Enzo Pellegrin *
Colpisce non poco la recente raffica di provvedimenti questorili contro i manifestanti milanesi pro Palestina. Nell’obiettivo della Questura i partecipanti alla manifestazione del 25 aprile che si erano distinti per il sostegno alla causa palestinese e che avevano espresso solidarietà al diritto di autodeterminazione ed alla resistenza di questo popolo.
Da molto tempo in tutta l’Unione Europea sono all’ordine del giorno le ondate repressive contro ogni manifestazione del pensiero che si allontani dai diktat politici del neoliberismo UE a pensiero unico e dalla politica guerrafondaia della NATO: dalla repressione del movimento NOTAV, a quella contro i Gilet Jaunes, contro le manifestazioni sindacali avverse ai progetti antipopolari e neoliberali del governo Macron, contro le manifestazioni per la pace in Francia e Germania. A questo quadro piuttosto inquietante, si aggiunge non solo da oggi una cappa di censura politica e mediatica su ogni critica al comportamento del governo sionista al potere, in Israele ed alla sua condotta di guerra contro il popolo palestinese.
Accade così non per caso che ad un noto e attivo militante sindacale dello SLAI COBAS presso la Tenaris di Dalmine, Sebastiano Lamera venga imposto un foglio di via che lo obbliga a non frequentare per ben sei mesi i luoghi più importanti di manifestazione del conflitto politico nel centro di Milano. La giustificazione è un asserito concorso in reati di resistenza a pubblico ufficiale che si sarebbero sviluppati proprio durante la repressione di una parte del corteo del 25 aprile che aveva manifestato a sostegno della causa palestinese. Nessun processo su questo asserito reato è ancora iniziato, nessun giudice della Repubblica ha applicato a Sebastiano una misura cautelare nè tantomeno una condanna. Tuttavia, nel nostro sistema di leggi sempre più securitarie, nonostante la presunzione d’innocenza garantita dalla Costituzione antifascista, viene consentito alla discrezionalità delle Questure di applicare misure interdittive ben più pesanti ed impattanti sulla libertà personale delle condanne penali o di alcune misure cautelari penali.
La tutela contro provvedimenti eccessivi od illegittimi di questo tipo risulta spesso più teorica che effettiva. A parte i grandi margini che purtroppo la legge accorda da molto tempo e molte riforme alla discrezionalità questorile, la tutela amministrativa è costosa e non sempre tempestiva, tenuto conto della scadenza relativamente breve del provvedimento, che - anche in caso di illegittimità - rimane esecutivo fino a quando il Tribunale Amministrativo Regionale non ne abbia sospeso l’efficacia all’esito di un’udienza cautelare.
Il suo effetto impatta invece in modo più che massiccio sulla libertà personale, soprattutto quando colpisce figure che rivestono rilievo politico o sindacale, come è il caso di Sebastiano. Il divieto di accesso ai luoghi del confronto politico e democratico, come le manifestazioni, instaurano di fatto un esclusione non da poco dal contraddittorio politico che si riverbera sul diritto ad organizzare il conflitto sociale ed esprimere un pensiero dissonante.
Sul tema Palestina, peraltro, Governo e del Ministero dell’Interno hanno più volte palesato intenti repressivi ed interdittivi a priori sulla manifestazione del pensiero a favore del popolo palestinese.
In occasione della convocazione di una manifestazione per denunciare i soprusi contro il popolo palestinese in occasione della giornata della Memoria, il Ministero dell’Interno aveva emanato una circolare che invitava i Prefetti e i Questori a valutare la possibilità di rinviare in altro giorno le manifestazioni preavvisate.
Nella circolare di P.S. inviata alle Autorità periferiche si statuiva che dette manifestazioni
“se svolte in concomitanza con la predetta ricorrenza, potrebbero assumere connotazioni lesive, sotto l’aspetto formale organizzativo e contenutistico, del valore nazionale che la Repubblica Italiana ha attribuito con la citata legge allo spirito commemorativo in favore delle vittime delle leggi razziali, nonché di condanna alla persecuzione del popolo ebraico. Risulterebbe, altresì, violato il valore universale che alla giornata del 27 gennaio è stato riconosciuto dalla Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 1° novembre 2005. Nondimeno, le suddette manifestazioni potrebbero determinare, anche in relazione all’attuale contesto conflittuale internazionale, il sorgere di tensioni con il conseguente rischio di effetti negativi sulla tenuta dell’ordine pubblico e sociale”. Per questo motivo i questori sul territorio sono invitati “a valutare, con riguardo alle iniziative organizzate a sostegno della causa palestinese, l’adozione, ai sensi dell’art. 18 de T.U.L.P.S., di prescrizioni di tempo che ne prevedano il rinvio alla giornata successiva o ad altra data, così garantendo la libertà di manifestazione che, ne caso di specie, va contemperata con il valore attribuito alla ‘Giornata della Memoria”. (1)
Il Governo in pratica forniva una valutazione pregiudiziale per cui ricordare nel giorno della Memoria che esiste un popolo che subisce persecuzioni simili a quelle rimembrate, potrebbe assumere "connotazioni lesive”. Non a caso si ricorda l’ “attuale contesto conflittuale internazionale”, con ciò ritenendo che le manifestazioni in essere possano imbarazzare l’attuale Governo in carica in Israele. Insomma, la condotta di Israele va protetta limitando la manifestazione del pensiero di chi vorrebbe esprimere una vibrata e fondata critica alle sue azioni.
Provocatoriamente si potrebbe ricordare il manzoniano “sopire e troncare, troncare e sopire”, messo in bocca al Conte Zio per suggerire l’allontanamento del problematico padre Cristoforo “un uomo... un po' amico de' contrasti... che non ha tutta quella prudenza, tutti que' riguardi…” (2).
Le voci dissonanti da sempre sono ciò che in uno stato democratico impedisce che il potere sia sottratto al controllo dei cittadini e della pubblica riflessione. Ricordare i soprusi al popolo palestinese in occasione delle date (il giorno della Memoria, il 25 aprile) che ricordano quanto siano sacri i diritti dell’uomo e di autodeterminazione dei popoli rappresenta un esercizio di alto confronto democratico che la Costituzione antifascista pretende altrettanto sacro.
La tendenza securitaria, soprattutto in materia di conflitto sociale, è purtroppo direzione che abbiamo conosciuto trasversale agli opposti poli che si contendono il potere. Come non ricordare la repressione del movimento NOTAV. Come non ricordare che norme ad altissimo valore securitario furono emanate (e con decreto legge convertito!) da un governo di centrosinistra. I terrificanti art. 9 e 10 del D.L. 14/2017 (conv. con la legge 48/2017), forniscono ampia discrezionalità censoria e interdittiva consentendo di sanzionare chiunque ponga in essere condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione di infrastrutture, fisse e (addirittura) mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti. Contestualmente all'accertamento della condotta illecita, al trasgressore viene ordinato, nelle forme e con le modalità di cui all'articolo 10, l'allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto. Ebbi occasione di scrivere del pesante significato securitario e - a mio parere - anticostituzionale di siffatte normative (3) ricordando che nulla, nell’eccessiva formulazione di questa norma, vieta che la sanzione e il conseguente ordine di allontanamento non possano essere applicati anche al picchetto od alla manifestazione in stazione, in aeroporto od al deposito tramviario o marittimo. Basta un cartello di divieto o le normali norme del Codice della Strada.
Le sanzioni possono apparire mera questione amministrativo-pecuniaria, ma in realtà rivestono importanza cruciale, poiché l’ordine di allontanamento, contestualmente notificato al momento della rilevazione della sanzione, consente al questore, in caso di reiterazione delle condotte di turbativa, ai sensi dell’art. 10, di disporre per un periodo non superiore a dodici(!) mesi, il «divieto di accesso ad una o più delle aree di cui all’articolo 9, espressamente specificate nel provvedimento, individuando, altresì, modalita’ applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell’atto» Qualora la persona sia stata condannata con sentenza in via definitiva o anche non definitiva ma confermata in grado di appello (in barba alla presunzione d’innocenza che vale anche in Cassazione) per reati contro la persona o il patrimonio, il divieto di accesso non è inferiore a dodici mesi e può estendersi fino a due anni! In sede poi di condanna per reati contro la persona od il patrimonio commessi nei luoghi di cui sopra, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’imposizione del divieto di accedere a luoghi od aree specificatamente individuati, con ulteriore limitazione della libertà di circolazione e di manifestazione del pensiero.
Del resto, è ormai un dato di fatto che altrettanto trasversale risulta l’assoluto allineamento di maggioranza e gran parte dell’opposizione parlamentare alla direzione guerrafondaia intrapresa dall’Unione Europea e dalla Nato. Come ricordato anche dallo studioso basco Inaki Gil de San Vicente in una recente conferenza a Torino, l’area mediorientale in cui agisce Israele è di rilevante importanza strategica per la Guerra Grande in corso: rappresenta la lingua di terra in grado di collegare l’Asia - attuale antagonista dell’Occidente - con l’Africa (impaziente di sganciarsi dallo sfruttamento occidentale; allo stesso modo è area in grado di consentire controllo anche su un importante via di mare. Può quindi ipotizzarsi che la necessità di proteggere l’azione israeliana finisca per informare anche le tendenze repressive dei governi europei, Italia inclusa. La guerra, suicidio delle classi popolari europee, deve essere anche protetta dalla cose dannose come la Resistenza, allo stesso modo per il quale le costituzioni antifasciste erano un ostacolo di cui sbarazzarsi per la Banca d’Affari JP Morgan, attualmente in primo piano assieme al fondo Blackrock nella gestione degli affari connessi alla guerra ucraina (4).
Ecco perchè chi scrive è particolarmente colpito da ogni attività di limitazione del dissenso ed esprime viva solidarietà resistente con Sebastiano Lamera, con lo Slai Cobas e con tutti i militanti pro Palestina colpiti da repressione. Ricordava una vecchia litania che “è sempre pronto e possibile l’atto che rende l’ingiustizia legge”. Nella storia italiana e Repubblicana abbiamo assistito a migliaia di questi perniciosi casi: per questo motivo è sempre necessario resistervi.
1 - https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/01/25/manifestazione-pro-palestina-il-ministro-dellinterno-piantedosi-vediamo-se-e-possibile-differire/7422359/
2 - A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. XIX.
3 - https://boraest.com/2017/03/
4 - https://www.ft.com/content/3d6041fb-5747-4564-9874-691742aa52a2
* Enzo Pellegrin. avvocato, attivista democratico e socialista. Scrive e traduce dall'inglese, dal francese, dal tedesco attualmente su CIVG (Centro Iniziative Verità e Giustizia), I suoi articoli sono stati pubblicati anche dalle riviste italiane: Marx XXI, Resistenze.org, Contropiano.org”, Sinistrainrete.info, Laboratorio-21.it” (laboratorio per il socialismo del XXI secolo), e anche su “Il Fatto Quotidiano” on line.