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VOCI E COMMENTI
Il 12 aprile lo sciopero del settore auto e indotto, che chiede nuovi modelli, una produzione di almeno 200.000 auto a Torino, ha portato migliaia di lavoratori a manifestare in città.
Partendo dai numeri è necessario dire che in corteo erano almeno la metà dei 12.000 dichiarati dai sindacati confederali e padronali. Non per una guerra di cifre fine a se stessa, ma per osservare come questi dati amplificati sulla presenza al corteo, cerchino solo di dare un immagine aumentata del seguito goduto dai sindacati confederali e consolidarne il ruolo. Ma questo non restituisce forza e convinzione agli operai del settore auto e non solo, che invece hanno bisogno di tornare a lottare ed organizzarsi in autonomia da padroni e governo, sulla base dei propri interessi di classe, quindi hanno anche bisogno di sapersi liberare dalla morsa dei sindacati confederali.
La manifestazione si è spenta in piazza Castello, con i comizi di rito dentro una piazza che si dimezzava a vista d’occhio via via che arrivano i vari spezzoni. Un altro segno del distacco passivo degli operai.
Ciononostante, gli operai hanno sentito lo sciopero positivamente, uno sciopero visto come riscossa a tutto quanto c’è stato in questi anni, sono rimasti però delusi dalla non alta partecipazione di Mirafiori, concentrata in maggior parte dietro i rumorosi striscioni di fabbrica della Fiom. In generale i lavoratori della Fiom hanno scioperato, mentre gli spezzoni di Uilm e cisl, questa ormai passata al servizio del governo e dei padroni, tranne delle mosche bianche, erano tutto apparato allineati e coperti.
Nelle discussioni tra i pezzi della Fiom il contenuto del nostro volantino e le nostre proposte erano ben accolte - quando i dirigenti vedevano che gli operai si attardavano a discutere con noi iniziavano azioni di disturbo. Altra questioni che sono state ben accolte, la questione Palestina, la necessità di un coordinamento come gruppo Stellantis contro l'economia di guerra.
Gli operai hanno riempito la giornata di aspettative e di preoccupazioni, un insieme di contraddizioni, con la coscienza di essere quelli della grande fabbrica che segna le sorti dell’intera città e dell’indotto, ma da tempo senza un ruolo, perché il loro peso è escluso dai tavoli, aziendali, ministeriali, dallo scontro con Stellantis, che è dentro il quadro generale della crisi dell’auto e dell’economia di guerra.
Non è stato semplice ma alcune voci raccolte alla manifestazione ci portano dentro questi punti di vista.
Un operaio dell’indotto: “Stellantis sta mettendo in ginocchio tutto” e racconta anche come il lavoro in fabbrica sia peggiorato, tra cassa integrazione e futuro incerto, ma che questi attacchi hanno portato la loro fabbrica in piazza a lottare con Mirafiori.
“Fin dai giorni precedenti nelle linee si è parlato dello sciopero – Dice ancora un operaio della linea 500 - Dentro questa giornata positiva sono un pò deluso da quegli operai che si giustificano ‘io domani lavoro, perchè sono in difficoltà a capire da che parte stare, abbiamo visto cosa ha fatto il sindacato davanti ai piani di Stellantis. Ma questo favorisce Stellantis nell’azione contro lo sciopero, con i cassintegrati chiamati all’ultimo, i team leader mandati in linea a produrre, e per gli operai scomodi c’è sempre un quota maggiore di cassintegrazione che pesa molto”; ancora: “Gli impiegati, i dirigenti poi, in corteo! Una porcheria, loro non hanno mai perso 10 minuti del loro stipendio per i problemi degli operai, ora che si sentono mancare la terra sotto i piedi si svegliano. Non mi fido di loro. Usano la lotta degli operai e sono li pronti a tradirti”
Un altro operaio dell’indotto con poche parole rende chiara un’idea diffusa, dentro una giornata di sciopero vista come inizio “Torino è il centro, sono sempre partiti da qui gli scioperi per l’auto, poi seguiranno altri scioperi, poi andremo a Roma…”. “Ma la giornata di sciopero non è stata organizzato ‘per invertire la rotta’ - dice un altro operaio - perché il primo segnale necessario è quello di unire gli stabilimenti nella lotta. Tavoli separati, modelli distribuiti in concorrenza stabilimento per stabilimento, sono il piano di Tavares, non quello degli operai... è dall’80 che stiamo giocando in difesa”.
“Perché sta scioperando solo Torino?” - Si chiedono altri operai - “Non è giusto, dovremmo scioperare tutti. La gestione dei sindacati non va bene, trattative con il governo ma risultati niente”. “vogliono solo le nostre tessere ma poi non lottano veramente, fanno morire ai ministeri le vertenze”. In generale non mancano le critiche ai sindacati confederali, ma ammettono anche che l’operaio in generale segue il sindacato, questo pesa e per fare qualcosa di diverso, qualcuno deve cominciare.
Al corteo ci sono delegazioni da altre fabbriche e provincie, Brescia, Siena, Bergamo, Ferrara e così via. Tutte Fiom. Rumorosi e orgogliosi che trasferiscono negli slogan questo orgoglio sindacale: “un solo sindacato, la Fiom”. “Lo sciopero più largo lo faremo, oggi ci sono delegazioni, abbiamo solo iniziato, il sindacato nel suo piccolo fa”.
Delgrosso e Lear, due fabbriche dell’indotto senza prospettive nei piani dei padroni, sono in tanti dietro gli striscioni, in maggioranza operaie. La prima fabbrica è in amministrazione giudiziaria dall’8 marzo - “la fabbrica – dicono gli operai - ha prosperato proprio grazie alla nostra manualità, ora ci scaricano”.
Altre operaie denunciano: “Da quando sono a casa non compro più nulla. Vogliamo il lavoro a Torino, non campare di cassintegrazione, che sono sempre soldi nostri che abbiamo versato da una vita. Chiude Torino ma a Pozzo D’Adda devono affittare uno stabilimento per l’alto numero di ordini per Ferrari e Lamborghini”. E non mancano le critiche ai sindacati: “Non dobbiamo più lasciare che siano loro a decidere della nostra lotta! Non hanno provato tutto! C’è tanta rabbia, voglia di non arrendersi”. Un’altra aggiunge “ricostruire una cultura, una educazione, l’orgoglio della classe, una cultura anni ‘70 quando si condivideva la condizione degli altri; allora le manifestazioni bloccavano tutto, era la forza degli operai che portava risultati... serve la lotta anche a rischio denuncia, anche contro le leggi repressive”.
Con questi ed altri operai e operaie con il nostro volantino si parla di autonomia operaia, di una piattaforma con le rivendicazioni rese forti dalle assemblee, di ricostruire il partito della classe operaia, della lotta rivendicativa inserita nella prospettiva della lotta per il potere.
Gli operai prendono le copia della Controinformazione Rossoperaia. Si discute di questa autonomia operaia da padroni e governo. Noi parliamo del nostro lavoro alle grandi fabbriche, con l’intervento specifico a Mirafiori e Melfi in cui portiamo le nostre proposte, la nostra linea.
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LA NOSTRA POSIZIONE E VALUTAZIONE
Il report dei nostri compagni che sono intervenuti dà un’immagine diversa del trionfalismo dei sindacati confederali sullo sciopero del 12 aprile a Torino. Non erano 12 mila ma molto meno; mancavano molti operai di Mirafiori ed erano presenti invece tutta una serie di realtà dai quadri, sindacalismo giallo, dal codazzo para istituzionale e para politico che lungi dall’aver reso più forte la manifestazione l’hanno confusa e in parte addormentata.
Certo, gli operai presenti si sono fatti sentire ed erano anni che non c'era una manifestazione di quel tipo a Torino e il fatto che la maggior parte faceva riferimento alla Fiom dipende essenzialmente dalla intenzione di Tavares di tenere la Fiom fuori dai Tavoli che contano, e questo chiaramente favorisce il fatto che tra gli operai che hanno partecipato a questa manifestazione la Fiom venga concepita come alternativa e di opposizione ai piani del padrone.
Abbiamo già detto e scritto che è necessaria la lotta. Abbiamo detto e scritto che questa lotta ha senso se mobilita e via via unisce innanzitutto gli operai.
I dirigenti sindacali confederali hanno detto che questo è solo l’inizio. Dicono sempre cosi e ce lo ripeteranno non sappiamo tra quanto tempo. Dicono che ora si parte da Torino e poi ci sarà la mobilitazione generale e nazionale di tutti gli stabilimenti. Ma anche su questo non abbiamo gran fiducia. La scelta di padroni, governo e la parte sindacale più complice è quella che si è espressa con l’accordo per gli esuberi, travestiti da incentivi per licenziamenti “volontari”. Nessuna critica esplicita è stata fatta nella manifestazione a questo accordo.
L’unità di cui parlano i vertici sindacali, e De Palma della Fiom, è una farsa, non è quella che serve a Torino e ancora di più in tutti gli stabilimenti Stellantis e appalti.
Noi non pensiamo che la strada sia questa, e neanche siamo d’accordo con quanto dice una parte degli operai, con i quali abbiamo pure dialogato nella manifestazione di Torino. Noi pensiamo che dopo il 12 aprile, sotto il vestito del 12 aprile, se si continuerà così c’è poco o niente, né l’unità di classe, né la lotta vera, né la piattaforma operaia, né risultati concreti per gli operai ai Tavoli aziendali, regionali e romani.
In questi Tavoli c’è la gestione degli esuberi, c’è la cassintegrazione permanente gestita con flessibilità a misura del padrone, c’è lo sfruttamento per chi riesce a lavorare, c’è la mancanza di salute e sicurezza; c’è infine una qualche forma di guerra tra poveri, che vive di straordinari, di trasferimenti, ecc. ecc.
Quello che serve oggi è l’autonomia operaia, autonomia dai padroni e governo innanzitutto, ma anche dalle direzioni sindacali. Prima di unirsi bisogna delimitarsi, dentro ogni stabilimento e su scala nazionale.
E’ presente nella stampa in forme banali e contraffatte il ricordo degli anni ’70 e in parte anche nelle fila operaie.
Uno degli striscioni portati diceva “Né nostalgici né rancorosi ma orgogliosi”. “Nostalgici” dell’Autunno caldo? Questo è essere orgogliosi. Cioè che veniamo da una lunga storia che bisogna trasformare oggi in condizioni diverse, in forme semplici di lotta autonoma, di unità dal basso e di non accettazione né che mancano le bottiglie d’acqua, né che ci mandano a casa, né che ci chiamano a lavorare quando cazzo gli pare all’ultimo momento, e dobbiamo essere pure contenti… Per non parlare dell’indotto dove finora le lotte fatte si sono concluse senza risultati.
Pensare di essere “orgogliosi” senza riempire questo orgoglio dei contenuti dell’autonomia operaia, è impotente e retorica.
Nella manifestazione è stato notato che non c’erano gli studenti né le realtà combattive, genericamente chiamate “centri sociali”. E perché avrebbero dovuto esserci per riempire la piazza del sindacalismo confederale, compreso quello apertamente venduto e per stare insieme agli uomini della del padrone nelle Istituzioni. Gli studenti in lotta, le realtà antagoniste accorrono quando gli operai si ribellano, quando lottano per davvero ; questo non si è dato nella manifestazione di Torino. Per questo essa non cambia le cose.
Dal 12 aprile bisogna partire, ma non è l’inizio. Il nuovo inizio deve ancora venire. E’ su questo che si misura anche la continuità del nostro lavoro, a Mirafiori, come a Melfi e negli altri stabilimenti.
In primavera serve seminare e in autunno qualcosa deve succedere. E l’obiettivo è, questa volta di parte operaia, far dire ai padroni e alla grande stampa “non ci hanno visto arrivare”.
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IL VOLANTINO DELLO SLAI COBAS SC