sabato 31 dicembre 2011
pc 31 dicembre - cisl-uil-ugl acordo separato per i lavoratori fs
ANCORA UN ACCORDO SEPARATO DA PARTE DEI SINDACATI SERVI DEI PADRONI, QUESTA VOLTA IN STILE PADANO DATO CHE, OLTRE ALLA SOLITA BUFALA DEI RICOLLOCAMENTI CHE MAI AVVERRANNO (VEDI INDESID DI BERGAMO DOVE L'ACCORDO, QUESTA VOLTA UNITARIO, OSSIA FIRMATO ANCHE DALLA FIOM,  , OLTRE A TRADIRE LA LINEA NAZIONALE CONTRO LA CHIUSURA DELLE FABBRICHE, HA "GARANTITO" SOLO QUALCHE DECINA DI RICOLLOCATI SU 500 OPERAI), SI PARLA DI "RICOLLOCARE SOLO I LAVORATORI LOMBARDI",
DANDO COSì IL VIA LIBERA AL PIANO AZIENDALE INVECE DI CONTRASTARLO.
MA ANCHE QUI NON BASTA DIRE COME FA LA CGIL TRASPORTI (VEDI INTERVISTA ALLEGATA DEL FUNZIONARIO), CHE ORA QUESTI "SINDACATI" DEVONO VENIRE DEMOCRATICAMENTE A RENDERE CONTO AI LAVORATORI IN ASSEMBLEA, MA E' INDISPENSABILE ISOLARE QUESTI AGENTI DEGLI INTERESSI PADRONALI PER POTER OTTENERE DEI RISULTATI AI LAVORATORI.
INOLTRE OLTRE ALLA LOTTA DI VISIBILITA' CHE CON FORZA STANNO PORTANDO AVANTI I LAVORATORI SULLA TORRE, OCCORRE UNIRLI TUTTI CONTRO GLI INTERESSI DELL'AZIENDA E DELLE ISTITUZIONI CORRESPONSABILI (REGIONE,GOVERNO) DELLA RISTRUTTURAZIONE DELLE FERROVIE. MA ANCHE IL COMUNE DI MILANO NON SE LA PUO' CAVARE DANDO QUALCHE MINUTO AI LAVORATORI ALLA FESTA DI CAPODANNO IN PIAZZA DEL DUOMO, NE TANTO MENO LA CGIL PUO' ILLUDERE I LAVORATORI DI OTTENERE RISULTATI SOLTANTO CON ESPOSTI ALLA PROCURA, CHE SEPPUR NECESSARI, SENZA UNA LOTTA REALE NON PORTANO A NULLA (LA LINEA FIOM CONTRO IL PIANO FIAT-MARCHIONNE DOVREBBE SERVIRE DA ESEMPIO). LA LEGGE NON PORTA A NULLA.
SERVE L'UNITA' DEI LAVORATORI NEI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE PER GARANTIRE LA LINEA VINCENTE NELLE VERTENZE E PER FAR AVANZARE NELLA LOTTA FINO IN FONDO LA LORO COSCIENZA DI CLASSE, CONTRO TUTTO IL SISTEMA ECONOMCO E POLITICO CHE LI VUOLE SOLO SCHIAVI SALARIATI E CHE ORA USA LA CRISI PER SBATTERLI IN MEZZO ALLA STRADA BRUCIANDO POSTI DI LAVORO E DIRITTI CONQUISTATI CON IL LORO SANGUE NEGLI ANNI PASSATI.
TUTTE LE FORZE POLITICHE DAL PDL AL PD E ANCHE ALLA LEGA NON POSSONO TUTELARE GLI INTERESSI OPERAI PERCHE' RAPPRESENTANO INTERESSI DI ALTRE CLASSI SOCIALI CHE IN QUESTO SISTEMA SOCIALE CAPITALISTICO VIVONO SULLE SPALLE DEGLI OPERAI, DAL PD DI ICHINO CHE VUOLE TOGLIERE DIRITTI A PARTIRE DALL'ART.18 A TUTTI I LAVORATORI, AL PDL CHE QUANDO SCENDONO IN PIAZZA I LAVORATORI IN SCIOPERO LI CONSIDERA COME TERRORISTI, MA ANCHE ALLA LEGA DEI PADRONCINI-EVASORI CHE IN QUESTI ANNI DI GOVERNO ROMANO E LOCALE HA OPERATO PER TUTELARE QUESTI INTERESSI ECONOMICI DELLE PICCOLE INDUSTRIE E NON CERTO QUELLI DEI LAVORATORI.
DANDO COSì IL VIA LIBERA AL PIANO AZIENDALE INVECE DI CONTRASTARLO.
MA ANCHE QUI NON BASTA DIRE COME FA LA CGIL TRASPORTI (VEDI INTERVISTA ALLEGATA DEL FUNZIONARIO), CHE ORA QUESTI "SINDACATI" DEVONO VENIRE DEMOCRATICAMENTE A RENDERE CONTO AI LAVORATORI IN ASSEMBLEA, MA E' INDISPENSABILE ISOLARE QUESTI AGENTI DEGLI INTERESSI PADRONALI PER POTER OTTENERE DEI RISULTATI AI LAVORATORI.
INOLTRE OLTRE ALLA LOTTA DI VISIBILITA' CHE CON FORZA STANNO PORTANDO AVANTI I LAVORATORI SULLA TORRE, OCCORRE UNIRLI TUTTI CONTRO GLI INTERESSI DELL'AZIENDA E DELLE ISTITUZIONI CORRESPONSABILI (REGIONE,GOVERNO) DELLA RISTRUTTURAZIONE DELLE FERROVIE. MA ANCHE IL COMUNE DI MILANO NON SE LA PUO' CAVARE DANDO QUALCHE MINUTO AI LAVORATORI ALLA FESTA DI CAPODANNO IN PIAZZA DEL DUOMO, NE TANTO MENO LA CGIL PUO' ILLUDERE I LAVORATORI DI OTTENERE RISULTATI SOLTANTO CON ESPOSTI ALLA PROCURA, CHE SEPPUR NECESSARI, SENZA UNA LOTTA REALE NON PORTANO A NULLA (LA LINEA FIOM CONTRO IL PIANO FIAT-MARCHIONNE DOVREBBE SERVIRE DA ESEMPIO). LA LEGGE NON PORTA A NULLA.
SERVE L'UNITA' DEI LAVORATORI NEI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE PER GARANTIRE LA LINEA VINCENTE NELLE VERTENZE E PER FAR AVANZARE NELLA LOTTA FINO IN FONDO LA LORO COSCIENZA DI CLASSE, CONTRO TUTTO IL SISTEMA ECONOMCO E POLITICO CHE LI VUOLE SOLO SCHIAVI SALARIATI E CHE ORA USA LA CRISI PER SBATTERLI IN MEZZO ALLA STRADA BRUCIANDO POSTI DI LAVORO E DIRITTI CONQUISTATI CON IL LORO SANGUE NEGLI ANNI PASSATI.
TUTTE LE FORZE POLITICHE DAL PDL AL PD E ANCHE ALLA LEGA NON POSSONO TUTELARE GLI INTERESSI OPERAI PERCHE' RAPPRESENTANO INTERESSI DI ALTRE CLASSI SOCIALI CHE IN QUESTO SISTEMA SOCIALE CAPITALISTICO VIVONO SULLE SPALLE DEGLI OPERAI, DAL PD DI ICHINO CHE VUOLE TOGLIERE DIRITTI A PARTIRE DALL'ART.18 A TUTTI I LAVORATORI, AL PDL CHE QUANDO SCENDONO IN PIAZZA I LAVORATORI IN SCIOPERO LI CONSIDERA COME TERRORISTI, MA ANCHE ALLA LEGA DEI PADRONCINI-EVASORI CHE IN QUESTI ANNI DI GOVERNO ROMANO E LOCALE HA OPERATO PER TUTELARE QUESTI INTERESSI ECONOMICI DELLE PICCOLE INDUSTRIE E NON CERTO QUELLI DEI LAVORATORI.
CONTRO IL NEO-CORPORATIVISMO SINDACALE, NON SERVE IL RIFORMISMO MA LA LOTTA DI CLASSE DEI LAVORATORI, FACCIAMO DELLO SCIOPERO GENERALE DEL 27 GENNAIO A ROMA, UNO SCIOPERO DAL BASSO CHE UNISCA TUTTE LE LOTTE E LA RESISTENZA OPERAIA REALE, CONTRO IL GOVERNO DEI VAMPIRI DEL CAPITALE.
DA TUTTI I POSTI DI LAVORO DOVE CI SONO CHIUSURE E LICENZIAMENTI COME ALLA JABIL, ALLE LOTTE CONTRO LO SCHIAVISMO DELLE COOPERATIVE NELLA LOGISTICA, ALLA SAME DI TREVIGLIO DOVE ESISTONO OPERAI CHE LOTTANO CONTRO PADRONI E GOVERNO E SINDACATI PADRONALI, SCENDIAMO TUTTI IN PIAZZA A ROMA PER ASSEDIARE I PALAZZI DEL POTERE E FAR SENTIRE LA RABBIA OPERAIA CONTRO IL SISTEMA DEI PADRONI E DEI BANCHIERI, INIZIAMO L'ANNO NUOVO DANDO UN SEGNALE DI INIZIO DI UNA LOTTA PROLUNGATA FINO AD OTTENERE RISULTATI......FACCIAMO COME IN GRECIA.
CAPODANNO DI LOTTA PER I LAVORATORI LICENZIATI DI WAGON LITS sulla torre i 3 lavoratori Wagon-lits in lotta per il posto di lavoro. Dopo 12 ore di trattative ieri sera non si è arrivati a un accordo per risolvere la vertenza. Al tavolo convocato in Regione, Cgil e Fast Consalf hanno detto no alla proposta di ricollocamento dei soli lavoratori lombardi formulata da Rfi, Trenitalia, TreNord, Angel service e Atm. Il motivo principale del no della Cgil è la convinzione che si tratta di una vertenza nazionale che riguarda 800 lavoratori, e non solo i 152 lombardi . Ma non c’è solo questo nel mirino del sindacato: spiega tutte le motivazioni ai nostri microfoni Vincenzo Mazzeo, funzionario dell Filt-Cgil di Milano.
Anche a Roma i lavoratori che forniscono i servizi per i treni notturni delleFs continueranno la loro protesta sul tetto dello stabile di via Prenestina durante la notte di Capodanno. Stamattina una delegazione ha raggiunto la stazione Termini, dove ha appeso all’albero di Natale le lettere di licenziamento.
venerdì 30 dicembre 2011
pc 31 dicembre - UNO DI MENO
Il 2011 se ne va, e si porta via uno dei peggiori personaggi della storia italiana contemporanea: il maiale fascista repubblichino Pierantonio Mirko Tremaglia, che ha tirato le cuoia il trenta dicembre a Bergamo - dove era nato il 17 novembre 1926 - alla pazzesca (per uno come lui) età di ottantacinque anni.
Ci sono morti che pesano come piume, ed altri che sono come macigni; in questo caso non ho dubbi che si debba parlare della seconda ipotesi: finalmente si è tolto dai piedi, e gli italiani non saranno più costretti a sopportare quell'enorme peso costituito dal dovergli versare il sontuoso vitalizio del quale godeva e che rappresentava una vergogna per le istituzioni.
L'ignobile traditore repubblichino è stato persino ministro in due governi, guidati dal Cavaliere Nero - per il quale vale l'augurio sincero di seguirlo molto presto, della Repubblica nata dalla Resistenza al fascismo italiano ed a quello tedesco da lui sostenuti strenuamente fino alla fine dei suoi giorni.
La presenza dello schifoso essere appena trapassato all'interno di un esecutivo della Repubblica ha rappresentato l'ennesimo sfregio perpetrato dal Padrino di Arcore al Parlamento borghese italiano: oltre ai nani, alle ballerine, alle prostitute di alto bordo, il Padrino lombardo ha portato lì personaggi indegni di essere definiti uomini: i fascisti repubblichini.
Uno di meno: e non ci mancherà.
Genova, 31 dicembre 2011
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova
http://pennatagliente.wordpress.com
Ci sono morti che pesano come piume, ed altri che sono come macigni; in questo caso non ho dubbi che si debba parlare della seconda ipotesi: finalmente si è tolto dai piedi, e gli italiani non saranno più costretti a sopportare quell'enorme peso costituito dal dovergli versare il sontuoso vitalizio del quale godeva e che rappresentava una vergogna per le istituzioni.
L'ignobile traditore repubblichino è stato persino ministro in due governi, guidati dal Cavaliere Nero - per il quale vale l'augurio sincero di seguirlo molto presto, della Repubblica nata dalla Resistenza al fascismo italiano ed a quello tedesco da lui sostenuti strenuamente fino alla fine dei suoi giorni.
La presenza dello schifoso essere appena trapassato all'interno di un esecutivo della Repubblica ha rappresentato l'ennesimo sfregio perpetrato dal Padrino di Arcore al Parlamento borghese italiano: oltre ai nani, alle ballerine, alle prostitute di alto bordo, il Padrino lombardo ha portato lì personaggi indegni di essere definiti uomini: i fascisti repubblichini.
Uno di meno: e non ci mancherà.
Genova, 31 dicembre 2011
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova
http://pennatagliente.wordpress.com
pc 30 dicembre - IL PRESIDE RISPONDE A ESPOSITO
IL PRESIDE RISPONDE A ESPOSITO
Submitted by notav_info on 29 dicembre 2011 – 19:15No Comment.da ambientevalsusa
A PROPOSITO DELL VISITA DELLA SCOLARESCA AL CANTIERE TAV CHE NON C’E’. Il preside di Bergamo non si fa intimidire dal dis-onorevole Esposito:
Secca replica del dirigente scolastico del liceo «Federici» Elio Manzoni: «Ero avvisato, ma non si tratta di una gita scolastica. E´ un´attività extracurricolare a cui i ragazzi aderiscono volontariamente e nelle ore libere. Fa parte di un progetto di approfondimento sulla convivenza civile e sulla cittadinanza. L´anno scorso sono andati a Marzabotto e quest´anno in Valsusa». E sugli degli insegnanti e l´opportunità di portare i ragazzi «proprio lì» il preside precisa: «Ho parlato stamattina con l´insegnante che ha organizzato la visita, è una persona molto seria e competente, di cui mi fido ciecamente».
NOTATE BENE L’ANNO SCORSO A MARZABOTTO… IERI IN VALSUSA…
Grazie ragazzi! Grazie al dirigente! Grazie all’insegnante!
Submitted by notav_info on 29 dicembre 2011 – 19:15No Comment.da ambientevalsusa
A PROPOSITO DELL VISITA DELLA SCOLARESCA AL CANTIERE TAV CHE NON C’E’. Il preside di Bergamo non si fa intimidire dal dis-onorevole Esposito:
Secca replica del dirigente scolastico del liceo «Federici» Elio Manzoni: «Ero avvisato, ma non si tratta di una gita scolastica. E´ un´attività extracurricolare a cui i ragazzi aderiscono volontariamente e nelle ore libere. Fa parte di un progetto di approfondimento sulla convivenza civile e sulla cittadinanza. L´anno scorso sono andati a Marzabotto e quest´anno in Valsusa». E sugli degli insegnanti e l´opportunità di portare i ragazzi «proprio lì» il preside precisa: «Ho parlato stamattina con l´insegnante che ha organizzato la visita, è una persona molto seria e competente, di cui mi fido ciecamente».
NOTATE BENE L’ANNO SCORSO A MARZABOTTO… IERI IN VALSUSA…
Grazie ragazzi! Grazie al dirigente! Grazie all’insegnante!
pc 30 dicembre - DAL PRIMO GENNAIO A CHIOMONTISTAN SI RISCHIA L’ARRESTO… PRIMA NO?
DAL PRIMO GENNAIO A CHIOMONTISTAN SI RISCHIA L’ARRESTO… PRIMA NO?
Submitted by notav_info on 30 dicembre 2011 – 20:12No Comment.30-12-2011 I quotidiani online nella giornata di oggi si sono riempiti delle dichiarazioni del questore di Torino Aldo Faraoni che ha deciso di commentare così il passaggio ad area di interesse strategico del sito militarizzato di Chiomonte “Se una parte del movimento No Tav non avesse scelto la violenza per esprimere il proprio dissenso lo Stato non sarebbe stato costretto a istituire il presidio e il sito strategico. Bisogna che le responsabilità siano ben chiare” e ancora “Gli scontri legati alla Tav – ha ribadito Faraoni – non sono mai stati colpa nostra. Non siamo mai stati provocatori e ci siamo limitati a garantire la sicurezza dei cittadini”. Queste in sintesi le dichiarazioni espresse durante la conferenza stampa di fine anno riguardante l’operato della questura e delle forze di polizia. Questura di Torino che ha abbracciato la causa dell’alta velocità con un protagonismo sorprendente distinguendosi nella direzione di molte giornate che hanno causato centinaia di feriti per mano degli agenti di polizia posti a difesa del cantiere. Rimandiamo quindi al mittente l’accusa di aver provocato questo tipo di inasprimento della situazione. Se piuttosto il movimento no tav non avesse resistito con continuità da anni probabilmente al posto del sito di ineresse strategico difeso dalla polizia ci sarebbero già i cantieri e la distruzione della valle di Susa. Proprio grazie alla determinazione del movimento oggi chi vorrebbe (ad oggi nessun cantiere è aperto) costruire la tav è rinchiuso in un instabile recinto di filo spinato reti e porzioni di muro. Proprio grazie a questa determinazione il prefetto di Torino esausto dopo l’ennesima ordinanza di divieto di accesso alla val Clarea è riuscito in estremis a far approvare la postilla della dichiarazione del sito di interesse strategico nell’ultimo e infausto ddl dell’ormai crollato governo Berlusconi. Ora finalmente è legge, chi si avvicina alle reti verrà arrestato, come se questo ad oggi non fosse mai successo, ogni qual volta le forze di polizia ne hanno avuto la possibilità hanno picchiato, fermato, gasato e in alcuni casi arrestato chi trovavano a tiro. Insomma niente di nuovo sotto l’albero e la befana non sembra promettere meglio. Si chiude così, sottotono l’anno di polizia della questura di Torino, con una nascosta e negata difficoltà, nel pantano nevoso di Chiomonte. Non saranno queste dichiarazioni a cambiare l’ordine degli eventi o a variare lo stato d’animo del movimento no tav. Una domanda però resta, sono passati mesi e la resistenza continua, la partecipazione è alta, ci avete picchiato, arrestato e gasato e i cantieri non siete riusciti ad aprirli, ora che si fa?
Submitted by notav_info on 30 dicembre 2011 – 20:12No Comment.30-12-2011 I quotidiani online nella giornata di oggi si sono riempiti delle dichiarazioni del questore di Torino Aldo Faraoni che ha deciso di commentare così il passaggio ad area di interesse strategico del sito militarizzato di Chiomonte “Se una parte del movimento No Tav non avesse scelto la violenza per esprimere il proprio dissenso lo Stato non sarebbe stato costretto a istituire il presidio e il sito strategico. Bisogna che le responsabilità siano ben chiare” e ancora “Gli scontri legati alla Tav – ha ribadito Faraoni – non sono mai stati colpa nostra. Non siamo mai stati provocatori e ci siamo limitati a garantire la sicurezza dei cittadini”. Queste in sintesi le dichiarazioni espresse durante la conferenza stampa di fine anno riguardante l’operato della questura e delle forze di polizia. Questura di Torino che ha abbracciato la causa dell’alta velocità con un protagonismo sorprendente distinguendosi nella direzione di molte giornate che hanno causato centinaia di feriti per mano degli agenti di polizia posti a difesa del cantiere. Rimandiamo quindi al mittente l’accusa di aver provocato questo tipo di inasprimento della situazione. Se piuttosto il movimento no tav non avesse resistito con continuità da anni probabilmente al posto del sito di ineresse strategico difeso dalla polizia ci sarebbero già i cantieri e la distruzione della valle di Susa. Proprio grazie alla determinazione del movimento oggi chi vorrebbe (ad oggi nessun cantiere è aperto) costruire la tav è rinchiuso in un instabile recinto di filo spinato reti e porzioni di muro. Proprio grazie a questa determinazione il prefetto di Torino esausto dopo l’ennesima ordinanza di divieto di accesso alla val Clarea è riuscito in estremis a far approvare la postilla della dichiarazione del sito di interesse strategico nell’ultimo e infausto ddl dell’ormai crollato governo Berlusconi. Ora finalmente è legge, chi si avvicina alle reti verrà arrestato, come se questo ad oggi non fosse mai successo, ogni qual volta le forze di polizia ne hanno avuto la possibilità hanno picchiato, fermato, gasato e in alcuni casi arrestato chi trovavano a tiro. Insomma niente di nuovo sotto l’albero e la befana non sembra promettere meglio. Si chiude così, sottotono l’anno di polizia della questura di Torino, con una nascosta e negata difficoltà, nel pantano nevoso di Chiomonte. Non saranno queste dichiarazioni a cambiare l’ordine degli eventi o a variare lo stato d’animo del movimento no tav. Una domanda però resta, sono passati mesi e la resistenza continua, la partecipazione è alta, ci avete picchiato, arrestato e gasato e i cantieri non siete riusciti ad aprirli, ora che si fa?
pc 30 dicembre - OMSA, CONTRO I LICENZIAMENTI SERVE UN BILANCIO E UNA NUOVA LOTTA
Dalla stampa:
FAENZA (Ravenna), 30 dicembre 2011 - Sembra davvero finita per l’Omsa di Faenza, storico calzificio che il gruppo Golden Lady ha deciso da tempo di chiudere, per trasferire la produzione in Serbia. L’azienda ha comunicato ai sindacati che al termine del secondo anno di cassa integrazione speciale, il prossimo 14 marzo, scatterà il licenziamento collettivo per i dipendenti rimasti (quasi tutte donne). L’annuncio arriva pochi giorni dopo l’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo economico, concluso con scarse novità sul progetto di riconversione dello stabilimento da parte di un possibile acquirente, rimasto nell’ombra.
UN BRUTTO colpo di fine anno per le operaie, che si trovano protagoniste della fine di un’epoca (lo stabilimento fu fondato dalla famiglia forlivese Orsi Mangelli nei primi anni Quaranta). Erano 346, ora ne restano oltre 200, dopo che, in 80, hanno accettato l’incentivo di 23 mila euro per la mobilità, a febbraio....
Una parte delle lavoratrici ha cercato di tenere alta l’attenzione su quello che stava succedendo allo stabilimento da luglio 2010, quando la Golden Lady decise di chiudere la sede di Faenza e aprirne uno in Serbia. Ci hanno provato pure con le «brigate teatrali dell’Omsa» e con un documentario («Licenziata»)...
Roberta, Fulvia, Angela, Emanuela, Marina, Cristina e Antonella, invece, hanno scelto di restare ‘in prima linea’. Guardano i cancelli della fabbrica, che negli ultimi mesi hanno varcato solo per turni di quattro ore, 15 giorni al mese. «All’inizio eravamo in tante a protestare — commentano, amare —. Ora siamo sempre le stesse dieci o quindici: dicono che siamo estremiste, in realtà vogliamo solo lavorare».
Non si sono mai fatte prendere dalla rassegnazione. Ma la rabbia, quella sì, è tanta. Contro le istituzioni che «non hanno fatto abbastanza», contro una parte del mondo sindacale (accusata di aver accettato con troppo accondiscendenza la chiusura, stabilita due anni fa). Anche contro parte delle colleghe, che hanno smesso di lottare. «Augurarsi un buon 2012 è difficile — dice Marina Francesconi —. Trascorreremo l’ultimo dell’anno pensando a quello che succederà a marzo. Più che al futuro, mi viene da pensare a tutto quello che abbiamo passato in questi anni. Cose che una volta potevamo permetterci ora sono un miraggio. E la serenità non c’è mai, neanche a casa».
"Le segreterie regionali delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sostengono che quello della Golden Lady «è un comportamento provocatorio e arrogante»
Il comunicato congiunto parla di «colpo di mano» dell’azienda, che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia, «mettendo in ginocchio l’intero territorio faentino»...
Non nasconde un po’ di fastidio nemmeno la Regione. Che parla – per bocca dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli – di «forzatura» rispetto agli «incontri già programmati» e alle idee sulla «reindustrializzazione» dell’area."
E' assurdo sentire parlare i sindacati cgil, cisl, uil, uniti, di "colpo di mano dell'azienda che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia...", o la Regione di "forzatura". E' dal 2010 che l'azienda ha detto chiaro i suoi piani di chiusura della fabbrica, e ha fatto altrettanto chiaramente tutti i suoi passi "alla luce del sole", per andare a fare più profitti lì dove, in Serbia, può tagliare il costo del lavoro. Di cosa, allora fanno finta di meravigliarsi i sindacati confederali e la Regione?
Alcune lavoratrici tempo fa, restituendo la tessera alla cgil, hanno detto: “È avvilente, le abbiamo provate tutte! Prima abbiamo chiesto, poi gridato poi anche minacciato e raccolto firme. Abbiamo protestato con la Cgil provinciale, con quella regionale e addirittura con la nazionale, ma anche la signora Camusso che sbandiera tanto i diritti delle donne non ha voluto aiutarci”.
La realtà è che contro i piani dell'Omsa nessuno ha voluto fare una vera lotta. Ad essa si è sostituita più l'immagine, la ricerca di visibilità mediatica, e l'appello al boicottaggio dei prodotti. I sindacati, in primis la Cgil, non hanno voluto fare di questa realtà di centinaia di lavoratrici, di questa lotta anche una battaglia esemplare di unità delle donne lavoratrici, attaccate come classe e come donne.
Oggi, si dimostra che senza una lotta che colpisca in primis l'azienda e i suoi interessi, senza una battaglia contro le istituzioni, non è vero che a più visibilità corrisponde più risultati.
Oggi la partita non può essere chiusa. Ma occorre che prima di tutto le operaie dell'Omsa rimaste coraggiosamente a combattere facciano un rapido bilancio e traggano da esso le lezioni per fare una nuova lotta.
FAENZA (Ravenna), 30 dicembre 2011 - Sembra davvero finita per l’Omsa di Faenza, storico calzificio che il gruppo Golden Lady ha deciso da tempo di chiudere, per trasferire la produzione in Serbia. L’azienda ha comunicato ai sindacati che al termine del secondo anno di cassa integrazione speciale, il prossimo 14 marzo, scatterà il licenziamento collettivo per i dipendenti rimasti (quasi tutte donne). L’annuncio arriva pochi giorni dopo l’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo economico, concluso con scarse novità sul progetto di riconversione dello stabilimento da parte di un possibile acquirente, rimasto nell’ombra.
UN BRUTTO colpo di fine anno per le operaie, che si trovano protagoniste della fine di un’epoca (lo stabilimento fu fondato dalla famiglia forlivese Orsi Mangelli nei primi anni Quaranta). Erano 346, ora ne restano oltre 200, dopo che, in 80, hanno accettato l’incentivo di 23 mila euro per la mobilità, a febbraio....
Una parte delle lavoratrici ha cercato di tenere alta l’attenzione su quello che stava succedendo allo stabilimento da luglio 2010, quando la Golden Lady decise di chiudere la sede di Faenza e aprirne uno in Serbia. Ci hanno provato pure con le «brigate teatrali dell’Omsa» e con un documentario («Licenziata»)...
Roberta, Fulvia, Angela, Emanuela, Marina, Cristina e Antonella, invece, hanno scelto di restare ‘in prima linea’. Guardano i cancelli della fabbrica, che negli ultimi mesi hanno varcato solo per turni di quattro ore, 15 giorni al mese. «All’inizio eravamo in tante a protestare — commentano, amare —. Ora siamo sempre le stesse dieci o quindici: dicono che siamo estremiste, in realtà vogliamo solo lavorare».
Non si sono mai fatte prendere dalla rassegnazione. Ma la rabbia, quella sì, è tanta. Contro le istituzioni che «non hanno fatto abbastanza», contro una parte del mondo sindacale (accusata di aver accettato con troppo accondiscendenza la chiusura, stabilita due anni fa). Anche contro parte delle colleghe, che hanno smesso di lottare. «Augurarsi un buon 2012 è difficile — dice Marina Francesconi —. Trascorreremo l’ultimo dell’anno pensando a quello che succederà a marzo. Più che al futuro, mi viene da pensare a tutto quello che abbiamo passato in questi anni. Cose che una volta potevamo permetterci ora sono un miraggio. E la serenità non c’è mai, neanche a casa».
"Le segreterie regionali delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sostengono che quello della Golden Lady «è un comportamento provocatorio e arrogante»
Il comunicato congiunto parla di «colpo di mano» dell’azienda, che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia, «mettendo in ginocchio l’intero territorio faentino»...
Non nasconde un po’ di fastidio nemmeno la Regione. Che parla – per bocca dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli – di «forzatura» rispetto agli «incontri già programmati» e alle idee sulla «reindustrializzazione» dell’area."
E' assurdo sentire parlare i sindacati cgil, cisl, uil, uniti, di "colpo di mano dell'azienda che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia...", o la Regione di "forzatura". E' dal 2010 che l'azienda ha detto chiaro i suoi piani di chiusura della fabbrica, e ha fatto altrettanto chiaramente tutti i suoi passi "alla luce del sole", per andare a fare più profitti lì dove, in Serbia, può tagliare il costo del lavoro. Di cosa, allora fanno finta di meravigliarsi i sindacati confederali e la Regione?
Alcune lavoratrici tempo fa, restituendo la tessera alla cgil, hanno detto: “È avvilente, le abbiamo provate tutte! Prima abbiamo chiesto, poi gridato poi anche minacciato e raccolto firme. Abbiamo protestato con la Cgil provinciale, con quella regionale e addirittura con la nazionale, ma anche la signora Camusso che sbandiera tanto i diritti delle donne non ha voluto aiutarci”.
La realtà è che contro i piani dell'Omsa nessuno ha voluto fare una vera lotta. Ad essa si è sostituita più l'immagine, la ricerca di visibilità mediatica, e l'appello al boicottaggio dei prodotti. I sindacati, in primis la Cgil, non hanno voluto fare di questa realtà di centinaia di lavoratrici, di questa lotta anche una battaglia esemplare di unità delle donne lavoratrici, attaccate come classe e come donne.
Oggi, si dimostra che senza una lotta che colpisca in primis l'azienda e i suoi interessi, senza una battaglia contro le istituzioni, non è vero che a più visibilità corrisponde più risultati.
Oggi la partita non può essere chiusa. Ma occorre che prima di tutto le operaie dell'Omsa rimaste coraggiosamente a combattere facciano un rapido bilancio e traggano da esso le lezioni per fare una nuova lotta.
pc 30 dicembre - Con la Palestina nel cuore. In memoria di Vik
Tre anni dopo Piombo Fuso Israele torna a bombardare. Le parole di Vittorio Arrigoni.
Il 27 dicembre del 2008, mentre nel mondo si erano appena conclusi i festeggiamenti del Natale e si attendeva l’arrivo di un nuovo anno, iniziavano sulla Striscia di Gaza i bombardamenti israeliani che si sarebbero protratti sino al 18 gennaio 2009, in quella che è nota come l’operazione Piombo Fuso.
di Cecilia Dalla Negra
Migliaia di civili feriti, oltre 1400 le vittime e un panorama di distruzione e macerie di cui la popolazione paga il prezzo ancora oggi.
La Palestina occupata e la Striscia di Gaza concludevano il 2008 sotto le bombe israeliane. Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre di quest’anno, mentre la popolazione palestinese della Striscia piangeva il triste anniversario di Piombo Fuso, l’esercito israeliano lo ha ricordato tornando a bombardare: 3 le vittime e 11 i feriti.
Vittorio Arrigoni è stato ucciso a Gaza city il 15 aprile 2011.
Durante l'offensiva Piombo Fuso è stato l'unico internazionale a raccontare attraverso il suo blog, "Guerrilla Radio", ciò che accadeva a Gaza. Ecco quello che scrisse la notte del 31 dicembre 2008.
di Vittorio Arrigoni*
Jabilia, Bet Hanun, Rafah, Gaza City, le tappe della mia personale mappa per l'inferno.
Checché vadano ripetendo i comunicati diramati dai vertici militari israeliani, e ripetuti a pappagallo in Europa e Usa dai professionisti della disinformazione, sono stato testimone oculare in questi giorni di bombardamentidi moschee, scuole, università, ospedali, mercati, e decine e decine di edifici civili.
Il direttore medico dell'ospedale di Al Shifa mi ha confermato di aver ricevuto telefonate da esponenenti dell'IDF, l'esercito israeliano, che gli intimavano di evacuare all'istante l'ospedale, pena una pioggia di missili. Non si sono lasciati intimorire. Il porto, dove dovrei dormire, ma a Gaza non si chiude un occhio da 4 giorni, è costantemente soggetto a bombardamenti notturni.
Non si odono più sirene di ambulanze rincorrersi all'impazzata, semplicemente perché al porto e attorno non c'è più anima viva, sono morti tutti, sembra di poggiare piede su di un cimitero dopo un terremoto.
La situazione è davvero da catastrofe innaturale, un cataclisma di odio e cinismo piombato sulla popolazione di Gaza come piombo fuso, che fa a pezzi corpi umani, e contrariamente a quanto si prefigge, compatta i palestinesi tutti, gente che fino a qualche tempo fa non si salutava nemmeno perchè appartenenti a fazioni differenti, in un corpo unico.
Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri di quota state tranquilli, non fanno distinzioni fra bandiere di hamas o fatah esposte sui davanzali, non hanno ripensamenti esplosivi neanche se sei italiano.
Non esistono operazioni militari chirurgiche, quando si mette a bombardare l'aviazione e la marina, le uniche operazioni chirugiche sono quelle dei medici che amputano arti maciullate alle vittime senza un attimo di ripensamento, anche se spesso braccia e gambe sarebbe salvabili.
Non c'è tempo, bisogna correre, le cure impegnate per un arto seriamente ferito sono la condanna a morte per il ferito susseguente in attesa di una trasfusione. All' ospedale di Al Shifa ci sono 600 ricoverati gravi e solo 29 macchine respiratorie. Mancano di tutto, soprattutto di personale preparato. Per questo ragione, esausti più che dalle notti insonni dall'immobilismo e dall'omertà dei governi occidentali , così facendo complici dei crimini d'Israele, abbiamo deciso di far partire ieri da Larnaca, Cipro, una delle nostre barche del Free Gaza Movement con a bordo 3 tonnellate di medicinali e personale medico.
Li ho aspettati invano, avrebbero dovuto attraccare al porto alle 8 di questa mattina. Sono invece stati intercettati a 90 miglia nautiche da Gaza da 11 navi da guerra israeliane, che in piene acque internazionali hanno provato ad affondarli. Li hanno speronati tre volte, producendo una avaria ai motori e una falla nello scavo. Per puro caso l'equipaggio e i passeggeri sono ancora tutti vivi, e sono riusciti ad attraccare in un porto libanese.
Essendo sempre più frustrasti dall'assordante silenzio del mondo "civile", i miei amici ci riproveranno presto, hanno scaricato infatti i medicinali dalla nostra nave danneggiata, la Dignity, e li hanno ricaricati su di un'altra pronta alla partenza alla volta di Gaza.
Certi che la volontà criminale di Israele nel calpestare diritti umani e leggi internazionali, non sarà mai forte come la nostra determinazione nella difesa di questi stessi diritti e uomini.
Molti giornalisti che mi intervistano mi chiedono conto della situazione umanitaria dei palestinesi di Gaza, come se il problema fossero la mancanza di cibo, di acqua, di elettricità, di gasolio, e non chi è la causa di questi problemi sigillando confini, bombardando impianti idrici e centrali elettriche.
Lunghe file ai pochi panettieri con ancora le serrande semiaperte, 40-50 persone che si accapigliano per accappararsi l'ultima pagnotta. Uno di questi panettieri, Ahmed, è un mio amico, e mi ha confidato il suo terrore degli ultimi giorni.
Più che per le bombe, teme per gli assalti al forni. Dinnanzi al suo, si sono già verificate risse.
Se fino a poco tempo fa c'era la polizia a mantenere l'ordine pubblico, specie dinnanzi alle panetterie, ora non si vede più un poliziotto in divisa in tutta Gaza. Si sono nascosti, alcuni. Gli altri stanno tutti sepolti sotto due metri di terra, amici miei compresi. A Jabilia ancora strage di bambini, due fratellini di 4 e 10 anni, colpiti e uccisi da una bomba israeliana mentre guidavano un carretto trainato da un asino, in strada as-Sekka, a Jabalia.
Mohammad Rujailah nostro collaboratoE dell'ISM, ha scattato una foto che è più di un fermoimmagine, è una storia, è la rivelazione di ciò che tragico viviamo intensamente ogni minuto, contandoci ogni ora, perdendo amici, fratelli, familiari.
Carriarmati, caccia, droni, elicotteri Apache, il più grande e potente esercito del mondo in feroce attacco contro una popolazione che si muove ancora sui somari come all'epoca di Gesù Cristo.
Secondo Al Mizan, centro per i diritti umani, al momento in cui scrivo sono 55 bambini coinvolti nei bombardamenti, 20 gli uccisi e 40 i gravemente feriti.
Israele ha trasformato gli ospedali e gli obitori palestinesi in fabbriche di angeli, non rendendosi conto dell'odio che fomenta non solo in Palestina, ma in tutto il mondo. Le fabbriche degli angeli sono in produzione a ciclo continuo anche questa sera, lo avverto dai fragori delle esplosioni che sento fuori dalle mie finestre.
Quei corpicini smembrati, amputati, quelle vite potate ancora prima di fiorire, saranno un incubo per tutto il resto della mia vita, e se ho ancora la forza di raccontare delle loro fine, è perchè voglio rendere giustizia a chi non ha più voce, a chi non ha mia avuto un fiato di voce, forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare.
Restiamo umani, Vik
* Questo post è stato pubblicato sul blog Guerilla Radio il 31 dicembre 2008.
28 dicembre 2011
pc 30 dicembre - roma nessun spazio ai fascisti il 7 gennaio
7 GENNAIO: NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI
La crisi che il sistema capitalistico attraversa e che i padroni stanno riversando contro le condizioni di vita di sfruttate e sfruttati, con le politiche di taglio ai servizi sociali (istruzione, sanità, previdenza), con la riduzione dei salari e delle pensioni (trasformate in un miraggio per milioni di lavoratori e lavoratrici), con l’aumento delle tasse e delle tariffe, produce, almeno in potenza, istanze di lotta contro lo stato di cose presenti.
Il padronato al fine di reprimere e controllare questi movimenti sociali utilizza innumerevoli strumenti: i CIE per ricattare lavoratori e lavoratrici immigrate, la chiesa contro i comportamenti “non conformi”, la polizia e l’esercito nei quartieri, i fascisti come ulteriore strumento di repressione.
Per questo la lotta antifascista è lotta anticapitalista.
Per questo il 7 gennaio:
Non possiamo permettere che chi semina idee razziste, xenofobe ed omofobe attraversi tranquillamente la città senza una risposta concreta e forte da parte dei movimenti antifascisti.
Non possiamo permettere che dopo neanche un mese dall’uccisione a Firenze dei due ragazzi senegalesi, Samb Modou e Diop Mor, da parte di un militante fascista, i suoi camerati scendano in piazza. Loro sono responsabili morali e fisici di quell’assassinio e le loro mani grondano ancora sangue.
Non possiamo permettere che al famoso campeggio di Subiaco che ha “riunito” vecchi, nuovi e futuri fascisti venga data continuità consentendo loro di marciare per la capitale medaglia D’oro alla Resistenza.
Non possiamo permettere a questi personaggi amici e “camerati” di stragisti, assassini e criminali di guerra di restare tranquilli nelle loro sedi e nei loro covi ben protetti e scortati dalla polizia.
Non possiamo permettere e non tollereremo oltre le loro aggressioni a compagni, compagne e in generale a chi vedono come “diverso”, gli agguati agli spazi occupati e liberati, gli assalti ai campi nomadi e gli omicidi di migranti di cui si sono resi protagonisti negli ultimi tempi come in passato.
Il 7 gennaio sfilerà per Roma nel quartiere Appio-Tuscolano una marcia nazionale neofascista spalleggiata dal sindaco Alemanno.
Presidio antifascista Sabato 7 Gennaio dalle ore 16:00
davanti al Comitato di Quartiere dell’Alberone
via Appia Nuova 357.
Con Samb Modou, Diop Mor e tutti i compagni e le compagne assassinat* nel cuore.
ANTIFASCISTE E ANTIFASCISTI DI ROMA
La crisi che il sistema capitalistico attraversa e che i padroni stanno riversando contro le condizioni di vita di sfruttate e sfruttati, con le politiche di taglio ai servizi sociali (istruzione, sanità, previdenza), con la riduzione dei salari e delle pensioni (trasformate in un miraggio per milioni di lavoratori e lavoratrici), con l’aumento delle tasse e delle tariffe, produce, almeno in potenza, istanze di lotta contro lo stato di cose presenti.
Il padronato al fine di reprimere e controllare questi movimenti sociali utilizza innumerevoli strumenti: i CIE per ricattare lavoratori e lavoratrici immigrate, la chiesa contro i comportamenti “non conformi”, la polizia e l’esercito nei quartieri, i fascisti come ulteriore strumento di repressione.
Per questo la lotta antifascista è lotta anticapitalista.
Per questo il 7 gennaio:
Non possiamo permettere che chi semina idee razziste, xenofobe ed omofobe attraversi tranquillamente la città senza una risposta concreta e forte da parte dei movimenti antifascisti.
Non possiamo permettere che dopo neanche un mese dall’uccisione a Firenze dei due ragazzi senegalesi, Samb Modou e Diop Mor, da parte di un militante fascista, i suoi camerati scendano in piazza. Loro sono responsabili morali e fisici di quell’assassinio e le loro mani grondano ancora sangue.
Non possiamo permettere che al famoso campeggio di Subiaco che ha “riunito” vecchi, nuovi e futuri fascisti venga data continuità consentendo loro di marciare per la capitale medaglia D’oro alla Resistenza.
Non possiamo permettere a questi personaggi amici e “camerati” di stragisti, assassini e criminali di guerra di restare tranquilli nelle loro sedi e nei loro covi ben protetti e scortati dalla polizia.
Non possiamo permettere e non tollereremo oltre le loro aggressioni a compagni, compagne e in generale a chi vedono come “diverso”, gli agguati agli spazi occupati e liberati, gli assalti ai campi nomadi e gli omicidi di migranti di cui si sono resi protagonisti negli ultimi tempi come in passato.
Il 7 gennaio sfilerà per Roma nel quartiere Appio-Tuscolano una marcia nazionale neofascista spalleggiata dal sindaco Alemanno.
Presidio antifascista Sabato 7 Gennaio dalle ore 16:00
davanti al Comitato di Quartiere dell’Alberone
via Appia Nuova 357.
Con Samb Modou, Diop Mor e tutti i compagni e le compagne assassinat* nel cuore.
ANTIFASCISTE E ANTIFASCISTI DI ROMA
pc 30 dicembre - fascismo padronale nel settore trasporti
A novembre, i duecentoquaranta dipendenti dell'Azienda trasporti e mobilità di Alessandria hanno ricevuto cinquecento Euro di stipendio: la motivazione data dai vertici è stata che il Comune non ha versato il corrispettivo del servizio, e pertanto non c'erano i soldi per pagare interamente quanto dovuto ai lavoratori.
La storia 'fresca' però arriva da Genova; qui, l'Azienda mobilità e trasporti è in profonda crisi: i soci francesi di Veolia, che avevano avuto carta bianca dai loro sodali italiani per risanare i conti, se ne sono andati dopo aver distrutto tutto il possibile - tagliato le linee, licenziato seicento lavoratori, cancellato centinaia di corse giornaliere - ed ora l'amministrazione locale deve far fronte agli effetti della disastrosa gestione transalpina.
I conti sono in profondo rosso, e per cercare di rimetterli in ordine l'assessore al Patrimonio, il trotzkista Bruno Pastorino, ha deciso di mettere in vendita due palazzi di proprietà pubblica.
Alla dirigenza dell'Amt, però, questo non basta; i piani alti di via Montaldo 1 sostengono che questa manovra serve a poco: secondo i profumatamente pagati manager occorre tagliare gli stipendi del personale - esclusi ovviamente i loro - di almeno il quindici per cento.
E' bene ricordare che l'azienda di cui si parla è diventata una S.p.A. a causa della legge Bassanini, ma la maggioranza delle azioni è tornata - dopo l'uscita di scena di Veolia - ad essere detenuta dal Comune; questa manovra rappresenta l'ennesimo avanzamento del fascismo padronale: essa ha il preciso intento di cambiare le regole anche per i dipendenti pubblici, quali sono di fatto i lavoratori dei servizi pubblici locali.
Genova, 30 dicembre 2011
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova
La storia 'fresca' però arriva da Genova; qui, l'Azienda mobilità e trasporti è in profonda crisi: i soci francesi di Veolia, che avevano avuto carta bianca dai loro sodali italiani per risanare i conti, se ne sono andati dopo aver distrutto tutto il possibile - tagliato le linee, licenziato seicento lavoratori, cancellato centinaia di corse giornaliere - ed ora l'amministrazione locale deve far fronte agli effetti della disastrosa gestione transalpina.
I conti sono in profondo rosso, e per cercare di rimetterli in ordine l'assessore al Patrimonio, il trotzkista Bruno Pastorino, ha deciso di mettere in vendita due palazzi di proprietà pubblica.
Alla dirigenza dell'Amt, però, questo non basta; i piani alti di via Montaldo 1 sostengono che questa manovra serve a poco: secondo i profumatamente pagati manager occorre tagliare gli stipendi del personale - esclusi ovviamente i loro - di almeno il quindici per cento.
E' bene ricordare che l'azienda di cui si parla è diventata una S.p.A. a causa della legge Bassanini, ma la maggioranza delle azioni è tornata - dopo l'uscita di scena di Veolia - ad essere detenuta dal Comune; questa manovra rappresenta l'ennesimo avanzamento del fascismo padronale: essa ha il preciso intento di cambiare le regole anche per i dipendenti pubblici, quali sono di fatto i lavoratori dei servizi pubblici locali.
Genova, 30 dicembre 2011
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova
pc 30 dicembre - CRISI, L'INTERVENTO PUBBLICO E I SUOI LIMITI - da 'APPUNTI DI STUDIO SU MARX E LA CRISI'
Oggi che il governo Monti prepara nuove misure per salvare il sistema capitalista dalla sua crisi, riteniamo utile riportare un pezzo, breve, dall'opuscolo APPUNTI DI STUDIO SU MARX E LA CRISI - stralci da “il capitalismo e la crisi”. Scritti scelti (di Marx) a cura di V.Giacchè.
Tutto l'opuscolo - che si trova a latere di questo blog - si può scaricare e leggere.
"...Il decorso della crisi: l'intervento pubblico e i suoi limiti.
(Nella crisi, gli) interventi di salvataggio delle banche con denaro pubblico sono stati definiti “socialismo per i ricchi”. Marx non ne aveva parlato in modo molto diverso. Ecco quanto scriveva a proposito della crisi di Amburgo del 1857: “Per tenere su i prezzi... lo Stato dovrebbe pagare i prezzi in vigore prima dello scoppio del panico commerciale e scontare delle cambiali che non sono più altro che il controvalore delle bancarotte altrui. In altre parole, il patrimonio dell'intera società, che il governo rappresenta, dovrebbe ripianare le perdite subite dai capitalisti privati. Questo genere di comunismo, in cui la reciprocità è assolutamente unilaterale, esercita una certa attrattiva sui capitalisti europei” (Marx).
(E giungono Marx ed Engels) “E' proprio bello che i capitalisti, che gridano tanto contro il “diritto al lavoro”, ora pretendano dappertutto “pubblico appoggio” dai governi... facciano insomma valere il “diritto al profitto” a spese della comunità”.
(ndr) vale a dire la classica: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei guadagni, sempre usata dai capitalisti anche oggi.
(Ma)in generale, sia Marx che Engels ritenevano che la crisi non potesse essere risolta da interventi di politica monetaria né da leggi ad hoc o interventi pubblici a garanzia e copertura del debito privato. Anzi in una lettera ad Engels riferita agli sviluppi della crisi che allora imperversava in Francia, Marx accennò al fatto che questi ultimi interventi, lungi dal risolvere la crisi, potevano portare alla bancarotta anche lo Stato: “quando scoppia la vera e propria crisi francese, il mercato finanziario e la garanzia di questo mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo”...
La gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico in atto, se non è riuscita né a ridurre l'entità complessiva del debito né a rianimare l'economia, può porre le premesse di un ulteriore crisi del debito: quella, appunto, del debito pubblico... A questo punto il risultato che si avrebbe sarebbe una pesantissima crisi fiscale, un'ulteriore drastica riduzione del suo ruolo nell'economia e il campo libero lasciato alle grandi aziende multinazionali private.
(ndr) l'intervento dello Stato in soccorso dell'economia capitalista, del profitto attraverso soprattutto misure che impoveriscono i lavoratori e le masse popolari confermano il ruolo dello Stato unicamente a difesa degli interessi della classe dominante. Questa difesa comporta un incremento direttamente proporzionale dell'attacco ai diritti democratici, ai diritti sindacali, l'eliminazione delle residue conquiste dei lavoratori, in primis oggi l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; ma soprattutto un incremento della funzione repressiva dello Stato verso i proletari per prevenire o soffocare ribellioni e lotte. Oggi le misure “anticrisi” si accompagnano alla marcia verso il moderno fascismo, allo Stato di polizia, ad una risposta sempre più violenta alle giuste rivendicazioni dei proletari e delle masse popolari colpite..."
Tutto l'opuscolo - che si trova a latere di questo blog - si può scaricare e leggere.
"...Il decorso della crisi: l'intervento pubblico e i suoi limiti.
(Nella crisi, gli) interventi di salvataggio delle banche con denaro pubblico sono stati definiti “socialismo per i ricchi”. Marx non ne aveva parlato in modo molto diverso. Ecco quanto scriveva a proposito della crisi di Amburgo del 1857: “Per tenere su i prezzi... lo Stato dovrebbe pagare i prezzi in vigore prima dello scoppio del panico commerciale e scontare delle cambiali che non sono più altro che il controvalore delle bancarotte altrui. In altre parole, il patrimonio dell'intera società, che il governo rappresenta, dovrebbe ripianare le perdite subite dai capitalisti privati. Questo genere di comunismo, in cui la reciprocità è assolutamente unilaterale, esercita una certa attrattiva sui capitalisti europei” (Marx).
(E giungono Marx ed Engels) “E' proprio bello che i capitalisti, che gridano tanto contro il “diritto al lavoro”, ora pretendano dappertutto “pubblico appoggio” dai governi... facciano insomma valere il “diritto al profitto” a spese della comunità”.
(ndr) vale a dire la classica: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei guadagni, sempre usata dai capitalisti anche oggi.
(Ma)in generale, sia Marx che Engels ritenevano che la crisi non potesse essere risolta da interventi di politica monetaria né da leggi ad hoc o interventi pubblici a garanzia e copertura del debito privato. Anzi in una lettera ad Engels riferita agli sviluppi della crisi che allora imperversava in Francia, Marx accennò al fatto che questi ultimi interventi, lungi dal risolvere la crisi, potevano portare alla bancarotta anche lo Stato: “quando scoppia la vera e propria crisi francese, il mercato finanziario e la garanzia di questo mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo”...
La gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico in atto, se non è riuscita né a ridurre l'entità complessiva del debito né a rianimare l'economia, può porre le premesse di un ulteriore crisi del debito: quella, appunto, del debito pubblico... A questo punto il risultato che si avrebbe sarebbe una pesantissima crisi fiscale, un'ulteriore drastica riduzione del suo ruolo nell'economia e il campo libero lasciato alle grandi aziende multinazionali private.
(ndr) l'intervento dello Stato in soccorso dell'economia capitalista, del profitto attraverso soprattutto misure che impoveriscono i lavoratori e le masse popolari confermano il ruolo dello Stato unicamente a difesa degli interessi della classe dominante. Questa difesa comporta un incremento direttamente proporzionale dell'attacco ai diritti democratici, ai diritti sindacali, l'eliminazione delle residue conquiste dei lavoratori, in primis oggi l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; ma soprattutto un incremento della funzione repressiva dello Stato verso i proletari per prevenire o soffocare ribellioni e lotte. Oggi le misure “anticrisi” si accompagnano alla marcia verso il moderno fascismo, allo Stato di polizia, ad una risposta sempre più violenta alle giuste rivendicazioni dei proletari e delle masse popolari colpite..."
pc 30 dicembre - FEMMINICIDIO DI CATANIA - "UCCISIONI DELLE DONNE, OGGI"
Torniamo sul tragico femminicidio di Stefania a Catania, riportando uno stralcio dall'opuscolo del MFPR "Uccisioni delle donne, oggi"
"...Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista – reazione, a volte preventiva, alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia.
Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento.
Se prima le donne sopportavano in silenzio una violenza anche continua, oggi gli uomini non possono come prima contare su questo silenzio. Oggi le donne sopportano meno, rompono i rapporti, si ribellano, cacciano i fidanzati, i mariti ecc. “Tu devi essere mia, o sei mia o non sei”, questo è quanto ha detto un uomo prima di uccidere la sua ex fidanzata; è la rottura di questo concetto di possesso, di proprietà, che c’era anche prima ma che oggi, da parte delle donne viene messo in discussione, non viene accettato.
Queste uccisioni e violenze come reazione degli uomini alle donne che vogliono rompere i precedenti legami, la precedente vita sono delitti fascisti, perchè mossi da una concezione fascista di attacco ad ogni spinta di ribellione. Come fascista è spesso il clima generato di complicità diffusa pre e post uccisioni, in cui gli uomini vengono considerati perbene, e chi sa non parla e copre non solo perchè ha una concezione individualista, ma perchè ha la stessa concezione maschilista, fascista verso le donne.
L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne..."
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
"...Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista – reazione, a volte preventiva, alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia.
Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento.
Se prima le donne sopportavano in silenzio una violenza anche continua, oggi gli uomini non possono come prima contare su questo silenzio. Oggi le donne sopportano meno, rompono i rapporti, si ribellano, cacciano i fidanzati, i mariti ecc. “Tu devi essere mia, o sei mia o non sei”, questo è quanto ha detto un uomo prima di uccidere la sua ex fidanzata; è la rottura di questo concetto di possesso, di proprietà, che c’era anche prima ma che oggi, da parte delle donne viene messo in discussione, non viene accettato.
Queste uccisioni e violenze come reazione degli uomini alle donne che vogliono rompere i precedenti legami, la precedente vita sono delitti fascisti, perchè mossi da una concezione fascista di attacco ad ogni spinta di ribellione. Come fascista è spesso il clima generato di complicità diffusa pre e post uccisioni, in cui gli uomini vengono considerati perbene, e chi sa non parla e copre non solo perchè ha una concezione individualista, ma perchè ha la stessa concezione maschilista, fascista verso le donne.
L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne..."
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
pc 30 dicembre - BILANCIO 2011 E INIZIATIVE 2012 DA SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI TARANTO
BILANCIO 2011 E PIANO DI INIZIATIVE 2012 DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE DI TARANTO.
Quest'anno è stato un anno che ha visto approfondirsi la crisi economica anche nella nostra città. E' aumentata la disoccupazione e la precarietà. Non sono sorti nuovi posti di lavoro. Nessuna soluzione vi è stata per gli operai e le operaie della Miroglio, si è approfondita la crisi del porto, la Teleperformance ha dichiarato nuovi esuberi benchè momentaneamente rientrati; all'Ilva si è chiusa la cassintegrazione ma l'organico si è dimezzato di 2000 operai e i numeri dei licenziati nell'appalto non sono chiari, ma sono tantissimi. Si è accentuata, quindi, l'emergenza del lavoro
Sull'ambiente è stato un anno contraddittorio, vi sono stati aspetti positivi, un calo degli infortuni all'Ilva e pare una riduzione diossina, anche se sulla diossina noi siamo propensi a dare credito alle fonti ambientaliste. Noi diciamo che ambiente e lavoro possono convivere e che gli operai devono svolgere un ruolo d'avanguardia per il risanamento ambientale interno ed esterno alla fabbrica perchè sono i primi danneggiati; la questione Eni è un problema che finalmente viene alla luce, sembra che l'Eni abbia preso il posto dell'Ilva per quanto riguarda impianti nocivi e inquinamento. Non vogliamo che si copre una falla e se ne aprono altre due,
Quindi saldo negativo sul fronte del lavoro e sulla capacità delle Istituzioni di rispondere sui problemi del lavoro e della crescita. Ma anche di vivibilità della città con l'accentuarsi della criminalità che è tornata in primo piano con il nesso mancanza di lavoro, precarietà, quartieri più colpiti; questa situazione ogni volta che si affronta come problema di ordine pubblico porta solo a maggiore criminalità senza risolvere nessun problema. Rispetto a questo il nostro giudizio sul prefetto è negativo, ha moltiplicato i vertici per l'ordine pubblico invece che fare vertici sul lavoro, ambiente, quartieri disagiati
Il movimento sindacale ha dimostrato che ha bisogno di una trasformazione, perchè conta più nei Palazzi e non tra i lavoratori. Questo si riflette nella mancanza di loro risultati.
Lo Slai cobas rappresenta un'eccezione, noi ci siamo occupati dei settori e realtà più disagiati della città, disoccupati, privi di reddito, problema dell'acqua, ecc.
Noi abbiamo sviluppato a Taranto sul fronte del lavoro una mobilitazione/lotta continua, diventando il punto di riferimento anche di settori di lavoratori sfiduciati dei sindacati confederali.
L'anno si chiude per noi con una notizia positiva il primo piano per la raccolta differenziata parte e una piccola goccia dei Disoccupati Organizzati Slai cobas trova lavoro; ora si deve ampliare perchè è il primo di una serie che deve coprire tutta la città.
Il fatto che solo dei Disoccupati Organizzati trovano lavoro è positivo perchè mostra che solo l'organizzazione e la lotta danno risultati, ma nello stesso tempo sta a dimostrare quanto poco si sia fatto su questo fronte.
DA QUI NASCONO I NOSTRI PRIMI IMPEGNI PER L'ANNO NUOVO.
1. Apriremo l'anno con una TENDA PER IL LAVORO per costringere tutti a considerare il lavoro la priorità della città. La Tenda riguarda tutti i settori che hanno problemi di lavoro, disoccupati, lavoratrici appalti comunali che hanno visto ridurre l'orario, le situazioni di sofferenza: Miroglio, porto, ecc. Una tenda, quindi, che sia un simbolo della lotta per il lavoro raccogliendo tutti i settori, e non per fare autopropaganda ma perchè si trovino effettive risposte e soluzioni. In primis vogliamo che parta la raccolta differenziata in tutto il resto della città, dove almeno un altro centinaio di disoccupati può essere assunto; non si tratta comunque del piano che vogliamo, perchè al di là della pubblicità non è “porta a porta” fatta in modo da creare un circolo virtuoso anche tra la gente. Se non si parte bene su questo servizio e si fa affidamento solo sulla pubblicità i risultati non possono essere all'altezza con il rischio della penalizzazione dei cittadini con maggiori tasse. Quindi questa battaglia è anche interesse degli enti locali e dei cittadini.
La 2° INIZIATIVA È PER L'ILVA. Quest'anno ha visto la nascita effettiva dello Slai cobas in Ilva, con circa 1000 operai che hanno sottoscritto un appello per l'ingresso dello Slai cobas in Ilva, una parte di questi operai si è organizzata ed è pronta a fare un salto quantitativo e qualitativo. Questa nascita dello slai cobas in Ilva è frutto soprattutto di è una vastissima sfiducia e forte denuncia dei sindacati confederali che da tempo non difendono gli interessi dei lavoratori o sono assenti, e che proprio ultimamente hanno firmato, tutti e tre insieme, un bruttissimo accordo sul “cambio tuta”, che dà una miseria agli operai e scambia un diritto retributivo per un “premio aziendale”. Il cobas Ilva sarà la novità 2012, perchè il ritorno della conflittualità all'Ilva riporta al centro la classe operaia che ora è ancora sullo sfondo in questa città.
3° INIZIATIVA. Anche la nostra città si trova dentro i provvedimenti del governo che colpiscono realmente la condizione dei settori più disagiati, che si trovano caricati di nuove tasse, con enti locali costretti a caricare i cittadini di tasse, vi è un pesante attacco ai salari, la manovra sulle pensioni impedisce un ricambio generazionale sul lavoro, ecc. Quindi noi dobbiamo combattere anche la manovra governativa. Per questo aderiamo allo SCIOPERO GENERALE DEL 27 e porteremo una delegazione a Roma alla manifestazione nazionale volta a fermare la mano del governo anche rispetto alla nuova fase che contiene attacchi all'art. 18, generalizzazione accordi Fiat che puntano ad una esclusione del sindacalismo conflittuale nelle fabbriche.
Noi non intendiamo accettare tranquillamente questa manovra, intendiamo verificare la possibilità di organizzare forme di difesa collettiva, su tasse, ticket, tariffe, esenzioni per i redditi bassi, porre la questione del carovita, riprendendo la battaglia per il blocco dei prezzi, almeno per i settori e zone più disagiate della città.
Il governo parla, poi, di forme di salario. Noi riteniamo da sempre che ci debba essere una forma di salario garantito, almeno di 500 euro; e questa richiesta la poniamo non solo al governo ma è anche da rivendicare presso le amministrazioni locali.
VOGLIAMO QUINDI RIPARTIRE FORTE NEL 2012:
TENDA PER IL LAVORO DAL 10 GENNAIO
ASSEMBLEA DELL'ILVA DEL 14 GENNAIO
SCIOPERO E MANIFESTAZIONE CONTRO LA MANOVRA GOVERNATIVA DEL 27
Slai cobas per il sindacato di classe
Taranto via Rintone, 22
T/F 0994792086 – 3475301704 -cobasta@libero.it
Quest'anno è stato un anno che ha visto approfondirsi la crisi economica anche nella nostra città. E' aumentata la disoccupazione e la precarietà. Non sono sorti nuovi posti di lavoro. Nessuna soluzione vi è stata per gli operai e le operaie della Miroglio, si è approfondita la crisi del porto, la Teleperformance ha dichiarato nuovi esuberi benchè momentaneamente rientrati; all'Ilva si è chiusa la cassintegrazione ma l'organico si è dimezzato di 2000 operai e i numeri dei licenziati nell'appalto non sono chiari, ma sono tantissimi. Si è accentuata, quindi, l'emergenza del lavoro
Sull'ambiente è stato un anno contraddittorio, vi sono stati aspetti positivi, un calo degli infortuni all'Ilva e pare una riduzione diossina, anche se sulla diossina noi siamo propensi a dare credito alle fonti ambientaliste. Noi diciamo che ambiente e lavoro possono convivere e che gli operai devono svolgere un ruolo d'avanguardia per il risanamento ambientale interno ed esterno alla fabbrica perchè sono i primi danneggiati; la questione Eni è un problema che finalmente viene alla luce, sembra che l'Eni abbia preso il posto dell'Ilva per quanto riguarda impianti nocivi e inquinamento. Non vogliamo che si copre una falla e se ne aprono altre due,
Quindi saldo negativo sul fronte del lavoro e sulla capacità delle Istituzioni di rispondere sui problemi del lavoro e della crescita. Ma anche di vivibilità della città con l'accentuarsi della criminalità che è tornata in primo piano con il nesso mancanza di lavoro, precarietà, quartieri più colpiti; questa situazione ogni volta che si affronta come problema di ordine pubblico porta solo a maggiore criminalità senza risolvere nessun problema. Rispetto a questo il nostro giudizio sul prefetto è negativo, ha moltiplicato i vertici per l'ordine pubblico invece che fare vertici sul lavoro, ambiente, quartieri disagiati
Il movimento sindacale ha dimostrato che ha bisogno di una trasformazione, perchè conta più nei Palazzi e non tra i lavoratori. Questo si riflette nella mancanza di loro risultati.
Lo Slai cobas rappresenta un'eccezione, noi ci siamo occupati dei settori e realtà più disagiati della città, disoccupati, privi di reddito, problema dell'acqua, ecc.
Noi abbiamo sviluppato a Taranto sul fronte del lavoro una mobilitazione/lotta continua, diventando il punto di riferimento anche di settori di lavoratori sfiduciati dei sindacati confederali.
L'anno si chiude per noi con una notizia positiva il primo piano per la raccolta differenziata parte e una piccola goccia dei Disoccupati Organizzati Slai cobas trova lavoro; ora si deve ampliare perchè è il primo di una serie che deve coprire tutta la città.
Il fatto che solo dei Disoccupati Organizzati trovano lavoro è positivo perchè mostra che solo l'organizzazione e la lotta danno risultati, ma nello stesso tempo sta a dimostrare quanto poco si sia fatto su questo fronte.
DA QUI NASCONO I NOSTRI PRIMI IMPEGNI PER L'ANNO NUOVO.
1. Apriremo l'anno con una TENDA PER IL LAVORO per costringere tutti a considerare il lavoro la priorità della città. La Tenda riguarda tutti i settori che hanno problemi di lavoro, disoccupati, lavoratrici appalti comunali che hanno visto ridurre l'orario, le situazioni di sofferenza: Miroglio, porto, ecc. Una tenda, quindi, che sia un simbolo della lotta per il lavoro raccogliendo tutti i settori, e non per fare autopropaganda ma perchè si trovino effettive risposte e soluzioni. In primis vogliamo che parta la raccolta differenziata in tutto il resto della città, dove almeno un altro centinaio di disoccupati può essere assunto; non si tratta comunque del piano che vogliamo, perchè al di là della pubblicità non è “porta a porta” fatta in modo da creare un circolo virtuoso anche tra la gente. Se non si parte bene su questo servizio e si fa affidamento solo sulla pubblicità i risultati non possono essere all'altezza con il rischio della penalizzazione dei cittadini con maggiori tasse. Quindi questa battaglia è anche interesse degli enti locali e dei cittadini.
La 2° INIZIATIVA È PER L'ILVA. Quest'anno ha visto la nascita effettiva dello Slai cobas in Ilva, con circa 1000 operai che hanno sottoscritto un appello per l'ingresso dello Slai cobas in Ilva, una parte di questi operai si è organizzata ed è pronta a fare un salto quantitativo e qualitativo. Questa nascita dello slai cobas in Ilva è frutto soprattutto di è una vastissima sfiducia e forte denuncia dei sindacati confederali che da tempo non difendono gli interessi dei lavoratori o sono assenti, e che proprio ultimamente hanno firmato, tutti e tre insieme, un bruttissimo accordo sul “cambio tuta”, che dà una miseria agli operai e scambia un diritto retributivo per un “premio aziendale”. Il cobas Ilva sarà la novità 2012, perchè il ritorno della conflittualità all'Ilva riporta al centro la classe operaia che ora è ancora sullo sfondo in questa città.
3° INIZIATIVA. Anche la nostra città si trova dentro i provvedimenti del governo che colpiscono realmente la condizione dei settori più disagiati, che si trovano caricati di nuove tasse, con enti locali costretti a caricare i cittadini di tasse, vi è un pesante attacco ai salari, la manovra sulle pensioni impedisce un ricambio generazionale sul lavoro, ecc. Quindi noi dobbiamo combattere anche la manovra governativa. Per questo aderiamo allo SCIOPERO GENERALE DEL 27 e porteremo una delegazione a Roma alla manifestazione nazionale volta a fermare la mano del governo anche rispetto alla nuova fase che contiene attacchi all'art. 18, generalizzazione accordi Fiat che puntano ad una esclusione del sindacalismo conflittuale nelle fabbriche.
Noi non intendiamo accettare tranquillamente questa manovra, intendiamo verificare la possibilità di organizzare forme di difesa collettiva, su tasse, ticket, tariffe, esenzioni per i redditi bassi, porre la questione del carovita, riprendendo la battaglia per il blocco dei prezzi, almeno per i settori e zone più disagiate della città.
Il governo parla, poi, di forme di salario. Noi riteniamo da sempre che ci debba essere una forma di salario garantito, almeno di 500 euro; e questa richiesta la poniamo non solo al governo ma è anche da rivendicare presso le amministrazioni locali.
VOGLIAMO QUINDI RIPARTIRE FORTE NEL 2012:
TENDA PER IL LAVORO DAL 10 GENNAIO
ASSEMBLEA DELL'ILVA DEL 14 GENNAIO
SCIOPERO E MANIFESTAZIONE CONTRO LA MANOVRA GOVERNATIVA DEL 27
Slai cobas per il sindacato di classe
Taranto via Rintone, 22
T/F 0994792086 – 3475301704 -cobasta@libero.it
pc 29 dicembre - 27 gennaio 2012: sciopero generale e manifestazione nazionale a Roma
27 gennaio 2012: sciopero generale e manifestazione nazionale a Roma
Il primo stadio della manovra del governo Monti è compiuto, sarà approvata entro Natale, con il consenso di un’ampia e articolata maggioranza parlamentare, che riunisce centro destra e centro sinistra, favorevole a far pagare a come sempre ai lavoratori il costo di una crisi in cui una parte dei padroni, delle banche, degli speculatori e della finanza internazionale continua a intascare profitti e rendita finanziaria.
A questa prima manovra che recepisce in pieno le direttive della BCE e dell’Unione Europea seguirà nei prossimi giorni la seconda fase, centrata sul mercato del lavoro e sulle nuove misure in tema di flessibilità in uscita; si tratta insomma della modifica dell’art.18 e della libertà di licenziare, richiesta a gran voce dalla Confindustria e da Marchionne, con il consenso non solo della destra, più o meno moderata, ma anche dal centro sinistra.
E' ora di dire NO e di ribellarsi
- Ti riducono il potere d'acquisto ed il valore reale di pensioni e salari, a te che non evadi un euro, ma non fanno nulla per recuperare i 120 miliardi annui di evasione fiscale, per tassare i profitti, la rendita finanziaria, i mega stipendi di dirigenti pubblici e privati.
- Ti fanno pagare le tasse sulla prima casa dopo che ti costringono ad acquistarla perché ti sfrattano e perché non ci sono abitazioni in affitto, mentre non intendono nemmeno introdurre una patrimoniale a quel 10% di ricchi che possiedono il 50% della ricchezza del paese.
- Ti aumentano l'IVA, l'Irpef locale, i ticket sanitari e le accise sulla benzina mentre l'inflazione è già al 3,5% ed erode la tua busta paga, mentre la tua pensione e il tuo salario sono bloccati, mentre ti licenziano, sei precario, in cassa-integrazione o in mobilità.
- Ti allungano l'età pensionabile e riducono l’importo delle pensioni con il sistema contributivo e ti costringono a lavorare di più proprio quando sei più stanco e vedevi la linea del “traguardo”, per costringerti a entrare nei fondi pensione, che dall’inizio della crisi stanno azzerando i contributi versati dai lavoratori e lasciando tuo figlio e tuo nipote nel dramma della disoccupazione e della precarietà.
- Ti prendono in giro dicendoti che sei un privilegiato perché ti è rimasto ancora un salario e qualche diritto sul posto di lavoro, perché non possono licenziarti senza un valido motivo e ti promettono con feroce e inaudita strumentalità che tuo figlio troverà sicuramente un lavoro se permetterai al tuo padrone di poterti licenziare con più facilità.
- Ti dicono che le aziende devono essere aiutate in un momento di crisi come l'attuale e mentre a te aumentano le tasse le riducono alle aziende; così Marchionne, dopo aver deindustrializzato interi territori, esteso l'accordo Pomigliano in tutto il gruppo Fiat e nelle aziende metalmeccaniche collegate, cancellato il contratto nazionale ed impresso una svolta autoritaria nelle relazioni sindacali, riesce anche a portare più soldi e più fabbriche all'estero.
- Ti raccontano che Cgil, Cisl e Uil stanno opponendosi alle manovre del governo Monti e vogliono farti dimenticare che il 28 giugno 2011 hanno sottoscritto un accordo con Confindustria che ha “autorizzato” il governo Berlusconi ad approvare il famigerato art. 8 che distrugge diritti e contratto nazionale.
- Ti chiedono di scioperare solo per qualche ora, per ottenere modifiche marginali alle misure del governo e senza un reale progetto complessivo e alternativo, perché l'obiettivo della Cgil è quello di tornare alla concertazione e quello di Cisl e Uil alla “collaborazione” dell'ex ministro “amico” Sacconi.
- Ti vogliono convincere che questo è un governo tecnico, serio, che è nato per “salvare l'Italia” mentre le misure adottate da Monti sono in perfetta continuità con quelle di Berlusconi, sono approvate anche dal centro sinistra e non fanno altro che preparare una nuova crisi, ancora più profonda. Ti dicono che punteranno su sviluppo e formazione e invece non modificheranno neanche la controriforma Gelmini sulla scuola.
In effetti siamo passati “dal governo dei cialtroni al governo dei padroni” che rappresenta gli interessi di banche, finanza internazionale, BCE, Fondo Internazionale Monetario e chi più ne ha più ne metta: cioè tutti coloro che in questi anni si sono arricchiti ed hanno speculato sulle tue spalle e sulla tua vita.
- Ti vogliono far credere che la globalizzazione e il “dio mercato” sono soltanto malati ma che, con un po' di sacrifici – i tuoi – poi tutto tornerà come prima, ma ti nascondono che per decenni questi “mostri ideologici” hanno promesso un “secondo tempo” - mai realizzato - di piena occupazione e salari crescenti, hanno distrutto vite ed interi popoli in altri continenti ed oggi attaccano il cuore della vecchia Europa per il semplice motivo che è qui che è ancora possibile realizzare profitti innalzando il tasso di sfruttamento del lavoro, comprimendo diritti e democrazia.
Se tutto questo è chiaro e condiviso, non è più possibile stare a guardare o “sperare che io me la cavi”, magari a danno di chi ti è più vicino sul lavoro, di tuo padre e di tua madre che non riescono a godersi qualche anno di giusto riposo dopo aver lavorato per decenni, di tuo figlio e di tua figlia che non trovano lavoro e quando lo trovano è precario e sfruttato più di te.
Bisogna alzare la testa e gridare con forza il nostro dissenso, esprimere giorno dopo giorno la voglia di cambiare, di non dire più sempre si, di opporsi e cercare tutti insieme di costruire un'alternativa sul lavoro e a questa società.
Il 27 gennaio scioperiamo contro tutto questo
Scioperiamo contro il governo Monti che rappresenta gli interessi dell'Italia e dell'Europa dei padroni, delle banche e della finanza, perché non vogliamo pagare un debito che non abbiamo contribuito a far crescere, perché è indispensabile costruire un forte movimento sociale e sindacale che parta dai posti di lavoro e si riversi nelle strade e nelle piazze di tutto il paese, perché siamo stanchi di subire e vogliamo riprenderci quello che ci hanno sottratto per decenni.
Il 27 gennaio scendiamo tutti in piazza e dimostriamo che i lavoratori, i pensionati, i precari, i disoccupati, i migranti e gli studenti – uniti e determinati - sono in grado di richiedere ed indicare un forte e concreto cambiamento nella gestione e nel governo del paese in termini sociali, di maggiori diritti e democrazia.
Lo sciopero è indetto da Usb Orsa SlaiCobas Cib-Unicobas Snater SiCobas Usi
Il primo stadio della manovra del governo Monti è compiuto, sarà approvata entro Natale, con il consenso di un’ampia e articolata maggioranza parlamentare, che riunisce centro destra e centro sinistra, favorevole a far pagare a come sempre ai lavoratori il costo di una crisi in cui una parte dei padroni, delle banche, degli speculatori e della finanza internazionale continua a intascare profitti e rendita finanziaria.
A questa prima manovra che recepisce in pieno le direttive della BCE e dell’Unione Europea seguirà nei prossimi giorni la seconda fase, centrata sul mercato del lavoro e sulle nuove misure in tema di flessibilità in uscita; si tratta insomma della modifica dell’art.18 e della libertà di licenziare, richiesta a gran voce dalla Confindustria e da Marchionne, con il consenso non solo della destra, più o meno moderata, ma anche dal centro sinistra.
E' ora di dire NO e di ribellarsi
- Ti riducono il potere d'acquisto ed il valore reale di pensioni e salari, a te che non evadi un euro, ma non fanno nulla per recuperare i 120 miliardi annui di evasione fiscale, per tassare i profitti, la rendita finanziaria, i mega stipendi di dirigenti pubblici e privati.
- Ti fanno pagare le tasse sulla prima casa dopo che ti costringono ad acquistarla perché ti sfrattano e perché non ci sono abitazioni in affitto, mentre non intendono nemmeno introdurre una patrimoniale a quel 10% di ricchi che possiedono il 50% della ricchezza del paese.
- Ti aumentano l'IVA, l'Irpef locale, i ticket sanitari e le accise sulla benzina mentre l'inflazione è già al 3,5% ed erode la tua busta paga, mentre la tua pensione e il tuo salario sono bloccati, mentre ti licenziano, sei precario, in cassa-integrazione o in mobilità.
- Ti allungano l'età pensionabile e riducono l’importo delle pensioni con il sistema contributivo e ti costringono a lavorare di più proprio quando sei più stanco e vedevi la linea del “traguardo”, per costringerti a entrare nei fondi pensione, che dall’inizio della crisi stanno azzerando i contributi versati dai lavoratori e lasciando tuo figlio e tuo nipote nel dramma della disoccupazione e della precarietà.
- Ti prendono in giro dicendoti che sei un privilegiato perché ti è rimasto ancora un salario e qualche diritto sul posto di lavoro, perché non possono licenziarti senza un valido motivo e ti promettono con feroce e inaudita strumentalità che tuo figlio troverà sicuramente un lavoro se permetterai al tuo padrone di poterti licenziare con più facilità.
- Ti dicono che le aziende devono essere aiutate in un momento di crisi come l'attuale e mentre a te aumentano le tasse le riducono alle aziende; così Marchionne, dopo aver deindustrializzato interi territori, esteso l'accordo Pomigliano in tutto il gruppo Fiat e nelle aziende metalmeccaniche collegate, cancellato il contratto nazionale ed impresso una svolta autoritaria nelle relazioni sindacali, riesce anche a portare più soldi e più fabbriche all'estero.
- Ti raccontano che Cgil, Cisl e Uil stanno opponendosi alle manovre del governo Monti e vogliono farti dimenticare che il 28 giugno 2011 hanno sottoscritto un accordo con Confindustria che ha “autorizzato” il governo Berlusconi ad approvare il famigerato art. 8 che distrugge diritti e contratto nazionale.
- Ti chiedono di scioperare solo per qualche ora, per ottenere modifiche marginali alle misure del governo e senza un reale progetto complessivo e alternativo, perché l'obiettivo della Cgil è quello di tornare alla concertazione e quello di Cisl e Uil alla “collaborazione” dell'ex ministro “amico” Sacconi.
- Ti vogliono convincere che questo è un governo tecnico, serio, che è nato per “salvare l'Italia” mentre le misure adottate da Monti sono in perfetta continuità con quelle di Berlusconi, sono approvate anche dal centro sinistra e non fanno altro che preparare una nuova crisi, ancora più profonda. Ti dicono che punteranno su sviluppo e formazione e invece non modificheranno neanche la controriforma Gelmini sulla scuola.
In effetti siamo passati “dal governo dei cialtroni al governo dei padroni” che rappresenta gli interessi di banche, finanza internazionale, BCE, Fondo Internazionale Monetario e chi più ne ha più ne metta: cioè tutti coloro che in questi anni si sono arricchiti ed hanno speculato sulle tue spalle e sulla tua vita.
- Ti vogliono far credere che la globalizzazione e il “dio mercato” sono soltanto malati ma che, con un po' di sacrifici – i tuoi – poi tutto tornerà come prima, ma ti nascondono che per decenni questi “mostri ideologici” hanno promesso un “secondo tempo” - mai realizzato - di piena occupazione e salari crescenti, hanno distrutto vite ed interi popoli in altri continenti ed oggi attaccano il cuore della vecchia Europa per il semplice motivo che è qui che è ancora possibile realizzare profitti innalzando il tasso di sfruttamento del lavoro, comprimendo diritti e democrazia.
Se tutto questo è chiaro e condiviso, non è più possibile stare a guardare o “sperare che io me la cavi”, magari a danno di chi ti è più vicino sul lavoro, di tuo padre e di tua madre che non riescono a godersi qualche anno di giusto riposo dopo aver lavorato per decenni, di tuo figlio e di tua figlia che non trovano lavoro e quando lo trovano è precario e sfruttato più di te.
Bisogna alzare la testa e gridare con forza il nostro dissenso, esprimere giorno dopo giorno la voglia di cambiare, di non dire più sempre si, di opporsi e cercare tutti insieme di costruire un'alternativa sul lavoro e a questa società.
Il 27 gennaio scioperiamo contro tutto questo
Scioperiamo contro il governo Monti che rappresenta gli interessi dell'Italia e dell'Europa dei padroni, delle banche e della finanza, perché non vogliamo pagare un debito che non abbiamo contribuito a far crescere, perché è indispensabile costruire un forte movimento sociale e sindacale che parta dai posti di lavoro e si riversi nelle strade e nelle piazze di tutto il paese, perché siamo stanchi di subire e vogliamo riprenderci quello che ci hanno sottratto per decenni.
Il 27 gennaio scendiamo tutti in piazza e dimostriamo che i lavoratori, i pensionati, i precari, i disoccupati, i migranti e gli studenti – uniti e determinati - sono in grado di richiedere ed indicare un forte e concreto cambiamento nella gestione e nel governo del paese in termini sociali, di maggiori diritti e democrazia.
Lo sciopero è indetto da Usb Orsa SlaiCobas Cib-Unicobas Snater SiCobas Usi
giovedì 29 dicembre 2011
pc 29 dicembre - A Catania il sessismo uccide ancora
tratto da http://www.infoaut.org
MERCOLEDÌ 28 DICEMBRE 2011 21:58
Ogni giorno che passa è un giorno in cui aggiornare il triste bollettino che vede le donne vittime della violenza di padri, mariti, fidanzati, zii e fratelli. I dati d’altronde parlano chiaro: in Italia sono 136 le donne uccise dall’inizio del 2011 e circa nell’ottanta per cento dei casi di violenza quotidiana (ma alcuni dati parlano addirittura del novantaquattro per cento) l’aggressore aveva le chiavi di casa. Non lo straniero, l’immigrato violentatore che arriva nel nostro paese per fare razzie e violenze, come i razzisti (sessisti) vogliono far passare ma il maschio italiano che vive sotto lo stesso tetto delle proprie vittime.
Una vera e propria guerra a bassa intensità fatta di silenzi, di cronaca nera e di ordinario sessismo perpetrato ai danni di donne ree soltanto di essere persone, di rifiutare quel ruolo imposto dalla società e dalla famiglia, che le relega ad essere semplici corpi di proprietà dell’uomo di turno, che si tratti del padre o del fidanzato, e di voler autodeterminarsi vivendo la propria vita decidendo per sé stesse in base a ciò che è meglio per loro.
La storia di Stefania, una ragazza della provincia di Catania, in questo senso non fa eccezione: Stefania era una studentessa di Lettere e Filosofia che qualche giorno fa è stata massacrata a coltellate dal fidanzato. Fidanzato che non ha risparmiato nemmeno i nonni, i quali, nel tentativo disperato di difenderla, sono stati massacrati insieme alla nipote.
Stefania aveva appena 24 anni era una compagna, una che aveva partecipato intensamente al movimento dell’Onda rendendosi protagonista delle lotte studentesche con l’ostinata testardaggine che contraddistingue coloro che non accettano di subire il destino di sfruttamento e precarietà imposto dai potenti.
Una che nel triste panorama della provincia di Catania, in quel minuscolo paesino di Licodia Eubea dove abitava, rappresentava l’anomalia che in qualche modo doveva essere normalizzata per essere ricondotta al triste ruolo di fidanzata perfetta domata e domabile. Nessun movente passionale o raptus di un folle, come tentano di far passare i media ufficiali in un’ottica giustificazionista, ma lucido progetto di un uomo, il fidanzato, incapace di accettare il rifiuto di chi ha deciso di vivere la propria vita per sé stessa, lasciandosi il passato alle spalle. Rifiuto, quello di Stefania, pagato a prezzo della vita stessa, sublimato in quell’omicidio carico di tutta la brutalità e la violenza indirizzata contro chi merita di essere punita per la propria insubordinazione.
Gesto di un fidanzato ancora legittimato da una società che vuole le donne investite di stereotipi che le relegano ai ruoli (solo apparentemente dicotomici) o di arriviste disposte a tutto pur di scalare la vetta o di angeli del focolare disposte a qualunque sacrificio pur di salvare la morale e la famiglia. Rappresentazioni queste del tutto fuorvianti che in comune hanno il fatto di dipingere la donna sempre come oggetto e mai come soggetto delle proprie azioni e della propria vita e che fungono da cornice al sessismo dominante e al femminicidio (perché di questo si tratta) che avviene ogni giorno nel Bel Paese.
Fermare questa guerra è possibile e necessario e Stefania in qualche modo ne aveva tracciato l’esempio: bisogna rifiutare con forza ogni logica vittimista e di delega che vuol le donne sempre in secondo piano, riappropriarci di quel protagonismo nella vita come nelle lotte, avendo presente che l’unica emancipazione possibile sta nella rivolta e nell’abbattimento dello stato di cose presente.
28 dicembre 2011
MERCOLEDÌ 28 DICEMBRE 2011 21:58
Ogni giorno che passa è un giorno in cui aggiornare il triste bollettino che vede le donne vittime della violenza di padri, mariti, fidanzati, zii e fratelli. I dati d’altronde parlano chiaro: in Italia sono 136 le donne uccise dall’inizio del 2011 e circa nell’ottanta per cento dei casi di violenza quotidiana (ma alcuni dati parlano addirittura del novantaquattro per cento) l’aggressore aveva le chiavi di casa. Non lo straniero, l’immigrato violentatore che arriva nel nostro paese per fare razzie e violenze, come i razzisti (sessisti) vogliono far passare ma il maschio italiano che vive sotto lo stesso tetto delle proprie vittime.
Una vera e propria guerra a bassa intensità fatta di silenzi, di cronaca nera e di ordinario sessismo perpetrato ai danni di donne ree soltanto di essere persone, di rifiutare quel ruolo imposto dalla società e dalla famiglia, che le relega ad essere semplici corpi di proprietà dell’uomo di turno, che si tratti del padre o del fidanzato, e di voler autodeterminarsi vivendo la propria vita decidendo per sé stesse in base a ciò che è meglio per loro.
La storia di Stefania, una ragazza della provincia di Catania, in questo senso non fa eccezione: Stefania era una studentessa di Lettere e Filosofia che qualche giorno fa è stata massacrata a coltellate dal fidanzato. Fidanzato che non ha risparmiato nemmeno i nonni, i quali, nel tentativo disperato di difenderla, sono stati massacrati insieme alla nipote.
Stefania aveva appena 24 anni era una compagna, una che aveva partecipato intensamente al movimento dell’Onda rendendosi protagonista delle lotte studentesche con l’ostinata testardaggine che contraddistingue coloro che non accettano di subire il destino di sfruttamento e precarietà imposto dai potenti.
Una che nel triste panorama della provincia di Catania, in quel minuscolo paesino di Licodia Eubea dove abitava, rappresentava l’anomalia che in qualche modo doveva essere normalizzata per essere ricondotta al triste ruolo di fidanzata perfetta domata e domabile. Nessun movente passionale o raptus di un folle, come tentano di far passare i media ufficiali in un’ottica giustificazionista, ma lucido progetto di un uomo, il fidanzato, incapace di accettare il rifiuto di chi ha deciso di vivere la propria vita per sé stessa, lasciandosi il passato alle spalle. Rifiuto, quello di Stefania, pagato a prezzo della vita stessa, sublimato in quell’omicidio carico di tutta la brutalità e la violenza indirizzata contro chi merita di essere punita per la propria insubordinazione.
Gesto di un fidanzato ancora legittimato da una società che vuole le donne investite di stereotipi che le relegano ai ruoli (solo apparentemente dicotomici) o di arriviste disposte a tutto pur di scalare la vetta o di angeli del focolare disposte a qualunque sacrificio pur di salvare la morale e la famiglia. Rappresentazioni queste del tutto fuorvianti che in comune hanno il fatto di dipingere la donna sempre come oggetto e mai come soggetto delle proprie azioni e della propria vita e che fungono da cornice al sessismo dominante e al femminicidio (perché di questo si tratta) che avviene ogni giorno nel Bel Paese.
Fermare questa guerra è possibile e necessario e Stefania in qualche modo ne aveva tracciato l’esempio: bisogna rifiutare con forza ogni logica vittimista e di delega che vuol le donne sempre in secondo piano, riappropriarci di quel protagonismo nella vita come nelle lotte, avendo presente che l’unica emancipazione possibile sta nella rivolta e nell’abbattimento dello stato di cose presente.
28 dicembre 2011
pc 29 dicembre - Filippine, Rafforzare ulteriormente il partito per far avanzare la guerra popolare (3a e ultima Parte)
III. La forza crescente del partito
Il PCF continua a rafforzare se stesso e a svolgere il suo ruolo di leader della rivoluzione filippina con decisione e ad intraprendere con vigore il lavoro politico ideologico e organizzativo. A questo proposito, siamo sicuri che siamo in grado di svolgere con successo il nostro piano per avanzare dalla difensiva strategica all’equilibrio strategico nella guerra popolare.
Rafforzare il nostro partito è il più importante dei presupposti politici per realizzare il nostro piano. Il lavoro ideologico assicura che tutti i nostri quadri e membri abbiano un livello base di conoscenza del marxismo-leninismo-maoismo e della rivoluzione filippina e continuerà a elevare il loro livello di conoscenza attraverso la pratica rivoluzionaria e superiori corsi di studio (intermedio e avanzato).
Per rimanere nella superba forma di combattimento, il partito deve mantenere una costante vigilanza e condurre una lotta persistente contro le influenze e le tendenze borghesi reazionarie all’interno del partito come il riformismo borghese, il revisionismo moderno, empirismo, il dogmatismo, l'opportunismo di destra e di sinistra, il liberalismo, il burocratismo, il compiacimento e il desiderio di agi e comodità. Attraverso la lotta vigile e cosciente contro queste influenze perniciose, il partito rafforza la linea rivoluzionaria proletaria, aumenta la sua capacità di combattere e si sviluppa lo stile militante di lavoro che è ben apprezzato dalle masse.
Le unità e i comitati del partito a vari livelli hanno intrapreso un accertamento e valutazione del lavoro rivoluzionario, hanno condotto regolarmente la critica e l'autocritica e, così facendo, hanno individuato carenze ed errori per correggerli. Attraverso l'auto-critica e la correzione rapida e coscienziosa di errori e disfunzioni, il Partito migliora continuamente il suo lavoro e lo stile di lavoro e diventa veramente l'avanguardia proletaria della rivoluzione.
Il numero di quadri e membri del partito istruiti nella linea ideologica del marxismo-leninismo-maoismo e nella linea politica della rivoluzione democratica popolare attraverso la guerra popolare prolungata, stanno aumentando e sono quindi in grado di eseguire i vari compiti e funzioni nella rivoluzione. Garantiscono il carattere rivoluzionario e la direzione della lotta del proletariato e del popolo.
Tuttavia, i nostri sforzi nel campo della formazione e lo sviluppo di quadri in numero e qualità sono ancora ben al di sotto del livello richiesto dalla successiva e anche dall'attuale fase della guerra popolare. Al nostro lavoro educativo e di formazione dei quadri deve essere data maggiore attenzione dai comitati direttivi di partito a tutti i livelli. I problemi e le difficoltà derivanti dalla mancanza di personale capace di istruire e di strutture e la spietatezza ed eccessiva fluidità della nostra guerra popolare devono essere superati passo dopo passo da un maggiore sforzo persistente, una migliore pianificazione e sfruttando al massimo tutte le risorse disponibili e le opportunità.
Abbiamo identificato i fattori e le motivazioni negli anni e decenni precedenti della lenta crescita del partito, in particolare la mancanza di pianificazione e diligenza e insensibilità al desiderio degli attivisti avanzati delle masse per diventare membri-candidati del partito e di questi ultimi di diventare membri a pieno titolo in base all'arco di tempo e richieste ragionevoli stabilite nella nostra Costituzione di Partito.
In larga misura, abbiamo imparato a superare gli ostacoli e adesso stiamo fornendo l'insegnamento base del partito tempestivamente al vecchio e al nuovo flusso di membri-candidati del partito e li stiamo prontamente inserendo come membri a pieno titolo dopo aver completato il corso base del partito.
Per garantire che la maggioranza dei nostri membri che provengono dalla classe operaia e i contadini possano effettivamente accedere alla necessaria formazione e all'educazione, abbiamo semplificato i materiali di studio e gli audiovisivi in varie lingue filippine e, cosa più importante, abbiamo formato istruttori che possono spiegare il marxismo-leninismo-maoismo in termini comprensibili ai nostri compagni che provengono dalle file dei lavoratori.
Il partito ora è ideologicamente più forte di prima ed è in una posizione migliore per impegnarsi nel lavoro politico e guidare il movimento rivoluzionario. Abbiamo quadri del partito e membri che comprendono i principi, le politiche e la linea della rivoluzione e che sono alla testa e al centro del movimento di massa rivoluzionario. Di conseguenza, il movimento di massa, la lotta armata rivoluzionaria e il fronte unito stanno decisamente e in forma militante crescendo in forza.
Gruppi e branche di partito sono al centro dei sindacati e altre organizzazioni di massa come pure nelle unità dell’esercito popolare. Così, il movimento di massa continua a crescere e diventa più solido e vigoroso nelle aree urbane e rurali. Il messaggio del movimento democratico popolare risuona tra milioni di persone in tutto l'arcipelago. Abbiamo anche gruppi di Partito in alcuni uffici del governo reazionario così come nelle istituzioni educative, servizi sociali, enti religiosi e altre istituzioni.
Il partito assicura che l’EPL integri la lotta armata rivoluzionaria con la riforma agraria e la costruzione di basi di massa. Comitati branche e gruppi di partito all'interno dell'esercito popolare portano avanti un lavoro difficile per realizzare la politica generale della riforma agraria minima e, ove possibile, la riforma agraria massima e per avviare un lavoro di massa per costruire le organizzazioni di massa e gli organi locali del potere politico.
Siamo ben sulla strada di aumentare il numero dei fronti di guerriglia, i cui milioni di persone sono la base diretta di massa affidabile della guerra popolare e l'esercito popolare. Le organizzazioni di massa di operai, contadini, giovani, donne, bambini e attivisti culturali stanno crescendo in forza. Essi sono la grande base di massa degli organi del potere politico.
Questi organi costituiscono governo democratico del popolo degli operai e dei contadini che si oppongono al governo reazionario dei grandi compradores e latifondisti con base in città. Il governo rivoluzionario nel suo complesso rende servizi pubblici attraverso i comitati di lavoro incaricati dell’istruzione di massa, dell'organizzazione di massa, della riforma agraria e della produzione, assistenza sanitaria, difesa, arbitrato e attività culturali.
Mentre i fronti della guerriglia guadagnano in forza in termini politici e militari, lo stato reazionario e fantoccio ha scatenato attacchi ancora più grandi, più prolungati e più intensi contro di loro. Per frustrare le offensive nemiche, è imperativo costringere il nemico a dividersi in linee sottili, ampliando e intensificando la guerra di guerriglia su scala nazionale, rafforzando il coordinamento e il sostegno reciproco tra i fronti, accelerando la velocità di espansione e consolidamento dei fronti di guerriglia, e sviluppando in un modo complessivo le forze militari e politiche e le lotte delle masse.
Ma in alcune vecchie basi e zone della guerriglia, ci sono state gravi perdite nella forza organizzativa, politica e militare non solo e non tanto a causa degli intensificati attacchi nemici ma a causa della passività nel lavoro militare; lunga incuria delle organizzazioni di massa, della lotta di classe antifeudale e dell’educazione politica tra le masse; e il deterioramento delle unità di base del partito che hanno subito una forte influenza nel pensiero e nella pratica da elementi dei contadini ricchi. Questi riflettono errori e carenze non solo a livello di base, ma anche nel lavoro del partito e dell'esercito e della leadership ai livelli più alti.
La partecipazione e il sostegno del popolo hanno permesso all’EPL di lanciare offensive tattiche e ottenere vittorie. Il popolo è la fonte inesauribile di forza per l'esercito del popolo. La milizia popolare agisce in qualità di forza di polizia locale degli organi locali del potere politico, e le unità di autodifesa delle varie organizzazioni di massa, rafforzano e amplificano la forza dell’esercito popolare.
Le offensive tattiche del NEP sono state intensificate e hanno portato ad aumento del numero di armi utili alla creazione di nuove unità di combattimento. I caduti tra le truppe nemiche sono in aumento e causano demoralizzazione tra i loro ranghi. Le unità del NEP hanno distrutto o messo fuori uso le linee di trasporto e di approvvigionamento, i depositi e i veicoli nemici. Hanno distrutto ampi latifondi, nel corso dell’applicazione della riforma agraria.
Hanno smantellato o paralizzato imprese e proprietà terriere che violano le leggi del governo democratico popolare. Queste violazioni comportano la rovina dell'ambiente e la produzione agricola, la sottrazione di terra al popolo, l’opposizione e l’ostacolo alla riforma agraria o l’esportazione di risorse minerarie a scapito della futura industrializzazione.
Le grandi masse del popolo danno il benvenuto alle offensive tattiche dell'esercito popolare contro il personale armato e le strutture militari dello Stato reazionario; l'arresto e i processi ai latifondisti dispotici, violatori dei diritti umani, predoni, signori della droga e altri elementi criminali, e lo smantellamento delle aziende di estrazione mineraria e forestale e delle piantagioni che sono gravemente dannosi per l'uomo e l'ambiente.
Intensificando la guerra popolare, il NEP ha catturato un numero crescente di armi al nemico e ha ampliato l'esercito del popolo e aumentato i fronti di guerriglia. A sua volta, il maggior numero di persone in più nei fronti della guerriglia aiuta l’esercito popolare a raggiungere maggiori traguardi nella guerra del popolo. A vari livelli del partito e dei comandi del NEP, le linee guida e i piani per le offensive tattiche vengono sviluppati e realizzati in base alle capacità delle unità del NEP interessati.
Tutte le unità del NEP sono ben consapevoli del loro dovere di compiere offensive che possono essere vittoriose. Esse effettuano imboscate o attaccano di sorpresa unità nemiche, nonché attacchi tesi a distruggere installazioni nemiche. Portano avanti la guerra di guerriglia estensiva e intensiva sulla base dell’ulteriore ampliamento e radicamento della base di massa. Esse si impegnano infine nel lavoro di massa, nella produzione e nelle attività culturali al fine di integrare e preparare il terreno per le offensive tattiche.
Il partito ha ottenuto successi applicando la politica del fronte unito per rafforzare l'alleanza di base degli operai e dei contadini, l'alleanza progressista delle masse lavoratrici con la piccola borghesia urbana, l'alleanza patriottica delle suddette forze progressiste e la borghesia nazionale e l'ampia alleanza con quegli alleati temporanei e inaffidabili tra le fazioni del sistema di potere che combattono la cricca al potere come nemico comune.
Il fronte unito ha lo scopo di unire le varie forze per opporsi al nemico comune. Le forze legali progressiste e patriottiche formano una alleanza multisettoriale, settoriale e di base in modo da raggiungere i più ampi ranghi del popolo. Allo stesso tempo, il fronte unito è principalmente teso ad agevolare l’avanzamento della guerra popolare.
Il regime Aquino ha ampiamente dimostrato la sua mancanza di sincerità e serietà nelle trattative di pace con il NDFP. Dobbiamo fugare ogni illusione che il regime sia interessato ad affrontare le radici del conflitto armato e che voglia fare accordi con il NDFP sulle riforme sociali, economiche e politiche. Chiaramente, esso è ferocemente determinato a distruggere il partito e il movimento rivoluzionario.
Gli incontri formali durante i negoziati di pace GPH-NDFP non si possono tenere a meno che il GPH affronti le questioni pregiudiziali sollevate dal NDFP e faccia ammenda. Tuttavia, continuiamo a esprimere la nostra volontà di fare negoziati di pace al fine di impedire che il nemico sostenendo falsamente che non siamo interessati ad una pace giusta e duratura e anche per tenere aperta la possibilità che il regime nemico possa essere costretto dalla crisi e/o dalle nostre importanti vittorie nella guerra popolare a cercare sul serio di negoziare. Infatti, l'unico modo per costringere il nemico a impegnarsi sul serio nei negoziati è quello di infliggergli sconfitte importanti e fargli capire l'inutilità del suo tentativo di distruggere il movimento rivoluzionario, soprattutto l'esercito popolare.
Il nostro partito è molto rispettato nel movimento comunista internazionale e nel movimento globale anti-imperialista a causa delle nostre conquiste rivoluzionarie nelle Filippine e per la nostra ben nota preoccupazione e sostegno per i filippini all'estero. Abbiamo estesi rapporti con i partiti marxisti-leninisti e partiti e organizzazioni anti-imperialiste all'estero. La nostra politica di fronte unito internazionale ci ha permesso di avere relazioni ben sviluppate con le organizzazioni di massa rivoluzionarie e anti-imperialiste, movimenti sociali e altre formazioni progressiste.
Con la nostra lotta rivoluzionaria nel nostro paese, abbiamo contribuito in modo significativo allo sviluppo del movimento antimperialista e socialista su scala globale. Le delegazioni del nostro partito hanno partecipato a varie conferenze internazionali, forum e seminari volti a rafforzare la posizione ideologica e politica di partiti comunisti e operai contro l'imperialismo e ogni reazione e per la liberazione nazionale, la democrazia e il socialismo.
Noi sosteniamo e promuoviamo l'internazionalismo proletario e la solidarietà antimperialista dei popoli del mondo. Noi guardiamo ad un nuovo e più alto livello di sviluppo del movimento comunista internazionale attraverso le vittorie rivoluzionarie dei partiti comunisti e operai in vari paesi e continenti.
IV. Compiti urgenti di combattimento per far avanzare la rivoluzione
1. Dobbiamo rafforzare ulteriormente il partito come forza trainante della rivoluzione democratica e per il futuro socialista del popolo filippino. Dobbiamo esercitare tutti gli sforzi per rafforzare ulteriormente il partito ideologicamente, politicamente e organizzativamente.
Attenzione e sforzi ancora maggiori devono essere esercitati nel rafforzare e consolidare l'educazione e la formazione di partito. Le guide e gli aiuti per lo studio e l’istruzione devono essere completati e prodotti in quantità adeguata; più quadri selezionati, addestrati e mobilitati per il lavoro di istruzione; e più corsi di studio fatti coinvolgendo più studenti a tutti i livelli.
Esami e valutazioni devono essere fatti regolarmente e in caso di necessità per fare il punto della situazione delle forze rivoluzionarie e lavorare per identificare e risolvere i problemi, e chiarire i compiti, le politiche e le priorità. Le ricerche e le indagini devono essere svolte per sondare, analizzare e risolvere importanti questioni e problemi. Non si deve permettere che i problemi marciscano e si accumulino, ma devono essere tempestivamente affrontati e risolti. Conferenze di lavoro e di studio devono essere tenute per coinvolgere di più i quadri provenienti da diversi settori e linee di lavoro nelle discussioni sulla politica e la teoria, prendendo decisioni e facendo piani, e valutare scambiandosi le esperienze.
Dobbiamo rafforzare il sistema dei comitati di partito e di direzione del partito a tutti i livelli. Decine di migliaia di quadri devono essere sviluppati e formati per occupare posizioni di responsabilità e servire come elementi fondamentali a diversi livelli e settori di lavoro. I comitati di partito devono essere mantenuti forti e vigorosi attraverso la promozione audace dei quadri più impegnati e più capaci, la sostituzione di coloro che si sono deteriorati o non avanzano, e la combinazione di vecchi quadri con esperienza con i giovani più energici. Il sistema di relazioni periodiche e speciali deve essere migliorato come un requisito essenziale per rafforzare il centralismo democratico e la leadership del partito.
Dobbiamo accelerare il reclutamento di membri-candidati del partito tra le file degli attivisti di massa avanzati. Dobbiamo seguire i requisiti per facilitare il processo di passaggio dei membri-candidati a membri a pieno titolo, come previsto dalla Costituzione del nostro Partito. Tutti i membri del Partito devono terminare il corso di base del Partito e avanzare nel tempo dovuto ai corsi superiori. Essi devono assolvere compiti nelle loro branche di Partito nelle unità dell’esercito popolare e nelle organizzazioni di massa a cui appartengono.
Dobbiamo instancabilmente ampliare e approfondire la clandestinità del partito nelle aree urbane e rurali e rafforzare le regole e i metodi clandestini tra i quadri e i membri del partito. Questa è una necessità assoluta se vogliamo perseverare e progredire nel lavoro rivoluzionario e di lotta nei confronti dello stato fascista e fantoccio e degli incessanti attacchi e piani per schiacciare e decapitare il partito così come le ampie e intensificate operazioni di intelligence e militari speciali portate avanti dagli Stati Uniti, che etichetta il movimento rivoluzionario delle Filippine come bersaglio nella sua guerra globale antiterrorismo.
2. Dobbiamo ampliare e intensificare il movimento di massa sia nelle aree urbane che rurali. Dobbiamo incoraggiare le organizzazioni di massa con base in città a sostenere, difendere e promuovere l'indipendenza nazionale e la democrazia. Dobbiamo sviluppare il movimento di massa risultante direttamente dal nostro lavoro di massa nei fronti di guerriglia.
Dobbiamo incoraggiare gli attivisti di massa nelle aree urbane ad imparare dagli operai e dai contadini, mettersi al servizio del popolo e dedicare la loro vita ai movimenti operai e contadini. Dobbiamo incoraggiare e aiutare gli attivisti di massa basati sia nelle aree urbane che rurali a sostenere e lavorare per l'espansione dell'esercito popolare.
Dobbiamo guidare e sostenere le masse contadine nello svolgimento di lotte di massa diffuse contro lo sfruttamento feudale e semifeudale e contro le brutali campagne di repressione di esercito, polizia e forze paramilitari dello Stato. Dobbiamo incoraggiare le masse contadine a sollevarsi a centinaia di migliaia nelle campagne di massa per chiedere e realizzare la riforma agraria, occupare i terreni agricoli abbandonati e le terre agricole inattive per coltivare e promuovere la produzione e i mezzi di sussistenza del popolo.
Dobbiamo fermamente espandere le organizzazioni di massa rivoluzionarie e continuamente ampliarle e rafforzarle attraverso la formazione politica e le campagne e le lotte di massa. Negligenza e altre carenze nella pianificazione e guida da parte del Partito nel lavoro di massa e nel movimento di massa devono essere rettificate risolutamente e completamente.
3. Dobbiamo intensificare la guerra popolare e accelerare gli sforzi per realizzare il piano di avanzamento dalla difensiva strategica all’equilibrio strategico. Dobbiamo portare avanti le tattiche offensive per sferrare colpi letali al nemico, aumentare le nostre unità combattenti del NEP, effettuare la riforma agraria, costruire organizzazioni di massa e organi del potere politico e creare nuovi fronti di guerriglia.
Dobbiamo incoraggiare i lavoratori e la gioventù istruita ad unirsi all'esercito popolare o svolgere lavoro nelle campagne. Dobbiamo ridistribuire alcuni quadri e armi da una regione all'altra nello spirito comunista che dice che quelli relativamente più forti aiutano chi è relativamente più debole. Dobbiamo riconoscere lo sviluppo ineguale delle nostre forze rivoluzionarie e decidere come le forze più forti in una regione possono aiutare quelle più deboli in altre regioni.
Dobbiamo ostacolare e impedire intrusioni del nemico nei fronti di guerriglia attraverso imboscate ed altre azioni, tra cui il fuoco dei cecchini, attacchi con granate, mortai e mine antiuomo. Bisogna distruggere le linee di rifornimento e i depositi del nemico. Non dobbiamo dare tregua alle forze nemiche, lanciando attacchi contro i loro campi e distaccamenti, quando possibile, anche di notte. Quando il personale nemico si nasconde nelle fortificazioni, possiamo attendere che siano per le strade e si espongano ai nostri attacchi.
Dobbiamo arrestare e processare i latifondisti che si oppongono violentemente alla riforma agraria, i violatori dei diritti umani, i saccheggiatori, i signori della droga e le spie nemiche. Dobbiamo interdire e smantellare imprese che violano le leggi e i regolamenti del governo popolare e che distruggono l'ambiente e la produzione agricola, saccheggiano le risorse naturali e impediscono la riforma agraria e l'industrializzazione nazionale.
4. Dobbiamo attuare una politica di fronte unito lungo la corretta linea di classe: fondarsi sulla fondamentale alleanza operai e contadini, conquistare la piccola borghesia urbana per sviluppare l'alleanza di forze rivoluzionarie di base, conquistare ulteriormente la media borghesia per formare l'alleanza patriottica e ampliare il fronte unito attraverso alleanze temporanee con le sezioni delle classi reazionarie per isolare al meglio e sconfiggere il nemico nel minor tempo possibile. Dobbiamo impiegare il fronte unito per raggiungere le masse e suscitare, organizzare e mobilitarle a milioni e promuovere la guerra popolare.
Dobbiamo unire tutte le forze patriottiche e progressiste per combattere gli imperialisti americani e i loro burattini duri a morire. Quando possibile e necessario, dobbiamo sviluppare alleanze temporanee e tattiche con reazionari che si oppongono ai peggiori reazionari come bersaglio nemico. Dobbiamo perseguire la tattica di sconfiggere i reazionari uno per uno. Dobbiamo mantenere la nostra indipendenza e l'iniziativa ed evitare di essere completamente o prevalentemente integrati o subordinati nel sistema politico reazionario.
5. Dobbiamo continuare a sviluppare la solidarietà anti-imperialista di tutti i popoli e contribuire al progresso costante del movimento comunista internazionale, sulla base della crescente forza dei partiti rivoluzionari proletari nei loro paesi d'origine in mezzo alle condizioni più favorevoli derivanti dalla crisi globale.
Dobbiamo costruire a livello internazionale il più ampio possibile fronte unito di tutte le forze antimperialiste. Bisogna relazionarsi con le varie forze comuniste attraverso incontri bilaterali e multilaterali e convegni come mezzo di promozione dell'internazionalismo proletario, lo scambio di idee ed esperienze e aumentare il livello di comprensione comune e la cooperazione pratica.
pc 29 dicembre - Filippine, Rafforzare ulteriormente il partito per far avanzare la guerra popolare (2a Parte)
II. Le Filippine nel vortice della crisi
Come la politica di pseudo-sviluppo dei grandi latifondisti compradori del regime di Marcos, la serie dei regimi post-Marcos hanno aggravato e approfondito il carattere semifeudale dell'economia filippina sotto la politica economica neoliberista istigata dagli USA sin dal 1980. Il continuo aggravarsi della crisi, essa stessa generata dalle leggi fondamentali di movimento del sistema capitalistico mondiale e il suo presunto rimedio, la politica economica neoliberista, ha spinto l'economia filippina nel vortice di una crisi senza precedenti.
L'attuale regime Aquino è già stato al potere per più di un anno. Come i suoi padroni imperialisti, si aggrappa dogmaticamente alla politica economica neoliberista. Il regime non ha presentato alcuna proposta politica per affermare l'indipendenza nazionale e realizzare lo sviluppo economico attraverso una vera riforma agraria e industrializzazione nazionale. Invece, ha adottato una politica che mantiene il carattere agrario e sottosviluppato dell'economia.
Il suo cosiddetto piano di sviluppo delle Filippine 2011-2016 porta avanti soprattutto il programma di partnership pubblico-privato dei progetti infrastrutturali. Questi progetti sono disegnati per tenere lontane le risorse da ogni potenziale di sviluppo industriale. Tuttavia, vincoli finanziari globali impediscono ai progetti in corso di essere attuati con la rapidità prevista. Così, gli Stati Uniti si distinguono con il progetto Millennium Challenge Corporation garantito da un fondo di 434 milioni di dollari di finanziamento per le infrastrutture e i cosiddetti progetti comunitari di sviluppo all'interno dello schema “contro insurrezionale” Oplan Bayanihan.
In mancanza di un programma di industrializzazione nazionale, il regime Aquino ha praticamente limitato la propria attività a quella di procacciatore di call center aziendali, spingendo al saccheggio delle nostre risorse naturali da parte delle imprese minerarie straniere e distribuendo denaro nell'ambito del cosiddetto programma Conditional Cash Transfer, che viene presentato come progetto contro la povertà, in realtà è un palliativo per scopi da guerra psicologica voluta e finanziata dall'imperialismo degli Stati Uniti attraverso la Banca Mondiale.
L'economia delle Filippine è depressa. È sotto lo stress del protrarsi e del peggioramento della crisi del capitalismo globale. La domanda globale per il tipo di esportazione che le Filippine produce - materie prime e semilavorati - è calata drasticamente. La crescita delle rimesse dei lavoratori a contratto all'estero sta rallentando. La bolla nell’edilizia privata sta scoppiando dato che la domanda effettiva di abitazioni è in calo.
La disoccupazione sta crescendo rapidamente con licenziamenti di massa nei settori a basso valore aggiunto del settore manifatturiero e nelle costruzioni private. La produzione di alimenti di prima necessità come riso e mais è stata tagliata da decenni di liberalizzazione delle importazioni e rilanciarla è difficile in quanto i prezzi delle importazioni dei mezzi di produzione agricoli sono aumentati. Il regime sta portando avanti una severa politica di austerità senza preavviso a spese del popolo, con tagli alla spesa pubblica per istruzione, sanità e altri servizi sociali.
Mentre i redditi dei lavoratori sono calati, i prezzi dei beni e servizi fondamentali sono alle stelle. Nonostante la condizione di depressione dell'economia, il regime Aquino ha aumentato il carico fiscale. La macchina della guerra psicologica di Aquino continua a cianciare di lotta alla corruzione. Ma fino ad ora, il regime va troppo lento nell’andare dietro ai crimini di corruzione sotto il regime Arroyo. Si continuano ad offrire tagli fiscali per le grandi corporation e i ricchi e diventa cieco davanti alla grande corruzione dei grandi compradores ed ex compari di Marcos (ad esempio, Eduardo Cojuangco e Lucio Tan) semplicemente perché erano grandi contribuenti della campagna elettorale Aquino. Esso ha effettuato continue demolizioni di insediamenti urbani poveri per liberare preziose aree immobiliari per gli amici dei grandi affari di Aquino.
La più grande corruzione del regime di Aquino è quella di lasciare che le imprese e le banche straniere monopolistiche dilaghino nel saccheggio dell'economia e nel fare superprofitti. Anche se il credito internazionale si sta restringendo, il servizio del debito sui debiti accumulati continua a drenare il paese di fondi preziosi. Il governo reazionario continua a sprecare le entrate fiscali attraverso la corruzione burocratica, spese militari e distribuzione di denaro in un futile tentativo di minare e contrastare il movimento rivoluzionario.
Come conseguenza della crisi economica, le condizioni di fame e povertà sono aumentate e affliggono più persone che mai prima d'ora. Ma il Consiglio Nazionale di Coordinamento Statistico manipola i dati e modifica i termini per la determinazione della povertà per raggiungere la falsa conclusione che il regime Aquino ha ridotto l'incidenza della povertà. Per sottolineare la falsità nelle statistiche ufficiali, basta dire che il tasso di disoccupazione nelle Filippine appare anche molto inferiore a quello nei paesi capitalisti industrializzati. La verità è che il tasso di disoccupazione reale nelle Filippine è uno dei peggiori nella regione e nel mondo, insieme con un numero rapidamente crescente di sottoccupazione, di bassa qualità e lavoro non retribuito.
Dato che le condizioni economiche si deteriorano e il regime non riesce a risolvere il crescente problema della disoccupazione e della povertà, l'indice di gradimento di Aquino viene fatto salire attraverso l’incessante montatura generata dai mass media di proprietà della Lopez e i sondaggi manipolati da Pulse Asia, posseduta e controllata dai parenti di Aquino. I recenti attacchi di Aquino ad Arroyo e alla Corte Suprema sono calcolati per deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dal peggioramento della crisi economica e sociale e le continue gravi violazioni dei diritti umani così come per aumentare il suo indice di gradimento nei sondaggi. Il regime Aquino cerca di prosperare sulla pura manipolazione dei media e dei sondaggi.
Il malcontento sociale è diffuso e si approfondisce. Le grandi masse del popolo sono vistosamente irrequiete. Proteste di massa sono in aumento contro il peggioramento delle condizioni economiche e sociali. La tattica del movimento globale Occupy, che è familiare al movimento di massa delle Filippine dal 1960, si sta ora intensificando. Le sollevazioni di massa popolari non possono essere fermate fin quando c'è una leadership politica rivoluzionaria che è risoluta, militante e non teme le azioni coercitive del regime.
Le forze rivoluzionarie e il popolo stanno costantemente crescendo in forza. La crisi sociale ed economica è una forte pressione sulla classe dirigente e le fazioni politiche rivali e si traduce in una crisi politica del sistema dominante. A livello nazionale, la cricca al potere Aquino viene sfidata dalle fazioni della Arroyo, di Marcos e altre. Le loro contraddizioni si riflettono tra e all’interno dei tre rami del governo reazionario (esecutivo, legislativo e giudiziario). Ai livelli più bassi, le contraddizioni interne dentro la classe dirigente si stanno anch’esse intensificando.
Le contraddizioni tra le fazioni Aquino e Arroyo hanno assunto un ruolo centrale per il momento, soprattutto dopo il tentativo Arroyo di lasciare il paese con il pretesto di cercare cure mediche. Aquino sta correndo dietro l’Arroyo per il sabotaggio elettorale e la corruzione, ma non per gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani. Dietro tutto questo rumore e furia c’è il risentimento di Aquino per la decisione della Corte Suprema, dominata da incaricati della Arroyo, per invalidare la distribuzione di stock option come un modo per truffare i contadini dell’Hacienda Luisita.
Le fazioni in competizione della classe dominante hanno la forza armata dato che hanno seguaci all'interno delle forze reazionarie armate e della polizia e mantenendo gruppi armati privati. Le fazioni più reazionarie costruiscono i loro gruppi armati privati sotto vari metodi legalizzati, come i cosiddetti moltiplicatori di forza dell'esercito e della polizia, con nomi come CAFGU, CVO, CAA, guardie del corpo con permessi speciali per le armi e agenzie di sicurezza private.
La concorrenza sempre più intensa per il bottino burocratico e la rivalità politica tra le fazioni reazionarie sono oggettivamente favorevoli al movimento rivoluzionario dato che dividono e indeboliscono il sistema dominante. Nelle attuali circostanze, le forze rivoluzionarie possono aumentare la propria forza con l'impiego ampio della tattica del fronte unito per contrastare la fazione più reazionaria, che viene definita come nemico.
Il movimento di massa di operai, contadini, pescatori, le minoranze nazionali, i poveri delle città, donne, giovani, insegnanti, avvocati, operatori sanitari e le altre forze patriottiche e progressiste è in aumento. Le varie organizzazioni di massa sono decise a dar voce alle esigenze socio-economiche e politiche del popolo e ad agire in maniera militante nel perseguire il rispetto di queste esigenze giuste e ragionevoli.
I lavoratori chiedono il rispetto per i loro sindacati e gli altri diritti democratici, per la sicurezza del lavoro e un miglior salario e condizioni di vita per fermare i licenziamenti senza fine e per l'industrializzazione nazionale, in modo che l'occupazione si possa espandere e non devono lasciare le loro famiglie per cercare lavoro all'estero. I licenziamenti di massa nel settore della produzione di semilavorati a basso valore aggiunto, per l'esportazione e nell'edilizia privata e la tendenza squallida all'estero contro i lavoratori migranti stranieri insistono su tutta l'economia filippina.
I contadini chiedono una riforma agraria vera e profonda, non la falsa riforma Carper; recupero di produzione alimentare, credito e assistenza tecnica, e lo sviluppo della produzione destinata alla trasformazione industriale. Le forze rivoluzionarie e il popolo stanno portando avanti la riforma agraria minima così come la linea generale e la riforma agraria massima ovunque sia possibile.
Molte persone sono contente che la lunga lotta dei lavoratori agricoli per la proprietà dell’Hacienda Luisita è stata premiata dalla decisione finale della Corte Suprema, anche se tardiva, di scartare la Stock Distribution Option e permettere la distribuzione della terra ai contadini. Tuttavia, non è ancora chiaro quanto i contadini sarebbero costretti a pagare per la terra. Aquino ed i suoi parenti della Cojuangco chiedono il cosiddetto valore corrente di mercato, assolutamente ben oltre la capacità di pagamento degli operai agricoli. Gli operai agricoli, invece, vedono la miseria incommensurabile che hanno dovuto sopportare e la generosità immeritata di cui si sono appropriati i Cojuangcos nel corso dei decenni come più del necessario pagamento per i terreni da loro distribuiti.
I pescatori esigono il rispetto dei loro diritti, un freno alla prelazione delle zone di pesca e dei mercati da parte delle grandi aziende della pesca, il diritto dei piccoli pescatori ad operare e la fornitura di credito e assistenza tecnica. Si oppongono alla politica del governo reazionario che autorizza i magnati della pesca a monopolizzare la pesca nei laghi e nelle baie, e le navi da pesca straniere e le navi fabbrica che invadono la zona economica esclusiva delle Filippine in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Le minoranze nazionali esigono il rispetto per il loro diritto all'autodeterminazione e il dominio ancestrale. Chiedono che non venga tolta loro la terra, che non vengano deportati dalle loro terre da parte delle imprese straniere e locali, che saccheggiano le risorse della foresta, minerarie e l’acqua. Insieme al resto della popolazione, le minoranze nazionali plaudono alle offensive del NEP per smantellare e chiudere le attività delle imprese minerarie e grandi compradores estere a Mindanao e in tutto il paese.
I poveri delle città che includono operai, lavoratori precari, i piccoli venditori e poveri lavoratori autonomi rivendicano il diritto ai beni di prima necessità, alla casa e altri diritti democratici. Chiedono di non essere sottoposti a sfratto, alla demolizione delle loro abitazioni e privazione di sorgenti vicine di sostentamento, nonché a tutti i tipi di indegnità, molestie, aggressioni fisiche e di espropriazione. Lottano per contrastare la demolizione delle loro abitazioni per far posto agli interessi degli sviluppatori immobiliari e resistono attivamente al dispiegamento della polizia e dei militari per intimidirli e attaccarli.
Le donne esigono il rispetto per il loro diritto alla parità di genere, il godimento di pari opportunità in tutte le attività socio-economiche, un arresto sistematico alla violenza contro le donne e al traffico di donne. Chiedono rispetto e sostegno per i bambini che soffrono di vittimizzazione nelle condizioni disastrose economiche e sociali e campagne di repressione militare. Chiedono il diritto alla parità di genere e contro le discriminazioni che si estende a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali.
I giovani chiedono il diritto all'istruzione, un incremento degli stanziamenti statali per l'istruzione pubblica a tutti i livelli, un arresto allo spreco di risorse pubbliche in spese militari, al servizio del debito e alla corruzione burocratica. Si oppongono ai crescenti prezzi dei beni di prima necessità, alla disoccupazione, al rapido aumento della povertà, e alla riduzione dei fondi pubblici per le scuole pubbliche. Chiedono il rispetto del diritto democratico di parlare e di agire nell'interesse dei giovani, degli studenti e di tutto il popolo. Essi condannano e si oppongono alla reazione sempre più violenta del regime di Aquino contro le azioni di protesta di massa, come esemplificato dalla ripetuta dispersione brutale dei giovani che cercavano di tenere un accampamento di protesta a Mendiola all'inizio di questo mese.
I professionisti, i piccoli imprenditori e l'intera classe media richiede uno stop all'imposizione di maggiori imposte, tasse e altri oneri gravosi, l'uso oculato delle loro imposte e altri contributi, invece di essere sprecati per la corruzione burocratica, le spese militari e il servizio del debito. La piccola borghesia urbana è sempre più pronta ad unirsi alle masse lavoratrici come una forza rivoluzionaria. La media borghesia è preoccupata per la resa dei diritti nazionali alle potenze straniere e alle imprese monopolistiche.
Sempre più, le condizioni di crisi sono un terreno fertile per la crescita della forza e avanzamento della guerra popolare e l'esercito popolare. L'escalation di oppressione e sfruttamento incita le persone ad impegnarsi in proteste di massa e a sollevarsi in armi contro lo Stato reazionario e per costruire uno Stato democratico popolare. Le condizioni per la rivoluzione armata sono estremamente favorevoli.
Il popolo e le forze rivoluzionarie rappresentate dal Fronte Nazionale Democratico delle Filippine (NDFP) sono disposti a negoziare con il governo reazionario per affrontare le radici del conflitto armato forgiando accordi sulle riforme sociali, economiche e politiche al fine di porre le basi per una pace giusta e duratura. Ma il regime Aquino è determinato ad usare l’Oplan Bayanihan istigato dagli USA e per distruggere il movimento rivoluzionario popolare. È ossessionato dall’uso dei negoziati di pace come un mero strumento per la guerra psicologica e come un modo per cercare la capitolazione e la pacificazione delle forze rivoluzionarie.
Il regime Aquino non è seriamente interessato a negoziati di pace con il NDFP. Esso pone “precondizioni” ai negoziati di pace con richieste alla capitolazione e la pacificazione del movimento rivoluzionario. Cerca di tornare sui propri passi e invalidare i precedenti accordi bilaterali mettendoli da parte. Non ha rettificato la politica della Arroyo di rapire, torturare e assassinare consulenti del NDFP nei negoziati di pace. Ha condonato e accolto i ricorsi del regime Arroyo, e cioè di mantenere i maggiori dirigenti del NEP, del PCF e del NDFP, consulenti politici nei negoziati di pace, nella lista dei terroristi degli Stati Uniti e di altri governi stranieri, e allo stesso modo di avere fatto arrestare e detenuto il consulente politico del NDFP nel 2007 da parte del governo olandese per accuse penali, che il giudice olandese a L'Aia ha respinto come infondate e politicamente motivate. Si rifiuta di rilasciare consulenti del NDFP imprigionati e di rispettare l'accordo comune sulla sicurezza e le garanzie di immunità (JASIG).
Ha condonato gli abusi gravi e sistematici dei diritti umani in violazione dell'accordo globale sul rispetto dei diritti umani e diritto internazionale umanitario (CARHRIHL) sotto il regime Arroyo e sta incoraggiando i militari, la polizia e le forze paramilitari a commettere ulteriori atrocità. Si rifiuta di rilasciare centinaia di prigionieri politici che sono accusati di partecipazione al movimento rivoluzionario, ma che sono falsamente accusati di crimini comuni in violazione del CARHRIHL e della dottrina sul reato di offesa politica Hernandez.
Il governo reazionario esige ricorrentemente il cessate il fuoco per questo o quel motivo, per evitare di ragionare sull'agenda sostanziale dei negoziati di pace e in realtà per ottenere la capitolazione e la pacificazione del movimento rivoluzionario. Ma rifiuta l'offerta di tregua e alleanza del NDFP sulla base della dichiarazione generale d’intenti comuni in dieci punti in materia di indipendenza nazionale, democrazia, sviluppo economico, giustizia sociale e di altre importanti esigenze del popolo.
Conduce trattative di pace farsa con il Moro Islamic Liberation Front (Milf), come fa con il NDFP mediante ritorno indietro su precedenti accordi e annullandoli e perfino sperando sempre di ingannare o piegare la controparte verso la capitolazione e pacificazione. Ha bloccato ogni reale progresso nei negoziati di pace con il NDFP e il Milf. Il GPH è arrivato fino alle truffe e all’uso del racket riciclando il CPLA e coloro che si sono arresi e mercenari della RPA-ABB come gruppi ribelli e utilizzando i loro nomi per l’uso improprio dei fondi pubblici.
È vantaggioso sia per il NDFP che per il Milf continuare a combattere contro il nemico comune. Anche se condotte separatamente, le loro lotte armate rivoluzionarie si sostengono a vicenda. Il governo reazionario ha crescenti difficoltà nel cercare di combattere su due fronti principali. La crisi ridurrà ulteriormente la capacità dello Stato reazionario e tutti i suoi apparati coercitivi. Lo stato reazionario e le sue forze armate si indeboliranno ulteriormente sulla crescita di forza del NDFP e del MILF separatamente e simultaneamente.
Le grandi masse del popolo filippino sono profondamente consapevoli del crescente intervento militare degli Stati Uniti nelle Filippine sotto il Trattato di Mutua Difesa USA-RP e l'Accordo Visiting Forces. Tale intervento ha lo scopo di perpetuare il controllo americano delle Filippine e con le Filippine come base strategica per assicurare l'egemonia degli Stati Uniti in Asia Orientale. Il popolo filippino e le loro forze rivoluzionarie sono preparati per l'escalation dell'intervento militare statunitense e per una guerra di liberazione nazionale contro l'imperialismo degli Stati Uniti.
Come la politica di pseudo-sviluppo dei grandi latifondisti compradori del regime di Marcos, la serie dei regimi post-Marcos hanno aggravato e approfondito il carattere semifeudale dell'economia filippina sotto la politica economica neoliberista istigata dagli USA sin dal 1980. Il continuo aggravarsi della crisi, essa stessa generata dalle leggi fondamentali di movimento del sistema capitalistico mondiale e il suo presunto rimedio, la politica economica neoliberista, ha spinto l'economia filippina nel vortice di una crisi senza precedenti.
L'attuale regime Aquino è già stato al potere per più di un anno. Come i suoi padroni imperialisti, si aggrappa dogmaticamente alla politica economica neoliberista. Il regime non ha presentato alcuna proposta politica per affermare l'indipendenza nazionale e realizzare lo sviluppo economico attraverso una vera riforma agraria e industrializzazione nazionale. Invece, ha adottato una politica che mantiene il carattere agrario e sottosviluppato dell'economia.
Il suo cosiddetto piano di sviluppo delle Filippine 2011-2016 porta avanti soprattutto il programma di partnership pubblico-privato dei progetti infrastrutturali. Questi progetti sono disegnati per tenere lontane le risorse da ogni potenziale di sviluppo industriale. Tuttavia, vincoli finanziari globali impediscono ai progetti in corso di essere attuati con la rapidità prevista. Così, gli Stati Uniti si distinguono con il progetto Millennium Challenge Corporation garantito da un fondo di 434 milioni di dollari di finanziamento per le infrastrutture e i cosiddetti progetti comunitari di sviluppo all'interno dello schema “contro insurrezionale” Oplan Bayanihan.
In mancanza di un programma di industrializzazione nazionale, il regime Aquino ha praticamente limitato la propria attività a quella di procacciatore di call center aziendali, spingendo al saccheggio delle nostre risorse naturali da parte delle imprese minerarie straniere e distribuendo denaro nell'ambito del cosiddetto programma Conditional Cash Transfer, che viene presentato come progetto contro la povertà, in realtà è un palliativo per scopi da guerra psicologica voluta e finanziata dall'imperialismo degli Stati Uniti attraverso la Banca Mondiale.
L'economia delle Filippine è depressa. È sotto lo stress del protrarsi e del peggioramento della crisi del capitalismo globale. La domanda globale per il tipo di esportazione che le Filippine produce - materie prime e semilavorati - è calata drasticamente. La crescita delle rimesse dei lavoratori a contratto all'estero sta rallentando. La bolla nell’edilizia privata sta scoppiando dato che la domanda effettiva di abitazioni è in calo.
La disoccupazione sta crescendo rapidamente con licenziamenti di massa nei settori a basso valore aggiunto del settore manifatturiero e nelle costruzioni private. La produzione di alimenti di prima necessità come riso e mais è stata tagliata da decenni di liberalizzazione delle importazioni e rilanciarla è difficile in quanto i prezzi delle importazioni dei mezzi di produzione agricoli sono aumentati. Il regime sta portando avanti una severa politica di austerità senza preavviso a spese del popolo, con tagli alla spesa pubblica per istruzione, sanità e altri servizi sociali.
Mentre i redditi dei lavoratori sono calati, i prezzi dei beni e servizi fondamentali sono alle stelle. Nonostante la condizione di depressione dell'economia, il regime Aquino ha aumentato il carico fiscale. La macchina della guerra psicologica di Aquino continua a cianciare di lotta alla corruzione. Ma fino ad ora, il regime va troppo lento nell’andare dietro ai crimini di corruzione sotto il regime Arroyo. Si continuano ad offrire tagli fiscali per le grandi corporation e i ricchi e diventa cieco davanti alla grande corruzione dei grandi compradores ed ex compari di Marcos (ad esempio, Eduardo Cojuangco e Lucio Tan) semplicemente perché erano grandi contribuenti della campagna elettorale Aquino. Esso ha effettuato continue demolizioni di insediamenti urbani poveri per liberare preziose aree immobiliari per gli amici dei grandi affari di Aquino.
La più grande corruzione del regime di Aquino è quella di lasciare che le imprese e le banche straniere monopolistiche dilaghino nel saccheggio dell'economia e nel fare superprofitti. Anche se il credito internazionale si sta restringendo, il servizio del debito sui debiti accumulati continua a drenare il paese di fondi preziosi. Il governo reazionario continua a sprecare le entrate fiscali attraverso la corruzione burocratica, spese militari e distribuzione di denaro in un futile tentativo di minare e contrastare il movimento rivoluzionario.
Come conseguenza della crisi economica, le condizioni di fame e povertà sono aumentate e affliggono più persone che mai prima d'ora. Ma il Consiglio Nazionale di Coordinamento Statistico manipola i dati e modifica i termini per la determinazione della povertà per raggiungere la falsa conclusione che il regime Aquino ha ridotto l'incidenza della povertà. Per sottolineare la falsità nelle statistiche ufficiali, basta dire che il tasso di disoccupazione nelle Filippine appare anche molto inferiore a quello nei paesi capitalisti industrializzati. La verità è che il tasso di disoccupazione reale nelle Filippine è uno dei peggiori nella regione e nel mondo, insieme con un numero rapidamente crescente di sottoccupazione, di bassa qualità e lavoro non retribuito.
Dato che le condizioni economiche si deteriorano e il regime non riesce a risolvere il crescente problema della disoccupazione e della povertà, l'indice di gradimento di Aquino viene fatto salire attraverso l’incessante montatura generata dai mass media di proprietà della Lopez e i sondaggi manipolati da Pulse Asia, posseduta e controllata dai parenti di Aquino. I recenti attacchi di Aquino ad Arroyo e alla Corte Suprema sono calcolati per deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dal peggioramento della crisi economica e sociale e le continue gravi violazioni dei diritti umani così come per aumentare il suo indice di gradimento nei sondaggi. Il regime Aquino cerca di prosperare sulla pura manipolazione dei media e dei sondaggi.
Il malcontento sociale è diffuso e si approfondisce. Le grandi masse del popolo sono vistosamente irrequiete. Proteste di massa sono in aumento contro il peggioramento delle condizioni economiche e sociali. La tattica del movimento globale Occupy, che è familiare al movimento di massa delle Filippine dal 1960, si sta ora intensificando. Le sollevazioni di massa popolari non possono essere fermate fin quando c'è una leadership politica rivoluzionaria che è risoluta, militante e non teme le azioni coercitive del regime.
Le forze rivoluzionarie e il popolo stanno costantemente crescendo in forza. La crisi sociale ed economica è una forte pressione sulla classe dirigente e le fazioni politiche rivali e si traduce in una crisi politica del sistema dominante. A livello nazionale, la cricca al potere Aquino viene sfidata dalle fazioni della Arroyo, di Marcos e altre. Le loro contraddizioni si riflettono tra e all’interno dei tre rami del governo reazionario (esecutivo, legislativo e giudiziario). Ai livelli più bassi, le contraddizioni interne dentro la classe dirigente si stanno anch’esse intensificando.
Le contraddizioni tra le fazioni Aquino e Arroyo hanno assunto un ruolo centrale per il momento, soprattutto dopo il tentativo Arroyo di lasciare il paese con il pretesto di cercare cure mediche. Aquino sta correndo dietro l’Arroyo per il sabotaggio elettorale e la corruzione, ma non per gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani. Dietro tutto questo rumore e furia c’è il risentimento di Aquino per la decisione della Corte Suprema, dominata da incaricati della Arroyo, per invalidare la distribuzione di stock option come un modo per truffare i contadini dell’Hacienda Luisita.
Le fazioni in competizione della classe dominante hanno la forza armata dato che hanno seguaci all'interno delle forze reazionarie armate e della polizia e mantenendo gruppi armati privati. Le fazioni più reazionarie costruiscono i loro gruppi armati privati sotto vari metodi legalizzati, come i cosiddetti moltiplicatori di forza dell'esercito e della polizia, con nomi come CAFGU, CVO, CAA, guardie del corpo con permessi speciali per le armi e agenzie di sicurezza private.
La concorrenza sempre più intensa per il bottino burocratico e la rivalità politica tra le fazioni reazionarie sono oggettivamente favorevoli al movimento rivoluzionario dato che dividono e indeboliscono il sistema dominante. Nelle attuali circostanze, le forze rivoluzionarie possono aumentare la propria forza con l'impiego ampio della tattica del fronte unito per contrastare la fazione più reazionaria, che viene definita come nemico.
Il movimento di massa di operai, contadini, pescatori, le minoranze nazionali, i poveri delle città, donne, giovani, insegnanti, avvocati, operatori sanitari e le altre forze patriottiche e progressiste è in aumento. Le varie organizzazioni di massa sono decise a dar voce alle esigenze socio-economiche e politiche del popolo e ad agire in maniera militante nel perseguire il rispetto di queste esigenze giuste e ragionevoli.
I lavoratori chiedono il rispetto per i loro sindacati e gli altri diritti democratici, per la sicurezza del lavoro e un miglior salario e condizioni di vita per fermare i licenziamenti senza fine e per l'industrializzazione nazionale, in modo che l'occupazione si possa espandere e non devono lasciare le loro famiglie per cercare lavoro all'estero. I licenziamenti di massa nel settore della produzione di semilavorati a basso valore aggiunto, per l'esportazione e nell'edilizia privata e la tendenza squallida all'estero contro i lavoratori migranti stranieri insistono su tutta l'economia filippina.
I contadini chiedono una riforma agraria vera e profonda, non la falsa riforma Carper; recupero di produzione alimentare, credito e assistenza tecnica, e lo sviluppo della produzione destinata alla trasformazione industriale. Le forze rivoluzionarie e il popolo stanno portando avanti la riforma agraria minima così come la linea generale e la riforma agraria massima ovunque sia possibile.
Molte persone sono contente che la lunga lotta dei lavoratori agricoli per la proprietà dell’Hacienda Luisita è stata premiata dalla decisione finale della Corte Suprema, anche se tardiva, di scartare la Stock Distribution Option e permettere la distribuzione della terra ai contadini. Tuttavia, non è ancora chiaro quanto i contadini sarebbero costretti a pagare per la terra. Aquino ed i suoi parenti della Cojuangco chiedono il cosiddetto valore corrente di mercato, assolutamente ben oltre la capacità di pagamento degli operai agricoli. Gli operai agricoli, invece, vedono la miseria incommensurabile che hanno dovuto sopportare e la generosità immeritata di cui si sono appropriati i Cojuangcos nel corso dei decenni come più del necessario pagamento per i terreni da loro distribuiti.
I pescatori esigono il rispetto dei loro diritti, un freno alla prelazione delle zone di pesca e dei mercati da parte delle grandi aziende della pesca, il diritto dei piccoli pescatori ad operare e la fornitura di credito e assistenza tecnica. Si oppongono alla politica del governo reazionario che autorizza i magnati della pesca a monopolizzare la pesca nei laghi e nelle baie, e le navi da pesca straniere e le navi fabbrica che invadono la zona economica esclusiva delle Filippine in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Le minoranze nazionali esigono il rispetto per il loro diritto all'autodeterminazione e il dominio ancestrale. Chiedono che non venga tolta loro la terra, che non vengano deportati dalle loro terre da parte delle imprese straniere e locali, che saccheggiano le risorse della foresta, minerarie e l’acqua. Insieme al resto della popolazione, le minoranze nazionali plaudono alle offensive del NEP per smantellare e chiudere le attività delle imprese minerarie e grandi compradores estere a Mindanao e in tutto il paese.
I poveri delle città che includono operai, lavoratori precari, i piccoli venditori e poveri lavoratori autonomi rivendicano il diritto ai beni di prima necessità, alla casa e altri diritti democratici. Chiedono di non essere sottoposti a sfratto, alla demolizione delle loro abitazioni e privazione di sorgenti vicine di sostentamento, nonché a tutti i tipi di indegnità, molestie, aggressioni fisiche e di espropriazione. Lottano per contrastare la demolizione delle loro abitazioni per far posto agli interessi degli sviluppatori immobiliari e resistono attivamente al dispiegamento della polizia e dei militari per intimidirli e attaccarli.
Le donne esigono il rispetto per il loro diritto alla parità di genere, il godimento di pari opportunità in tutte le attività socio-economiche, un arresto sistematico alla violenza contro le donne e al traffico di donne. Chiedono rispetto e sostegno per i bambini che soffrono di vittimizzazione nelle condizioni disastrose economiche e sociali e campagne di repressione militare. Chiedono il diritto alla parità di genere e contro le discriminazioni che si estende a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali.
I giovani chiedono il diritto all'istruzione, un incremento degli stanziamenti statali per l'istruzione pubblica a tutti i livelli, un arresto allo spreco di risorse pubbliche in spese militari, al servizio del debito e alla corruzione burocratica. Si oppongono ai crescenti prezzi dei beni di prima necessità, alla disoccupazione, al rapido aumento della povertà, e alla riduzione dei fondi pubblici per le scuole pubbliche. Chiedono il rispetto del diritto democratico di parlare e di agire nell'interesse dei giovani, degli studenti e di tutto il popolo. Essi condannano e si oppongono alla reazione sempre più violenta del regime di Aquino contro le azioni di protesta di massa, come esemplificato dalla ripetuta dispersione brutale dei giovani che cercavano di tenere un accampamento di protesta a Mendiola all'inizio di questo mese.
I professionisti, i piccoli imprenditori e l'intera classe media richiede uno stop all'imposizione di maggiori imposte, tasse e altri oneri gravosi, l'uso oculato delle loro imposte e altri contributi, invece di essere sprecati per la corruzione burocratica, le spese militari e il servizio del debito. La piccola borghesia urbana è sempre più pronta ad unirsi alle masse lavoratrici come una forza rivoluzionaria. La media borghesia è preoccupata per la resa dei diritti nazionali alle potenze straniere e alle imprese monopolistiche.
Sempre più, le condizioni di crisi sono un terreno fertile per la crescita della forza e avanzamento della guerra popolare e l'esercito popolare. L'escalation di oppressione e sfruttamento incita le persone ad impegnarsi in proteste di massa e a sollevarsi in armi contro lo Stato reazionario e per costruire uno Stato democratico popolare. Le condizioni per la rivoluzione armata sono estremamente favorevoli.
Il popolo e le forze rivoluzionarie rappresentate dal Fronte Nazionale Democratico delle Filippine (NDFP) sono disposti a negoziare con il governo reazionario per affrontare le radici del conflitto armato forgiando accordi sulle riforme sociali, economiche e politiche al fine di porre le basi per una pace giusta e duratura. Ma il regime Aquino è determinato ad usare l’Oplan Bayanihan istigato dagli USA e per distruggere il movimento rivoluzionario popolare. È ossessionato dall’uso dei negoziati di pace come un mero strumento per la guerra psicologica e come un modo per cercare la capitolazione e la pacificazione delle forze rivoluzionarie.
Il regime Aquino non è seriamente interessato a negoziati di pace con il NDFP. Esso pone “precondizioni” ai negoziati di pace con richieste alla capitolazione e la pacificazione del movimento rivoluzionario. Cerca di tornare sui propri passi e invalidare i precedenti accordi bilaterali mettendoli da parte. Non ha rettificato la politica della Arroyo di rapire, torturare e assassinare consulenti del NDFP nei negoziati di pace. Ha condonato e accolto i ricorsi del regime Arroyo, e cioè di mantenere i maggiori dirigenti del NEP, del PCF e del NDFP, consulenti politici nei negoziati di pace, nella lista dei terroristi degli Stati Uniti e di altri governi stranieri, e allo stesso modo di avere fatto arrestare e detenuto il consulente politico del NDFP nel 2007 da parte del governo olandese per accuse penali, che il giudice olandese a L'Aia ha respinto come infondate e politicamente motivate. Si rifiuta di rilasciare consulenti del NDFP imprigionati e di rispettare l'accordo comune sulla sicurezza e le garanzie di immunità (JASIG).
Ha condonato gli abusi gravi e sistematici dei diritti umani in violazione dell'accordo globale sul rispetto dei diritti umani e diritto internazionale umanitario (CARHRIHL) sotto il regime Arroyo e sta incoraggiando i militari, la polizia e le forze paramilitari a commettere ulteriori atrocità. Si rifiuta di rilasciare centinaia di prigionieri politici che sono accusati di partecipazione al movimento rivoluzionario, ma che sono falsamente accusati di crimini comuni in violazione del CARHRIHL e della dottrina sul reato di offesa politica Hernandez.
Il governo reazionario esige ricorrentemente il cessate il fuoco per questo o quel motivo, per evitare di ragionare sull'agenda sostanziale dei negoziati di pace e in realtà per ottenere la capitolazione e la pacificazione del movimento rivoluzionario. Ma rifiuta l'offerta di tregua e alleanza del NDFP sulla base della dichiarazione generale d’intenti comuni in dieci punti in materia di indipendenza nazionale, democrazia, sviluppo economico, giustizia sociale e di altre importanti esigenze del popolo.
Conduce trattative di pace farsa con il Moro Islamic Liberation Front (Milf), come fa con il NDFP mediante ritorno indietro su precedenti accordi e annullandoli e perfino sperando sempre di ingannare o piegare la controparte verso la capitolazione e pacificazione. Ha bloccato ogni reale progresso nei negoziati di pace con il NDFP e il Milf. Il GPH è arrivato fino alle truffe e all’uso del racket riciclando il CPLA e coloro che si sono arresi e mercenari della RPA-ABB come gruppi ribelli e utilizzando i loro nomi per l’uso improprio dei fondi pubblici.
È vantaggioso sia per il NDFP che per il Milf continuare a combattere contro il nemico comune. Anche se condotte separatamente, le loro lotte armate rivoluzionarie si sostengono a vicenda. Il governo reazionario ha crescenti difficoltà nel cercare di combattere su due fronti principali. La crisi ridurrà ulteriormente la capacità dello Stato reazionario e tutti i suoi apparati coercitivi. Lo stato reazionario e le sue forze armate si indeboliranno ulteriormente sulla crescita di forza del NDFP e del MILF separatamente e simultaneamente.
Le grandi masse del popolo filippino sono profondamente consapevoli del crescente intervento militare degli Stati Uniti nelle Filippine sotto il Trattato di Mutua Difesa USA-RP e l'Accordo Visiting Forces. Tale intervento ha lo scopo di perpetuare il controllo americano delle Filippine e con le Filippine come base strategica per assicurare l'egemonia degli Stati Uniti in Asia Orientale. Il popolo filippino e le loro forze rivoluzionarie sono preparati per l'escalation dell'intervento militare statunitense e per una guerra di liberazione nazionale contro l'imperialismo degli Stati Uniti.
pc 29 dicembre - Palermo, operazione “Mille occhi sulla città”… tasselli di moderno fascismo
Con grande piacere del sindaco Cammarata, del questore e del prefetto è stata firmata in questi giorni la convenzione, dal nome accattivante, “Mille occhi sulla città”, “tra prefettura, Comune e gli istituti di vigilanza privata operanti a Palermo. Erano presenti il sindaco, Diego ammarata, il prefetto Umberto Postiglione e gli istituti di vigilanza Global security Investigations, KSM Security, Sicinform Security, Sicurcenter, Sicurservizi, Sicurtransport. Hanno partecipato all’incontro anche i vertici provinciali di carabinieri, Finanza e polizia.” Come riporta il giornale di Sicilia questa convenzione prevede che “cinquecento vigilantes sparsi sul territorio… segnaleranno alle forze dell’ordine qualsiasi attività sospetta dovesse ricadere sotto la loro diretta percezione nel corso dei giri di controllo.” Il giornalista continua, soddisfatto anche lui: “Sentinelle preziose sul territorio, in grado di “registrare” i fatti e dunque trasmettere in tempo reale le segnalazioni a carabinieri o polizia… Il telefono o le ricetrasmittenti in dotazione saranno gli strumenti indispensabili per i vigilantes quando dovranno avvisare le centrali operative [grande osservazione questa! ndr]
Il sindaco Cammarata, quello delle delibere antibivacco, per il decoro urbano, ecc. ecc. si spertica in affermazioni positive: “Un maggior controllo … significa più sicurezza. È uno stimolo per invitare anche i cittadini a collaborare: il presidio di tutti è il miglior deterrente contro situazioni di illegalità e fenomeni di criminalità, soprattutto in una città complessa e difficile come la nostra”. E se lo dice lui che di processi e illegalità se ne intende…
Il questore Zito, quello che organizza la difesa militare massiccia dei presìdi dei fascisti di Casapound, è contento perché l’operazione è a costo zero e nell’ottica del “controllo integrato del territorio” questa “collaborazione” si potrà estendere anche alle scuole che subiscono costanti assalti quasi ogni notte.
Ma sono le parole del prefetto, che noi sottolineiamo, che chiariscono meglio alla fin fine il significato di tutta l’operazione: “Questa collaborazione è importante soprattutto perché ci avviamo a momenti di ansia dovuti alla crisi che possono portare a fenomeni che l’iniziativa che stiamo avviando ci aiuterà ad arginare.”
Il sindaco Cammarata, quello delle delibere antibivacco, per il decoro urbano, ecc. ecc. si spertica in affermazioni positive: “Un maggior controllo … significa più sicurezza. È uno stimolo per invitare anche i cittadini a collaborare: il presidio di tutti è il miglior deterrente contro situazioni di illegalità e fenomeni di criminalità, soprattutto in una città complessa e difficile come la nostra”. E se lo dice lui che di processi e illegalità se ne intende…
Il questore Zito, quello che organizza la difesa militare massiccia dei presìdi dei fascisti di Casapound, è contento perché l’operazione è a costo zero e nell’ottica del “controllo integrato del territorio” questa “collaborazione” si potrà estendere anche alle scuole che subiscono costanti assalti quasi ogni notte.
Ma sono le parole del prefetto, che noi sottolineiamo, che chiariscono meglio alla fin fine il significato di tutta l’operazione: “Questa collaborazione è importante soprattutto perché ci avviamo a momenti di ansia dovuti alla crisi che possono portare a fenomeni che l’iniziativa che stiamo avviando ci aiuterà ad arginare.”
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