1° e del 2° turno alla Fiat Powertrain di Termoli dove nei giorni scorsi è stato licenziato Giovanni Musacchio militante del coordinamento provinciale dello Slai Cobas di Campobasso reo, secondo l’azienda, di avere portato solidarietà al “fronte del NO” ai cancelli di Pomigliano in occasione del referendum del 22 giugno. Un’alta adesione contro l’attacco di matrice eversiva con la quale la Fiat vorrebbe controriformare tutti i diritti dei lavoratori e quelli sindacali all’interno della fabbriche del gruppo e dell’indotto.
Risale infatti a solo qualche giorno fa l’ennesima provocazione di Marchionne che ha fatto recapitare a molti lavoratori della SEVEL DI VAL DI SANGRO una lettera con la quale minaccia di licenziamento i lavoratori ammalati benché giustificati da certificazione medica secondo le vigenti normative legali e contrattuali. Una provocazione già respinta a Pomigliano dove sono stati reintegrati proprio recentemente con sentenza della magistratura ed assistiti dall’ufficio legale dello Slai cobas due lavoratori licenziati con analoghe e strumentali motivazioni nel 2006.
Una campagna intimidatoria, quella di Marchionne, che attraverso gravi provvedimenti repressivi diversificati tra le fabbriche: dai licenziamenti politici di Termoli, Melfi e Torino ai reparti confino come quello di nola dal taglio dei diritti al “furto” del premio di risultato e al mancato rinnovo delle RSU dimostra la pretesa della trasformazione autoritaria del rapporto di lavoro.
Ma le lotte dei lavoratori per la tutela della democrazia dei loro diritti e di quelli sindacali hanno costretto Marchionne a togliersi la maschera e rivelare tutto quanto il disprezzo della Fiat per le normative di legge , contrattuali e costituzionali. La fiat osa chiedere le leggi di mercato per i diritti dei lavoratori e l’assistenza di stato per sé, sia a livello internazionale che in Italia dove oggi giunge addirittura a ricattare lo Stato, le forze politiche e i sindacati chiedendo nuove multimilionarie prebende pubbliche per tenere le residue produzioni in Italia. Grave è che nessuno, ad oggi, intende chiedere conto alla fiat dei 500 miliardi di euro di finanziamenti pubblici erogatigli negli ultimi 30 anni e usati dall’azienda in violazione dell’art. 41 della costituzione per chiudere le fabbriche, licenziare e delocalizzare all’estero. Il faccendiere Marchionne restituisse questi soldi allo Stato invece di continuare nelle sue politiche parassitarie !
oggi MANIFESTAZIONE CON CORTEO A TERMOLI
CONCENTRAMENTO: PIAZZA DONATORI DI SANGUE ORE 17.00
Hanno aderito e/o dato solidarietà: RSU Fim Fiom Uilm Fiat Powertrain Termoli – CGIL Regione Molise – UIL provinciale – USB nazionale – IdV, PRC, PdCI, Sinistra e Libertà, regionali – Michele Petraroia c.reg.PD – Comitato Precari scuola Molise – FGCI Molise.
Slai Cobas Coordinamento Nazionale
Scritto da redazione
Venerdì 23 Luglio 2010 22:24
FIAT POWERTRAIN: 40% DI ADESIONI ALLA GIORNATA DI SCIOPERO PROCLAMATO DAL SOLO SLAI COBAS CONTRO I LICENZIAMENTI POLITICI ED I RICATTI DEL FACCENDIERE MARCHIONNE, I REPARTI CONFINO, IL MANCATO PAGAMENTO DEL PDR ED IL MANCATO RINNOVO DELLE RSU DECADUTE DA PIU’ DI UN ANNO A POMIGLIANO
Si è attestata al 40% la partecipazione dei lavoratori del 1° e del 2° turno alla Fiat Powertrain di Termoli dove nei giorni scorsi è stato licenziato Giovanni Musacchio militante del coordinamento provinciale dello Slai Cobas di Campobasso reo, secondo l’azienda, di avere portato solidarietà al “fronte del NO” ai cancelli di Pomigliano in occasione del referendum del 22 giugno. Un’alta adesione contro l’attacco di matrice eversiva con la quale la Fiat vorrebbe controriformare tutti i diritti dei lavoratori e quelli sindacali all’interno della fabbriche del gruppo e dell’indotto.
Risale infatti a solo qualche giorno fa l’ennesima provocazione di Marchionne che ha fatto recapitare a molti lavoratori della SEVEL DI VAL DI SANGRO una lettera con la quale minaccia di licenziamento i lavoratori ammalati benché giustificati da certificazione medica secondo le vigenti normative legali e contrattuali. Una provocazione già respinta a Pomigliano dove sono stati reintegrati proprio recentemente con sentenza della magistratura ed assistiti dall’ufficio legale dello Slai cobas due lavoratori licenziati con analoghe e strumentali motivazioni nel 2006.
Una campagna intimidatoria, quella di Marchionne, che attraverso gravi provvedimenti repressivi diversificati tra le fabbriche: dai licenziamenti politici di Termoli, Melfi e Torino ai reparti confino come quello di nola dal taglio dei diritti al “furto” del premio di risultato e al mancato rinnovo delle RSU dimostra la pretesa della trasformazione autoritaria del rapporto di lavoro.
Ma le lotte dei lavoratori per la tutela della democrazia dei loro diritti e di quelli sindacali hanno costretto Marchionne a togliersi la maschera e rivelare tutto quanto il disprezzo della Fiat per le normative di legge , contrattuali e costituzionali. La fiat osa chiedere le leggi di mercato per i diritti dei lavoratori e l’assistenza di stato per sé, sia a livello internazionale che in Italia dove oggi giunge addirittura a ricattare lo Stato, le forze politiche e i sindacati chiedendo nuove multimilionarie prebende pubbliche per tenere le residue produzioni in Italia. Grave è che nessuno, ad oggi, intende chiedere conto alla fiat dei 500 miliardi di euro di finanziamenti pubblici erogatigli negli ultimi 30 anni e usati dall’azienda in violazione dell’art. 41 della costituzione per chiudere le fabbriche, licenziare e delocalizzare all’estero. Il faccendiere Marchionne restituisse questi soldi allo Stato invece di continuare nelle sue politiche parassitarie !
oggi MANIFESTAZIONE CON CORTEO A TERMOLI
CONCENTRAMENTO: PIAZZA DONATORI DI SANGUE ORE 17.00
Hanno aderito e/o dato solidarietà: RSU Fim Fiom Uilm Fiat Powertrain Termoli – CGIL Regione Molise – UIL provinciale – USB nazionale – IdV, PRC, PdCI, Sinistra e Libertà, regionali – Michele Petraroia c.reg.PD – Comitato Precari scuola Molise – FGCI Molise.
Slai Cobas Coordinamento Nazionale
pc quotidiano 24 luglio - torino -stampa bugiarda
MASSIMO NUMA: ANCORA TU
'La busjarda' di venerdì 23 luglio riporta un articolo di M.Num. - suppongo si tratti del pennivendolo ultrareazionario Massimo Numa - che racconta, naturalmente a suo modo, la vicenda del reimpatrio di Ben Sabri, un 32enne tunisino prigioniero nel Cie di corso Brunelleschi a Torino.
Tutto è iniziato nel primo pomeriggio di lunedì quando, per evitare di essere ricacciato al proprio Paese, l'immigrato in questione è salito sul tetto della prigione.
Nel corso della stessa giornata si è formato un presidio permanente di antirazzisti per sostenere la sua lotta.
Giovedì mattina, intorno alle ore 7:30, la resa; lo scribacchino reazionario racconta così le fasi finali della lotta: "Gli anarchici e gli autonomi dei centri sociali che, da quattro giorni, hanno organizzato un presidio nei giardini di corso Brunelleschi, dicono che, all'alba, mentre cercavano di ritardare le operazioni della polizia, coordinata dai responsabili dell'Ufficio stranieri, sarebbero stati 'caricati e manganellati'. Poi la voce che Ben Sabri era caduto, rompendosi un braccio. La questura, con un comunicato ufficiale, ha smentito sia le cariche che il ferimento del tunisino".
Se non fosse l'essere ignobile che è, sempre al servizio dei poteri forti della città, il Numa eviterebbe di scrivere certe cose: è ovvio che la questura neghi le sistematiche violenze che i suoi uomini perpetrano all'interno del Cie, nonché a chi cerca di opporsi al dilagare del razzismo di Stato.
Torino, 24 luglio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
'La busjarda' di venerdì 23 luglio riporta un articolo di M.Num. - suppongo si tratti del pennivendolo ultrareazionario Massimo Numa - che racconta, naturalmente a suo modo, la vicenda del reimpatrio di Ben Sabri, un 32enne tunisino prigioniero nel Cie di corso Brunelleschi a Torino.
Tutto è iniziato nel primo pomeriggio di lunedì quando, per evitare di essere ricacciato al proprio Paese, l'immigrato in questione è salito sul tetto della prigione.
Nel corso della stessa giornata si è formato un presidio permanente di antirazzisti per sostenere la sua lotta.
Giovedì mattina, intorno alle ore 7:30, la resa; lo scribacchino reazionario racconta così le fasi finali della lotta: "Gli anarchici e gli autonomi dei centri sociali che, da quattro giorni, hanno organizzato un presidio nei giardini di corso Brunelleschi, dicono che, all'alba, mentre cercavano di ritardare le operazioni della polizia, coordinata dai responsabili dell'Ufficio stranieri, sarebbero stati 'caricati e manganellati'. Poi la voce che Ben Sabri era caduto, rompendosi un braccio. La questura, con un comunicato ufficiale, ha smentito sia le cariche che il ferimento del tunisino".
Se non fosse l'essere ignobile che è, sempre al servizio dei poteri forti della città, il Numa eviterebbe di scrivere certe cose: è ovvio che la questura neghi le sistematiche violenze che i suoi uomini perpetrano all'interno del Cie, nonché a chi cerca di opporsi al dilagare del razzismo di Stato.
Torino, 24 luglio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
pc quotidiano 24 luglio - SCHIAVE DEL SESSO IN IRAQ E AFGHANISTAN
Da: mumiafree@autistici.org
LA STORIA
"Schiave del sesso in Iraq e Afghanistan" nuovo scandalo per i contractors americani
L'indagine di una ong rilanciata dal Washington Post accusa gli uomini della ex Blackwater. Si parla di bambine usate come prostitute e donne dell'Est Europa costrette a vendersi - Di ANGELO AQUARO
NEW YORK- La bambina irachena di dodici anni costretta a prostituirsi nel seminterrato di Bagdad mentre le guardie private americane fanno una colletta di pochi dollari e si mettono in fila. Le ragazze reclutate nell'est dell'Europa con la promessa di un lavoro come colf a Dubai e poi da lì dirottate e segregate nel cuore dell'Iraq. Le cameriere dei ristoranti cinesi di Kabul che dietro le lanterne rosse nascondono il segreto che conoscono tutti. L'ultimo orrore delle "guerre gemelle" che Barack Obama ha ereditato da George W. Bush ha il volto delle donne sfruttate nel nome di
quell'altro idolo che divide l'altare con il denaro: il sesso. Ma otto anni dopo l'avvio della guerra al terrore il bilancio in questa battaglia è ancora più magro di quello raccolto dal Tigri a Kandahar: zero su zero.
Gli ordini del presidente erano roboanti come i proclami della vittoria che non arrivava. E' severamente proibito a contractors o impiegati del governo di rendersi responsabili di traffici sessuali nelle zone di guerra. Chiunque si renda responsabile di traffici sessuali verrà sospeso dall'incarico. Chi verrà sorpreso in traffici sessuali verrà denunciato alle autorità. I risultati? "Non c'è neppure un processo aperto" dice l'ex detective di Human Rights Watch, Martina Venderberg. "Insomma non c'è volontà di far rispettare la legge".
La vergogna è stata scoperchiata da un'inchiesta del Center for Public Integrity ripresa ieri dal Washington Post. E ancora una sotto accusa sono finiti i contractors della ex-Blackwater: il gruppo privato già tristemente famoso per le stragi di civili in Iraq. L'azienda gode di così cattiva fama che per tornare a lavorare oggi ha cambiato marchio e si chiama Xe Service.
Racconta un'ex guardia che non vuole rivelare il nome per paura di rappresaglie: ho visto io stesso guardie più anziane raccogliere soldi mentre ragazzine irachene, tra cui bambine di 12 e 13 anni, si
prostituivano. La guardia dice anche di aver riportato tutto al suo superiore ma che "nessun provvedimento è stato preso: mi rattrista anche parlarne".
Non si rattrista affatto il portavoce dell'ex Blackwater, Stacy De Luke, che al Washington Post nega "con forza queste accuse anonime e senza prove: la politica dell'azienda vieta i traffici umani". Ci mancherebbe.
Il caso delle lavoratrici dell'est che pensano di volare su Dubai e finiscono in Iraq è stato invece scoperto da una giornalista freelance. Qui l'organizzazione era molto più accurata. Un vero traffico organizzato da sub-contractors che lavorano per l'Esercito e per l'Exchange Service dell'Aeronautica: nome che dovrebbe indicare l'ufficio che si occupa di organizzare la ristorazione ma che evidentemente si occupa anche di altro.
Appena atterrate le poverette vengono private del passaporto. C'è anche un prezzo per il riscatto: 1100 dollari. Una cifra enorme visto che si prostituiscono per pochi dollari.
La fabbrica del sesso è ancora più solida in Afghanistan. Qui già quattro anni fa un centinaio di cinesi furono liberate in una serie di blitz che invece dei Taliban colpirono i bordelli. Ma il traffico è continuato. Con l'"acquisto" di una donna per ventimila dollari un manager della ArmorGroup,
l'azienda che fino a poco tempo fa si occupava della sicurezza dell'ambasciata americana a Kabul, si vantava di poter organizzare un traffico redditizio. L'inchiesta partita da una soffiata è arrivata ai piani alti dell'Fbi. Ma qui si è fermata.
I federali sostengono di non avere mezzi sufficienti. Nelle zone di guerra sono schierati una quarantina di agenti ma già hanno il loro bel daffare a occuparsi di truffe e corruzione. Ma gli attivisti dei diritti umani hanno un'altra spiegazione: la verità è che le autorità preferiscono chiudere un occhio. Dice Christopher H. Smith, un deputato autore di una legge antitraffico, per la cronaca repubblicano: com'è possibile tollerare che questa gente possa sfruttare le donne con i soldi che noi paghiamo? (19 luglio 2010)
LA STORIA
"Schiave del sesso in Iraq e Afghanistan" nuovo scandalo per i contractors americani
L'indagine di una ong rilanciata dal Washington Post accusa gli uomini della ex Blackwater. Si parla di bambine usate come prostitute e donne dell'Est Europa costrette a vendersi - Di ANGELO AQUARO
NEW YORK- La bambina irachena di dodici anni costretta a prostituirsi nel seminterrato di Bagdad mentre le guardie private americane fanno una colletta di pochi dollari e si mettono in fila. Le ragazze reclutate nell'est dell'Europa con la promessa di un lavoro come colf a Dubai e poi da lì dirottate e segregate nel cuore dell'Iraq. Le cameriere dei ristoranti cinesi di Kabul che dietro le lanterne rosse nascondono il segreto che conoscono tutti. L'ultimo orrore delle "guerre gemelle" che Barack Obama ha ereditato da George W. Bush ha il volto delle donne sfruttate nel nome di
quell'altro idolo che divide l'altare con il denaro: il sesso. Ma otto anni dopo l'avvio della guerra al terrore il bilancio in questa battaglia è ancora più magro di quello raccolto dal Tigri a Kandahar: zero su zero.
Gli ordini del presidente erano roboanti come i proclami della vittoria che non arrivava. E' severamente proibito a contractors o impiegati del governo di rendersi responsabili di traffici sessuali nelle zone di guerra. Chiunque si renda responsabile di traffici sessuali verrà sospeso dall'incarico. Chi verrà sorpreso in traffici sessuali verrà denunciato alle autorità. I risultati? "Non c'è neppure un processo aperto" dice l'ex detective di Human Rights Watch, Martina Venderberg. "Insomma non c'è volontà di far rispettare la legge".
La vergogna è stata scoperchiata da un'inchiesta del Center for Public Integrity ripresa ieri dal Washington Post. E ancora una sotto accusa sono finiti i contractors della ex-Blackwater: il gruppo privato già tristemente famoso per le stragi di civili in Iraq. L'azienda gode di così cattiva fama che per tornare a lavorare oggi ha cambiato marchio e si chiama Xe Service.
Racconta un'ex guardia che non vuole rivelare il nome per paura di rappresaglie: ho visto io stesso guardie più anziane raccogliere soldi mentre ragazzine irachene, tra cui bambine di 12 e 13 anni, si
prostituivano. La guardia dice anche di aver riportato tutto al suo superiore ma che "nessun provvedimento è stato preso: mi rattrista anche parlarne".
Non si rattrista affatto il portavoce dell'ex Blackwater, Stacy De Luke, che al Washington Post nega "con forza queste accuse anonime e senza prove: la politica dell'azienda vieta i traffici umani". Ci mancherebbe.
Il caso delle lavoratrici dell'est che pensano di volare su Dubai e finiscono in Iraq è stato invece scoperto da una giornalista freelance. Qui l'organizzazione era molto più accurata. Un vero traffico organizzato da sub-contractors che lavorano per l'Esercito e per l'Exchange Service dell'Aeronautica: nome che dovrebbe indicare l'ufficio che si occupa di organizzare la ristorazione ma che evidentemente si occupa anche di altro.
Appena atterrate le poverette vengono private del passaporto. C'è anche un prezzo per il riscatto: 1100 dollari. Una cifra enorme visto che si prostituiscono per pochi dollari.
La fabbrica del sesso è ancora più solida in Afghanistan. Qui già quattro anni fa un centinaio di cinesi furono liberate in una serie di blitz che invece dei Taliban colpirono i bordelli. Ma il traffico è continuato. Con l'"acquisto" di una donna per ventimila dollari un manager della ArmorGroup,
l'azienda che fino a poco tempo fa si occupava della sicurezza dell'ambasciata americana a Kabul, si vantava di poter organizzare un traffico redditizio. L'inchiesta partita da una soffiata è arrivata ai piani alti dell'Fbi. Ma qui si è fermata.
I federali sostengono di non avere mezzi sufficienti. Nelle zone di guerra sono schierati una quarantina di agenti ma già hanno il loro bel daffare a occuparsi di truffe e corruzione. Ma gli attivisti dei diritti umani hanno un'altra spiegazione: la verità è che le autorità preferiscono chiudere un occhio. Dice Christopher H. Smith, un deputato autore di una legge antitraffico, per la cronaca repubblicano: com'è possibile tollerare che questa gente possa sfruttare le donne con i soldi che noi paghiamo? (19 luglio 2010)
venerdì 23 luglio 2010
pc quotidiano 23 luglio - jessica deve rientrare al lavoro !
milano
una piccola delegazione del mfpr ha partecipato al presidio per la riassunzione di Jessica, a cui è stata portata la solidarietà delle
compagne, delle precarie e disoccupate in lotta di Taranto, Palermo.
Jessica ha accolto con grande commozione, stupore e contentezza la solidarietà da realtà e città diverse.
La lotta è ancora lunga e difficile. Tanti cartelli a sottolineare il sostanziale maschilismo dell' ATM "licenziata perchè donna". Durante il
presidio l'azienda ha concesso un incontro-ma senza la partecipazione di Jessica- in cui sostanzialmente non ha proposto nulla di nuovo: un contratto a termine, in mansioni diverse, con stipendio più basso etc, in cambio la rinuncia ad avanzare "pretese", cioè l'assunzione a tempo indeterminato come autista, nei confronti di ATM.
E pensare che, in pompa magna, per l'8 marzo "..con il sostegno di sindaco e consiglieri di tutti i partiti.." era stata lanciata la proposta del nido anche in ATM per migliorare la condizione delle lavoratrici (sic!)
......Jessica Capozzi è stata licenziata da ATM. Finito il contratto a termine,non l'hanno più rinnovato. Jessica ha perso il lavoro, la casa, la
possibilità di pensare al proprio futuro. Da allora vive e protesta in macchina di fronte al deposito ATM di via Palmanova.
E' stata licenziata nonostante le ore di straordinario all'ATM siano senza fine, nonostante ci sia necessità di più autisti e più mezzi.
Jessica Capozzi condivide la sorte di tutti gli altri precari, il ricatto continuo di dover chinare la testa e subire umiliazioni per paura del
mancato rinnovo di quel contratto di schiavitù che è il precariato,l'impossibilità di costruirsi un futuro senza la garanzia di un posto di
lavoro a tempo indeterminato.Poco importano le motivazioni pretestuose che hanno portato al mancato
rinnovo del contratto. La vera colpa di Jessica è quella di non averaccettato passivamente la situazione durante il periodo di lavoro, e,
soprattutto di aver osato alzare la testa e rivendicare i propri diritti dopo il licenziamento.....
una piccola delegazione del mfpr ha partecipato al presidio per la riassunzione di Jessica, a cui è stata portata la solidarietà delle
compagne, delle precarie e disoccupate in lotta di Taranto, Palermo.
Jessica ha accolto con grande commozione, stupore e contentezza la solidarietà da realtà e città diverse.
La lotta è ancora lunga e difficile. Tanti cartelli a sottolineare il sostanziale maschilismo dell' ATM "licenziata perchè donna". Durante il
presidio l'azienda ha concesso un incontro-ma senza la partecipazione di Jessica- in cui sostanzialmente non ha proposto nulla di nuovo: un contratto a termine, in mansioni diverse, con stipendio più basso etc, in cambio la rinuncia ad avanzare "pretese", cioè l'assunzione a tempo indeterminato come autista, nei confronti di ATM.
E pensare che, in pompa magna, per l'8 marzo "..con il sostegno di sindaco e consiglieri di tutti i partiti.." era stata lanciata la proposta del nido anche in ATM per migliorare la condizione delle lavoratrici (sic!)
......Jessica Capozzi è stata licenziata da ATM. Finito il contratto a termine,non l'hanno più rinnovato. Jessica ha perso il lavoro, la casa, la
possibilità di pensare al proprio futuro. Da allora vive e protesta in macchina di fronte al deposito ATM di via Palmanova.
E' stata licenziata nonostante le ore di straordinario all'ATM siano senza fine, nonostante ci sia necessità di più autisti e più mezzi.
Jessica Capozzi condivide la sorte di tutti gli altri precari, il ricatto continuo di dover chinare la testa e subire umiliazioni per paura del
mancato rinnovo di quel contratto di schiavitù che è il precariato,l'impossibilità di costruirsi un futuro senza la garanzia di un posto di
lavoro a tempo indeterminato.Poco importano le motivazioni pretestuose che hanno portato al mancato
rinnovo del contratto. La vera colpa di Jessica è quella di non averaccettato passivamente la situazione durante il periodo di lavoro, e,
soprattutto di aver osato alzare la testa e rivendicare i propri diritti dopo il licenziamento.....
pc quotidiano 23 luglio - Immigrati, rivolta e fuga dal Cie
Non si fermano le proteste e le rivolte nei Centri di identificazione ed espulsione, dove le condizioni diventano sempre più difficili, per effetto del pacchetto sicurezza che ha introdotto il reato di clandestinità ed allungato i tempi di permanenza da 2 a 6 mesi nei Cie.
Alberto Bruno, commissario provinciale della Croce Rossa, che gestisce il centro di via Corelli a Milano:”La protesta non è maturata per il malcontento per la situazione degli ospiti ma per favorire la fuga di qualcuno”: il riferimento è alla contemporaneità della rivolta di domenica scorsa in Corellie e nel Cie di Gradisca, in provincia di Gorizia.
Appaiono paradossali le dichiarazioni di Bruno: che significa, infatti, affermare, come fa, che la protesta non è maturata per il malcontento: come si può plausibilmente pensare che qualcuno possa essere contento di venire rinchiuso, privato della propria libertà e del proprio futuro per un'aberrazione giuridica quale è il reato di clandestinità? E non basta certo a rendere più “leggera” la condizione degli immigrati il fatto che non è un carcere, come tiene a sottolineare sempre Bruno. E, poi, se non è un carcere perchè si parla di evasioni?
La realtà è che il pacchetto sicurezza ha introdotto norme liberticide e razziste, legittima le discriminazioni sulla base del luogo di nascita, spande razzismo a piene mani, rendendo la vita veramente difficile agli immigrati dentro e fuori, nella vita quotidiana e in tutti gli aspetti della loro vita. Li vuole rendere eterni cittadini di serie B, con diritti precari e sempre revocabili.
Bene, quindi, se anche all'interno dei Cie gli immigrati cominciano ad organizzarsi, rafforzando la lotta nei vari Cie, ma, in generale, la lotta contro razzismo, politiche discriminatorie, sfruttamento. Ma vediamo bene, come sia l'embrionale organizzazione degli immigrati, sia le azioni dei solidali che hanno come campo specifico di intervento l'antirazzismo, pur con un costante lavoro di denuncia e controinformazione che ha permesso di conoscere tanto dei meccanismi dei Cie, delle condizioni degli “ospiti”, sino ai tentativi di stupro, non siano stati ancora in grado di fermare il razzismo di stato e i provvedimenti conseguenti.
I limiti principali, crediamo, stanno nel fatto che ancora non si sia stati in grado, nonostante la grande di creare organismi di massa, ma ci si limita ad agire e a coordinarsi sulla base delle affinità e sopratutto che il campo d'azione non è a 360°, il razzismo viene inteso come la forma più “alta”, il concentrato di tutte le forme di oppressione, che tutte le comprende; questo, da un lato, impedisce di creare strumenti e lotta concreta nei terreni specifici -oppressione delle donne, repressione.., e dare spazio, il giusto e necessario contributo ad esempio delle femministe, delle donne in lotta le si marginalizza e, in certo modo, si banalizza il loro protagonismo; dall'altro, paradossalmente, invece che creare le condizioni per l'unità tra proletari italiani e stranieri, tra donne italiane e straniere, crea i presupposti per una condizione di subalternità, oltreche oscurare l'oppressione, sminuire l'oppressione delle/degli italiane/i e non far comprendere come l'oppressione dell'uno serve per meglio opprimere e reprimere l'altro.
Dalla denuncia delle aberrazioni giuridiche alle campagne per il ritiro del pacchetto sicurezza, alla solidarietà concreta verso gli immigrati sia dentro che fuori i Cie, la lotta contro il governo Berlusconi, ma anche contro i governi locali che hanno fatto da apripista alle leggi razziste con ordinanze, sgomberi di campi rom, criminalizzazione degli immigrati; come le norme contenute nel pacchetto sicurezza dimostrano che l'attacco è a 360° e non si limitano ad intervenire e a criminalizzare solo gli immigrati, ma sono frutto di concezioni beceramente maschiliste-il pacchetto sicurezza è stato “giustificato” da violenze sessuali subite da donne da parte di immigrati, mentre la maggior parte di violenze le donne le subiscono all'interno della famiglia-; repressive-nel pacchetto sicurezza sono contenute norme di divieto di cortei creando una sorte di zone rosse, norme antigraffitari-; di irrigimentazione e controllo autoritario della società-con l'istituzionalizzazione delle ronde, ma in generale con la militarizzazione delle città; così la lotta deve essere a 360° e richiede strumenti, organismi e forme di lotta articolati. In questa direzione, con piccoli passi, ci stiamo adoperando.
Milano, 23 luglio 2010
Alberto Bruno, commissario provinciale della Croce Rossa, che gestisce il centro di via Corelli a Milano:”La protesta non è maturata per il malcontento per la situazione degli ospiti ma per favorire la fuga di qualcuno”: il riferimento è alla contemporaneità della rivolta di domenica scorsa in Corellie e nel Cie di Gradisca, in provincia di Gorizia.
Appaiono paradossali le dichiarazioni di Bruno: che significa, infatti, affermare, come fa, che la protesta non è maturata per il malcontento: come si può plausibilmente pensare che qualcuno possa essere contento di venire rinchiuso, privato della propria libertà e del proprio futuro per un'aberrazione giuridica quale è il reato di clandestinità? E non basta certo a rendere più “leggera” la condizione degli immigrati il fatto che non è un carcere, come tiene a sottolineare sempre Bruno. E, poi, se non è un carcere perchè si parla di evasioni?
La realtà è che il pacchetto sicurezza ha introdotto norme liberticide e razziste, legittima le discriminazioni sulla base del luogo di nascita, spande razzismo a piene mani, rendendo la vita veramente difficile agli immigrati dentro e fuori, nella vita quotidiana e in tutti gli aspetti della loro vita. Li vuole rendere eterni cittadini di serie B, con diritti precari e sempre revocabili.
Bene, quindi, se anche all'interno dei Cie gli immigrati cominciano ad organizzarsi, rafforzando la lotta nei vari Cie, ma, in generale, la lotta contro razzismo, politiche discriminatorie, sfruttamento. Ma vediamo bene, come sia l'embrionale organizzazione degli immigrati, sia le azioni dei solidali che hanno come campo specifico di intervento l'antirazzismo, pur con un costante lavoro di denuncia e controinformazione che ha permesso di conoscere tanto dei meccanismi dei Cie, delle condizioni degli “ospiti”, sino ai tentativi di stupro, non siano stati ancora in grado di fermare il razzismo di stato e i provvedimenti conseguenti.
I limiti principali, crediamo, stanno nel fatto che ancora non si sia stati in grado, nonostante la grande di creare organismi di massa, ma ci si limita ad agire e a coordinarsi sulla base delle affinità e sopratutto che il campo d'azione non è a 360°, il razzismo viene inteso come la forma più “alta”, il concentrato di tutte le forme di oppressione, che tutte le comprende; questo, da un lato, impedisce di creare strumenti e lotta concreta nei terreni specifici -oppressione delle donne, repressione.., e dare spazio, il giusto e necessario contributo ad esempio delle femministe, delle donne in lotta le si marginalizza e, in certo modo, si banalizza il loro protagonismo; dall'altro, paradossalmente, invece che creare le condizioni per l'unità tra proletari italiani e stranieri, tra donne italiane e straniere, crea i presupposti per una condizione di subalternità, oltreche oscurare l'oppressione, sminuire l'oppressione delle/degli italiane/i e non far comprendere come l'oppressione dell'uno serve per meglio opprimere e reprimere l'altro.
Dalla denuncia delle aberrazioni giuridiche alle campagne per il ritiro del pacchetto sicurezza, alla solidarietà concreta verso gli immigrati sia dentro che fuori i Cie, la lotta contro il governo Berlusconi, ma anche contro i governi locali che hanno fatto da apripista alle leggi razziste con ordinanze, sgomberi di campi rom, criminalizzazione degli immigrati; come le norme contenute nel pacchetto sicurezza dimostrano che l'attacco è a 360° e non si limitano ad intervenire e a criminalizzare solo gli immigrati, ma sono frutto di concezioni beceramente maschiliste-il pacchetto sicurezza è stato “giustificato” da violenze sessuali subite da donne da parte di immigrati, mentre la maggior parte di violenze le donne le subiscono all'interno della famiglia-; repressive-nel pacchetto sicurezza sono contenute norme di divieto di cortei creando una sorte di zone rosse, norme antigraffitari-; di irrigimentazione e controllo autoritario della società-con l'istituzionalizzazione delle ronde, ma in generale con la militarizzazione delle città; così la lotta deve essere a 360° e richiede strumenti, organismi e forme di lotta articolati. In questa direzione, con piccoli passi, ci stiamo adoperando.
Milano, 23 luglio 2010
pc quotidiano 23 luglio - I PROLETARI DEL CIRCOLO DI TARANTO DI PROLETARI COMUNISTI STUDIANO IL "MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA"
Questa settimana sono iniziate nel circolo di Proletari comunisti di Taranto le riunioni per la formazione marxista, leninista, maoista dei proletari (lavoratrici precarie, disoccupati, e disoccupate, operai).
Su richiesta degli stessi lavoratori si è iniziato da Marx e dal "Manifesto del Partito comunista", per la comprensione delle basi della lotta di classe tra borghesia e proletariato e del ruolo dei comunisti.
Una comprensione che sia arma per l'azione, uno studio che fornisca strumenti teorici, frutto anch'essi di tutta la storia della lotta del proletariato contro la borghesia, indispensabili per l'autonomia di analisi, di idee dei proletari avanzati che vogliono andare oltre la lotta sindacale e costruire le condizioni organizzative, ideologiche, politiche, in primis il partito comunista di tipo nuovo, per una effettiva emancipazione dal sistema dei padroni.
Su questo i comunisti maoisti, di provenienza intellettuale, non devono fare i presuntuosi (a volte anche ciucci e presuntuosi), tantomeno stare a "lisciare" le difficoltà dei proletari che vogliono avanzare, ma devono porsi al servizio dell'avanzamento anche intellettuale dei lavoratori, che più di ogni altro sanno trasformare ogni conoscenza in avanzamento della pratica.
La riunione da un lato ha mostrato la "facilità" proprio per i proletari dell'elaborazione di Marx, di Engels, perchè risponde e chiarisce in modo inequivocabile il perchè delle forti, insanabili contrasti di classe che vivono ogni giorno e che emergono palesemente appena viene portata avanti una vera lotta (come ora per molti di loro quella dei disoccupati) - da qui, i compagni via via che si andava avanti nella lettura del 'Manifesto' scoprivano l'attualità di questo testo, come esso raffigura e risponda in pieno alle questioni generali e particolari che i lavoratori e le lavoratrici vivono, vedi la crisi odierna, la sua vera causa e come i padroni la scaricano sugli operai e le masse popolari; dall'altra che questo tipo di riunioni di formazione chiama i compagni e le compagne proletari/e ad uno sforzo, ad elevarsi, a sfidare anche su questo terreno la borghesia che vuole tenerli ignoranti e succubi intellettualmente. Soprattutto i proletari devono osare e guardare in alto, per impossessarsi della teoria che serva come arma per la prassi rivoluzionaria.
Nella riunione è stato approfondito soprattutto il 1° capitolo de il "Manifesto" e in particolare sono stati sottolineati e discussi alcuni passaggi:
- L'epoca della borghesia ha posto in maniera nuda e cruda il conflitto di fondo di questa società tra due grandi classi: borghesia e proletariato; questo conflitto non ha visto affatto in tutti questi decenni e fino ad oggi delle modifiche di fondo, i proletari, gli operai sono tuttora a livello mondiale non solo la classe determinante dello scontro sociale e politico, ma quella più numerosa dalle nuove città del capitalismo selvaggio dei paesi oppressi, agli imperialismi emergenti, di India, Cina, agli stessi nostri paesi imperialisti.
- La borghesia per la necessità di svilupparsi, aumentare profitti, sempre e dovunque, è globalizzata, ma questo non è un ostacolo alla lotta dei proletari o non rende inefficace la lotta in ogni paese, ma rende sempre più vera la frase de il "Manifesto": proletari di tutti i paesi unitevi! Questo rende anche la questione degli immigrati una questione prima di tutto di unità di classe.
- La borghesia ha spazzato via tutti i precedenti legami, rapporti, tutte le precedenti credenze e concetti; questo è stato prima di tutto un bene, perchè ha spazzato via ogni falsa catena e ipocrisia; coloro che invece ancora oggi a fronte della brutalità, della putrefazione dell'azione economica, politica, ideologica, della borghesia, vogliono una sorta di ritorno all'indietro, ai valori persi, devono trovare proprio nei proletari avanzati, nei comunisti quelli che chiamano a non tenere girata la testa all'indietro ma a conquistare un nuovo mondo; in questa lotta i proletari non sono soli ma devono essere in grado attraverso la loro azione organizzata di unire tutti i settori sociali ugualmente sfruttati, oppressi, schiacciati dalla borghesia.
- La borghesia come è stata progressiva rispetto ai sistemi sociali precedenti, oggi è un mostro che deve essere distrutto: "la società borghese che ha fatto nascere come d'incanto così possenti mezzi di produzione e di scambio, può paragonarsi allo stregone che non è più capace di dominare le potenze degli inferi da lui stesso evocate" (da "Manifesto del partito comunista"). Questo rende la lotta dei proletari per rovesciare questo mostro (i veri becchini della borghesia creati dalla borghesia stessa) da un lato necessaria, dall'altro inevitabile e niente la potrà impedire al di là degli avanzamenti e rovesci.
- Ma il punto su cui ci si è soffermati di più nella riunione è la frase nel "Manifesto" che dice: "Di quando in quando gli operai riportano la vittoria, ma solo temporanea. Il risultato vero e proprio della loro lotta non è il successo immediato, bensì l'unione sempre più estesa degli operai". Il risultato vero e' L'UNIONE, su questo nella riunione gli stessi lavoratori, disoccupati, disoccupate, hanno portato anche esempi diretti, provenienti dalla loro pratica di lotta a dimostrazione di quanto questa frase sia vera e profonda e di come la borghesia e tutte le sue forze, politiche, istituzionali, mass media, sindacali cerchino di spezzare la lotta e le forze dei proletari e delle masse popolari proprio agendo su questo aspetto. Ma nello stesso tempo i lavoratori hanno cominciato a comprendere che non è con gli appelli "morali" che si realizza l'Unità, ma con l'attività coerente, chiara e determinata, a partire dall'unione dei proletari avanzati nella costruzione del loro partito, oggi il partito comunista marxista leninista maoista.
Il circolo di Proletari comunisti si è dato appuntamento alla prossima settimana per proseguire questo importante lavoro di autoformazione.
Su richiesta degli stessi lavoratori si è iniziato da Marx e dal "Manifesto del Partito comunista", per la comprensione delle basi della lotta di classe tra borghesia e proletariato e del ruolo dei comunisti.
Una comprensione che sia arma per l'azione, uno studio che fornisca strumenti teorici, frutto anch'essi di tutta la storia della lotta del proletariato contro la borghesia, indispensabili per l'autonomia di analisi, di idee dei proletari avanzati che vogliono andare oltre la lotta sindacale e costruire le condizioni organizzative, ideologiche, politiche, in primis il partito comunista di tipo nuovo, per una effettiva emancipazione dal sistema dei padroni.
Su questo i comunisti maoisti, di provenienza intellettuale, non devono fare i presuntuosi (a volte anche ciucci e presuntuosi), tantomeno stare a "lisciare" le difficoltà dei proletari che vogliono avanzare, ma devono porsi al servizio dell'avanzamento anche intellettuale dei lavoratori, che più di ogni altro sanno trasformare ogni conoscenza in avanzamento della pratica.
La riunione da un lato ha mostrato la "facilità" proprio per i proletari dell'elaborazione di Marx, di Engels, perchè risponde e chiarisce in modo inequivocabile il perchè delle forti, insanabili contrasti di classe che vivono ogni giorno e che emergono palesemente appena viene portata avanti una vera lotta (come ora per molti di loro quella dei disoccupati) - da qui, i compagni via via che si andava avanti nella lettura del 'Manifesto' scoprivano l'attualità di questo testo, come esso raffigura e risponda in pieno alle questioni generali e particolari che i lavoratori e le lavoratrici vivono, vedi la crisi odierna, la sua vera causa e come i padroni la scaricano sugli operai e le masse popolari; dall'altra che questo tipo di riunioni di formazione chiama i compagni e le compagne proletari/e ad uno sforzo, ad elevarsi, a sfidare anche su questo terreno la borghesia che vuole tenerli ignoranti e succubi intellettualmente. Soprattutto i proletari devono osare e guardare in alto, per impossessarsi della teoria che serva come arma per la prassi rivoluzionaria.
Nella riunione è stato approfondito soprattutto il 1° capitolo de il "Manifesto" e in particolare sono stati sottolineati e discussi alcuni passaggi:
- L'epoca della borghesia ha posto in maniera nuda e cruda il conflitto di fondo di questa società tra due grandi classi: borghesia e proletariato; questo conflitto non ha visto affatto in tutti questi decenni e fino ad oggi delle modifiche di fondo, i proletari, gli operai sono tuttora a livello mondiale non solo la classe determinante dello scontro sociale e politico, ma quella più numerosa dalle nuove città del capitalismo selvaggio dei paesi oppressi, agli imperialismi emergenti, di India, Cina, agli stessi nostri paesi imperialisti.
- La borghesia per la necessità di svilupparsi, aumentare profitti, sempre e dovunque, è globalizzata, ma questo non è un ostacolo alla lotta dei proletari o non rende inefficace la lotta in ogni paese, ma rende sempre più vera la frase de il "Manifesto": proletari di tutti i paesi unitevi! Questo rende anche la questione degli immigrati una questione prima di tutto di unità di classe.
- La borghesia ha spazzato via tutti i precedenti legami, rapporti, tutte le precedenti credenze e concetti; questo è stato prima di tutto un bene, perchè ha spazzato via ogni falsa catena e ipocrisia; coloro che invece ancora oggi a fronte della brutalità, della putrefazione dell'azione economica, politica, ideologica, della borghesia, vogliono una sorta di ritorno all'indietro, ai valori persi, devono trovare proprio nei proletari avanzati, nei comunisti quelli che chiamano a non tenere girata la testa all'indietro ma a conquistare un nuovo mondo; in questa lotta i proletari non sono soli ma devono essere in grado attraverso la loro azione organizzata di unire tutti i settori sociali ugualmente sfruttati, oppressi, schiacciati dalla borghesia.
- La borghesia come è stata progressiva rispetto ai sistemi sociali precedenti, oggi è un mostro che deve essere distrutto: "la società borghese che ha fatto nascere come d'incanto così possenti mezzi di produzione e di scambio, può paragonarsi allo stregone che non è più capace di dominare le potenze degli inferi da lui stesso evocate" (da "Manifesto del partito comunista"). Questo rende la lotta dei proletari per rovesciare questo mostro (i veri becchini della borghesia creati dalla borghesia stessa) da un lato necessaria, dall'altro inevitabile e niente la potrà impedire al di là degli avanzamenti e rovesci.
- Ma il punto su cui ci si è soffermati di più nella riunione è la frase nel "Manifesto" che dice: "Di quando in quando gli operai riportano la vittoria, ma solo temporanea. Il risultato vero e proprio della loro lotta non è il successo immediato, bensì l'unione sempre più estesa degli operai". Il risultato vero e' L'UNIONE, su questo nella riunione gli stessi lavoratori, disoccupati, disoccupate, hanno portato anche esempi diretti, provenienti dalla loro pratica di lotta a dimostrazione di quanto questa frase sia vera e profonda e di come la borghesia e tutte le sue forze, politiche, istituzionali, mass media, sindacali cerchino di spezzare la lotta e le forze dei proletari e delle masse popolari proprio agendo su questo aspetto. Ma nello stesso tempo i lavoratori hanno cominciato a comprendere che non è con gli appelli "morali" che si realizza l'Unità, ma con l'attività coerente, chiara e determinata, a partire dall'unione dei proletari avanzati nella costruzione del loro partito, oggi il partito comunista marxista leninista maoista.
Il circolo di Proletari comunisti si è dato appuntamento alla prossima settimana per proseguire questo importante lavoro di autoformazione.
pc quotidiano 23 luglio - liberi gli antifascisti di Pistoia
Comitato Genitori e Amici Arrestati a Pistoia
>
> IL TRIBUNALE DEL RIESAME DI FIRENZE HA SENTENZIATO: TUTTI GLI IMPUTATI
> LIBERI DALLE MISURE CAUTELARI
> Accolto totalmente l'appello della difesa! Caduta l'accusa di devstazione
> e
> saccheggio e cancellate le misure cautelari
>
> finalmente siamo tutti liberi!
>
> Grazie a tutti e un abbraccio fortissimo a tutti coloro che hanno creduto
> in
> noi e che ci sono stati vicino!
>
> Ale, Ely , Vitto e Selva
>
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> IL TRIBUNALE DEL RIESAME DI FIRENZE HA SENTENZIATO: TUTTI GLI IMPUTATI
> LIBERI DALLE MISURE CAUTELARI
> Accolto totalmente l'appello della difesa! Caduta l'accusa di devstazione
> e
> saccheggio e cancellate le misure cautelari
>
> finalmente siamo tutti liberi!
>
> Grazie a tutti e un abbraccio fortissimo a tutti coloro che hanno creduto
> in
> noi e che ci sono stati vicino!
>
> Ale, Ely , Vitto e Selva
>
>
pc quotidiano 23 luglio - Fiat comunicato nazionale dello slai cobas per il sindacato di classe
comunicato
a fronte dell'emergere degli ulteriori aspetti del piano fiat -
ridimensionamento mirafiori - la risposta dei lavoratori deve puntare
a far cadere l'intero piano con l'unità operaia, contro la divisione
sindacale innescata dai sindacati del padrone e contro la frammentazione per
stabilimenti, presente anche nei sindacati d'opposizione, nei lavoratori e
alimentata da governo, partiti e istituzioni locali - a cui non esiste
tuttora una risposta all'altezza nel sindacalismo di base e di classe e nei
gruppi operai che pure da posizioni di classe sono ispirati
la costruzione dell'unità operaia e di classe è l'impegno e la battaglia
dello slai cobas per il sindacato di classe e non si tratta solo di una
posizione ma di lavoro ispirato al metodo dell' unità lotta trasformazione
che orienta il nostro lavoro verso tutti gli stabilimenti
fiat
in particolare puntiamo e partiamo da
fiat termini imerese
fiat sata
fiat pomigliano
fiat mirafiori
e puntiamo a toccare anche fiat modena e fiat termoli - pratola serra
questo lavoro prende a parziale esempio, le esperienze positive della 'rete
nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro' e richiede un lavoro non
solo 'interno ' ma con una struttura organizzata nazionale adatta
sin da questi giorni essa va proposta, messa in moto e organizzata
a metà settembre sarà operativa
noi siamo sicuri che lavorando con umiltà e determinazione, nel fuoco dello
scontro fiat e in stretto legame con la massa operaia
questa impresa andrà avanti e otterrà risultati nell'interesse degli operai,
di tutto il proletariato e della lotta di classe
è inutile dire che la nostra proposta ha bisogno di operai d'avanguardia e
militanti, di fondi e strumenti
per questo chiediamo a tutti coloro che la condividono di contribuire e di lavorare insieme
slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
23 luglio 2010
cobasta@libero.it
347-1102638
a fronte dell'emergere degli ulteriori aspetti del piano fiat -
ridimensionamento mirafiori - la risposta dei lavoratori deve puntare
a far cadere l'intero piano con l'unità operaia, contro la divisione
sindacale innescata dai sindacati del padrone e contro la frammentazione per
stabilimenti, presente anche nei sindacati d'opposizione, nei lavoratori e
alimentata da governo, partiti e istituzioni locali - a cui non esiste
tuttora una risposta all'altezza nel sindacalismo di base e di classe e nei
gruppi operai che pure da posizioni di classe sono ispirati
la costruzione dell'unità operaia e di classe è l'impegno e la battaglia
dello slai cobas per il sindacato di classe e non si tratta solo di una
posizione ma di lavoro ispirato al metodo dell' unità lotta trasformazione
che orienta il nostro lavoro verso tutti gli stabilimenti
fiat
in particolare puntiamo e partiamo da
fiat termini imerese
fiat sata
fiat pomigliano
fiat mirafiori
e puntiamo a toccare anche fiat modena e fiat termoli - pratola serra
questo lavoro prende a parziale esempio, le esperienze positive della 'rete
nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro' e richiede un lavoro non
solo 'interno ' ma con una struttura organizzata nazionale adatta
sin da questi giorni essa va proposta, messa in moto e organizzata
a metà settembre sarà operativa
noi siamo sicuri che lavorando con umiltà e determinazione, nel fuoco dello
scontro fiat e in stretto legame con la massa operaia
questa impresa andrà avanti e otterrà risultati nell'interesse degli operai,
di tutto il proletariato e della lotta di classe
è inutile dire che la nostra proposta ha bisogno di operai d'avanguardia e
militanti, di fondi e strumenti
per questo chiediamo a tutti coloro che la condividono di contribuire e di lavorare insieme
slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
23 luglio 2010
cobasta@libero.it
347-1102638
pc quotidiano 23 luglio - fiat .. da termini imerese
Come è andata l'assemblea del 21 a termini imerese.
Circa 200 (e non 500 come dice la Fiom) delegati Fiom provenienti da diverse parti della Sicilia hanno partecipato all’assemblea, tenutasi nella villa comunale di Termini Imerese, il 21 luglio, indetta dalla Fiom su indicazione della Fiom nazionale, operai non delegati veramente pochi, nonostante lo sciopero di 8 ore indetto per l’occasione che ha visto una partecipazione non esaltante.
È stata una assemblea abbastanza noiosa e inconcludente rispetto a contenuti e modalità.
D’altronde se fosse stato per la Fiom locale non si sarebbe fatta nemmeno questa assemblea… lo ha anche ricordato un operaio della Ergom: “ringraziamo Landini per aver riacceso i riflettori su Termini”!
L’intento dichiarato non era quello di fare una discussione tra operai e decidere come continuare ad agire in risposta alla chiusura della fabbrica decisa dalla Fiat di Marchionne, ma di invitare le autorità locali e soprattutto esponenti politici della Regione Siciliana per avere delle risposte.
Anche questo intento non è riuscito per l’assenza di politici della Regione, dell’assessore all’industria Venturi e del presidente Lombardo… e quindi c’è stata una serie di interventi senza proposte concrete, a parte quelle portate già pronte da Landini: il 28 luglio a Roma un incontro con i parlamentari e il 16 ottobre (Sabato) manifestazione nazionale dei metalmeccanici e di tutti i lavoratori a Roma.
È stato denunciato genericamente il processo di deindustrializzazione in Sicilia, le tante vertenze aperte ancora senza risposta, ma non è stata detta una parola sulla linea e sulle forme di lotta per fermare questo processo, soprattutto dopo gli ultimi attacchi agli operai con licenziamenti politici; non una parola su proposte più incisive, come una manifestazione di rilievo nazionale davanti ad una fabbrica simbolo degli effetti primi e ultimi del piano marchionne, la chiusura della fiat di termini imerese (siamo gli unici a dirlo portandolo nel volantino che abbiamo distribuito e relativamente ben accolto):
La Fiom dice che non è una questione locale ma centrale e nazionale, ma nei fatti continua a non porla davvero al centro; tutti hanno detto che non c’è più tempo ma a cominciare dai responsabili Fiom locali, come Mastrosimone, continuano a non tener fede neanche alle parole che dicono. Anche in questa assemblea hanno dovuto ricordarlo altri, il sindaco e il prete (che ha addirittura detto che “bisogna riprendere il coraggio di osare del 2002”), nei loro interventi che “servono altre iniziative”, “Termini è un simbolo per tutto il paese…” e soprattutto che “non si sente la presenza dei lavoratori [rispetto al passato]!”
Gli unici applausi a scena aperta e sinceri sono stati quelli dedicati agli operai di Pomigliano che hanno saputo dire di no al padrone… e la solidarietà ai licenziati.
La scaletta degli interventi già predisposta e la parola veniva data solo ai delegati Fiom e ai politici, che però tranne un senatore di IdV e un rappresentante del PD, non c’erano.
una assemblea inutile o meglio utile a capire che non è questa la strada
che fermerà il piano Fiat e bloccherà la chiusura di termini Imerese
dal
comitato di sosstegno alla lotta contro la chiusura
palermo-termini imerese
22-7-2010
Circa 200 (e non 500 come dice la Fiom) delegati Fiom provenienti da diverse parti della Sicilia hanno partecipato all’assemblea, tenutasi nella villa comunale di Termini Imerese, il 21 luglio, indetta dalla Fiom su indicazione della Fiom nazionale, operai non delegati veramente pochi, nonostante lo sciopero di 8 ore indetto per l’occasione che ha visto una partecipazione non esaltante.
È stata una assemblea abbastanza noiosa e inconcludente rispetto a contenuti e modalità.
D’altronde se fosse stato per la Fiom locale non si sarebbe fatta nemmeno questa assemblea… lo ha anche ricordato un operaio della Ergom: “ringraziamo Landini per aver riacceso i riflettori su Termini”!
L’intento dichiarato non era quello di fare una discussione tra operai e decidere come continuare ad agire in risposta alla chiusura della fabbrica decisa dalla Fiat di Marchionne, ma di invitare le autorità locali e soprattutto esponenti politici della Regione Siciliana per avere delle risposte.
Anche questo intento non è riuscito per l’assenza di politici della Regione, dell’assessore all’industria Venturi e del presidente Lombardo… e quindi c’è stata una serie di interventi senza proposte concrete, a parte quelle portate già pronte da Landini: il 28 luglio a Roma un incontro con i parlamentari e il 16 ottobre (Sabato) manifestazione nazionale dei metalmeccanici e di tutti i lavoratori a Roma.
È stato denunciato genericamente il processo di deindustrializzazione in Sicilia, le tante vertenze aperte ancora senza risposta, ma non è stata detta una parola sulla linea e sulle forme di lotta per fermare questo processo, soprattutto dopo gli ultimi attacchi agli operai con licenziamenti politici; non una parola su proposte più incisive, come una manifestazione di rilievo nazionale davanti ad una fabbrica simbolo degli effetti primi e ultimi del piano marchionne, la chiusura della fiat di termini imerese (siamo gli unici a dirlo portandolo nel volantino che abbiamo distribuito e relativamente ben accolto):
La Fiom dice che non è una questione locale ma centrale e nazionale, ma nei fatti continua a non porla davvero al centro; tutti hanno detto che non c’è più tempo ma a cominciare dai responsabili Fiom locali, come Mastrosimone, continuano a non tener fede neanche alle parole che dicono. Anche in questa assemblea hanno dovuto ricordarlo altri, il sindaco e il prete (che ha addirittura detto che “bisogna riprendere il coraggio di osare del 2002”), nei loro interventi che “servono altre iniziative”, “Termini è un simbolo per tutto il paese…” e soprattutto che “non si sente la presenza dei lavoratori [rispetto al passato]!”
Gli unici applausi a scena aperta e sinceri sono stati quelli dedicati agli operai di Pomigliano che hanno saputo dire di no al padrone… e la solidarietà ai licenziati.
La scaletta degli interventi già predisposta e la parola veniva data solo ai delegati Fiom e ai politici, che però tranne un senatore di IdV e un rappresentante del PD, non c’erano.
una assemblea inutile o meglio utile a capire che non è questa la strada
che fermerà il piano Fiat e bloccherà la chiusura di termini Imerese
dal
comitato di sosstegno alla lotta contro la chiusura
palermo-termini imerese
22-7-2010
giovedì 22 luglio 2010
speciale fiat 5 - nuovo numero
si tratta del quinto speciale
nel blog anche gli altri 4
disponibili in forma scaricabile e stampabile
leggi,diffondi
nel blog anche gli altri 4
disponibili in forma scaricabile e stampabile
leggi,diffondi
speciale fiat 5 - 1 - il dominio e il sabotaggio
Per comprendere la natura dello scontro in atto alla Fiat è sempre necessario guardare all'essenziale. Il piano Marchionne costituisce un salto di qualità non tanto e non solo nel mirabolante tentativo di reggere alla concorrenza mondiale nella crisi – questo è comune a tutti i grandi gruppi automobilistici, questa feroce concorrenza domanda condizioni di lavoro ed estorsione di pluslavoro massimizzato, domanda che si utilizzino tutte le condizioni ambientali e sociali nei diversi paesi del mondo e domanda che sindacati e governi sostengano gli sforzi produttivi dei padron; questo avviene sotto tutte le latitudini, sotto tutti i governi e con tutti i tipi di sindacato – ma sul piano più generale.
'La Repubblica' chiarisce nell'inserto economico del 19 luglio, che la scelta di Pomigliano è una sorta di scelta obbligata e niente affatto dipendente dalla volontà del nuovo padreterno della Fiat: “La Fiat se vuole avere una posizione importante in Europa non la può avere dalla Polonia o dalla Serbia, l'Italia resta e deve restare un suo importante mercato e base produttiva... non può più esserlo con l'organizzazione produttiva attuale costosa e frammentata, la soluzione è chiudere alcuni fabbriche (vedi Termini Imerese – ndr), oppure saturarle mettendole in grado di assorbire tutta la nuova crescita. E' la scelta fatta con Fabbrica Italia che però ora deve essere incrementata e soprattutto funzionale”.
Il salto di qualità del piano Marchionne, quindi, non sta tanto nel piano stesso quanto nel metodo sistemico con cui vuole imporre questo piano, in sintonia col governo come “comitato d'affari” e lo “Stato moderno rappresentativo” in trasformazione lungo la tendenza da regime di moderno fascismo. E' il fascismo padronale, quindi, l'aspetto chiave di questo piano che ne rappresenta il salto di qualità.
Di conseguenza i licenziamenti repressivi in corso sono effetto e sostanza di questo piano. Si tratta di licenziamenti politici non tanto per l'appartenenza politica dei licenziati – in questo, non sono una riedizione degli anni '50 o di Valletta – ma perchè rispecchiano l'elemento politico, sistemico, statuale del salto di qualità.
Lo stupore con cui i licenziamenti sono stati accolti, che sanzionano comportamenti abbastanza ordinari e normali che normalmente o non venivano sanzionati o venivano al massimo sanzionati con provvedimenti blandi dettati dalle normative, questo stupore stupore nasce dall'incomprensione del salto di qualità.
Non è certamente una critica ai delegati e operai licenziati, quanto un'esperienza diretta che gli operai Fiat stanno facendo attraverso la quale la classe prende coscienza della natura dello scontro in atto e, speriamo, che si attrezza per rispondere.
In questo quadro, la definizione esatta di come vengono visti le cosiddette “infrazioni” commesse dagli operai e che ne hanno prodotto i licenziamenti è quella della Marcegaglia che parla di: “iniziative di sabotaggio”.
Giustamente gli operai colpiti dai provvedimenti reagiscono indignati a questa accusa. E lo fa per tutti il segr. nazionale della Fiom, Landini che dal palco della manifestazione di Melfi del 16 luglio, dice che forse ci sono gli estremi per la querela per la Marcegaglia.
Ma questa dialettica non deve far oscurare la sostanza, perchè non riconoscere la sostanza non ci dà la giusta visione di ciò che sta avvenendo e neanche di come combatterlo.
Gli operai anche spontaneamente hanno reagito un po' diversamente dall'indignazione querelante di Landini; nella stessa manifestazione è stato detto: “noi sabotatori? Siete voi che state sabotando i diritti dei lavoratori, lo Statuto dei lavoratori, la stessa Costituzione”.
Questa denuncia è giusta e sacrosanta, ma anche qui è insufficiente. Quello che la Fiat sta facendo, i padroni vogliono fare, il governo e lo Stato vogliono sostenere, è la riformulazione del dominio, secondo il salto di qualità, che considera inaccettabili i comportamenti ordinari della lotta sindacale. Ma se questo è il loro punto di vista è del tutto evidente che effettivamente se si oppone al piano Fiat il sindacalismo di classe e se non si accetta il quadro entro cui esso si colloca, si tratta di un effettivo “sabotaggio” da cui certo non ritrarsi, ma anzi rendere sistematico, organizzato, massificato in fabbrica, rispetto al comando di fabbrica e al piano della sua organizzazione del lavoro e a tutti gli anelli contenuti nell'accordo Fiat, e fuori dalla fabbrica rispetto al ruolo che vi svolge il governo, lo Stato e tutto l'insieme del sistema di dominio al servizio del capitale.
'La Repubblica' chiarisce nell'inserto economico del 19 luglio, che la scelta di Pomigliano è una sorta di scelta obbligata e niente affatto dipendente dalla volontà del nuovo padreterno della Fiat: “La Fiat se vuole avere una posizione importante in Europa non la può avere dalla Polonia o dalla Serbia, l'Italia resta e deve restare un suo importante mercato e base produttiva... non può più esserlo con l'organizzazione produttiva attuale costosa e frammentata, la soluzione è chiudere alcuni fabbriche (vedi Termini Imerese – ndr), oppure saturarle mettendole in grado di assorbire tutta la nuova crescita. E' la scelta fatta con Fabbrica Italia che però ora deve essere incrementata e soprattutto funzionale”.
Il salto di qualità del piano Marchionne, quindi, non sta tanto nel piano stesso quanto nel metodo sistemico con cui vuole imporre questo piano, in sintonia col governo come “comitato d'affari” e lo “Stato moderno rappresentativo” in trasformazione lungo la tendenza da regime di moderno fascismo. E' il fascismo padronale, quindi, l'aspetto chiave di questo piano che ne rappresenta il salto di qualità.
Di conseguenza i licenziamenti repressivi in corso sono effetto e sostanza di questo piano. Si tratta di licenziamenti politici non tanto per l'appartenenza politica dei licenziati – in questo, non sono una riedizione degli anni '50 o di Valletta – ma perchè rispecchiano l'elemento politico, sistemico, statuale del salto di qualità.
Lo stupore con cui i licenziamenti sono stati accolti, che sanzionano comportamenti abbastanza ordinari e normali che normalmente o non venivano sanzionati o venivano al massimo sanzionati con provvedimenti blandi dettati dalle normative, questo stupore stupore nasce dall'incomprensione del salto di qualità.
Non è certamente una critica ai delegati e operai licenziati, quanto un'esperienza diretta che gli operai Fiat stanno facendo attraverso la quale la classe prende coscienza della natura dello scontro in atto e, speriamo, che si attrezza per rispondere.
In questo quadro, la definizione esatta di come vengono visti le cosiddette “infrazioni” commesse dagli operai e che ne hanno prodotto i licenziamenti è quella della Marcegaglia che parla di: “iniziative di sabotaggio”.
Giustamente gli operai colpiti dai provvedimenti reagiscono indignati a questa accusa. E lo fa per tutti il segr. nazionale della Fiom, Landini che dal palco della manifestazione di Melfi del 16 luglio, dice che forse ci sono gli estremi per la querela per la Marcegaglia.
Ma questa dialettica non deve far oscurare la sostanza, perchè non riconoscere la sostanza non ci dà la giusta visione di ciò che sta avvenendo e neanche di come combatterlo.
Gli operai anche spontaneamente hanno reagito un po' diversamente dall'indignazione querelante di Landini; nella stessa manifestazione è stato detto: “noi sabotatori? Siete voi che state sabotando i diritti dei lavoratori, lo Statuto dei lavoratori, la stessa Costituzione”.
Questa denuncia è giusta e sacrosanta, ma anche qui è insufficiente. Quello che la Fiat sta facendo, i padroni vogliono fare, il governo e lo Stato vogliono sostenere, è la riformulazione del dominio, secondo il salto di qualità, che considera inaccettabili i comportamenti ordinari della lotta sindacale. Ma se questo è il loro punto di vista è del tutto evidente che effettivamente se si oppone al piano Fiat il sindacalismo di classe e se non si accetta il quadro entro cui esso si colloca, si tratta di un effettivo “sabotaggio” da cui certo non ritrarsi, ma anzi rendere sistematico, organizzato, massificato in fabbrica, rispetto al comando di fabbrica e al piano della sua organizzazione del lavoro e a tutti gli anelli contenuti nell'accordo Fiat, e fuori dalla fabbrica rispetto al ruolo che vi svolge il governo, lo Stato e tutto l'insieme del sistema di dominio al servizio del capitale.
speciale fiat 5 - 2 - lotta alla fiat - un risveglio anche intellettuale
Con un certo cinismo che non ci appartiene ma che in questo caso usiamo perchè è utile alla situazione, dovremmo dire: meno male che Marchionne c'è!
Il suo piano e lo scontro di classe che esso ha innescato rappresentano un salutare risveglio della lotta operaia, nelle sue caratteristiche pure e dure di scontro tra padroni e operai sul piano sindacale, e tra padroni, Stato, sistema e classe sul piano generale.
Un effetto non secondario e interessante è anche il risveglio intellettuale.
Non parliamo di risveglio della ”sinistra”, perchè francamente è l'aspetto meno rilevante della situazione, quanto proprio degli intellettuali che tornano a ragionare di fabbrica e di conflitto di classe, che sentono la necessità di schierarsi e di contribuire anche in questa forma alla lotta stessa.
Noi pensiamo che questo sia utile, necessario e in qualche maniera indispensabile...
Marco Revelli su Il Manifesto spiega bene dal nostro punto di vista questo problema, ed è importante che lui dica ad un certo punto: “Devo fare outing anch'io. Un paio d'anni fa avevo pensato che ci fosse una discontinuità rispetto alla tradizione Fiat. Avevo detto che per l'attraversamento del territorio si era passati dagli scarponi chiodati alle scarpette tecnologiche da footing. Abbiamo scambiato aspetti di natura estetica con la questione sostanziale: la natura dell'industria ai tempi della globalizzazione”.
Forte forse di questo outing, Marco Revelli poi affonda la critica, descrizione, denuncia su Marchionne e il suo piano: “Siamo al ritorno in grande stile della persecuzione sindacale... oggi l'attacco è più subdolo e torbido rispetto a quello degli anni '50, si punta all'affermazione del primato del lavoro servile... siamo uomini e non servi, questo dice il 40% degli operai di Pomigliano... Gli operai di Pomigliano hanno dimostrato a tutti che la condizione servile non è necessariamente un destino... ci sono aspetti morali e simbolici che possono esprimere una potenzialità enorme, a Pomigliano è stato dimostrato che c'è chi è disposto a fare il servo e chi no. Questo riguarda tutti noi, i giornalisti, il mondo intellettuale, i professori universitari.
Per questo dire un No forte oggi è fondamentale”...
Si, di questo si tratta! Certo Rovelli parla di operai ma pensa alla Fiom. Questo in un certo senso rappresenta quel limite di conoscenza, quella mentalità e abitudine da ceto politico, che anche quando vedono il processo non riescono a vederlo oltre i contenitori ufficiali e apparenti di esso.
Ma questo non è solo un problema suo, ma un problema nostro. L'autonomia operaia o si organizza e si fa alternativa agente dentro il conflitto apparente oppure interrompere il circuito vizioso di cui anche Revelli è complice e vittima, non è realmente possibile.
Ma in questo, la radicalità di Marchionne è un grande aiuto.
Il suo piano e lo scontro di classe che esso ha innescato rappresentano un salutare risveglio della lotta operaia, nelle sue caratteristiche pure e dure di scontro tra padroni e operai sul piano sindacale, e tra padroni, Stato, sistema e classe sul piano generale.
Un effetto non secondario e interessante è anche il risveglio intellettuale.
Non parliamo di risveglio della ”sinistra”, perchè francamente è l'aspetto meno rilevante della situazione, quanto proprio degli intellettuali che tornano a ragionare di fabbrica e di conflitto di classe, che sentono la necessità di schierarsi e di contribuire anche in questa forma alla lotta stessa.
Noi pensiamo che questo sia utile, necessario e in qualche maniera indispensabile...
Marco Revelli su Il Manifesto spiega bene dal nostro punto di vista questo problema, ed è importante che lui dica ad un certo punto: “Devo fare outing anch'io. Un paio d'anni fa avevo pensato che ci fosse una discontinuità rispetto alla tradizione Fiat. Avevo detto che per l'attraversamento del territorio si era passati dagli scarponi chiodati alle scarpette tecnologiche da footing. Abbiamo scambiato aspetti di natura estetica con la questione sostanziale: la natura dell'industria ai tempi della globalizzazione”.
Forte forse di questo outing, Marco Revelli poi affonda la critica, descrizione, denuncia su Marchionne e il suo piano: “Siamo al ritorno in grande stile della persecuzione sindacale... oggi l'attacco è più subdolo e torbido rispetto a quello degli anni '50, si punta all'affermazione del primato del lavoro servile... siamo uomini e non servi, questo dice il 40% degli operai di Pomigliano... Gli operai di Pomigliano hanno dimostrato a tutti che la condizione servile non è necessariamente un destino... ci sono aspetti morali e simbolici che possono esprimere una potenzialità enorme, a Pomigliano è stato dimostrato che c'è chi è disposto a fare il servo e chi no. Questo riguarda tutti noi, i giornalisti, il mondo intellettuale, i professori universitari.
Per questo dire un No forte oggi è fondamentale”...
Si, di questo si tratta! Certo Rovelli parla di operai ma pensa alla Fiom. Questo in un certo senso rappresenta quel limite di conoscenza, quella mentalità e abitudine da ceto politico, che anche quando vedono il processo non riescono a vederlo oltre i contenitori ufficiali e apparenti di esso.
Ma questo non è solo un problema suo, ma un problema nostro. L'autonomia operaia o si organizza e si fa alternativa agente dentro il conflitto apparente oppure interrompere il circuito vizioso di cui anche Revelli è complice e vittima, non è realmente possibile.
Ma in questo, la radicalità di Marchionne è un grande aiuto.
speciale fiat 5 - 3 - il clima a pomigliano
A Pomigliano il clima è in qualche maniera surreale. C'è un apparenza: gli operai rientrano al lavoro per tre giorni per la produzione dell'Alfa 152, all'interno della fabbrica da mesi campeggia il numero 302 a fissare i giorni senza infortuni nello stabilimento, dove, senza alcuna ironia, nessun operaio ha potuto fare questi 302 giorni, dato che siamo da tempo a ritmi di lavoro di tre giorni al mese o poco più. Cioè la fabbrica attuale è la fabbrica apparente, la fabbrica che ancora non c'è, è la fabbrica reale.
Si vedono già molte facce nuove, ingegneri e tecnici Fiat arrivati da Torino per programmare la ristrutturazione, in vista della nuova Panda; la prossima settimana le tre ditte vincitrice dell'appalto cominciano a montare le impalcature dei lavori; ed è atteso a Pomigliano il professore giapponese, Yamashina, o un suo uomo di fiducia, in qualità di esperti, autori del nuovo piano di organizzazione del lavoro, il Wcm, già in uso a Mirafiori e a Melfi, che ora evolve a Ergo Uas.
Cioè si prepara la produzione futura della Panda, quella della pausa diminuita che significa 600 secondi per 8,3 operazioni in più a turno, che fa scattare una produzione in più di 25 auto al giorno. Un sistema che prevede dei parametri e delle “medaglie”. Pomigliano parte dall'obiettivo minimo, la medaglia di bronzo, per arrivare a quella di oro.
Intanto, però, agli operai reali, di ora, vengono negati anche i quattro soldi del premio di risultato; quindi già lavorano con minori salari. La questione è così evidente che i sindacati firmatari dell'accordo sono fortemente preoccupati perchè Marchionne non si comporta neanche come loro si aspettano, o come lui stesso si atteggia, da monarca illuminato,invece non dà neanche la mancia, mostrando dietro la prosopopea dell'uomo della provvidenza, un meschino 'rapinatore' che fa i conti come l'ultimo bottegaio sulla pelle degli operai
A Napoli in questo momento tutti vanno a fare il loro convegno nazionale. Dopo quello della Fismic che ha anticipato l'idea della Newco, si è tenuto quello dell'ultimo arrivato tra i ventriloqui del padrone, il neo segretario nazionale della Uilm Palombella che ha aggiunto un argomento, quello che l'importante è che gli impianti siano in marcia, perchè senza gli impianti in marcia il sindacato non ha nessun potere contrattuale. Miracolo dell'ipocrisia! Se quegli impianti andranno in marcia, sarà solo a condizione che gli operai e il sindacato, quello vero quello che ci dovrebbe essere, non abbia alcun potere contrattuale.
Si vedono già molte facce nuove, ingegneri e tecnici Fiat arrivati da Torino per programmare la ristrutturazione, in vista della nuova Panda; la prossima settimana le tre ditte vincitrice dell'appalto cominciano a montare le impalcature dei lavori; ed è atteso a Pomigliano il professore giapponese, Yamashina, o un suo uomo di fiducia, in qualità di esperti, autori del nuovo piano di organizzazione del lavoro, il Wcm, già in uso a Mirafiori e a Melfi, che ora evolve a Ergo Uas.
Cioè si prepara la produzione futura della Panda, quella della pausa diminuita che significa 600 secondi per 8,3 operazioni in più a turno, che fa scattare una produzione in più di 25 auto al giorno. Un sistema che prevede dei parametri e delle “medaglie”. Pomigliano parte dall'obiettivo minimo, la medaglia di bronzo, per arrivare a quella di oro.
Intanto, però, agli operai reali, di ora, vengono negati anche i quattro soldi del premio di risultato; quindi già lavorano con minori salari. La questione è così evidente che i sindacati firmatari dell'accordo sono fortemente preoccupati perchè Marchionne non si comporta neanche come loro si aspettano, o come lui stesso si atteggia, da monarca illuminato,invece non dà neanche la mancia, mostrando dietro la prosopopea dell'uomo della provvidenza, un meschino 'rapinatore' che fa i conti come l'ultimo bottegaio sulla pelle degli operai
A Napoli in questo momento tutti vanno a fare il loro convegno nazionale. Dopo quello della Fismic che ha anticipato l'idea della Newco, si è tenuto quello dell'ultimo arrivato tra i ventriloqui del padrone, il neo segretario nazionale della Uilm Palombella che ha aggiunto un argomento, quello che l'importante è che gli impianti siano in marcia, perchè senza gli impianti in marcia il sindacato non ha nessun potere contrattuale. Miracolo dell'ipocrisia! Se quegli impianti andranno in marcia, sarà solo a condizione che gli operai e il sindacato, quello vero quello che ci dovrebbe essere, non abbia alcun potere contrattuale.
speciale fiat 5 - 4 - un piano che minaccia la salute
Nella denuncia del piano Marchionne, dell'azione della Fiat a Melfi per quando riguarda le condizioni operaie, giustamente si sta evidenziando l'elemento di attacco frontale alla salute e alla sicurezza dei lavoratori.
Alla Fiat Sata “il continuo aumento dei ritmi di lavoro nel reparto montaggio ha provocato nel corso degli anni agli operai tendiniti, ernie al disco, protusioni e dolori muscolo articolari.”.
Ebbene, proprio questo è quello che è avvenuto nei giorni precedenti il licenziamento dei delegati e dell'operaio in sciopero alla Fiat Sata. E' questo aumento dei carichi di lavoro che ha originato gli scioperi. E non è casuale che uno dei due delegati licenziati è un delegato RLS che aveva anche come propria funzione un sostanziale doppio motivo per mettersi alla testa di questo sciopero.
Allo stabilimento di Piedimonte San Germano, il rappresentante della Fmlu/Cub dopo aver denunciato evidenti situazioni di pericolo per la sicurezza dei lavoratori nel reparto finizioni esposti a rischio dei fumi di scarico delle vetture in movimento nel fabbricato 0, è stato immediatamente allontanato in altro reparto.
E' evidente, quindi, che questo piano ha e avrà pesantissimi effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Il sistema produttivo e di organizzazione del lavoro che si vuole impiantare e imporre è nocivo e invalidante.
L'Ergo Uas e una maggiore applicazione del Wcm sono l'evoluzione del Tmc2. Con questi sistemi di produzione gli operai sono ridotti ad appendice delle macchine e - come dicono anche analisti, sociologhi, giornalisti -“robottizzati”.
Ma si tratta di operai in carne ed ossa, le cui carni e le cui ossa vengono vilipese e spezzate dal regime di sfruttamento che si impone.
Alla Fiat Sata “il continuo aumento dei ritmi di lavoro nel reparto montaggio ha provocato nel corso degli anni agli operai tendiniti, ernie al disco, protusioni e dolori muscolo articolari.”.
Ebbene, proprio questo è quello che è avvenuto nei giorni precedenti il licenziamento dei delegati e dell'operaio in sciopero alla Fiat Sata. E' questo aumento dei carichi di lavoro che ha originato gli scioperi. E non è casuale che uno dei due delegati licenziati è un delegato RLS che aveva anche come propria funzione un sostanziale doppio motivo per mettersi alla testa di questo sciopero.
Allo stabilimento di Piedimonte San Germano, il rappresentante della Fmlu/Cub dopo aver denunciato evidenti situazioni di pericolo per la sicurezza dei lavoratori nel reparto finizioni esposti a rischio dei fumi di scarico delle vetture in movimento nel fabbricato 0, è stato immediatamente allontanato in altro reparto.
E' evidente, quindi, che questo piano ha e avrà pesantissimi effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Il sistema produttivo e di organizzazione del lavoro che si vuole impiantare e imporre è nocivo e invalidante.
L'Ergo Uas e una maggiore applicazione del Wcm sono l'evoluzione del Tmc2. Con questi sistemi di produzione gli operai sono ridotti ad appendice delle macchine e - come dicono anche analisti, sociologhi, giornalisti -“robottizzati”.
Ma si tratta di operai in carne ed ossa, le cui carni e le cui ossa vengono vilipese e spezzate dal regime di sfruttamento che si impone.
speciale fiat 5 - 5 -quando il gioco si fa duro...
...i duri cominciano a giocare. Quando la lotta si fa dura, i duri dovrebbero cominciare a lottare.
La tendenza e la richiesta spontanea che viene dagli operai o dalla fetta più cosciente, combattiva di essi è proprio questa. E' questo “orgoglio operaio” che spiega il massiccio No di Pomigliano, la catena di scioperi che si è sviluppata alla Fiat Sata prima, durante e dopo i licenziamenti repressivi sull'aumento dei ritmi, la lotta che si è sviluppata alla Fiat Mirafiori sul premio di risultato, l'adesione, molto maggiore degli iscritti Fiom che si è registrata nello sciopero di tutto il gruppo del 16 luglio, e anche il fatto che operai e rappresentanti sindacali di altri stabilimenti siano andati a sostenere il No di Pomigliano arrivando a pagarlo con il licenziamento, come è il caso di Musacchio dello Slai cobas della Fiat di Termoli.
In tutta sincerità non pensiamo che, nonostante le parole siano spesso quelle giuste, sia questa la reazione e l'atteggiamento che stanno, invece, assumendo i dirigenti sindacali, e non solo quelli della Fiom. Sia rispetto al dopo referendum di Pomigliano, sia dopo i licenziamenti a Mirafiori e alla Sata, sia anche dopo il licenziamento dell'operaio Slai cobas della Fiat di Termoli, la scelta principale che viene fatta è quella del ricorso legale. Naturalmente è giusto e sacrosanto, bisogna battersi perchè esso sia sostenuto e vincente. Ma francamente non pensiamo che questo piano e questi licenziamenti si possano contrastare nelle aule dei Tribunali. Noi pensiamo che il salto di qualità domandi un salto di qualità nell'azione di risposta.
Di questo purtroppo sono ben consapevoli i padroni. La Fiat nell'attuare i licenziamenti e in un certo senso nell'attuare il piano Marchionne, ipotesi Newco, ecc., sta in un certo senso blindando anche legalmente l'operazione. Questa operazione è nello stesso tempo volgare e brutale nella sostanza, ma mirata e in un certo senso sofisticata nella forma.
Tanto è vero che sia Bonanni, cisl, che Angeletti e Palombella, uil, con molta tranquillità rispondono che dato che in Italia esiste il licenziamento per “giusta causa”, i giudici verificheranno se c'è la “giusta causa” e decideranno, non c'è quindi da agitarsi in maniera particolare.
E come si sa i ricorsi giudiziari questo sono, una copertura della brutalità delle leggi del padrone e del capitale sotto l'apparenza di una forma, di una legge, di uno Stato, di un giudice al di sopra delle parti.
Proprio per queste ragioni noi pensiamo che in questo caso e in questa fase non sia il ricorso giudiziario l'arma determinante.
La tendenza e la richiesta spontanea che viene dagli operai o dalla fetta più cosciente, combattiva di essi è proprio questa. E' questo “orgoglio operaio” che spiega il massiccio No di Pomigliano, la catena di scioperi che si è sviluppata alla Fiat Sata prima, durante e dopo i licenziamenti repressivi sull'aumento dei ritmi, la lotta che si è sviluppata alla Fiat Mirafiori sul premio di risultato, l'adesione, molto maggiore degli iscritti Fiom che si è registrata nello sciopero di tutto il gruppo del 16 luglio, e anche il fatto che operai e rappresentanti sindacali di altri stabilimenti siano andati a sostenere il No di Pomigliano arrivando a pagarlo con il licenziamento, come è il caso di Musacchio dello Slai cobas della Fiat di Termoli.
In tutta sincerità non pensiamo che, nonostante le parole siano spesso quelle giuste, sia questa la reazione e l'atteggiamento che stanno, invece, assumendo i dirigenti sindacali, e non solo quelli della Fiom. Sia rispetto al dopo referendum di Pomigliano, sia dopo i licenziamenti a Mirafiori e alla Sata, sia anche dopo il licenziamento dell'operaio Slai cobas della Fiat di Termoli, la scelta principale che viene fatta è quella del ricorso legale. Naturalmente è giusto e sacrosanto, bisogna battersi perchè esso sia sostenuto e vincente. Ma francamente non pensiamo che questo piano e questi licenziamenti si possano contrastare nelle aule dei Tribunali. Noi pensiamo che il salto di qualità domandi un salto di qualità nell'azione di risposta.
Di questo purtroppo sono ben consapevoli i padroni. La Fiat nell'attuare i licenziamenti e in un certo senso nell'attuare il piano Marchionne, ipotesi Newco, ecc., sta in un certo senso blindando anche legalmente l'operazione. Questa operazione è nello stesso tempo volgare e brutale nella sostanza, ma mirata e in un certo senso sofisticata nella forma.
Tanto è vero che sia Bonanni, cisl, che Angeletti e Palombella, uil, con molta tranquillità rispondono che dato che in Italia esiste il licenziamento per “giusta causa”, i giudici verificheranno se c'è la “giusta causa” e decideranno, non c'è quindi da agitarsi in maniera particolare.
E come si sa i ricorsi giudiziari questo sono, una copertura della brutalità delle leggi del padrone e del capitale sotto l'apparenza di una forma, di una legge, di uno Stato, di un giudice al di sopra delle parti.
Proprio per queste ragioni noi pensiamo che in questo caso e in questa fase non sia il ricorso giudiziario l'arma determinante.
pc quotidiano 22 luglio - La guerra dell'acqua a Taranto
Da alcuni mesi l’Acquedotto Pugliese (AQP, azienda pubblica di proprietà all’83% della Regione Puglia del governatore Vendola) ha scatenato contro i cittadini delle case popolari del quartier paolo VI di Taranto un’autentica “guerra dell’acqua”.
Questa la tattica.
Prima una squadra di guastatori attaccano, scortati da forze di polizia, gli edifici morosi, chiudendo le valvole.
Poi il diktat: pagare subito il 5% dell’arretrato dovuto ( a volte di un arretrato di decenni, fino a 200.000 euro!), e l’impegno a pagare il resto dell’arretrato in al massimo 5 anni, con lo sconto degli interessi (ma che buoni!) e di un ulteriore 4%.
Entrano a questo punto in gioco sedicenti “rappresentanti” che “mediano” e chiudono accordi che soddisfano in toto le richieste di AQP.
Così ai malcapitati rappresentati – per la maggior parte disoccupati, precari, pensionati minimi, nel migliore dei casi famiglie di lavoratori monoreddito – tocca pagare diverse migliaia di da pagare subito, per il rispristino del servizio, e rate anche di 90 euro mensili solo per il rientro dalla morosità, cui va aggiunto il consumo corrente, per un totale anche di 400 euro a bolletta (ogni tre mesi) per 5 anni!
Alcuni degli inquilini assetati si svenano per soddisfare e per un paio di mesi riescono a soddisfare queste condizioni capestro, poi si ritorna alla situazione di partenza.
Tutti gli altri o si arrangiano e riescono in qualche modo a ripristinare il collegamento alla rete idrica, o restano all’asciutto in una città tra le più calde e in un quartiere dove non c’è neanche una fontanella!
“La nostra è un’iniziativa per ripristinare la legalità”, gongola sulla stampa locale Salinaro, dirigente dell’AQP “abbiamo constatato che alcune famiglie, cui in passato era già stata sospesa l’erogazione per morosità, si erano abusivamente allacciate alla rete, e questo è un reato, che è stao posto all’attenzione di carabinieri e autorità giudiziaria”.
Secondo Salinaro, e i tanti benpensanti santoni del “rispetto delle regole”, garantirsi comunque il diritto a un bene fondamentale per la vita come l’acqua sarebbe reato.
Invece negare questo bene, minacciare la salute di centinaia di uomini e donne, anziani malati e bambini, solo perché non possono pagare è una “iniziativa per ripristinare la legalità”.
Viene in mente l’eterno dilemma: chi è più criminale chi rapina una banca, o chi ne fonda una?
Se questa è la guerra che combatte l’AQP, anche i proletari delle case popolari di Paolo VI hanno iniziato a combattere alla loro maniera.
Il primo passo è stato comprendere che lotta non è tra chi ieri ha pagato e oggi ha diritto all’acqua e chi è moroso e oggi deve mettersi in regola, altrimenti ci rimettono tutti, come dice l’AQP.
Ma, piuttosto, tra chi vede minacciato l’accesso a un bene vitale, e chi glielo nega per profitto.
Non poter pagare le bollette, non avere un lavoro, è diretta conseguenza di un sistema fondato su sfruttamento e profitto, non un torto dei più povero da far scontare a tutti, hanno detto nelle assemblee, i disoccupati e lavoratori del nostro sindacato che vivono un quelle case.
Il secondo passo è stato iniziare ad autorganizzarsi, allargare l’unità a sempre più condomini liberandosi di tanti finti amici che in loro nome avevano firmato o sostenevano accordi irrispettabili per molti e ingiusti per tutti.
Si è così iniziato a lottare.
Grazie alla rete di solidarietà tra i diversi condomini, nuovi tentativi di distacco di altri edifici sono stati bloccati dagli inquilini organizzati.
Si è iniziata una campagna di denuncia e controinformazione. rompendo il silenzio e portando alla luce come la che la scellerata “campagna per la legalità” di AQP era in realtà un crimine contro la salute di tutti.
Dei primi risultati si sono ottenuti.
Oltre al blocco sul campo dei nuovi tentativi di distacco, il Sindaco, che fino a ieri era rimasto passivo, quasi arbitro neutrale nella guerra tra AQP e morosi, portato allo scoperto dalla nostra denuncia, ei p riscoperto autorità garante della salute pubblica e ha emesso un’ordinanza con cui impone all’AQP di sospendere per 25 i distacchi dalla rete e di ripristinare l’erogazione negli edifici in cui è stata sospesa.
Un primo risultato, ma non ancora abbastanza.
Occorre ora lottare perché l’ordinanza sia effettivamente e immediatamente rispettata, perché agli edifici distaccati l’acqua ritorni subito.
Occorre che si apra subito un tavolo per imporre una trattativa generale per tutti i morosi uniti nello slai cobas, per raggiungere soluzione con rate sostenibili e garanzia del Comune si sostenere e accollarsi il debito di tutti quelli che non sono in condizione di pagare.
Occorre affermare con la lotta il diritto alla salute e all’acqua e a tariffe eque sostenibili per tutti, anche con forme di salario sociale, deve prevalere sulla “legalità” di AQP e le sue esigenze di cassa e bilancio.
Per tutto questo la lotta è appena iniziata e continuerà ancora.
Slai cobas per il sondacato di classe
Questa la tattica.
Prima una squadra di guastatori attaccano, scortati da forze di polizia, gli edifici morosi, chiudendo le valvole.
Poi il diktat: pagare subito il 5% dell’arretrato dovuto ( a volte di un arretrato di decenni, fino a 200.000 euro!), e l’impegno a pagare il resto dell’arretrato in al massimo 5 anni, con lo sconto degli interessi (ma che buoni!) e di un ulteriore 4%.
Entrano a questo punto in gioco sedicenti “rappresentanti” che “mediano” e chiudono accordi che soddisfano in toto le richieste di AQP.
Così ai malcapitati rappresentati – per la maggior parte disoccupati, precari, pensionati minimi, nel migliore dei casi famiglie di lavoratori monoreddito – tocca pagare diverse migliaia di da pagare subito, per il rispristino del servizio, e rate anche di 90 euro mensili solo per il rientro dalla morosità, cui va aggiunto il consumo corrente, per un totale anche di 400 euro a bolletta (ogni tre mesi) per 5 anni!
Alcuni degli inquilini assetati si svenano per soddisfare e per un paio di mesi riescono a soddisfare queste condizioni capestro, poi si ritorna alla situazione di partenza.
Tutti gli altri o si arrangiano e riescono in qualche modo a ripristinare il collegamento alla rete idrica, o restano all’asciutto in una città tra le più calde e in un quartiere dove non c’è neanche una fontanella!
“La nostra è un’iniziativa per ripristinare la legalità”, gongola sulla stampa locale Salinaro, dirigente dell’AQP “abbiamo constatato che alcune famiglie, cui in passato era già stata sospesa l’erogazione per morosità, si erano abusivamente allacciate alla rete, e questo è un reato, che è stao posto all’attenzione di carabinieri e autorità giudiziaria”.
Secondo Salinaro, e i tanti benpensanti santoni del “rispetto delle regole”, garantirsi comunque il diritto a un bene fondamentale per la vita come l’acqua sarebbe reato.
Invece negare questo bene, minacciare la salute di centinaia di uomini e donne, anziani malati e bambini, solo perché non possono pagare è una “iniziativa per ripristinare la legalità”.
Viene in mente l’eterno dilemma: chi è più criminale chi rapina una banca, o chi ne fonda una?
Se questa è la guerra che combatte l’AQP, anche i proletari delle case popolari di Paolo VI hanno iniziato a combattere alla loro maniera.
Il primo passo è stato comprendere che lotta non è tra chi ieri ha pagato e oggi ha diritto all’acqua e chi è moroso e oggi deve mettersi in regola, altrimenti ci rimettono tutti, come dice l’AQP.
Ma, piuttosto, tra chi vede minacciato l’accesso a un bene vitale, e chi glielo nega per profitto.
Non poter pagare le bollette, non avere un lavoro, è diretta conseguenza di un sistema fondato su sfruttamento e profitto, non un torto dei più povero da far scontare a tutti, hanno detto nelle assemblee, i disoccupati e lavoratori del nostro sindacato che vivono un quelle case.
Il secondo passo è stato iniziare ad autorganizzarsi, allargare l’unità a sempre più condomini liberandosi di tanti finti amici che in loro nome avevano firmato o sostenevano accordi irrispettabili per molti e ingiusti per tutti.
Si è così iniziato a lottare.
Grazie alla rete di solidarietà tra i diversi condomini, nuovi tentativi di distacco di altri edifici sono stati bloccati dagli inquilini organizzati.
Si è iniziata una campagna di denuncia e controinformazione. rompendo il silenzio e portando alla luce come la che la scellerata “campagna per la legalità” di AQP era in realtà un crimine contro la salute di tutti.
Dei primi risultati si sono ottenuti.
Oltre al blocco sul campo dei nuovi tentativi di distacco, il Sindaco, che fino a ieri era rimasto passivo, quasi arbitro neutrale nella guerra tra AQP e morosi, portato allo scoperto dalla nostra denuncia, ei p riscoperto autorità garante della salute pubblica e ha emesso un’ordinanza con cui impone all’AQP di sospendere per 25 i distacchi dalla rete e di ripristinare l’erogazione negli edifici in cui è stata sospesa.
Un primo risultato, ma non ancora abbastanza.
Occorre ora lottare perché l’ordinanza sia effettivamente e immediatamente rispettata, perché agli edifici distaccati l’acqua ritorni subito.
Occorre che si apra subito un tavolo per imporre una trattativa generale per tutti i morosi uniti nello slai cobas, per raggiungere soluzione con rate sostenibili e garanzia del Comune si sostenere e accollarsi il debito di tutti quelli che non sono in condizione di pagare.
Occorre affermare con la lotta il diritto alla salute e all’acqua e a tariffe eque sostenibili per tutti, anche con forme di salario sociale, deve prevalere sulla “legalità” di AQP e le sue esigenze di cassa e bilancio.
Per tutto questo la lotta è appena iniziata e continuerà ancora.
Slai cobas per il sondacato di classe
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07.22 22 luglio,
Lotte operaie e sociali
pc quotidiano 22 luglio - DAL CIE DI CORELLI A QUELLO DI GRADISCA, PASSANDO PER TORINO
Al pari del clima, atmosferico, arroventato che sta attraversando le città italiane, le cronache di questi giorni sono attraversate dal clima arroventato dei CIE. Rivolte continue, da Gradisca a Milano sino a Torino, “mostrano” una situazione nota a tutti da tempo; quella di un sistema di soprusi e abusi istituzionali, fatto di detenzioni illegali – condizioni di invivibilità- diritti negati, in primis quelli igienico/sanitarie, - violenza e repressione poliziesca, denunciata anche da organismi umanitari e sanzionato dalla Comunità Europea, alla quale il governo ha risposto e continua a rispondere : “Me Ne Frego”. Le recenti rivolte oltre ad evidenziare il già noto, hanno avuto un accelerazione con l’ultimo accordo sulla sicurezza tra Governo italiano e quelli algerino e tunisino, che vanno nella direzione di applicare le espulsioni collettive baipassando le stesse norme del pacchetto Sicurezza, il tutto in nome e per conto di accordi, principalmente economici e politici, che cancellano ogni forma dei diritti umani, dove Algeria e Tunisia assumono il ruolo di gendarmi del Mediterraneo a salvaguardia della tranquillità Europea. E la “merce” di scambio sono gli immigrati, letteralmente presi di peso e rispediti nei paesi d’origine dove rischiano di subire torture e carcere. Appena si è sparsa la voce di questo provvedimento, giustamente, gli immigrati hanno cercato di mettere in pratica non una “semplice” rivolta, ma forme di evasioni nel tentativo di sfuggire a queste deportazioni. Da Torino a Trapani, a Gradisca come a Milano, gli immigrati hanno prima protestato contro questo accordo, poi hanno solidarizzato con quelli che erano saliti sui tetti dei CIE e infine hanno cercato di riacquistare la libertà. Tentativo riuscito in alcuni casi, in altri ancora una volta gli immigrati hanno ri/assaggiato la reazione poliziesca. Nello specifico nel CIE di via Corelli a Milano, dopo il tentativo di fuga, riuscito a tre immigrati, uno si è fratturato una gamba nel tentativo di fuga ed è stato ripreso quasi subito, ma diversamente da altre volte è stato rimesso fuori con un foglio di via di 5 giorni e senza aver ricevuto le cure mediche, ed è stato costretto a chiamare il 118 per farsi ricoverare in ospedale, ed ora dovrà essere operato. Comportamento “strano” che sembra avvalorare la tesi che questa sia un modo diverso da un lato di accelerare le espulsioni (liberandosi dei soggetti scomodi che si ribellano) e dall’altro ridurre i costi delle cure da parte della croce Rossa (cosa che fanno bene nella cosiddetta normalità dei CIE). Ma dalla testimonianza di questo immigrato è emerso l’ennesima bufala, venduta subito dalla solita stampa “libera”, che l’altro immigrato ricoverato in ospedale non vi è stato portato perché durante la rivolta aveva ingoiato una pila, ma costretto dal violento intervento della polizia. Quanto avvenuto al CIE di Corelli non è diverso da quanto è successo al CIE di via Brunelleschi a Torino, dove Habib Sabri era salito sul tetto per protestare contro il provvedimento rifiutandosi di scendere se non dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, e che da stamattina risulta “scomparso” dopo il violento intervento delle forze di polizia.
Essere solidali con le rivolte degli immigrati dentro i CIE è un dovere di tutti quelli che si battono contro il razzismo istituzionale. Altrettanto doveroso e necessario è legare la solidarietà – la “complicità” a questa lotta con quella quotidiana fatta di decreti anti Kebabbari o coprifuoco, come in via Padova, o lo sfruttamento schiavistico prima e i licenziamenti dopo (dalle cooperative alle fabbriche, dai cantieri alle badanti). Unire queste lotte, organizzarle, sono lo spettro che allarma e terrorizza il “buon” Maroni e soci.
Milano 22-07-10
Essere solidali con le rivolte degli immigrati dentro i CIE è un dovere di tutti quelli che si battono contro il razzismo istituzionale. Altrettanto doveroso e necessario è legare la solidarietà – la “complicità” a questa lotta con quella quotidiana fatta di decreti anti Kebabbari o coprifuoco, come in via Padova, o lo sfruttamento schiavistico prima e i licenziamenti dopo (dalle cooperative alle fabbriche, dai cantieri alle badanti). Unire queste lotte, organizzarle, sono lo spettro che allarma e terrorizza il “buon” Maroni e soci.
Milano 22-07-10
pc quotidiano 22 luglio - anche alla Fincantieri Marghera soprusi antioperai
dal volantino dello slai cobas per il sindacato di classe venezia
....Il 1° luglio 2010 al tribunale di Venezia un ufficiale di polizia giudiziaria ha testimoniato della invalidità e nullità di fogli preformati in bianco che alcune ditte di Fincantieri cercano di usare per negare somme dovute a lavoratori in processi da noi intentati. Attualmente abbiamo chiuso alcune vertenze e ne abbiamo in piedi 40 !
Il licenziamento inaudito e senza alcuna concreta motivazione operato dalla Rocx, nei confronti di Rahman, un giovane saldatore che ha un contratto a tempo determinato scadente tra un anno, è un "SEGNALE" che si vuole imporre, stupidamente, per negare la presenza del ns.Sindacato in alcune aziende che sono tuttora sotto il mirino di gravi denunce testimonianze e prove prodotte contro chi considera gli operai una fonte di guadagno ben oltre il lecito !
MA NON SOLO QUESTO: la "cessazione" del lavoro" decisa per CTI nei confronti di otto lavoratori, (tra cui Luigi Shpati, che sta conducendo una battaglia contro i silenzi osceni e le censure ad una realtà di rischio per la vita dei lavoratori, in Tribunale a Venezia), è stata presentata come un atto inevitabile determinato dalla riduzione del lavoro in Fincantieri, mentre questa ditta, avrebbe dovuto proporre la Cassa Integrazione a rotazione e non per coloro che vengono "scelti" dai titolari !
GIUSEPPE BONO AMMINISTRATORE DELLA FINCANTIERI IN OCCASIONE DEL BATTESIMO DELLA Nieuw Amsterdam PROMETTE LA RIDUZIONE DEL PERSONALE, LA RSU TACE ! (LA Nuova Venezia del 6 luglio: CASSA INTEGRAZIONE NEL 2011)
I giochi si stanno preparando tra padroni e padroncini con le liste di chi resta e chi no ! Le organizzazioni sindacali che si ritengono di classe, devono reagire !
Si deve affrontare invece la questione di cosa continua a succedere qua dentro ! Il lavoro sottopagato, le aziende che negano diritti sindacali e reprimono e cercano di far le scarpe ai lavoratori. SOLO UNENDOTI AL CO.BAS. PUOI DIFENDERTI ! ...
....Il 1° luglio 2010 al tribunale di Venezia un ufficiale di polizia giudiziaria ha testimoniato della invalidità e nullità di fogli preformati in bianco che alcune ditte di Fincantieri cercano di usare per negare somme dovute a lavoratori in processi da noi intentati. Attualmente abbiamo chiuso alcune vertenze e ne abbiamo in piedi 40 !
Il licenziamento inaudito e senza alcuna concreta motivazione operato dalla Rocx, nei confronti di Rahman, un giovane saldatore che ha un contratto a tempo determinato scadente tra un anno, è un "SEGNALE" che si vuole imporre, stupidamente, per negare la presenza del ns.Sindacato in alcune aziende che sono tuttora sotto il mirino di gravi denunce testimonianze e prove prodotte contro chi considera gli operai una fonte di guadagno ben oltre il lecito !
MA NON SOLO QUESTO: la "cessazione" del lavoro" decisa per CTI nei confronti di otto lavoratori, (tra cui Luigi Shpati, che sta conducendo una battaglia contro i silenzi osceni e le censure ad una realtà di rischio per la vita dei lavoratori, in Tribunale a Venezia), è stata presentata come un atto inevitabile determinato dalla riduzione del lavoro in Fincantieri, mentre questa ditta, avrebbe dovuto proporre la Cassa Integrazione a rotazione e non per coloro che vengono "scelti" dai titolari !
GIUSEPPE BONO AMMINISTRATORE DELLA FINCANTIERI IN OCCASIONE DEL BATTESIMO DELLA Nieuw Amsterdam PROMETTE LA RIDUZIONE DEL PERSONALE, LA RSU TACE ! (LA Nuova Venezia del 6 luglio: CASSA INTEGRAZIONE NEL 2011)
I giochi si stanno preparando tra padroni e padroncini con le liste di chi resta e chi no ! Le organizzazioni sindacali che si ritengono di classe, devono reagire !
Si deve affrontare invece la questione di cosa continua a succedere qua dentro ! Il lavoro sottopagato, le aziende che negano diritti sindacali e reprimono e cercano di far le scarpe ai lavoratori. SOLO UNENDOTI AL CO.BAS. PUOI DIFENDERTI ! ...
pc quotidiano 22 luglio - Viareggio risposta alla stampa dei padroni
Fatti e … fatti
L’11 luglio sulla cronaca de “La Nazione” è apparso un corsivo (“Le parole e i fatti”). Dallo scritto l’articolista mostra di non conoscere i fatti.
I familiari delle vittime ed i Comitati sorti dopo la strage di Viareggio hanno tenuto ben sei (6 !) riunioni in Comune con l’Amministrazione comunale (sigg. Spadaccini e Vassalle) per organizzare il 29 giugno.
Tra i veri problemi discussi e decisi vi è stato quello degli interventi. Abbiamo concordato che l’unico rappresentante istituzionale a prendere la parola fosse il Sindaco, in rappresentanza della città. Quella sera nessun altro politico avrebbe dovuto parlare. Politici ed amministratori esercitano il proprio diritto di espressione ogni giorno grazie al fatto che per loro giornali, televisioni, radio sono sempre a disposizione.
Allora non si capisce perché l’articolista si sia tanto indispettito per questa decisione condivisa. L’anomalia sta nel fatto che i politici avrebbero voluto parlare anche il 29 giugno. E quando non gli è permesso si risentono pure … Non hanno capito che il 29 giugno non era la ‘serata’ per loro.
Inoltre, se ad un anno dal disastro ancora non ci sono stati i dovuti e necessari finanziamenti per la ricostruzione, vuol dire che governanti, politici ed amministratori non sono stati all’altezza della situazione così grave e drammatica. Dopo un anno gli abitanti di via Ponchielli non sono ancora rientrati nelle proprie abitazioni …
Se a distanza di un anno i politici promettono, si impegnano … significa che ancora non hanno capito cosa sia accaduto il 29 giugno. Magari non avessero capito solo questo. Il fatto è che tanto altro non capiscono e “tanto altro” (sistemi, cricche, malaffari, corruzioni, logge, P3) capiscono troppo bene da far rimpiangere la “tangentopoli” di 18 anni fa. Questa è la triste realtà che anche i giornalisti dovrebbero denunciare se vogliono sentirsi più vicini al paese reale (dei cittadini) e meno a quello di chi della politica ha fatto la sua professione e le sue fortune, a spese e a danno della collettività.
Tra l’altro, se quanto avvenuto il 29 giugno non è dovuto a fatalità, ma a precise e determinate responsabilità, con quale alchimia è possibile far credere che i politici non ne hanno ?
I processi di liberalizzazione, privatizzazione, deregolamentazione, sostenuti ed approvati dai politici in questi anni, sono la causa fondante dei numerosi incidenti avvenuti in ferrovia anche dopo il 29 giugno.
Anche dopo la strage del 29 giugno Ministro ed Amministratore delle ferrovie hanno continuato a non far niente (!) per la sicurezza. Tra l’altro, se fossero state persone consapevoli dell’accaduto e sensibili verso le vittime, avrebbero chiesto ufficialmente le proprie scuse e rassegnato le dimissioni.
Invece Moretti e Matteoli, a poche ore dalla strage, si sono dichiarati estranei da ogni (loro) responsabilità e, da allora, si sono sempre sostenuti a vicenda.
Delle offensive esternazioni di Moretti siamo a conoscenza, dei ‘fatti’ di Matteoli pure: ha difeso a spada tratta Moretti, che (povero figliuolo) era sotto stress e si è dichiarato favorevole alla sua riconferma di A.D. delle ferrovie per aver svolto bene il suo lavoro.
A Viareggio sono state raccolte 10.000 firme perché Moretti non fosse riconfermato, firme consegnate proprio a Matteoli, che tra l’altro si è permesso di offendere una seconda volta le vittime scrivendo che il Comitato dei familiari, che non gradiva la presenza sua e di Moretti il 29 giugno, era un gruppo ancorché minoritario.
Luglio 2010 Assemblea 29 giugno Associazione “Il mondo che vorrei”
L’11 luglio sulla cronaca de “La Nazione” è apparso un corsivo (“Le parole e i fatti”). Dallo scritto l’articolista mostra di non conoscere i fatti.
I familiari delle vittime ed i Comitati sorti dopo la strage di Viareggio hanno tenuto ben sei (6 !) riunioni in Comune con l’Amministrazione comunale (sigg. Spadaccini e Vassalle) per organizzare il 29 giugno.
Tra i veri problemi discussi e decisi vi è stato quello degli interventi. Abbiamo concordato che l’unico rappresentante istituzionale a prendere la parola fosse il Sindaco, in rappresentanza della città. Quella sera nessun altro politico avrebbe dovuto parlare. Politici ed amministratori esercitano il proprio diritto di espressione ogni giorno grazie al fatto che per loro giornali, televisioni, radio sono sempre a disposizione.
Allora non si capisce perché l’articolista si sia tanto indispettito per questa decisione condivisa. L’anomalia sta nel fatto che i politici avrebbero voluto parlare anche il 29 giugno. E quando non gli è permesso si risentono pure … Non hanno capito che il 29 giugno non era la ‘serata’ per loro.
Inoltre, se ad un anno dal disastro ancora non ci sono stati i dovuti e necessari finanziamenti per la ricostruzione, vuol dire che governanti, politici ed amministratori non sono stati all’altezza della situazione così grave e drammatica. Dopo un anno gli abitanti di via Ponchielli non sono ancora rientrati nelle proprie abitazioni …
Se a distanza di un anno i politici promettono, si impegnano … significa che ancora non hanno capito cosa sia accaduto il 29 giugno. Magari non avessero capito solo questo. Il fatto è che tanto altro non capiscono e “tanto altro” (sistemi, cricche, malaffari, corruzioni, logge, P3) capiscono troppo bene da far rimpiangere la “tangentopoli” di 18 anni fa. Questa è la triste realtà che anche i giornalisti dovrebbero denunciare se vogliono sentirsi più vicini al paese reale (dei cittadini) e meno a quello di chi della politica ha fatto la sua professione e le sue fortune, a spese e a danno della collettività.
Tra l’altro, se quanto avvenuto il 29 giugno non è dovuto a fatalità, ma a precise e determinate responsabilità, con quale alchimia è possibile far credere che i politici non ne hanno ?
I processi di liberalizzazione, privatizzazione, deregolamentazione, sostenuti ed approvati dai politici in questi anni, sono la causa fondante dei numerosi incidenti avvenuti in ferrovia anche dopo il 29 giugno.
Anche dopo la strage del 29 giugno Ministro ed Amministratore delle ferrovie hanno continuato a non far niente (!) per la sicurezza. Tra l’altro, se fossero state persone consapevoli dell’accaduto e sensibili verso le vittime, avrebbero chiesto ufficialmente le proprie scuse e rassegnato le dimissioni.
Invece Moretti e Matteoli, a poche ore dalla strage, si sono dichiarati estranei da ogni (loro) responsabilità e, da allora, si sono sempre sostenuti a vicenda.
Delle offensive esternazioni di Moretti siamo a conoscenza, dei ‘fatti’ di Matteoli pure: ha difeso a spada tratta Moretti, che (povero figliuolo) era sotto stress e si è dichiarato favorevole alla sua riconferma di A.D. delle ferrovie per aver svolto bene il suo lavoro.
A Viareggio sono state raccolte 10.000 firme perché Moretti non fosse riconfermato, firme consegnate proprio a Matteoli, che tra l’altro si è permesso di offendere una seconda volta le vittime scrivendo che il Comitato dei familiari, che non gradiva la presenza sua e di Moretti il 29 giugno, era un gruppo ancorché minoritario.
Luglio 2010 Assemblea 29 giugno Associazione “Il mondo che vorrei”
pc quotidiano 22 luglio - sciopero e manifestazione contro il licenziamento alla fiat termoli
TERMOLI: VENERDI’ 8 ORE DI SCIOPERO INDETTO DALLO SLAI COBAS ALLA FIAT
POWERTRAIN, SABATO MANIFESTAZIONE E CORTEO A TERMOLI
Contro i licenziamenti politici, il ‘piano Marchionne’, il taglio dei diritti e dei salari e per il ripristino in Fiat della democrazia sindacale e di libere elezioni:
VENERDI’ 8 ORE DI SCIOPERO PER OGNI TURNO DI LAVORO INDETTO DALLO SLAI COBAS
ALLA FIAT POWERTRAIN DI TERMOLI
SABATO MANIFESTAZIONE E CORTEO A TERMOLI
Il licenziamento-politico stile ‘Valletta’ di Giovanni Musacchio, operaio della Fiat Powertrain di Termoli e del coordinamento provinciale di Campobasso dello Slai cobas conferma la matrice eversiva della strategia aziendale che punta alla controriforma dei diritti dei lavoratori e di quelli sindacali all’interno delle fabbriche del gruppo e dell’indotto.
Con questo licenziamento, che segue gli analoghi e precedenti licenziamenti intimidatori di Melfi e Mirafiori nonché la collaterale e altrettanto grave provocazione della Fiat di non corrispondere ai lavoratori il ‘premio di risultato’ a fine mese (questo mentre raddoppia gli stipendi di Marchionne, Montezemolo e distribuisce lauti dividendi agli azionisti), l’azienda ha voluto strumentalmente colpire la solidarietà tra i lavoratori e gli scioperi di questi giorni nelle fabbriche Fiat contro la pretesa trasformazione autoritaria del rapporto di lavoro. Pretesa già sconfitta con il referendum dello scorso 22 giugno a Pomigliano d’Arco dove oltre il 40% dei lavoratori, con lo Slai cobas, hanno rispedito al mittente il ‘piano Marchionne’. Non a caso nelle motivazioni di quest’ultimo licenziamento la
Fiat contesta specificamente a Giovanni la sua partecipazione alla manifestazione-presidio del fronte del ‘NO’ indetta dai sindacati di base davanti alla Fiat di Pomigliano proprio lo scorso 22 giugno.
Venerdì prossimo sciopero anche alla Fiat di Pomigliano dove lo Slai cobas, per ‘massimizzare’ la protesta e non dividere i lavoratori con iniziative sindacali spezzettate, ha scelto tatticamente di far coincidere l’indizione di due ore di sciopero con quelle indette dalla Fiom. La protesta contro i licenziamenti di rappresaglia antisindacale messi in atto dalla Fiat a Termoli, Melfi e Mirafiori non è disgiunta da quella per il pagamento del premio di risultato ai lavoratori del gruppo, e da quelle già in atto contro i reparti-confino (come quello di Nola) ripristinati da Marchionne in Fiat nonché per il rinnovo delle RSU - ormai decadute da oltre un anno alla Fiat Pomigliano - con i sindacati confederali (tutti) che da un anno sequestrano il diritto dei lavoratori a votare ed eleggere i propri sindacati.
Alla manifestazione di sabato prossimo a Termoli (partenza corteo: Piazza Donatori di Sangue, ore 17.00 - conclusione e comizi in Piazza Vittorio Veneto) parteciperà una folta delegazione dei lavoratori della Fiat di Pomigliano: pullman dello slai cobas partiranno da Pomigliano e Napoli.
Alla manifestazione di Termoli sono invitate tutte quelle forze sindacali, sociali e politiche che intendono concretamente contrastare la pericolosa deriva autoritaria in atto, dalle fabbriche Fiat all’industria, dal pubblico impiego all’intera società.
SLAI COBAS / COORDINAMENTO NAZIONALE -
POWERTRAIN, SABATO MANIFESTAZIONE E CORTEO A TERMOLI
Contro i licenziamenti politici, il ‘piano Marchionne’, il taglio dei diritti e dei salari e per il ripristino in Fiat della democrazia sindacale e di libere elezioni:
VENERDI’ 8 ORE DI SCIOPERO PER OGNI TURNO DI LAVORO INDETTO DALLO SLAI COBAS
ALLA FIAT POWERTRAIN DI TERMOLI
SABATO MANIFESTAZIONE E CORTEO A TERMOLI
Il licenziamento-politico stile ‘Valletta’ di Giovanni Musacchio, operaio della Fiat Powertrain di Termoli e del coordinamento provinciale di Campobasso dello Slai cobas conferma la matrice eversiva della strategia aziendale che punta alla controriforma dei diritti dei lavoratori e di quelli sindacali all’interno delle fabbriche del gruppo e dell’indotto.
Con questo licenziamento, che segue gli analoghi e precedenti licenziamenti intimidatori di Melfi e Mirafiori nonché la collaterale e altrettanto grave provocazione della Fiat di non corrispondere ai lavoratori il ‘premio di risultato’ a fine mese (questo mentre raddoppia gli stipendi di Marchionne, Montezemolo e distribuisce lauti dividendi agli azionisti), l’azienda ha voluto strumentalmente colpire la solidarietà tra i lavoratori e gli scioperi di questi giorni nelle fabbriche Fiat contro la pretesa trasformazione autoritaria del rapporto di lavoro. Pretesa già sconfitta con il referendum dello scorso 22 giugno a Pomigliano d’Arco dove oltre il 40% dei lavoratori, con lo Slai cobas, hanno rispedito al mittente il ‘piano Marchionne’. Non a caso nelle motivazioni di quest’ultimo licenziamento la
Fiat contesta specificamente a Giovanni la sua partecipazione alla manifestazione-presidio del fronte del ‘NO’ indetta dai sindacati di base davanti alla Fiat di Pomigliano proprio lo scorso 22 giugno.
Venerdì prossimo sciopero anche alla Fiat di Pomigliano dove lo Slai cobas, per ‘massimizzare’ la protesta e non dividere i lavoratori con iniziative sindacali spezzettate, ha scelto tatticamente di far coincidere l’indizione di due ore di sciopero con quelle indette dalla Fiom. La protesta contro i licenziamenti di rappresaglia antisindacale messi in atto dalla Fiat a Termoli, Melfi e Mirafiori non è disgiunta da quella per il pagamento del premio di risultato ai lavoratori del gruppo, e da quelle già in atto contro i reparti-confino (come quello di Nola) ripristinati da Marchionne in Fiat nonché per il rinnovo delle RSU - ormai decadute da oltre un anno alla Fiat Pomigliano - con i sindacati confederali (tutti) che da un anno sequestrano il diritto dei lavoratori a votare ed eleggere i propri sindacati.
Alla manifestazione di sabato prossimo a Termoli (partenza corteo: Piazza Donatori di Sangue, ore 17.00 - conclusione e comizi in Piazza Vittorio Veneto) parteciperà una folta delegazione dei lavoratori della Fiat di Pomigliano: pullman dello slai cobas partiranno da Pomigliano e Napoli.
Alla manifestazione di Termoli sono invitate tutte quelle forze sindacali, sociali e politiche che intendono concretamente contrastare la pericolosa deriva autoritaria in atto, dalle fabbriche Fiat all’industria, dal pubblico impiego all’intera società.
SLAI COBAS / COORDINAMENTO NAZIONALE -
pc quotidiano 22 luglio - la lotta dei precari della scuola non si ferma..
presidio il 15 luglio davanti a Montecitorio, indetto dal Coordinamento precari scuola.
Una delegazione è stata ricevuta dal presidente della Commissione cultura, on. Valentina Aprea. In questa audizione sono state affrontate da un lato, le condizioni generali della scuola all'indomani della prima applicazione della L. 133, dall'altro, la questione del reclutamento del personale della scuola con riferimento anche al decreto salva precari.
Aprea ha sostenuto che: i tagli sono necessari a causa della crisi, ma...
tutti sanno che la Finanziaria 2008 è stata varata prima che la crisi si "materializzasse" !
Aprea ha sostenuto che la scuola ha bisogno di essere riformata e che bisogna intervenire sugli sprechi degli anni passati, ma...
tutti sanno che, annualmente, migliaia di euro sono destinati a finanziare le scuole private e che, questo governo, in piena crisi, è riuscito a reintrodurre i finanziamenti alle private, esclusi dalla finanziaria, mentre manteneva in toto i tagli alla scuola pubblica!
Aprea dice che le graduatorie sarebbero la cusa della precarietà nella
scuola, ma...
tutti sanno che la precarietà è causata dalle mancate immissioni
in ruolo.... inoltre Aprea ha tenuto a precisare che, comunque, la tendenza è verso gli albi regionali e concorsi banditi per singole scuole o reti di scuole.
Nel report dell'audizione fatto dal coordinamento precari scuola si dice: "Nonostante un atteggiamento meno aggressivo e
determinato rispetto all'anno scorso, frutto evidentemente degli effetti
palesi e innegabili dei tagli sulla scuola, le posizioni sono e restano
assai distanti, senza possibilità di mediazione alcuna rispetto agli scenari
prossimi. Abbiamo quindi ribadito la nostra ferma determinazione a
proseguire la lotta e anzi a svilupparla da settembre in avanti."
Noi crediamo che, sì, l'atteggiamento meno aggressivo e determinato dell' on
Aprea sia dovuto all'evidenza dei disastri che sta subendo la scuola
pubblica, ma è anche frutto di una lotta determinata, autorganizzata dal
basso che non si è mai fermata e, anzi, ha avuto dei salti di qualità.
Condividiamo l'opinione per cui non c'è possibilità di mediazioni con questo
governo, per cui, la parola d'ordine deve essere chiaramente contro questo
governo dei licenziamenti di massa, della distruzione della scuola pubblica,
del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro
Una delegazione è stata ricevuta dal presidente della Commissione cultura, on. Valentina Aprea. In questa audizione sono state affrontate da un lato, le condizioni generali della scuola all'indomani della prima applicazione della L. 133, dall'altro, la questione del reclutamento del personale della scuola con riferimento anche al decreto salva precari.
Aprea ha sostenuto che: i tagli sono necessari a causa della crisi, ma...
tutti sanno che la Finanziaria 2008 è stata varata prima che la crisi si "materializzasse" !
Aprea ha sostenuto che la scuola ha bisogno di essere riformata e che bisogna intervenire sugli sprechi degli anni passati, ma...
tutti sanno che, annualmente, migliaia di euro sono destinati a finanziare le scuole private e che, questo governo, in piena crisi, è riuscito a reintrodurre i finanziamenti alle private, esclusi dalla finanziaria, mentre manteneva in toto i tagli alla scuola pubblica!
Aprea dice che le graduatorie sarebbero la cusa della precarietà nella
scuola, ma...
tutti sanno che la precarietà è causata dalle mancate immissioni
in ruolo.... inoltre Aprea ha tenuto a precisare che, comunque, la tendenza è verso gli albi regionali e concorsi banditi per singole scuole o reti di scuole.
Nel report dell'audizione fatto dal coordinamento precari scuola si dice: "Nonostante un atteggiamento meno aggressivo e
determinato rispetto all'anno scorso, frutto evidentemente degli effetti
palesi e innegabili dei tagli sulla scuola, le posizioni sono e restano
assai distanti, senza possibilità di mediazione alcuna rispetto agli scenari
prossimi. Abbiamo quindi ribadito la nostra ferma determinazione a
proseguire la lotta e anzi a svilupparla da settembre in avanti."
Noi crediamo che, sì, l'atteggiamento meno aggressivo e determinato dell' on
Aprea sia dovuto all'evidenza dei disastri che sta subendo la scuola
pubblica, ma è anche frutto di una lotta determinata, autorganizzata dal
basso che non si è mai fermata e, anzi, ha avuto dei salti di qualità.
Condividiamo l'opinione per cui non c'è possibilità di mediazioni con questo
governo, per cui, la parola d'ordine deve essere chiaramente contro questo
governo dei licenziamenti di massa, della distruzione della scuola pubblica,
del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro
pc quotidiano 22 luglio - Ma quale calo degli infortuni! La verità dell'Inail e quella dei lavoratori
I dati Inail sugli infortuni e le morti sul lavoro del 2009 parlano di una diminuzione rispetto all'anno precedente (-6,3 per gli infortuni mortali e -9,7 per gli infortuni sul lavoro nell'anno 2009) e di un aumento delle malattie professionali. Tutti i mezzi di informazione non hanno fatto altro che dare spazio alla notizia del "calo" del numero dei morti sul lavoro mentre nessun risalto è stato dato sulle cause, e cioè non hanno aggiunto che incidono su quei dati la disoccupazione di massa, i tagli allo straordinario e la cassaintegrazione, i rapporti di lavoro precari e in nero. Una notizia "di parte" (padronale) nella giornata in cui si è compiuta l'ennesima strage di operai: ben 7 sono morti sul lavoro e i giornali danno risalto alle dichiarazioni di padroni di Confindustria, ministri di questo governo soddisfatti del calo del numero degli infortuni!
Cosa dice l'Inail: "sono 790.000 gli infortuni sul lavoro avvenuti nel 2009, per un calo del 9,7% rispetto al 2008 (85mila in meno). I casi mortali sono stati 1.050, per una flessione del 6,3% (70 decessi in meno)".
Numeri che confortano i padroni non certo i lavoratori che vivono un'altra realtà, quella dello sfruttamento quotidiano e della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il ministro Sacconi è soddisfatto che "non siamo il peggior paese al mondo, come a volte si dice con un'enfasi che non aiuta". E cosa invece aiuta, signor ministro, i dati di parte dell'Inail?
Il presidente dell'Inail Sartori: "È cambiata la cultura della sicurezza". Ma, forse, la verità è che sta cambiando, più precisamente, il ruolo dell'Inail voluto da questo governo. In linea con i tagli ai controlli ispettivi e alla prevenzione, con il peggioramento del Testo Unico sulla sicurezza, con l'azzeramento dei diritti nel Collegato Lavoro e nell'attacco allo Statuto dei lavoratori.
Sulla questione delle malattie professionali in continuo aumento, in un Convegno nazionale organizzato dalla Rete per la sicurezza sul lavoro a Ravenna il 13 marzo, Vito Totire di Medicina Democratica e dell' Associazione Esposti Amianto era intervenuto rispetto al ruolo dell'Inail. Riportiamo dal suo intervento pubblicato nel n° 3 del Bollettino della Rete: "la sinistra in Italia, i lavoratori, come s’immaginano il futuro dell’Inail? La presidenza Inail oggi è stata consegnata definitivamente alla Lega Nord. Il suo presidente afferma pomposamente, nella sua relazione su carta patinata, che tutti i governi di questi ultimi 15/20 anni hanno lavorato per potenziare l’istituto.
Un ente che per finalità e per mestiere punta alla negazione dell’eziologia professionale delle malattie, che punta anche a negare la componente professionale nelle dinamiche infortunistiche, allora se sull’Inail non facciamo un programma che dice: riformare l’Inail, togliere definitivamente all’Inail tutte le competenze che riguardano la valutazione del nesso di causalità tra esposizione e causa professionale altrimenti saremo nel campo della mancata prevenzione, ma anche del mancato risarcimento del danno. I tumori professionali stimati dagli epidemiologi in Italia sono attorno ai 15 mila. L’Inail ne riconosce un migliaio! Certo che non è tutta colpa dell’INAIL, c’è tutta una gravissima situazione di sottostima, di sottosegnalazione dell’apparato sanitario, dei medici. Ma l’INAIL comunque fa la sua parte con un’attività sistematica di respingimento di tutta una serie di denuncie di malattie professionali, con aree nel paese di estrema gravità. Pensiamo al sud, dall’Enichem di Manfredonia all’Ilva di Taranto, dove l’Inail non risponde a casi di morte per tumore neanche dopo un anno e mezzo!
Noi vediamo l’INAIL come ente pubblico che mantenga il suo ruolo di raccolta delle quote assicurative per i datori di lavoro, togliergli le competenze riguardo formazione/informazione, passare la valutazione decisionale del nesso causale tra esposizione e la malattia e tra esposizione al rischio infortunistico all’AUSL. così per i lavoratori sarà più facile ottenere il riconoscimento del danno
subito".
La lotta dal basso per la salute e la sicurezza sul lavoro non ha nessun motivo per fermarsi.
La Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro rilancerà la sua attività con un convegno per quest'autunno.
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com
Cosa dice l'Inail: "sono 790.000 gli infortuni sul lavoro avvenuti nel 2009, per un calo del 9,7% rispetto al 2008 (85mila in meno). I casi mortali sono stati 1.050, per una flessione del 6,3% (70 decessi in meno)".
Numeri che confortano i padroni non certo i lavoratori che vivono un'altra realtà, quella dello sfruttamento quotidiano e della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il ministro Sacconi è soddisfatto che "non siamo il peggior paese al mondo, come a volte si dice con un'enfasi che non aiuta". E cosa invece aiuta, signor ministro, i dati di parte dell'Inail?
Il presidente dell'Inail Sartori: "È cambiata la cultura della sicurezza". Ma, forse, la verità è che sta cambiando, più precisamente, il ruolo dell'Inail voluto da questo governo. In linea con i tagli ai controlli ispettivi e alla prevenzione, con il peggioramento del Testo Unico sulla sicurezza, con l'azzeramento dei diritti nel Collegato Lavoro e nell'attacco allo Statuto dei lavoratori.
Sulla questione delle malattie professionali in continuo aumento, in un Convegno nazionale organizzato dalla Rete per la sicurezza sul lavoro a Ravenna il 13 marzo, Vito Totire di Medicina Democratica e dell' Associazione Esposti Amianto era intervenuto rispetto al ruolo dell'Inail. Riportiamo dal suo intervento pubblicato nel n° 3 del Bollettino della Rete: "la sinistra in Italia, i lavoratori, come s’immaginano il futuro dell’Inail? La presidenza Inail oggi è stata consegnata definitivamente alla Lega Nord. Il suo presidente afferma pomposamente, nella sua relazione su carta patinata, che tutti i governi di questi ultimi 15/20 anni hanno lavorato per potenziare l’istituto.
Un ente che per finalità e per mestiere punta alla negazione dell’eziologia professionale delle malattie, che punta anche a negare la componente professionale nelle dinamiche infortunistiche, allora se sull’Inail non facciamo un programma che dice: riformare l’Inail, togliere definitivamente all’Inail tutte le competenze che riguardano la valutazione del nesso di causalità tra esposizione e causa professionale altrimenti saremo nel campo della mancata prevenzione, ma anche del mancato risarcimento del danno. I tumori professionali stimati dagli epidemiologi in Italia sono attorno ai 15 mila. L’Inail ne riconosce un migliaio! Certo che non è tutta colpa dell’INAIL, c’è tutta una gravissima situazione di sottostima, di sottosegnalazione dell’apparato sanitario, dei medici. Ma l’INAIL comunque fa la sua parte con un’attività sistematica di respingimento di tutta una serie di denuncie di malattie professionali, con aree nel paese di estrema gravità. Pensiamo al sud, dall’Enichem di Manfredonia all’Ilva di Taranto, dove l’Inail non risponde a casi di morte per tumore neanche dopo un anno e mezzo!
Noi vediamo l’INAIL come ente pubblico che mantenga il suo ruolo di raccolta delle quote assicurative per i datori di lavoro, togliergli le competenze riguardo formazione/informazione, passare la valutazione decisionale del nesso causale tra esposizione e la malattia e tra esposizione al rischio infortunistico all’AUSL. così per i lavoratori sarà più facile ottenere il riconoscimento del danno
subito".
La lotta dal basso per la salute e la sicurezza sul lavoro non ha nessun motivo per fermarsi.
La Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro rilancerà la sua attività con un convegno per quest'autunno.
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com
mercoledì 21 luglio 2010
pc quotidiano 21 luglio - Afghanistan: la conferenza dei predatori
L'imperialismo Usa ha convocato a Kabul i ministri e alti responsabili di quasi 70 paesi per una Conferenza per fare il punto della situazione sull'occupazione e lanciare improbabili decisioni strategiche per contenere una sconfitta che non vogliono ammettere. Hanno tenuto quella che chiamano Conferenza arroccati in una capitale blindata e l'hanno tenuta in tutta fretta (è durata solo 4 ore, non si sa mai che la guerriglia decidesse di rompere la tregua).
La parola d'ordine che maschera il fallimento imperialista a guida Usa è "transizione".
Hanno fatto dire al loro fantoccio Karzai che il paese si prepara "ad assumere le responsabilità della sua sicurezza all'orizzonte del 2014" aprendo il "negoziato" con la resistenza talebana e creando le basi per una guerra civile come Petraeus ha già messo in campo in Irak. Così i "donatori" daranno a Karzai 600 milioni di euro per 'comprare' la resa di 36mila combattenti della resistenza afgana e circa 11 miliardi di euro all'anno per corrompere i signori della guerra e della droga e i politici. Continuando, cioè, a fare quello che hanno fatto fino ad ora, portando ancora di più alla fame il popolo afghano e facendo vivere nel lusso politici e mafiosi.
'La nostra missione - ha dichiarato Rasmussen, segretario generale della Nato - finirà quando, solo quando gli afgani saranno in grado di garantire la propria sicurezza. Il processo di transizione sarà basato sulle reali condizioni del momento, non su calendari. Le forze internazionali non lasceranno l'Afghanistan (nel 2014, ndr): acquisiranno semplicemente un ruolo di supporto. Non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare la nostra missione di lungo termine: quella di ottenere un Afghanistan
stabile, sicuro e pacificato. Troppe nazioni, specialmente l'Afghanistan, hanno troppo sofferto per vedere questo Paese scivolare indietro''.
Intanto si preparano ad allestire una base in Azerbaigian a supporto della guerra in Afghanistan.
Le truppe Nato, quindi, rimarranno ad oltranza, ben oltre quella data, solo che adesso vogliono fare degli afghani carne da macello e lavorare nell'ombra addestrando polizia ed esercito, continuando anche la guerra a bassa intensità con l'intelligence e facendo affari.
Lo scorso dicembre Obama ha indicato luglio 2011 come la data per avviare il ritiro delle truppe statunitensi. "Questa data - ha precisato Hillary Clinton- è l'inizio di una nuova fase, non la fine del nostro coinvolgimento". Cambia la forma, ma c'è una sostanziale continuità nella politica imperialista Usa anche perchè Obama, il "riformatore", non ha mai tagliato neanche un'euro per le spese militari, anzi.
L'Italia ha un ruolo fondamentale nell'occupazione a guida Usa. Lo ha ricordato Obama nella recente intervista al Corriere della sera. E, come un servo riconoscente, Frattini ripete che "l'impegno militare non può essere a tempo determinato".
Intanto la "ricostruzione" comporta che lo sfruttamento di rame, litio, zinco, oro, marmo, petrolio possa avvenire in condizioni di sicurezza e investendo sulla logistica. La Stampa riporta la notizia che al contingente italiano è destinato il distretto di Gulram, straricco di materiali ferrosi e con una forte presenza iraniana.
Gli imperialisti s'illudono di potere spartirsi le risorse che appartengono al popolo afghano. Glielo ha ricordato la resistenza popolare che nel mese di giugno è arrivata a colpire 103 soldati occupanti (60 americani) e ha accolto con una pioggia di razzi l'arrivo del segretario generale Onu per la Conferenza.
Via le truppe imperialiste dall'Afghanistan!
prolcomra
21/07/2010
La parola d'ordine che maschera il fallimento imperialista a guida Usa è "transizione".
Hanno fatto dire al loro fantoccio Karzai che il paese si prepara "ad assumere le responsabilità della sua sicurezza all'orizzonte del 2014" aprendo il "negoziato" con la resistenza talebana e creando le basi per una guerra civile come Petraeus ha già messo in campo in Irak. Così i "donatori" daranno a Karzai 600 milioni di euro per 'comprare' la resa di 36mila combattenti della resistenza afgana e circa 11 miliardi di euro all'anno per corrompere i signori della guerra e della droga e i politici. Continuando, cioè, a fare quello che hanno fatto fino ad ora, portando ancora di più alla fame il popolo afghano e facendo vivere nel lusso politici e mafiosi.
'La nostra missione - ha dichiarato Rasmussen, segretario generale della Nato - finirà quando, solo quando gli afgani saranno in grado di garantire la propria sicurezza. Il processo di transizione sarà basato sulle reali condizioni del momento, non su calendari. Le forze internazionali non lasceranno l'Afghanistan (nel 2014, ndr): acquisiranno semplicemente un ruolo di supporto. Non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare la nostra missione di lungo termine: quella di ottenere un Afghanistan
stabile, sicuro e pacificato. Troppe nazioni, specialmente l'Afghanistan, hanno troppo sofferto per vedere questo Paese scivolare indietro''.
Intanto si preparano ad allestire una base in Azerbaigian a supporto della guerra in Afghanistan.
Le truppe Nato, quindi, rimarranno ad oltranza, ben oltre quella data, solo che adesso vogliono fare degli afghani carne da macello e lavorare nell'ombra addestrando polizia ed esercito, continuando anche la guerra a bassa intensità con l'intelligence e facendo affari.
Lo scorso dicembre Obama ha indicato luglio 2011 come la data per avviare il ritiro delle truppe statunitensi. "Questa data - ha precisato Hillary Clinton- è l'inizio di una nuova fase, non la fine del nostro coinvolgimento". Cambia la forma, ma c'è una sostanziale continuità nella politica imperialista Usa anche perchè Obama, il "riformatore", non ha mai tagliato neanche un'euro per le spese militari, anzi.
L'Italia ha un ruolo fondamentale nell'occupazione a guida Usa. Lo ha ricordato Obama nella recente intervista al Corriere della sera. E, come un servo riconoscente, Frattini ripete che "l'impegno militare non può essere a tempo determinato".
Intanto la "ricostruzione" comporta che lo sfruttamento di rame, litio, zinco, oro, marmo, petrolio possa avvenire in condizioni di sicurezza e investendo sulla logistica. La Stampa riporta la notizia che al contingente italiano è destinato il distretto di Gulram, straricco di materiali ferrosi e con una forte presenza iraniana.
Gli imperialisti s'illudono di potere spartirsi le risorse che appartengono al popolo afghano. Glielo ha ricordato la resistenza popolare che nel mese di giugno è arrivata a colpire 103 soldati occupanti (60 americani) e ha accolto con una pioggia di razzi l'arrivo del segretario generale Onu per la Conferenza.
Via le truppe imperialiste dall'Afghanistan!
prolcomra
21/07/2010
pc quotidiano 21 luglio - il blog e il lavoro di proletari comunisti
il quotidiano comunista blog è realizzato sempre più con la partecipazione organizzata di tutti i compagni attivi in proletari comunisti,
anche se ci sono ancora compagni della nostra organizzazione che non danno il necessario contributo, perchè non vedono il blog come uno strumento da combattenti politici d'avanguardia quali noi siamo e vogliamo sempre più essere...
....bisogna organizzare una propaganda del blog e una circolazione del blog in internet verso tutti i compagni e le aree politiche proletarie, comuniste, rivoluzionarie interessate.....
...stiamo preparandoci a una forma di stampa quotidiana del blog verso gli attivi delle fabbriche e delle realtà di lotta in cui operiamo con anche una presenza in fabbrica del quotidiano in forma di giornale murale....
Il quotidiano blog, la rivista la nuova bandiera, la rivista maoist road, i classici e gli opuscoli sono strumenti per la nascita, costruzione, sviluppo dei circoli di proletari comunisti, essenzialmente circoli operai....
Il nostro lavoro di massa ha al centro le lotte operaie e proletarie, l’antifascismo-antirazzismo-antirazzismo, il movimento delle donne e della gioventùproletaria e studentesca,l’internazionalismo....
In tutti questi campi il nostro metodo di lavoro di massa è quello del primato delle lotte e dell’orientamento e direzione di esse, il sistema organizzativo delle reti come fronte..... questa attività di massa è finalizzata in questa fase a far avanzare la lotta politica per il rovesciamento del governo Berlusconi per contrastare il regime moderno fascista, poliziesco e presidenzialismo dittatoriale in formazione .. per affermare l’esigenza di un governo operaio e popolare che possa essere o almeno aprire la strada attraverso una rivoluzione al potere nelle mani dei lavoratori e a una società socialista.....
....la tappa attuale di questo lavoro è formare i compagni, costruire le strutture di base porli alla testa delle lotte e dell’organizzazione di massa, ...fare delle città in cui siamo e in cui possiamo essere presenti degli esempi, delle basi, dei punti di riferimento locali e nazionali di questo lavoro
proletari comunisti
21 luglio 2010
anche se ci sono ancora compagni della nostra organizzazione che non danno il necessario contributo, perchè non vedono il blog come uno strumento da combattenti politici d'avanguardia quali noi siamo e vogliamo sempre più essere...
....bisogna organizzare una propaganda del blog e una circolazione del blog in internet verso tutti i compagni e le aree politiche proletarie, comuniste, rivoluzionarie interessate.....
...stiamo preparandoci a una forma di stampa quotidiana del blog verso gli attivi delle fabbriche e delle realtà di lotta in cui operiamo con anche una presenza in fabbrica del quotidiano in forma di giornale murale....
Il quotidiano blog, la rivista la nuova bandiera, la rivista maoist road, i classici e gli opuscoli sono strumenti per la nascita, costruzione, sviluppo dei circoli di proletari comunisti, essenzialmente circoli operai....
Il nostro lavoro di massa ha al centro le lotte operaie e proletarie, l’antifascismo-antirazzismo-antirazzismo, il movimento delle donne e della gioventùproletaria e studentesca,l’internazionalismo....
In tutti questi campi il nostro metodo di lavoro di massa è quello del primato delle lotte e dell’orientamento e direzione di esse, il sistema organizzativo delle reti come fronte..... questa attività di massa è finalizzata in questa fase a far avanzare la lotta politica per il rovesciamento del governo Berlusconi per contrastare il regime moderno fascista, poliziesco e presidenzialismo dittatoriale in formazione .. per affermare l’esigenza di un governo operaio e popolare che possa essere o almeno aprire la strada attraverso una rivoluzione al potere nelle mani dei lavoratori e a una società socialista.....
....la tappa attuale di questo lavoro è formare i compagni, costruire le strutture di base porli alla testa delle lotte e dell’organizzazione di massa, ...fare delle città in cui siamo e in cui possiamo essere presenti degli esempi, delle basi, dei punti di riferimento locali e nazionali di questo lavoro
proletari comunisti
21 luglio 2010
pc quotidiano 21 luglio - grenoble la rivolta continua
Quinta notte di ribellione nella banlieu di villeneuve - grenoble
le tracotanti dichiarazioni di Sarkozy e i suoi, il massiccio e selvaggio schieramento delle forze repressive non fermano ma alimentano la protesta
Nelle banlieus, nella gioventù proletaria francese e immigrata, dal 2005 in particolare, ogni scintilla può incendiare la prateria...
proletari comunisti
21 luglio 2010
pc quotidiano 21 luglio - licenziamento operaio slai cobas allla fiat termoli
la solidarietà militante di proletari comunisti
comunicato slai cobas
Dopo i licenziamenti in vari stabilimenti Fiat è arrivato il turno di
Termoli e guarda caso il trenino di Marchionne fa sosta alla stazione
del sindacato Slai-Cobas .
Questa volta a essere colpito è un nostro giovane attivista sindacale,
Giovanni Musacchio, membro del coordinamento provinciale di
CAMPOBASSO.
Passano gli anni ma la musica non cambia anzi peggiora con la regia di
governo e confindustria che vogliono sempre più azzerare i diritti
fondamentali dei lavoratori in nome del profitto e del mercato.
Non gli è andata proprio giù la pillola del no di Pomigliano, come se
non sapevamo che avrebbero allargato la flessibilità selvaggia in
tutti i posti di lavoro !
Il potere dell’informazione spesso cambia la versione dei fatti a uso
e piacimento dei padroni com’è stato fatto a livello nazionale.
Vergognoso è coinvolgere la vita privata dei lavoratori e distorcere
la figura modello di un operaio nonché padre di famiglia
responsabile che ha assolto entrambi i ruoli con dignità e
correttezza nella speranza di realizzare un futuro più equo e
migliore .
Pertanto invitiamo tutti i lavoratori a partecipare attivamente agli scioperi
e le manifestazioni di protesta che si terranno nei prossimi giorni.
Insieme a Giovanni continueremo a percorrere la strada …….
Termoli,
21 Luglio 2010
comunicato slai cobas
Dopo i licenziamenti in vari stabilimenti Fiat è arrivato il turno di
Termoli e guarda caso il trenino di Marchionne fa sosta alla stazione
del sindacato Slai-Cobas .
Questa volta a essere colpito è un nostro giovane attivista sindacale,
Giovanni Musacchio, membro del coordinamento provinciale di
CAMPOBASSO.
Passano gli anni ma la musica non cambia anzi peggiora con la regia di
governo e confindustria che vogliono sempre più azzerare i diritti
fondamentali dei lavoratori in nome del profitto e del mercato.
Non gli è andata proprio giù la pillola del no di Pomigliano, come se
non sapevamo che avrebbero allargato la flessibilità selvaggia in
tutti i posti di lavoro !
Il potere dell’informazione spesso cambia la versione dei fatti a uso
e piacimento dei padroni com’è stato fatto a livello nazionale.
Vergognoso è coinvolgere la vita privata dei lavoratori e distorcere
la figura modello di un operaio nonché padre di famiglia
responsabile che ha assolto entrambi i ruoli con dignità e
correttezza nella speranza di realizzare un futuro più equo e
migliore .
Pertanto invitiamo tutti i lavoratori a partecipare attivamente agli scioperi
e le manifestazioni di protesta che si terranno nei prossimi giorni.
Insieme a Giovanni continueremo a percorrere la strada …….
Termoli,
21 Luglio 2010
pc quotidiano 21 luglio - torino razzismo bipartisan
FACCIAMO UN GIOCO: INDOVINA CHI
Di seguito trovate un ordine del giorno votato alla Circoscrizione Due di Torino, la sera di lunedì 19 luglio.
Indovinate chi lo ha presentato, e che esito ha dato la votazione.
La soluzione in fondo al pezzo.
ORDINE DEL GIORNO
oggetto: Accampamento abusivo nei pressi di corso Tazzoli presentato da...
Il Consiglio della Circoscrizione 2^
CONSIDERATO CHE
Al fondo di corso Tazzoli, nei pressi di Via Crea, dietro l'edificio delle poste, si è ormai da qualche tempo insediato un accampamento abusivo;
Che la situazione è andata progressivasmente peggiorando, soprattutto dopo lo sgombero di un certo numero di famiglie rom da strada del Portone;
Che ad oggi sono circa duecento gli individui che vivono nei pressi di corso Tazzoli, in condizioni igieniche del tutto precarie, privi di luce e acqua.
PRESO ATTO CHE
Giungono alla Circoscrizione continue lamentele da parte dei residenti e dei commercianti della zona, rispetto alla difficile situazione che con l'accampamento abusivo si è venuta a creare.
Che le condizioni di degrado in cui queste persone vivono sono diventate davvero problematiche con l'innalzarsi delle temperature.
Che nella stagione estiva le presenze continuano a crescere progressivamente, in relazione agli spostamenti dei nuclei e dei singoli individui.
Che dal punto di vista igienico-sanitario, umanitario e dell'ordine pubblico tale situazione non è più tollerabile.
Che centinaia di residenti, soprattutto della zona del Centro Europa, la più frequentata dai nomadi, ci informano di continui episodi di vandalismi e di furto, di continue minacce e accattonaggio aggressivo, che stanno portando al cambiamento delle abitudini di vita dei residenti.
Che il progressivo degrado della zona rischia di far esplodere tensioni sociali già oggi al limite.
DICHIARA
Che è necessario nel più breve tempo possibile affrontare tale situazione a più livelli (umanitario, della sicurezza, dell'igiene pubblica).
CHIEDE/IMPEGNA
Che il Sindaco della Città di Torino e gli Assessori competenti si attivino presso il Prefetto di Torino, in qualità di Commissario straordinario per l'emergenza nomadi, affinché si concerti e si attui, nel minor tempo possibile, un'azione di controllo effettivo delle presenze, di sgombero dell'accampamento, di pulizia e ripristino dell'area.
RISPOSTA AL QUESITO POSTO IN APERTURA
Quello qui riportato, integralmente e fedelmente, è un ordine del giorno presentato, non già - come si potrebbe erroneamente pensare - dalla Lega Nord, ma dal presidente Andrea Stara, neo consigliere regionale eletto nella lista Insieme per Bresso, una di quelle del centrosinistra.
Il risultato è stato che un solo consigliere - Mario Rinaldi del Pdci - ha votato contro, pur essendo al momento ancora nella maggioranza, tutti gli altri si sono schierati con il proponente.
Condivido appieno la motivazione del voto contrario data da Rinaldi: "come comunista non potrò mai votare a favore di uno sgombero".
A Stara posso solo dire che mi meraviglia il fatto che, per mantenere la poltrona, si sia schierato con la destra, sia quella radicale e fascista sia quella moderata.
Forse, però, non mi dovrei stupire più di tanto, visto che il presidente in questione è uscito dal Pdci quando c'è stato il passaggio dell'assessore al bilancio del comune di Torino, Gian Guido Passoni, con il podestà Sergio Kiamparino.
da stefano ghio - proletari comunisti -torino
Di seguito trovate un ordine del giorno votato alla Circoscrizione Due di Torino, la sera di lunedì 19 luglio.
Indovinate chi lo ha presentato, e che esito ha dato la votazione.
La soluzione in fondo al pezzo.
ORDINE DEL GIORNO
oggetto: Accampamento abusivo nei pressi di corso Tazzoli presentato da...
Il Consiglio della Circoscrizione 2^
CONSIDERATO CHE
Al fondo di corso Tazzoli, nei pressi di Via Crea, dietro l'edificio delle poste, si è ormai da qualche tempo insediato un accampamento abusivo;
Che la situazione è andata progressivasmente peggiorando, soprattutto dopo lo sgombero di un certo numero di famiglie rom da strada del Portone;
Che ad oggi sono circa duecento gli individui che vivono nei pressi di corso Tazzoli, in condizioni igieniche del tutto precarie, privi di luce e acqua.
PRESO ATTO CHE
Giungono alla Circoscrizione continue lamentele da parte dei residenti e dei commercianti della zona, rispetto alla difficile situazione che con l'accampamento abusivo si è venuta a creare.
Che le condizioni di degrado in cui queste persone vivono sono diventate davvero problematiche con l'innalzarsi delle temperature.
Che nella stagione estiva le presenze continuano a crescere progressivamente, in relazione agli spostamenti dei nuclei e dei singoli individui.
Che dal punto di vista igienico-sanitario, umanitario e dell'ordine pubblico tale situazione non è più tollerabile.
Che centinaia di residenti, soprattutto della zona del Centro Europa, la più frequentata dai nomadi, ci informano di continui episodi di vandalismi e di furto, di continue minacce e accattonaggio aggressivo, che stanno portando al cambiamento delle abitudini di vita dei residenti.
Che il progressivo degrado della zona rischia di far esplodere tensioni sociali già oggi al limite.
DICHIARA
Che è necessario nel più breve tempo possibile affrontare tale situazione a più livelli (umanitario, della sicurezza, dell'igiene pubblica).
CHIEDE/IMPEGNA
Che il Sindaco della Città di Torino e gli Assessori competenti si attivino presso il Prefetto di Torino, in qualità di Commissario straordinario per l'emergenza nomadi, affinché si concerti e si attui, nel minor tempo possibile, un'azione di controllo effettivo delle presenze, di sgombero dell'accampamento, di pulizia e ripristino dell'area.
RISPOSTA AL QUESITO POSTO IN APERTURA
Quello qui riportato, integralmente e fedelmente, è un ordine del giorno presentato, non già - come si potrebbe erroneamente pensare - dalla Lega Nord, ma dal presidente Andrea Stara, neo consigliere regionale eletto nella lista Insieme per Bresso, una di quelle del centrosinistra.
Il risultato è stato che un solo consigliere - Mario Rinaldi del Pdci - ha votato contro, pur essendo al momento ancora nella maggioranza, tutti gli altri si sono schierati con il proponente.
Condivido appieno la motivazione del voto contrario data da Rinaldi: "come comunista non potrò mai votare a favore di uno sgombero".
A Stara posso solo dire che mi meraviglia il fatto che, per mantenere la poltrona, si sia schierato con la destra, sia quella radicale e fascista sia quella moderata.
Forse, però, non mi dovrei stupire più di tanto, visto che il presidente in questione è uscito dal Pdci quando c'è stato il passaggio dell'assessore al bilancio del comune di Torino, Gian Guido Passoni, con il podestà Sergio Kiamparino.
da stefano ghio - proletari comunisti -torino
pc quotidiano 21 luglio - assoluzione di 'sud ribelle'
Nel giorno dell' Anniversario dell'assassinio di Carlo Giuliani,
20 luglio 2010
Catanzaro, il Sud Ribelle non si processa: respinta
la richiesta della Procura
A Catanzaro la Corte d'Assise e d'Appello ha appena rigettato la richiesta
della Procura nel secondo grado del
processo al "Sud Ribelle" incriminato per la costruzione della rete verso il
NoG8 del luglio 2001 a Genova.
Tutti assolti gli attivisti del sud ribelle inseguiti da otto anni da un dossier preparato dagli uomini del generale Ganzer che li accusava di diversi reati, il più
grave quello di cospirare contro gli organi costituzionali. Un’accusa
paradossale che era piovuta addosso a una ventina di attivisti,
soprattutto di Puglia, Campania e Calabria, e che diverse procure si
erano rifiutate di trattare finché un controverso pm di Cosenza non se
ne volle far carico. Il sud ribelle non era un’associazione sovversiva,
era un pezzo della moltitudine che contestò il G8 del
2001. Il sostituto procuratore generale Marisa Manzini, stamane, aveva chiesto
oltre 30 anni di carcere. I giudizi d’appello hanno confermato quindi
la sentenza di primo grado.
20 luglio 2010
Catanzaro, il Sud Ribelle non si processa: respinta
la richiesta della Procura
A Catanzaro la Corte d'Assise e d'Appello ha appena rigettato la richiesta
della Procura nel secondo grado del
processo al "Sud Ribelle" incriminato per la costruzione della rete verso il
NoG8 del luglio 2001 a Genova.
Tutti assolti gli attivisti del sud ribelle inseguiti da otto anni da un dossier preparato dagli uomini del generale Ganzer che li accusava di diversi reati, il più
grave quello di cospirare contro gli organi costituzionali. Un’accusa
paradossale che era piovuta addosso a una ventina di attivisti,
soprattutto di Puglia, Campania e Calabria, e che diverse procure si
erano rifiutate di trattare finché un controverso pm di Cosenza non se
ne volle far carico. Il sud ribelle non era un’associazione sovversiva,
era un pezzo della moltitudine che contestò il G8 del
2001. Il sostituto procuratore generale Marisa Manzini, stamane, aveva chiesto
oltre 30 anni di carcere. I giudizi d’appello hanno confermato quindi
la sentenza di primo grado.
pc quotidiano 21 luglio - Finanziata dal governo la mini-naja: prove tecniche di “formazione giovanile” moderno fascista!!!
Il progetto della cosiddetta mini-naja, così a cuore in questi mesi a ben tre ministri come La Russa (Difesa), Meloni (della Gioventù) e Tremonti (Economia), è stato finanziato in questi giorni dal governo. Il costo previsto per “i primi tre anni di sperimentazione” è di ben 20 milioni di euro, ma non basta, per permettere l’attuazione del progetto è necessaria una ristrutturazione delle caserme destinate all’accoglienza dei giovani accoliti con una spesa prevista di oltre 4 milioni di euro, per non parlare del materiale didattico per il quale si mettono in cantiere 350.000 euro e delle operazioni di addestramento con ben altri 850.000 euro! E meno male che il governo ogni giorno ricorda alle migliaia di lavoratori licenziati, di operai cassa integrati, di precari ultraprecarizzati, di disoccupati che viviamo tempi bui di crisi!
Attraverso la mini-naja i giovani saranno chiamati per tre settimane in caserma dove proveranno il brivido di indossare finalmente la divisa, “un assaggio di vita militare” ha detto La Russa vista l’abolizione della leva obbligatoria, e saranno “istruiti” su come sarà importante e determinante per la loro vita entrare a far parte delle Forze Armate che daranno peraltro loro l’occasione di andare in missione in giro per il mondo. E il governo si sta attivando con tutta una struttura ad hoc per la propaganda dei corsi di formazione destinati ai giovani con riferimenti in particolare ad alcuni compiti di “alto valore istituzionale e morale” delle Forze Armate vedi le “missioni internazionali di pace e salvaguardia degli interessi nazionali; di contrasto del terrorismo internazionale….”
Attraverso la mini-naja il governo, dietro i suoi bei ma vergognosamente ipocriti proclami,vuole mirare invece al rafforzamento delle proprie forze militari per continuare a portare avanti le “sue missioni” DI GUERRA! che da anni porta avanti attraverso l’ occupazione militare di fette di paesi come l’Iraq, l’Afghanistan, i Balcani…
Nuove e fresche braccia per il ricambio delle forze militari sono indispensabili al governo per continuare a garantirsi un posto al sole nella spartizione imperialista della succulenta torta delle materie prime e allora che ben vengano le nuove forme di adescamento e indottrinamento dei giovani, da reclutare come nuovi balilla al servizio della patria!
Contro tutto questo ribellarsi è giusto!
Do237
Attraverso la mini-naja i giovani saranno chiamati per tre settimane in caserma dove proveranno il brivido di indossare finalmente la divisa, “un assaggio di vita militare” ha detto La Russa vista l’abolizione della leva obbligatoria, e saranno “istruiti” su come sarà importante e determinante per la loro vita entrare a far parte delle Forze Armate che daranno peraltro loro l’occasione di andare in missione in giro per il mondo. E il governo si sta attivando con tutta una struttura ad hoc per la propaganda dei corsi di formazione destinati ai giovani con riferimenti in particolare ad alcuni compiti di “alto valore istituzionale e morale” delle Forze Armate vedi le “missioni internazionali di pace e salvaguardia degli interessi nazionali; di contrasto del terrorismo internazionale….”
Attraverso la mini-naja il governo, dietro i suoi bei ma vergognosamente ipocriti proclami,vuole mirare invece al rafforzamento delle proprie forze militari per continuare a portare avanti le “sue missioni” DI GUERRA! che da anni porta avanti attraverso l’ occupazione militare di fette di paesi come l’Iraq, l’Afghanistan, i Balcani…
Nuove e fresche braccia per il ricambio delle forze militari sono indispensabili al governo per continuare a garantirsi un posto al sole nella spartizione imperialista della succulenta torta delle materie prime e allora che ben vengano le nuove forme di adescamento e indottrinamento dei giovani, da reclutare come nuovi balilla al servizio della patria!
Contro tutto questo ribellarsi è giusto!
Do237
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