sabato 28 luglio 2012
pc 29 luglio - Basiano, revocata la detenzione ai 19 lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro
Il Tribunale del Riesame di Milano ha revocato le misure cautelari dei 19 lavoratori di origine pakistana, egiziana e marocchina arrestati in seguito ai violenti tafferugli con le forze dell'ordine esplosi l'11 giugno scorso a Basiano, in provincia di Milano, nel corso di un picchetto di protesta contro i licenziamenti davanti allo stabilimento della Gartico. Dopo numerose e violente cariche diversi lavoratori e 14 carabinieri erano rimasti contusi o feriti.
La decisione del Collegio è motivata con il fatto che "non sono ravvisabili esigenze cautelari", sottolineando "l'episodicità" dei fatti, scatenati dall'"improvviso licenziamento con repentina ed anticipata sostituzione dei lavoratori licenziati (gli odierni indagati) con altri assunti a minor costo". "Tale eccezionale circostanza (...) non può essere indicativa della pericolosità individuale degli odierni indagati - si legge sempre nell'ordinanza firmata dal presidente Paola Braggion - né di concreto pericolo di reiterazione delle condotte" da parte degli imputati, lavoratori in regola, "socialmente inseriti, incensurati e privi di segnalazioni di polizia".
Subito dopo gli scontri, polizia e carabinieri avevano arrestato 20 lavoratori con le accuse, a vario titolo, di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti, lesioni e lancio di oggetti pericolosi. Uno era stato scarcerato il giorno seguente, mentre per gli altri prima il Gip di Monza e poi quello di Milano (a cui erano stati trasmessi gli atti per competenza) avevano disposto per due i domiciliari, per 13 l'obbligo di dimora e per 4 l'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria a giorni alterni. Misure annullate oggi dal Riesame a cui avevano fatto istanza gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini.
“Certamente un'iniezione di fiducia per i lavoratori e tutti coloro che convintamente hanno deciso di fronteggiare i padroni del Gigante, l'Italtrans che ne gestisce l'appalto e i loro servi della cooperativa Bergamasca che organizza il crumiraggio sulle pelle degli operai”, si legge sul sito del “Si.Cobas” che da subito era stato vicino ai lavoratori. Una vittoria parziale ma che rafforza la possibilità di rilanciare la battaglia contro i licenziamenti, sia da un punto di vista legale”. Intanto sono stati definiti i termini del ricorso contro "Il gigante" e il suo cambio d'appalto “truffaldino”: la sentenza precedente riconosceva il diritto ad essere assunti dalla cooperativa entrante ma l'imposizione doveva essere dettata dal committente nel momento dell'appalto alla cooperativa.
La prossima settimana si terrà assemblea pubblica per fare il punto della situazione e continuare la mobilitazione.
pc 29 luglio - Parma: i grillini al governo cittadino cominciano a rassicurare la borghesia perbenista
Parma, il sindaco grillino esordisce coi divieti
L'ossessione securitaria di Pizzarotti: a Parma sarà vietata la vendita di alcol e bibite dalla sera alle 21. Per colpire i luoghi dell'aggregazione giovanile.
Divieti. E poi ancora divieti. Contro i giovani, contro quelle piazze di ragazzi e ragazze che d'estate si incontrano al centro. Anche per bere una birra insieme. Divieti, come fa e sogna di fare la Lega. Tutto come sempre, insomma, solo che stavolta i divieti sono targati "5 Stelle". La notizia è di quelle destinate a fare clamore: uno dei primi atti del nuovo sindaco di Parma - il grillino Federico Pizzarotti - è un'ordinanza - addirittura "urgente" - che proibisce la vendita di alcolici e di bevande dalle 21 alle 7 della mattina dopo in tutto il centro della città.
Di più: per essere ancora di più in sintonia con la cultura leghista, il sindaco spiega che il divieto si estenderà alle "zone calde" della città: via Garibaldi, piazza Ghiaia, piazzale della Pace, via D'Azeglio e dintorni. Esattamente i luoghi degli incontri giovanili, durante l'estate. L'obiettivo? Anche qui, parole già sentite: secondo Pizzarotti la misura s'è resa necessaria "per migliorare la sicurezza ".
E in quest'ossessione securitaria, i grillini non sono da meno degli altri. Hanno fretta. Il 25 luglio, l'assessore Casa ha spiegato che la polizia municipale offrirà una prima informazione agli esercenti e ai cittadini. Il giorno dopo l'ordinanza entrerà in vigore: le multe varieranno da 100 a 500 euro.
fonte: Globalist
pc 29 luglio - Londra blindata, spesa record e polemiche per i Giochi
Tremila i militari richiamati dall'Afghanistan per garantire la "pace olimpica". Proteste per i missili sui tetti
Roma, 28 lug. (TMNews) - Oltre 18mila addetti alla sicurezza, 3mila militari richiamati dall'Afghanistan, oltre un miliardo di sterline, un miliardo 200 milioni di euro finora speso per garantire la "pace olimpica" almeno a Londra. Il Regno Unito si attrezza per assicurare a tutti gli atleti, agli staff olimpionici e ai turisti una permanenza nella capitale britannica sicura e priva di rischi.
Il tutto, però, non è privo di polemiche: come quelle degli abitanti della Fred Wigg Tower in Montague Street, nel popolare quartiere di Londra, sui cui tetti sono stati piazzati missili terra-aria per prevenire attacchi provenienti dai cieli.
O come quelle dei ciclisti di Critical Mass, che protestano contro le mancate promesse di sostenibilità ecologica dei Giochi, e che ieri verso le 22 ore locali sono stati arrestati in cinquanta per aver "sfondato", con le loro biciclette, il cordone olimpico. Secondo gli attivisti, che hanno postato dei video su YouTube che lo dimostrerebbero, una donna è stata malmenata e un disabile è stato fermato da un poliziotto che gli ha sparato in faccia dello spray urticante.
Ma è soprattutto a Leyton, nel palazzo di edilizia popolare ora base per la postazione contraerea, che continuano le proteste. "Noi questi missili non li vogliamo - spiega Janet, che si rifiuta di fornire il proprio cognome, a TM News - li hanno piazzati di notte e le forze armate si muovono solo quando cala il buio, per evitare di entrare in contatto con noi. Il vero problema è che non siamo stati consultati, ma il Council (il Comune di Newham, che fa parte della Grande Londra, ndr) ha solo obbedito agli ordini del ministero della Difesa. E così ora abbiamo paura".
pc 29 luglio - Mentre il governo lavora per i padroni e le banche, i proletari crepano schiacciati dalla disoccupazione
LA DISPERAZIONE DEVE TRASFORMARSI IN RABBIA E RIBELLIONE NON CONTRO SE' STESSI MA CONTRO TUTTO IL SISTEMA DEI CAPITALISTI
Non trovava lavoro, 26enne suicida a Ravenna
28 luglio
Aveva perso il lavoro e da tempo non riusciva a trovarne un altro. Potrebbe essere questo il motivo che ha spinto ieri sera un 26enne originario del Bangladesh a togliersi la vita nella sua casa di via Carraie a Ravenna. Il giovane - che a marzo si era sposato con un'italiana - e' stato trovato sul letto matrimoniale soffocato da un sacchetto di plastica. Inutili i tentativi degli operatori del 118 di rianimarlo.
Sul posto e' intervenuta anche una Volante della polizia. E' stata la moglie, subito sentita dagli agenti, a riferire che il marito nell'ultimo periodo era molto preoccupato perche' aveva perso il lavoro e non riusciva ancora a trovare un altro impiego.
Subito dopo cena - ha aggiunto - il 26enne le aveva detto che sarebbe andato a riposare. Lei cosi' era uscita di casa per andare a fare visita a familiari. Al rientro, ha trovato il marito steso supino sul letto con la testa avvolta in una busta di plastica. Sul comodino e' stata recuperata completamente vuota una bottiglietta di un farmaco che il giovane assumeva a causa di disturbi d'ansia. Non sono invece stati trovati biglietti che spiegassero il gesto.
Non trovava lavoro, 26enne suicida a Ravenna
28 luglio
Aveva perso il lavoro e da tempo non riusciva a trovarne un altro. Potrebbe essere questo il motivo che ha spinto ieri sera un 26enne originario del Bangladesh a togliersi la vita nella sua casa di via Carraie a Ravenna. Il giovane - che a marzo si era sposato con un'italiana - e' stato trovato sul letto matrimoniale soffocato da un sacchetto di plastica. Inutili i tentativi degli operatori del 118 di rianimarlo.
Sul posto e' intervenuta anche una Volante della polizia. E' stata la moglie, subito sentita dagli agenti, a riferire che il marito nell'ultimo periodo era molto preoccupato perche' aveva perso il lavoro e non riusciva ancora a trovare un altro impiego.
Subito dopo cena - ha aggiunto - il 26enne le aveva detto che sarebbe andato a riposare. Lei cosi' era uscita di casa per andare a fare visita a familiari. Al rientro, ha trovato il marito steso supino sul letto con la testa avvolta in una busta di plastica. Sul comodino e' stata recuperata completamente vuota una bottiglietta di un farmaco che il giovane assumeva a causa di disturbi d'ansia. Non sono invece stati trovati biglietti che spiegassero il gesto.
pc 28 luglio - Ilva di Taranto, i padroni dell'acciaio minacciano...
Il sequestro degli impianti dell'Ilva di Taranto disposto dai giudici, ma non ancora effettuato perché in attesa delle decisioni del 3 agosto, ha scatenato le ire dei padroni e dei loro servi politici.
I padroni raccolti nella Federacciai hanno oggi comprato una pagina del Sole 24 Ore per dire apertamente quello che pensano di questo sequestro. Lo fanno con parole molto dure fatte di bugie, ricatti, avvertimenti e minacce.
Il titolo è già chiaro, praticamente non gliene frega proprio niente delle tante vite umane perse o che si perderanno, che siano gli operai della fabbrica o gli abitanti di Taranto e dintorni.
Dicono che “L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese”, e sotto la quantità di miliardi di euro di profitti che intascano scompaiono gli operai che li producono e la loro salute!
Nella sostanza accusano più volte pesantemente i giudici che hanno predisposto il sequestro dicendo che gli impianti sono “non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.”(!!!) Parlano di “distorta ideologia ambientalista” e dicono che il problema principale è costituito proprio dalle leggi ambientali e per la sicurezza sul posto di lavoro perché questi temi ripropongono “brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.” Insomma il “vecchio” ricatto: o continuiamo a produrre così o licenziamenti di massa e spostamento della produzione altrove!
A questo atteggiamento e affermazioni da fascismo padronale, scuola aperta da Marchionne, si unisce il presidente della Confindustria, Squinzi, che addirittura ammonisce che se si continua così l'Italia rischia di perdere la vocazione industriale.
Alla fine del vergognoso comunicato, ai limiti dell'eversione, dopo aver dato gli “ordini” al Governo di rimettere tutto a posto in breve tempo, mandano un “commovente” “saluto affettuoso” agli arrestati Emilio e Nicola Riva, nella migliore tradizione dei delinquenti...
***
FEDERACCIAI
Ilva e la siderurgia italiana: battersi per il loro futuro e per il futuro dell'Italia
L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese, rappresenta uno dei migliori esempi di quanto l'Italia sia stata capace di fare per essere un moderno e importante Paese industriale.
Lo Stato prima, e la famiglia Riva poi hanno investito ingentissime risorse per rendere lo stabilimento siderurgico non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.
Il significato economico di Taranto va ben al di là del pure ingentissimo peso occupazionale per l'economica dell'area, ma si estende a tutta l'industria italiana che lavora ed eccelle sulla trasformazione dei prodotti dell'Ilva di Taranto.
Colpire Taranto significa colpire duramente questa filiera, con conseguenze economiche e sociali drammatiche.
L'industria italiana, anche quella siderurgica, deve ovviamente rispettare tutte le leggi e in particolare quelle ambientali e quelle per la sicurezza sul posto di lavoro. Ma proprio qui sta il punto, perché la vicenda di questi giorni ripropone brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.
Se, infatti un impianto in regola con le norme ecologiche, dotato di “AIA”, nel mezzo di un percorso concordato di adeguamento continuo alle sempre nuove migliori tecnologie per la tutela della salute e dell'ambiente può essere chiuso dal provvedimento di un magistrato sulla base di opinabili correlazioni tra esistenza dell'impianto industriale e salute all'intorno, non vi è più alcuna certezza del diritto e della possibilità di svolgere il proprio lavoro in situazione di normale serenità.
In Europa vi sono molti impianti come l'Ilva di Taranto. Ovunque istituzioni, imprese, parti sociali hanno lavorato di comune accordo per migliorare l'impatto ambientale e per raggiungere un equilibrio virtuoso tra ambiente e lavoro; così come si è fatto in questi anni per Taranto e anche recentemente per l'intelligente impulso del Governo italiano e in particolare del Ministro Clini e della famiglia Riva. Mai è avvenuto in Europa che provvedimenti unilaterali della magistratura bloccassero questo processo.
La siderurgia italiana reagirà duramente a ogni tentativo di mettere in discussione, per una distorta ideologia ambientalista, la presenza dell'industria sul territorio e si batterà con tutte le energie di cui dispone per la salvaguardia di attività che rispettano la legge e come tali vogliono continuare a operare.
Chiediamo al Governo italiano e in particolare ai Ministri Clini e Passera di compire ogni passo possibile per garantire la continuità e stabilità dello stabilimento di Taranto e per procedere tenacemente sul sentiero del dialogo e della cooperazione fra le parti fino a ora perseguito.
In questo momento tutti i siderurgici italiani si stringono con affetto e solidarietà alla famiglia Riva, e in particolare a Emilio e Nicola, colpiti da provvedimenti cautelari di cui presto verrà dimostrata l'inutilità e l'infondatezza.
Milano, 27 luglio 2012
***
I padroni raccolti nella Federacciai hanno oggi comprato una pagina del Sole 24 Ore per dire apertamente quello che pensano di questo sequestro. Lo fanno con parole molto dure fatte di bugie, ricatti, avvertimenti e minacce.
Il titolo è già chiaro, praticamente non gliene frega proprio niente delle tante vite umane perse o che si perderanno, che siano gli operai della fabbrica o gli abitanti di Taranto e dintorni.
Dicono che “L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese”, e sotto la quantità di miliardi di euro di profitti che intascano scompaiono gli operai che li producono e la loro salute!
Nella sostanza accusano più volte pesantemente i giudici che hanno predisposto il sequestro dicendo che gli impianti sono “non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.”(!!!) Parlano di “distorta ideologia ambientalista” e dicono che il problema principale è costituito proprio dalle leggi ambientali e per la sicurezza sul posto di lavoro perché questi temi ripropongono “brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.” Insomma il “vecchio” ricatto: o continuiamo a produrre così o licenziamenti di massa e spostamento della produzione altrove!
A questo atteggiamento e affermazioni da fascismo padronale, scuola aperta da Marchionne, si unisce il presidente della Confindustria, Squinzi, che addirittura ammonisce che se si continua così l'Italia rischia di perdere la vocazione industriale.
Alla fine del vergognoso comunicato, ai limiti dell'eversione, dopo aver dato gli “ordini” al Governo di rimettere tutto a posto in breve tempo, mandano un “commovente” “saluto affettuoso” agli arrestati Emilio e Nicola Riva, nella migliore tradizione dei delinquenti...
***
FEDERACCIAI
Ilva e la siderurgia italiana: battersi per il loro futuro e per il futuro dell'Italia
L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese, rappresenta uno dei migliori esempi di quanto l'Italia sia stata capace di fare per essere un moderno e importante Paese industriale.
Lo Stato prima, e la famiglia Riva poi hanno investito ingentissime risorse per rendere lo stabilimento siderurgico non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.
Il significato economico di Taranto va ben al di là del pure ingentissimo peso occupazionale per l'economica dell'area, ma si estende a tutta l'industria italiana che lavora ed eccelle sulla trasformazione dei prodotti dell'Ilva di Taranto.
Colpire Taranto significa colpire duramente questa filiera, con conseguenze economiche e sociali drammatiche.
L'industria italiana, anche quella siderurgica, deve ovviamente rispettare tutte le leggi e in particolare quelle ambientali e quelle per la sicurezza sul posto di lavoro. Ma proprio qui sta il punto, perché la vicenda di questi giorni ripropone brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.
Se, infatti un impianto in regola con le norme ecologiche, dotato di “AIA”, nel mezzo di un percorso concordato di adeguamento continuo alle sempre nuove migliori tecnologie per la tutela della salute e dell'ambiente può essere chiuso dal provvedimento di un magistrato sulla base di opinabili correlazioni tra esistenza dell'impianto industriale e salute all'intorno, non vi è più alcuna certezza del diritto e della possibilità di svolgere il proprio lavoro in situazione di normale serenità.
In Europa vi sono molti impianti come l'Ilva di Taranto. Ovunque istituzioni, imprese, parti sociali hanno lavorato di comune accordo per migliorare l'impatto ambientale e per raggiungere un equilibrio virtuoso tra ambiente e lavoro; così come si è fatto in questi anni per Taranto e anche recentemente per l'intelligente impulso del Governo italiano e in particolare del Ministro Clini e della famiglia Riva. Mai è avvenuto in Europa che provvedimenti unilaterali della magistratura bloccassero questo processo.
La siderurgia italiana reagirà duramente a ogni tentativo di mettere in discussione, per una distorta ideologia ambientalista, la presenza dell'industria sul territorio e si batterà con tutte le energie di cui dispone per la salvaguardia di attività che rispettano la legge e come tali vogliono continuare a operare.
Chiediamo al Governo italiano e in particolare ai Ministri Clini e Passera di compire ogni passo possibile per garantire la continuità e stabilità dello stabilimento di Taranto e per procedere tenacemente sul sentiero del dialogo e della cooperazione fra le parti fino a ora perseguito.
In questo momento tutti i siderurgici italiani si stringono con affetto e solidarietà alla famiglia Riva, e in particolare a Emilio e Nicola, colpiti da provvedimenti cautelari di cui presto verrà dimostrata l'inutilità e l'infondatezza.
Milano, 27 luglio 2012
***
pc 28 luglio - Lo Stato/Mafia... in versione comunale
Erano 217 i comuni sciolti per mafia dal 1991, dal nord al sud del paese, adesso se ne aggiungono altri due... è chiaro che prima o poi si dovrà "sciogliere" lo Stato...
***
Sicilia, due comuni sciolti per mafia. Entrambi vicini a Messina Denaro
Si tratta di Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, e di Misilmeri, in provincia di Palermo. Nel primo caso il sindaco del Pd, Ciro Caravà, avrebbe garantito le coperture al boss, latitante dal 1993, e pagato i viaggi ai familiari di un un malavitoso detenuto lontano dalla Sicilia
Ancora due Comuni, Campobello di Mazara e Misilmeri, in Sicilia, che vengono sciolti per mafia. A Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, l’amministrazione va a casa con una operazione condotta dai carabinieri su disposizione della Procura di Palermo. A dicembre era già stato arrestato il sindaco del Pd Ciro Caravà, prima transitato anche da Pci e Forza Italia. Il primo cittadino, ancora in carcere, non si è mai si è dimesso da sindaco, mentre i suoi assessori e il Consiglio già allora avevano presentato le dimissioni.
A Misilmeri, in provincia di Palermo, il sindaco Piero D’Aì ha lasciato oggi l’incarico. Era stato eletto nel 2010. D’Aì risulta indagato a Palermo nell’ambito dell’inchiesta “Sisma” per concorso esterno in associazione mafiosa e ha inoltrato una lettera al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione: “Lascio con l’amarezza nel cuore – scrive -. Sono certo di non avere posto in essere un solo atto gradito ai mafiosi. Ma purtroppo antagonisti politici hanno lavorato da subito per fare di Misilmeri, e di un’esperienza pulita e trasparente, un verminaio”. Poi conclude: “Intimamente mi sono ispirato agli insegnamenti di un misilmerese come Rocco Chinnici, conosciuto da giovane, e sono orgoglioso di avergli intitolato l’aula consiliare”. Le indagini che lo riguardano raccontano di palazzine costruite su terreni diventati edificabili. Per cambiare la destinazione d’uso dei terreni ci sarebbe stata una regia mafiosa. La Regione ha bocciato 30 concessioni edilizie ma ci sono abitazioni in costruzione e altre già finite.
Un paio di anni fa a Campobello di Mazara la prefettura di Trapani aveva provato a ottenere dal Governo lo scioglimento per mafia, ma la proposta allora inoltrata al ministro dell’Interno Maronivenne ignorata e Caravà, sindaco uscente, potè ricandidarsi. Pochi mesi dopo, a dicembre scorso, l’arresto. Entrambe le richieste di scioglimento ruotano attorno al super latitante di Cosa nostra,Matteo Messina Denaro. Campobello di Mazara avrebbe garantito le coperture al boss, latitante dal 1993. Caravà, sindaco dal 2006, avrebbe recitato la ‘parte’ del primo cittadino antimafia: inaugurava i beni confiscati ai boss poi si scusava con i capi mafia o con i loro familiari. Alcuni di loro, come emerge dalle intercettazioni, commentavano come il sindaco bene interpretasse la parte. Caravà nel frattempo si preoccupava di pagare i costi di viaggio ai familiari di un boss detenuto lontano dalla Sicilia.
Il lavoro della commissione che ha compiuto l’accesso agli atti dopo il blitz per l’arresto del sindaco ha fatto emergere ancora l’esistenza di episodi di corruzione che riguardavano il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie. Molti degli amministratori inoltre avevano precedenti penali, a cominciare dallo stesso sindaco Caravà. Tra gli episodi denunciati quello di una processione religiosa con in testa il sindaco, che si fermò davanti la casa di un mafioso, Franco Luppino, in segno di omaggio. Luppino, adesso in carcere, all’epoca era il postino personale di Matteo Messina Denaro. Tra i consiglieri comunali indagati c’era anche Nino Grigoli, anche lui del Pd, nipote del più famoso Giuseppe, proprietario dei supermercati Despar poi condannato in secondo grado. Di Giuseppe Grigoli i pentiti hanno raccontato che lui e Messina Denaro “erano la stessa cosa”.
dal fatto quotidiano
***
Sicilia, due comuni sciolti per mafia. Entrambi vicini a Messina Denaro
Si tratta di Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, e di Misilmeri, in provincia di Palermo. Nel primo caso il sindaco del Pd, Ciro Caravà, avrebbe garantito le coperture al boss, latitante dal 1993, e pagato i viaggi ai familiari di un un malavitoso detenuto lontano dalla Sicilia
Ancora due Comuni, Campobello di Mazara e Misilmeri, in Sicilia, che vengono sciolti per mafia. A Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, l’amministrazione va a casa con una operazione condotta dai carabinieri su disposizione della Procura di Palermo. A dicembre era già stato arrestato il sindaco del Pd Ciro Caravà, prima transitato anche da Pci e Forza Italia. Il primo cittadino, ancora in carcere, non si è mai si è dimesso da sindaco, mentre i suoi assessori e il Consiglio già allora avevano presentato le dimissioni.
A Misilmeri, in provincia di Palermo, il sindaco Piero D’Aì ha lasciato oggi l’incarico. Era stato eletto nel 2010. D’Aì risulta indagato a Palermo nell’ambito dell’inchiesta “Sisma” per concorso esterno in associazione mafiosa e ha inoltrato una lettera al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione: “Lascio con l’amarezza nel cuore – scrive -. Sono certo di non avere posto in essere un solo atto gradito ai mafiosi. Ma purtroppo antagonisti politici hanno lavorato da subito per fare di Misilmeri, e di un’esperienza pulita e trasparente, un verminaio”. Poi conclude: “Intimamente mi sono ispirato agli insegnamenti di un misilmerese come Rocco Chinnici, conosciuto da giovane, e sono orgoglioso di avergli intitolato l’aula consiliare”. Le indagini che lo riguardano raccontano di palazzine costruite su terreni diventati edificabili. Per cambiare la destinazione d’uso dei terreni ci sarebbe stata una regia mafiosa. La Regione ha bocciato 30 concessioni edilizie ma ci sono abitazioni in costruzione e altre già finite.
Un paio di anni fa a Campobello di Mazara la prefettura di Trapani aveva provato a ottenere dal Governo lo scioglimento per mafia, ma la proposta allora inoltrata al ministro dell’Interno Maronivenne ignorata e Caravà, sindaco uscente, potè ricandidarsi. Pochi mesi dopo, a dicembre scorso, l’arresto. Entrambe le richieste di scioglimento ruotano attorno al super latitante di Cosa nostra,Matteo Messina Denaro. Campobello di Mazara avrebbe garantito le coperture al boss, latitante dal 1993. Caravà, sindaco dal 2006, avrebbe recitato la ‘parte’ del primo cittadino antimafia: inaugurava i beni confiscati ai boss poi si scusava con i capi mafia o con i loro familiari. Alcuni di loro, come emerge dalle intercettazioni, commentavano come il sindaco bene interpretasse la parte. Caravà nel frattempo si preoccupava di pagare i costi di viaggio ai familiari di un boss detenuto lontano dalla Sicilia.
Il lavoro della commissione che ha compiuto l’accesso agli atti dopo il blitz per l’arresto del sindaco ha fatto emergere ancora l’esistenza di episodi di corruzione che riguardavano il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie. Molti degli amministratori inoltre avevano precedenti penali, a cominciare dallo stesso sindaco Caravà. Tra gli episodi denunciati quello di una processione religiosa con in testa il sindaco, che si fermò davanti la casa di un mafioso, Franco Luppino, in segno di omaggio. Luppino, adesso in carcere, all’epoca era il postino personale di Matteo Messina Denaro. Tra i consiglieri comunali indagati c’era anche Nino Grigoli, anche lui del Pd, nipote del più famoso Giuseppe, proprietario dei supermercati Despar poi condannato in secondo grado. Di Giuseppe Grigoli i pentiti hanno raccontato che lui e Messina Denaro “erano la stessa cosa”.
dal fatto quotidiano
pc 28 luglio: la marcia popolare dei No Tav è iniziata
Ore 16:30 Carabinieri sorpresi ascoltare radio blackout vengono ripresi dai redattori e subito cambiano posizione
0re 15:40: Partiti da un quarto d’ora da Giaglione i notav in marcia verso il cantiere di Chiomonte. In apertura di corteo il saluto e il messaggio di Luca Abbà, notav fatto cadere dal traliccio a febbraio scorso, durante un’azione di protesta: “Non cadiamo nelle provocazioni il nostro obiettivo resta quello di far chiudere questo cantiere, ma oggi la manifestazione deve essere tranquilla, allegra e a volto scoperto. Nel futuro dovremo compiere azioni giorno per giorno per far sì che questa situazione pesante per la Valle di Susa finisca al più presto. Spero di essere presto con voi di nuovo alla Maddalena”. Migliaia e migliaia i notav mentre molti altri stanno raggiungendo Giaglione, rallentati dai molti posti di blocco sparsi sulle statali 24 e 25 e non solo.
Anche al campeggio si registra il tentativo di bloccare i notav impedendoli di passare dai sentieri vietati dal prefetto di torino indicando come zona rossa tutta l’area intorno al cantiere. Se pur rallentati dai posti di blocchi i notav continuano ad arrivare al campeggio per poi recarsi al presidio di Giaglione. La questura ha provato a proporre al Movimento il passaggio dai sentieri fra due ali di poliziotti e carabinieri. Ovviamente il movimento ha rifiutato, delegittimando il controllo del territorio alle forze occupanti, annunciando che si troveranno altri passaggi per arrivare al cantiere.
pc 28 Luglio- Chiediamo diritti ci danno polizia - Casa, Lavoro, Servizi e Spazi sociali! Cronaca di una mattina in Area Flegrea
Riceviamo e rigiriamo dai compagni del Laboratorio Politico Iskra:
Come in tante altre occasioni, non ultima l'intitolazione della sala consiliare a Sandro Pertini della X Municipalità, oggi pretendevamo un nostro intervento all'interno di quest'ennesimo "appuntamento vetrina" per elevare le contraddizioni di chi in campagna elettorale denunciava Bagnoli Futura in quanto "covo di clientelismo e affarismo" mentre ora addirittura la ha rafforzata nei suoi poteri territoriali (cambiando la sua "mission" da “società di trasformazione urbana” a “società di sviluppo”).
Ma l'accoglienza di questa mattina è stata particolare. Infatti in prima mattinata un gruppo di disoccupati flegrei è entrato all'interno dell'area dell'ex-italsider salendo sul tetto di uno degli edifici all'ingresso della Porta del Parco, dopo settimane e mesi durante i quali il movimento disoccupati flegrei chiedeva di incontri con l’amministrazione comunale e non solo. Anche il ViceSindaco Sodano pubblicamente si era impegnato nella costruzione di "immediati" tavoli di discussione sulle tematiche del lavoro legati alla bonifica dell'area, ma fino ad ora nulla si è visto.
Come ancora adesso, da tempo e con determinazione ci siamo impegnati - in tutte le occasioni possibili - affinché costringessimo i rappresentanti di questa giunta a mettere in piedi un’assemblea pubblica in cui fare chiarezza sul tema della riqualifica di Bagnoli, oltre che far chiarezza sulle tante questioni legate alle ipotesi di difestore anaerobico o alla ancor più recente vicenda della trivellazioni, al fine di costituire un tavolo territoriale permanente che veda la partecipazione e un vero coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e decisioni prese dalle amministrazioni e che abbia come punti chiave di riferimento:
Proprio nel giorno in cui apprendiamo la notizia dai giornali che ci sarà un ulteriore blocco dei fondi per la bonifica mentre 76 milioni di euro per il parco verde saranno spesi in parcheggi e rifacimenti stradali, per la terza volta - anche questa mattina - si doveva svolgere nel silenzio totale l'ennesima inaugurazione della Porta del Parco all'interno di Bagnoli Futura, con la presenza del sindaco De Magistris, per l'ennesima passerella istituzionale e pagliacciata funzionale nel tagliare qualche nastro e continuare i venti anni di gestione criminale di "riqualificazione" dell'intera area.
Come in tante altre occasioni, non ultima l'intitolazione della sala consiliare a Sandro Pertini della X Municipalità, oggi pretendevamo un nostro intervento all'interno di quest'ennesimo "appuntamento vetrina" per elevare le contraddizioni di chi in campagna elettorale denunciava Bagnoli Futura in quanto "covo di clientelismo e affarismo" mentre ora addirittura la ha rafforzata nei suoi poteri territoriali (cambiando la sua "mission" da “società di trasformazione urbana” a “società di sviluppo”).
Ma l'accoglienza di questa mattina è stata particolare. Infatti in prima mattinata un gruppo di disoccupati flegrei è entrato all'interno dell'area dell'ex-italsider salendo sul tetto di uno degli edifici all'ingresso della Porta del Parco, dopo settimane e mesi durante i quali il movimento disoccupati flegrei chiedeva di incontri con l’amministrazione comunale e non solo. Anche il ViceSindaco Sodano pubblicamente si era impegnato nella costruzione di "immediati" tavoli di discussione sulle tematiche del lavoro legati alla bonifica dell'area, ma fino ad ora nulla si è visto.
Poco dopo abbiamo organizzato un presidio all'esterno dei cancelli pretendendo di entrare nella sala dove si sarebbe tenuta l'inaugurazione e di prendere parola. La blindatura delle forze del disordine, che denunciamo per il loro atteggiamento aggressivo e deprorevole, e il totale non ascolto delle nostre istanze e delle nostre rivendicazioni hanno provocato diversi momenti di contatto e tensione.
Come ancora adesso, da tempo e con determinazione ci siamo impegnati - in tutte le occasioni possibili - affinché costringessimo i rappresentanti di questa giunta a mettere in piedi un’assemblea pubblica in cui fare chiarezza sul tema della riqualifica di Bagnoli, oltre che far chiarezza sulle tante questioni legate alle ipotesi di difestore anaerobico o alla ancor più recente vicenda della trivellazioni, al fine di costituire un tavolo territoriale permanente che veda la partecipazione e un vero coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e decisioni prese dalle amministrazioni e che abbia come punti chiave di riferimento:
- Una reale bonifica di tutta l’area ex-industriale e del litorale (con rimozione della colmata e bonifica dei fondali)
- Un netto no alla svendita dei suoli di BagnoliFutura ai vecchi e nuovi speculatori
- La totale apertura al pubblico delle spiagge di Coroglio e Bagnoli, una volta rese fruibili
- Un tavolo permanente interistituzonale teso alla creazione di posti di lavoro e formazione di figure lavorative da integrare all’interno del processo di riqualificazione
Già più volte abbiamo avuto dimostrazione di cosa intendono per "democrazia partecipativa" e lo dimostrano il modo con cui sono stati presi diversi provvedimenti da questa giunta (dalle ZTL alla Coppa America): nulla è stato frutto di un confronto diretto con i cittadini ed analogamente alle vecchie amministrazioni le decisioni vengono prese dall’alto, a chiuso dei loro palazzi.
E sottolineamo "analogamente alle vecchie amministrazioni" perché, d’altro canto, non accettiamo nessun tipo di
strumentalizzazione da parte di chi, vedi partiti come Sel e Pd ed anche ovviamente la destra, ora aiuta ad amplificare lo scontro con questa giunta solo per propri interessi di poltrona. Gli interessi dei proletari del nostro territorio, i nostri interessi sono incompatibili con chi da anni ha contribuito al saccheggio della nostra città e allo sfruttamento delle nostre vite.
Ripartiamo dai nostri territori, in maniera indipendente ed autonoma dallo scenario politico attuale, opponendoci al saccheggio e alla devastazione dei nostri territori che questo sistema produce
con la consapevolezza che quello che viviamo quotidianamente sui nostri territori e lo stato di degrado, abbandono, disoccupazione, precarietà, sfruttamento dei nostri territori è conseguenza diretta dell’ulteriore attacco padronale che questo governo sta mettendo in atto.
Ripartiamo quindi dai nostri territori per ricostruire quell’opposizione sociale e politica ai governi dei padroni.
Ripartiamo dai nostri territori, in maniera indipendente ed autonoma dallo scenario politico attuale, opponendoci al saccheggio e alla devastazione dei nostri territori che questo sistema produce
con la consapevolezza che quello che viviamo quotidianamente sui nostri territori e lo stato di degrado, abbandono, disoccupazione, precarietà, sfruttamento dei nostri territori è conseguenza diretta dell’ulteriore attacco padronale che questo governo sta mettendo in atto.
Ripartiamo quindi dai nostri territori per ricostruire quell’opposizione sociale e politica ai governi dei padroni.
Casa, Lavoro, Servizi e Spazi sociali!
Questi gli interessi dei proletari!
Questi gli interessi dei proletari!
pc 27 luglio - Corrispondenza n.3 pomeriggio-sera del 27 luglio
Corrispondenza n.3 pomeriggio-sera del 27 luglio
Nel primo pomeriggio l’invito del sindaco a occupare
anche il municipio è raccolto da una decina di operai che salgono nel salone
degli specchi e vi si tratterranno fino a sera inoltrata.
Dopo il sindaco, tocca al parlamentare PD Vico venire a far
passerella tra gli operai ma trova molta meno tolleranza, a stento gli permettono
di parlare e viene allontanato sbrigativamente.
Nel frattempo, nella mattina erano maturati due fatti che
peseranno gravemente sulla conclusione della giornata di lotta.
Il primo è stata la conferenza stampa dei vertici della
Procura di Taranto. Qui il procuratore capo, il procuratore generale e l’avvocato
generale di corte d’appello hanno in qualche modo minimizzato il contenuto del
provvedimento di sequestro, quasi come mero atto dovuto, e, soprattutto, hanno sottolineato
un paio di passi dell’atto contro l’Ilva, in cui, da una parte, si specifica che
l’integrità degli impianti è uno degli scopi del provvedimento, dall’altra, si
garantisce che in presenza di un “ravvedimento operoso” da parte del destinatario
del sequestro, si possono trovare forme condivise di attenuazione degli effetti
e della portata del sequestro. In parole semplici: dateci un buon motivo per
lasciar cadere di fatto il sequestro e noi non ci lasceremo sfuggire l’occasione.
Il secondo fatto è stato l’incontro tra segreterie sindacali
e il nuovo direttore dello stabilimento, Ferrante, che, a detta dei confederali,
avrebbe invertito di 180° l’atteggiamento tenuto finora dal l’azienda in materia
ambientale, garantendo l’impegno a restare a Taranto e a rispettare tutte le
indicazioni della magistratura.
Tanto è bastato a rasserenare i sindacati confederali, che hanno
subito inviato rappresentanti per invitare i lavoratori
a “una nuova fase di lotta”, vale a dire: fine dei blocchi entro la serata,
fine dello sciopero per 7 di sabato mattina, e rientro in fabbrica fino a un nuovo sciopero di
24 ore giovedì prossimo il 2, la vigilia della pronuncia del tribunale del riesame,
prevista per venerdì 3. Fino ad allora potrebbero esserci al massimo degli
scioperi articolati di 2 ore a partire da lunedì. Uno scadenzario modellato
sulla difesa legale dell’azienda…
A portare la buona notizia al presidio più visibile, il simbolo della lotta, quello del ponte girevole, si è scomodato di persona il
segretario nazionale Uilm, Palombella. È arrivato intorno alle 5 del
pomeriggio, quando il caldo e le tante ore di blocco avevano già quasi dimezzato
le presenze. All’ombra di uno dei due ponteggi montati la mattina, tra le ripetute interruzioni, proteste e incontri ravvicinati mascella
contro mascella, con
ostinazione ha argomentato a lungo la fine dei blocchi e il ritorno in
fabbrica fino al giorno del riesame.
Tante le voci di dissenso: “non ti sono bastati i fischi che
hai preso stamattina? Con che diritto sei andato a parlare per noi e ora ci
dici di smettere? Smettila tu, tornatene a Roma!”; “Finora abbiamo creato disagi
alla città solo per essere sicuri che da venerdì possa ricominciare a crearli
Riva!”; “Fino a ieri ci avete fatto credere che c’erano i messi del tribunale
pronti con i sigilli, oggi ci vieni a dire che eravamo su ‘scherzi a parte’”. Alla
fine Palombella si è stancato di raccogliere dissensi, radunato il seguito che lo ha accompagnato
e spalleggiato, si è allontanato. Pochi minuti dopo sono stati frettolosamente smontati i ponteggi.
Intorno alle 18, è arrivata la notizia che nel
centro studi Ilva di Via Duomo, poche decine di metri dal ponte girevole, è in corso
la conferenza stampa di Ferrante. Alcuni tra gli operai più esperti e combattivi
rimasti al presidio e un gruppo di giovani solidali da poco arrivati hanno deciso
di fare un’improvvisata e la loro irruzione ha rotto il copione di sempre delle
“conferenze stampa” Ilva a Taranto, compiaciuti monologhi di fronte a giornalisti
che annuiscono mentre riempiono o taccuini o reggono microfoni. Hanno fatto
domande non scontate, a ribattuto alle risposte. Hanno scombinato i piani al
e in serata le tv locali hanno preferito mandare in onda interviste
di fortuna girate faccia a faccia mentre la sala rimbombava ancora dei commenti
degli invasori piuttosto che le immagini girate dal vivo della conferenza.
Quegli stessi operai, da tempo interlocutori dello
Slaicobas, nel pomeriggio, prima della svolta che ha messo fine ai presidi
avevano scritto un appello, che poi hanno preferito lasciar cadere e riportiamo per documentazione.
slai cobas per il sindacato di classe Taranto
27 luglio 2012
cobasta@libero.it
347-5301704
347-1102638
Allegato:
l’appello di alcuni tra gli operai più combattivi,
che hanno poi rinunciato a pubblicare
Con la presente i lavoratori dell’Ilva di Taranto
chiariscono che con i presidi posti in essere sulle arterie della città non
intendono difendere Riva o l’azienda dalle proprie responsabilità.
Vogliamo tutelare i diritti dei cittadini e dei lavoratori,
per questo confidiamo nella vicinanza e comprensione di tutti i cittadini.
Non vogliamo pagare sempre per le responsabilità dei soliti …
1. le reali colpe di una classe politica superficiale e accondiscendente,
a conoscenza delle problematiche che da 50 anni affliggono Taranto e i suoi
lavoratori, che ha atteso passivamente che si arrivasse alle 13.30 del 26 luglio
2012.
2. le reali colpe di uno Stato che gestisce lo stabilimento
per 36 anni, regalando poi lo stesso e sollevandosi da ogni responsabilità in
riferimento ai veleni fino ad allora prodotti.
3. le reali colpe del signor Riva, che ha gestito la propria
azienda con la logica del profitto ad ogni costo e della persecuzione in
fabbrica.
4. le reali colpe del sindacato, sempre più vicino al padrone, che si è allontanato dai
lavoratori, non curandosi dei diritti degli stessi e perdendo la loro fiducia.
Chiediamo scusa alla città di Taranto per i disagi causati,
il sindacato in questi giorni ha organizzato i blocchi delle arterie
principali. Allo stesso tempo, abbiamo saputo che in fabbrica si continua a
produrre regolarmente con la compiacenza dei confederali, al contrario Taranto
paga ancora una volta per colpe altrui.
Si chiede alla magistratura di svolgere il proprio ruolo
senza timori e senza regali.
Si chiede allo stato italiano di farsi carico della vertenza
di Taranto, evitando finanziamenti a un’azienda che produce utili, utilizzando
quelle risorse per garantire stipendi e occupazione.
Si chiede ai sindacati di iniziare a rappresentare i
lavoratori e i loro diritti.
Si chiede a tutti i lavoratori di liberare da subito la città
dai blocchi organizzati dai sindacati e di trasferire il nostro presidio all’interno
della fabbrica.
Appuntamento a tutti i lavoratori… per cominciare a
protestare contro i reali artefici della situazione. Si invitano tutti i
lavoratori non strumentalizzati a partecipare.
venerdì 27 luglio 2012
pc 27 luglio - Taranto, corrispondenza n.2, giornata del 27 luglio, dal ponte girevole
Corrispondenza n.2 giornata del 27 luglio, dal ponte girevole.
Se quella di ieri è stata la giornata dell’invasione operaia della città, oggi è il giorno dell’assedio e paralisi completa. Dalla mattinata sono bloccati gli accessi alle statali per Bari e Regio Calabria, il ponte girevole e il ponte Punta Penna ( accesso alle strade da e per Brindisi).
Oggi A Taranto non si entra e da Taranto e non si esce, se non son estrema difficoltà, nè dentro Taranto è facile muoversi.
La mattinata si è aperta con l’assemblea generale all’esterno della portineria D dello stabilimento, tenuta alla presenza dei segretari nazionali Palombella e Landini, da cui gli operai hanno ascoltato parole che non gli hanno lasciato poca chiarezza e nessuna fiducia.
Subito dopo sono ripresi i blocchi in tutti i punti strategici per l’accesso e la mobilità. In poco tempo la paralisi della circolazione è stata completa.
Tra gli operai i numeri sono inferiori a quelli di ieri, anche per la dispersione e distanza tra i diversi punti presidiati, resta la stessa confusione di idee e prospettive, ma crescono determinazione e l’insofferenza verso i presunti rappresentanti istituzionali e sindacali. Poche, quasi bandite, bandiere e striscioni dei sindacati confederali.
Buona invece l’accoglienza verso il manifestino dello slaicobas per il sindacato di classe, anche oggi al fianco degli operai in lotta, e le sue parole d’ordine che indicano lavoro e salute come entrambi irrinunciabili, ma anche i responsabili che devono pagare: i padroni, Riva e i tutti i loro amici e complici.
Verso mezzogiorno arriva un camioncino con un lungo rotolo di telo retinato e pali innocenti con cui gli operai costruiscono una specie di porticato lungo tutto un lato del ponte, per ripararsi almeno in parte dal sole a picco. Segno che vogliano andare avanti col blocco ancora per molto.
In conclusione di giornata ha fatto la sua comparsa il sindaco Stefàno, che ha raggiunto il ponte su una volante della polizia. È venuto a offrire il Municipio come ulteriore sito da occupare, per dimostrare che il Comune sta dalla parte dei lavoratori e magari fare del municipio il luogo della protesta, allentando la morsa su tutta la città. per convincere gli operai a stare sereni e avere fiducia, loda l'eccezionale risultato ottenuto nel tavolo istituzionale di ieri: 336 milioni (329 pubblici e 7 privati) da spendere in 5 anni per avviare i lavori di bonifica dei siti industriali.
Dal capannello di operai che lo ha circondato riceve brusca diffidenza “basta letterine di Natale”, una richiesta perentoria “vogliamo certezza di lavorare e di non pagare noi nessun altro prezzo” e una promessa “se lunedì stiamo ancora in questa situazione, puoi scordartelo di tenere in pace il tuo primo consiglio comunale”.
Andato via il sindaco, continuano i capannelli e molte voci sul da farsi si accavallano, tra le tante idee comincia a farsi strada quella di tornare prima o poi in fabbrica, ma questa volta per occuparla.
slai cobas per il sindacato di classe Taranto
26 luglio 2012
cobasta@libero.it
347-5301704
347-1102638
Se quella di ieri è stata la giornata dell’invasione operaia della città, oggi è il giorno dell’assedio e paralisi completa. Dalla mattinata sono bloccati gli accessi alle statali per Bari e Regio Calabria, il ponte girevole e il ponte Punta Penna ( accesso alle strade da e per Brindisi).
Oggi A Taranto non si entra e da Taranto e non si esce, se non son estrema difficoltà, nè dentro Taranto è facile muoversi.
La mattinata si è aperta con l’assemblea generale all’esterno della portineria D dello stabilimento, tenuta alla presenza dei segretari nazionali Palombella e Landini, da cui gli operai hanno ascoltato parole che non gli hanno lasciato poca chiarezza e nessuna fiducia.
Subito dopo sono ripresi i blocchi in tutti i punti strategici per l’accesso e la mobilità. In poco tempo la paralisi della circolazione è stata completa.
Tra gli operai i numeri sono inferiori a quelli di ieri, anche per la dispersione e distanza tra i diversi punti presidiati, resta la stessa confusione di idee e prospettive, ma crescono determinazione e l’insofferenza verso i presunti rappresentanti istituzionali e sindacali. Poche, quasi bandite, bandiere e striscioni dei sindacati confederali.
Buona invece l’accoglienza verso il manifestino dello slaicobas per il sindacato di classe, anche oggi al fianco degli operai in lotta, e le sue parole d’ordine che indicano lavoro e salute come entrambi irrinunciabili, ma anche i responsabili che devono pagare: i padroni, Riva e i tutti i loro amici e complici.
Verso mezzogiorno arriva un camioncino con un lungo rotolo di telo retinato e pali innocenti con cui gli operai costruiscono una specie di porticato lungo tutto un lato del ponte, per ripararsi almeno in parte dal sole a picco. Segno che vogliano andare avanti col blocco ancora per molto.
In conclusione di giornata ha fatto la sua comparsa il sindaco Stefàno, che ha raggiunto il ponte su una volante della polizia. È venuto a offrire il Municipio come ulteriore sito da occupare, per dimostrare che il Comune sta dalla parte dei lavoratori e magari fare del municipio il luogo della protesta, allentando la morsa su tutta la città. per convincere gli operai a stare sereni e avere fiducia, loda l'eccezionale risultato ottenuto nel tavolo istituzionale di ieri: 336 milioni (329 pubblici e 7 privati) da spendere in 5 anni per avviare i lavori di bonifica dei siti industriali.
Dal capannello di operai che lo ha circondato riceve brusca diffidenza “basta letterine di Natale”, una richiesta perentoria “vogliamo certezza di lavorare e di non pagare noi nessun altro prezzo” e una promessa “se lunedì stiamo ancora in questa situazione, puoi scordartelo di tenere in pace il tuo primo consiglio comunale”.
Andato via il sindaco, continuano i capannelli e molte voci sul da farsi si accavallano, tra le tante idee comincia a farsi strada quella di tornare prima o poi in fabbrica, ma questa volta per occuparla.
slai cobas per il sindacato di classe Taranto
26 luglio 2012
cobasta@libero.it
347-5301704
347-1102638
pc 27 luglio - Scontri tra polizia e i lavoratori Jabil a Cassina de' Pecchi
Jabil: i lavoratori si oppongono allo sgombero dei macchinari
Jabil, scontri al presidio degli operai. Ma l'irruzione è un flop
Mattinata rovente nello stabilimento di Cassina de' Pecchi: 140 fra operai e giovani dei centri sociali hanno fronteggiato polizia e carabinieri
Una manifestazione degli operai Jabil
Cassina de' Pecchi, 27 luglio 2012 - Mattinata calda, anzi rovente alla Jabil di Cassina de' Pecchi. Polizia e carabinieri sono intervenuti per sgomberare il presidio degli operai licenziati dalla multinazionale americana. Le forze dell'ordine sono intervenute con sei camionette a sostegno del personale Jabil, entrato nell'area dello stabilimento sulla Padana superiore con due camion e sei muletti per prelevare e portare via i componenti per la produzione di ponti radio. Ad accoglierli, allertati sin da ieri di una possibile irruzione, c'erano un centinaio di operai sostenuti da una quarantina di ragazzi dei centri sociali. Dopo una piccola carica i lavoratori si son dovuti fare da parte ma la missione dei facchini Jabil si è rivelata un flop, perché nel magazzino hanno trovato solo pochi scatoloni di scarso interesse.
"Questo è l'ultimo colpo di coda della Jabil - commenta un operaio -, per lo smacco ricevuto pochi giorni fa, quando il Governo ha dimostrato di voler riavviare la produzione a Cassina". La Jabil ha chiuso lo stabilimento produttivo a dicembre, lasciando a casa 325 lavoratori che hanno continuato a occupare la fabbrica. Venerdì scorso, in municipio, la possibile svolta, con l'incontro fra un rappresentante del Ministero dello Sviluppo Economico, di Invitalia, della direzione di Nokia Siemens Networks, proprietaria dell’area, e dei rappresentanti dei lavoratori. Il tavolo ha prodotto l’impegno concreto, da parte governativa, di presentare entro sei mesi un progetto di sviluppo produttivo del sito.
TRE OPERAI, FRA CUI DUE DONNE, SONO SALITI SUL TETTO
Cassina de' Pecchi, tensioni tra polizia e lavoratori dello stabilimento Jabil
Presidio davanti all'azienda che produceva per Nokia Siemens Network e che ha licenziato tutti i 380 dipendenti
Scontri tra polizia e i lavoratori Jabil a Cassina de' Pecchi
MILANO - Momenti di forte tensione venerdì mattina allo stabilimento della Jabil a Cassina de' Pecchi, nel Milanese, fra lavoratori e forze dell'ordine. Ci sono stati spintoni e tre operai, fra cui due donne, sono saliti sul tetto. Alle 5.30 la proprietà si è presentata con un tir per caricare i materiali rimasti nello stabilimento: una sessantina di persone, che partecipavano al presidio permanente, sono state spostate dall'ingresso principale e si è cominciato a caricare il camion. Sono intervenuti carabinieri e polizia. Una sessantina di persone, tra cui alcuni appartenenti ai centri sociali, sono tornati verso l'ingresso per disturbare l'operazione di carico con urla e cori, ma senza alcun contatto con le forze dell'ordine. A quel punto un ingegnere della Jabil ha deciso di interrompere il caricamento della merce a causa del clima teso. L'azienda produceva componenti per ponti radio e telecomunicazioni per conto di Nokia Siemens Network, e ha licenziato nel novembre scorso tutti i 380 dipendenti, per consentire agli addetti della Jabil di recuperare il materiale delle linee di produzione.
NEL CAPANNONE - Secondo quanto spiegato dalla Fiom, dopo spintoni fra le tute blu e le forze dell'ordine una ventina di addetti della Jabil sono riusciti a entrare nel capannone, di proprietà della Nokia, e hanno iniziato a prelevare del materiale ma sono stati affrontati dagli operai che hanno bloccato il recupero della merce. La situazione si è normalizzata dopo le 8.30. «La Jabil - sottolinea Roberto Giudici, responsabile organizzativo della Fiom-Cgil di Milano - deve capire che le azioni di forza falliranno sempre e che l'unica strada è la discussione con i lavoratori. Chiediamo che Jabil favorisca l'ingrezzo di acquirenti dopo aver deciso di andarsene e quindi non deve portare via asset produttivi che sono la precondizione per un rilancio dell'attività».
corriere Redazione Milano online
27 luglio 2012
pc 27 luglio - "Ilva mossa da logica del profitto, sequestro per tutelare la vita umana"
Il gip: "Ilva mossa da logica del profitto
sequestro per tutelare la vita umana"
Danni gravissimi alla salute provocati dallo stabilimento. I passaggi più significativi dell'ordinanza con cui sono stati disposti i sigilli a parte degli impianti
Patrizia Todisco
TUTTO Sul Processo all'Ilva"Chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato nell'attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza". Sono pesantissime le conclusioni a cui è giunto il gip di Taranto Patrizia Todisco che oggi ha disposto il sequestro di sei reparti a caldo del siderurgico tarantino e ha ordinato l'arresto per otto persone, coloro che per anni hanno gestito lo stabilimento dell'Ilva.
Secondo il giudice la gestione del siderurgico più grande d'Europa è "sempre caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni provocati", ha un impatto "devastante" sull'ambiente e sui cittadini e ha prodotto un inquinamento che "ancora oggi" provoca disastri nelle aree più vicine allo stabilimento. Nelle circa 600 pagine che compongono i due provvedimenti cautelari (di sequestro dello stabilimento e di arresto) il gip fa a pezzi tutti coloro che nei decenni hanno guidato l'impianto siderurgico. E, soprattutto, afferma che lo stop alle acciaierie deve essere immediato "a doverosa tutela di beni di rango costituzionale" come la salute e la vita umana "che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta". Gli accertamenti e le risultanze emersi nel corso del procedimento, infatti, hanno "denunciato a chiare lettere l'esistenza, nella zona del tarantino, di una grave e attualissima emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive, dallo stabilimento Ilva".
E siccome "la salute e la vita umana sono beni primari dell'individuo, la cui salvaguardia va assicurata in tutti i modi possibili", ribadisce il giudice riportando un passaggio della richiesta dei pm, l'impianto va fermato. Anche perchè chi ha diretto lo stabilimento doveva farlo "salvaguardando la salute delle persone", adottando "tutte le misure e utilizzando tutti i mezzi tecnologici che la scienza consente, al fine di fornire un prodotto senza costi a livello umano". Dunque "non si potrà mai parlare di inesigibilità tecnica o economia quando è in gioco la tutela di beni fondamentali di rilevanza costituzionale, quali il diritto alla salute, cui l'art. 41 della Costituzione condiziona la libera attività economica".
Ed invece, dice il giudice, i vertici dell'Ilva hanno fatto tutto il contrario. "L'attuale gruppo dirigente - afferma infatti - si è insediato nel (maggio) 1995, periodo in cui erano assolutamente noti non solo il tipo di emissioni nocive che scaturivano dagli impianti ma anche gli impatti devastanti che tali emissioni avevano sull'ambiente e sulla popolazione". Così come "chiarissimi" erano gli effetti subiti dalle aziende agricole. Ma non solo: "già nel 1997 e poi a seguire fino ad oggi gli accertamenti dell'Arpa evidenziavano i problemi per la salute che determinavano le emissioni del siderurgico".
Di fronte a tutto ciò, l'intero gruppo dirigente ha sottoscritto degli "atti d'intesa volti a migliorare le prestazioni ambientali dell'impianto" (il Gip cita il primo del gennaio 2003 seguito da uno del febbraio e uno del dicembre 2004 e l'ultimo dell'ottobre 2006) che vengono definiti come "la più grossolana presa in giro compiuta dai vertici dell'Ilva". Non c'è quindi alcun dubbio che si è di fronte ad un disastro colposo.
"L'imponente dispersione di sostanze nocive nell'ambiente e non...ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (pubblica) delle persone esposte a tali sostanze nocive ma, addirittura, un gravissimo danno per le stesse". Danno, conclude il gip che "si è concretizzato in malattie e morte". Morte documentata della popolazione di Taranto - secondo i dati snocciolati dal giudice - dagli "eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell'apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalità molto critico". Da 1995 al 2002 è stata inoltre registrata "significativamente in eccesso la mortalità per tutti i tumori in età pediatrica (0-14 anni)".
Ansa (26 luglio 2012)
pc 25-26 luglio - Taranto: lunga giornata di rabbia operaia
Un lungo pomeriggio di lotta e rabbia operaia oggi a
Taranto, con blocchi del ponte girevole e della statale 106 che proseguono
ancora e per tutta la notte, mentre i sindacati hanno proclamato lo sciopero a
oltranza.
Già ieri gli operai avevano bloccato per un paio d’ore le
statali di accesso alla città, al termine dell’assemblea indetta dai sindacati.
Oggi alle 14.00 le agenzie hanno rilanciano la notizia che
il G.I.P. Todisco,al termine dell’inchiesta per disastro ambientale, ha
disposto il sequestro, senza facoltà di continuità d’uso, dell’area a caldo
dello stabilimento Ilva e gli arresti domiciliari per 8 tra proprietari,
dirigenti ed ex dirigenti.
Immediatamente l’azienda ha messo in libertà i lavoratori e
i sindacati hanno chiamato alla mobilitazione. Un imponente corteo di 8mila
parte dallo stabilimento e marcia verso la città.
Hanno bloccato ancora le statali, attraversato la città
vecchia, bloccato per oltre un’ora il ponte, e infine raggiunto la Prefettura,
dove era in programma un incontro tra prefetto e segreterie sindacali per
“ottenere chiarimenti sul contenuto e le conseguenze immediate del
provvedimento della Magistratura”.
Al ponte e poi sotto la prefettura si è unita alla folla di
operai una delegazione dello Slai Cobas per il sindacato di classe che
partecipa alla lotta e sostiene gli operai, ma con parole d’ordine differenti
da quelle dei sindacati confederali.
Il coro “il lavoro non si tocca” è rimbombo a lungo per
tutto il pomeriggio, ma a parte la feroce determinazione a difendere il proprio
lavoro, tra gli operai abbiamo ascoltato anche tanta confusione e poca fiducia
in chi li rappresenta.
Molti hanno ripetuto il ritornello azienda e sindacati
“perché tanto accanimento contro l’ILVA, mentre nulla si dice dell’Eni, della
Marina e delle altre industrie inquinati nel territorio?”.
Ma da tanti abbiamo anche sentito discorsi più simili ai
nostri: “l'Ilva non deve chiudere, ma di Riva, e dei politici che hanno gestito
l’Italsider quando era pubblica, non ce ne frega niente, devono pagare loro,
noi abbiamo già pagato, anche con i nostri morti, loro se ne possono andare, la
fabbrica, e il nostro lavoro, devono rimanere”; “se siamo arrivati a questo
punto la colpa è di Riva e dei sindacati, che per anni si sono coperti a
vicenda, se ci fossero stati prima i cobas, se ora fossimo tutti dei cobas, le
cose non starebbero così”.
Dopo un paio d’ore di attesa, escono dal portone i
segretari, gli operai si accalcano per ascoltare, c’è frastuono ressa, vola
anche qualche spintone. Appena c’è un po’ di silenzio, col filo di voce di un
megafono afono il segretario Uilm Talò esordisce con enfasi “oggi , con questa
nostra manifestazione abbiamo voluto affermare che è un grave lutto quello che
abbiamo subito in questa città…”. Gli sguardi si incrociano mentre tutti ci
chiediamo “ma che ha detto? Che vuol dire? Niente!” e giù altri spintoni e il coro “te ne vai si o
no?”.
Alla fine un gruppetto si schiera a protezione del
sindacalista, lo circonda e scorta di peso fuori del porticato, lo fa
arrampicare sul basamento dei pilastri da dove, sempre con lo stesso megafono
da camera, cerca di riferire il contenuto della discussione appena conclusa, in
pochi riescono a sentirla.
Abbiamo poi ricostruito che si è trattato di un nulla di
fatto: il governo prende posizione contro la chiusura, c’è in corso una
procedura d’urgenza per l’immediato riesame del provvedimento di sequestro e
l'impugnativa, sono già stati stanziati 336 milioni per gli interventi di
bonifica. Tutte cose che la stampa aveva riferito già in mattinata, al termine
del tavolo tra regione Puglia, enti locali e ministeri competenti tenutosi a
Roma oggi stesso. Tutto buono per Riva, poco o niente per gli operai.
Su come continuare la mobilitazione, la proposta è, più o
meno: non ce ne andiamo, ho detto al prefetto restiamo qui fino a quando non
riceviamo una risposta soddisfacente. Di nuovo gli sguardi si incrociano
perplessi, tutti dicono la loro ma nessuno, proprio nessuno, è disposto a
rimanere lì in attesa: c’è chi propone di andare a bloccare la raffineria Eni,
chi di riprendere i blocchi di ponte e statali, chi di rientrare nel palazzo.
Nel frattempo il numero dei presenti si è ridotto a meno della metà. Alla fine
si gruppi di operai riprendono il blocco del ponte girevole e della statale
106, quella per Reggio Calabria, con l’intenzione di portarli avanti per tutta
la notte. Domattina assemblea generale fuori della portineria D della fabbrica.
L'Ilva non deve chiudere ma per morti e inquinamento i padroni - Riva compreso - devono pagare e fare gli interventi necessari! Lavoriamo per vivere non per morire e far morire! Il posto di lavoro non si tocca ma neanche sicurezza, salute e ambiente!
slai cobas per il sindacato di classe Taranto
26 luglio 2012
cobasta@libero.it
347-5301704
347-1102638
giovedì 26 luglio 2012
pc 25-26 luglio - Tutti alla conferenza internazionale di appoggio alla guerra popolare in India, Amburgo, 24 novembre
A partire da settembre in diverse città italiane, campagna di informazione, presentazione, organizzazione della partecipazione alla Conferenza del 24 novembre.
Info:
csgpindia@gmail.com Appoggiare la guerra popolare in India!
I padroni del sistema imperialista mondiale portano avanti
un’offensiva contro i popoli del mondo. Guerre di aggressione imperialiste come
quelle contro Iraq, Afghanistan e Libia hanno segnato l’inizio del secolo e
stanno preparando la prossima guerra contro la Siria, l'Iran o chissà chi altro,
perché una cosa è certa, non si fermeranno per loro volontà. Allo stesso tempo,
scaricano sui popoli le conseguenze della crisi, specie sui popoli delle
nazioni oppresse, ma anche negli stessi paesi imperialisti, dove la classe operaia
è costantemente calpestata e i suoi diritti fondamentali vengono rapidamente
cancellati. In questa situazione, il fascismo non è una minaccia vaga, ma una
forza agente.
Allo stesso tempo, gli imperialisti distruggono
sistematicamente il pianeta. Tutto ciò è ben noto. Dimostra che l'imperialismo
è reazione su tutta la linea, dimostra che l’imperialismo non è compatibile col
progresso dell’umanità e neppure con la sopravvivenza di una parte sempre più
grande della popolazione mondiale. “La fine della storia” che gli imperialisti hanno
annunciato a gran voce dalla degli anni novanta è un inferno per il
proletariato e dei popoli del mondo, ma più oppressione catena più resistenza,
e così, dal Perù alle Filippine, dalla Gran Bretagna alla Cina, dalla Colombia
al Kurdistan, dalla Nigeria alla Grecia, i paesi in tutto il mondo vogliono l’indipendenza,
le nazioni la liberazione, e i popoli la rivoluzione.
Questa è la base di una corrente che seppellirà l’imperialismo,
ma il problema è che in molti casi la lotta contro imperialismo si limita alla sola
resistenza senza altra prospettiva che la propria sopravvivenza. Perciò, per
sviluppare queste lotte come una poderosa ondata di lotta antimperialista e
rivoluzionaria, occorre un fattore cosciente e organizzato che sia in grado di dirigere
conseguentemente la lotta fino a stabilire il Potere popolare. Per questo vale
la pena di rivolgere lo sguardo all’India.
L’India, e quello che le classi dominanti presentano cinicamente come la “Via indù” è un esempio di quello che porta lo “sviluppo”
dell’imperialismo, un paradiso per
i ricchi e l’inferno per il
popolo. I patrimoni delle 53 persone
più ricche del paese è pari al
31% del PIL, mentre il 77% della popolazione vive con meno
di 20 rupie al giorno (circa 50 centesimi di euro). Ogni giorno 5.000 bambini
muoiono per fame e malnutrizione,
quasi due milioni di bambini morti
all’anno. La percentuale delle persone che soffrono la fame è superiore a quella
dell’Etiopia. La crisi agraria, conseguenza diretta della politica
imperialista, è sempre causa di
estrema misera per i contadini e di un’ondata di suicidi di centinaia di
migliaia di contadini disperati che si tolgono la
vita. “La più grande democrazia del mondo” è un paese in
cui la grande borghesia e i latifondisti fanno ciò che vogliono. Un paese dove il sistema delle caste è ancora intatto. Le diverse minoranze,
nazionalità e popoli diversi devono
sopportare di vivere in una “prigione
dei popoli”.
Per incrementare lo sfruttamento imperialista sono state istituite le Zone Economiche Speciali, dove le cosiddette
“multinazionali” sono libere di operare senza vincoli. Decine di milioni di persone sono costrette
a diventare profughi nel loro paese,
espulsi dalla terra dove i loro antenati hanno sempre vissuto, per
permettere al capitale di razziare le
materie prime. Potremmo fare molti altri esempi, fino a riempire
un libro, ma la questione è chiara:
la rivoluzione antimperialista e antifeudal è una necessità per la stragrande
maggioranza del popolo dell’India.
Questa rivoluzione è
in corso. Sotto la direzione del
Partito Comunista dell'India (Maoista)
si sta sviluppando una guerra popolare, definita dagli esponenti più importanti delle classi
dominanti la più grande minaccia per il sistema. Nelle campagne ci sono migliaia di organizzazioni
di vero potere popolare. Nei Comitati Popolari Rivoluzionari hanno iniziato a stabilire il loro Stato
quelli che per secoli hanno avuto nulla. Organizzano
con le proprie forze una società dove non c’è fame, dove
ci sono istruzione e la salute, dove
la terra è proprietà di chi lavora. Lì non ci sono più
latifondisti né servi degli imperialisti, le esigenze
delle masse sono la legge, vive
la vera democrazia, la nuova democrazia
del popolo. Nelle città le organizzazioni di massa avanzano per
salti. A febbraio di quest’anno la classe operaia indiana ha realizzato il più
grande sciopero della storia
dell’umanità, con la partecipazione di 100 milioni di
persone, e le classi dominanti
sono terrorizzate dalla crescente
influenza dei maoisti. La guerra
popolare scuote la società dalle fondamenta più profonde.
Ovviamente le classi dirigenti e i loro padroni imperialisti
non se ne stanno tranquilli a braccia conserte a guardare il movimento rivoluzionario che
avanza. Agiscono come hanno fatto
sempre e ovunque, cercando di
soffocare nel sangue la lotta del popolo. “Specialisti” della lotta anti-sovversiva
sono giunti dagli Stati Uniti e dal Mossad di Israele per collaborare sul campo con le
forze repressive. Forze paramilitari dello Stato combattono quotidianamente contro
la guerriglia, paramilitari organizzati
e armati militarmente. Esercito e aviazione prendono
sempre parte ai combattimenti. Lo
stato reazionario ha scatenato barbare campagne quali, tra la altre, Salwa Judum, “Green Hunt”,
e applica una politica paragonabile
alle campagne dei nazisti contro le
resistenze antifasciste nella seconda
guerra mondiale, praticando sistematicamente assassinii,
torture e "sparizioni" contro i dirigenti rivoluzionari.
Ma il popolo non
si fa schiacciare. La guerra popolare
avanza senza fermarsi col chiaro
obiettivo della presa del potere. Ciò è possibile
in quanto quel fattore cosciente e
organizzato di cui abbiamo parlato, esiste ed è in grado di dirigere coerentemente
la lotta fino in fondo. La loro è una lotta giusta ed è un dovere internazionalista darle il nostro
pieno e saldo appoggio. La guerra popolare in India deve fondersi
con la lotta dei popoli di tutto
il mondo ed essere parte della
grande corrente rivoluzionaria che infine sconfiggerà l’imperialismo. Lo sviluppo di
un movimento antimperialista conseguente in un paese di 1,2 miliardi di persone,
farà sì che cambino i rapporti di forze tra imperialismo e popoli oppressi,
e sarebbe perciò una grande spinta per
le forze rivoluzionarie in tutto
il mondo. Appoggiare questo movimento non significa
solo osservare un dovere, ma serve anche a fare avanzare
il movimento in tutti
i paesi.
E’ in questo senso
che il 24 novembre
di quest’anno organizziamo ad Amburgo una conferenza
internazionale. ci aspettiamo che questa conferenza dia un impulso importante al
movimento internazionale di sostegno
alla Guerra in India. Delegazioni
da diversi paesi vi parteciperanno
e porteranno le loro esperienze e idee
su come far crescere questa campagna a
un livello superiore. Vogliamo che questa sia una conferenza in cui esprimano
l’iniziativa, l’energia e la volontà
antimperialista e rivoluzionaria, di
proletari, donne, giovani, immigrati, artisti e intellettuali progressisti. Non
vogliamo che sia solo un atto formale, ma una viva
espressione di internazionalismo proletario,
che possa servire a fare progressi
concreti nella campagna di appoggio.
La conferenza è aperta a tutte le forze
coinvolte in questo obiettivo. Perciò:
Tutti alla Conferenza
Internazionale di Appoggio alla Guerra Popolare in India!
Comitato internazionale di Sostegno alla Guerra Popolare in India
Lega Contro l'Aggressione Imperialista - Amburgo
mercoledì 25 luglio 2012
pc 25-26 luglio - India: Operai e masse popolari richiedono il rilascio degli operai mentre le condizioni di lavoro per gli operai dell’auto peggiora, e la ribellione cresce -conferenza internazionale di sostegno 24 novembre amburgo -csgpindia@gmail.com
Crisi alla Maruti: i manifestanti in
protesta richiedono il rilascio degli operai innocenti
di Abu Zafar, newzfirst.com , 21 luglio
2012
NEW DELHI - Una grande manifestazione contro la repressione degli operai alla fabbrica
Maruti Suzuki,si è svolta a Nuova Delhi e ha chiesto al governo ad agire contro la direzione della società e
rilasciare gli operai innocenti, che sono stati arrestati in seguito agli all'interno dello stabilimento, mercoledì scorso.
I manifestanti, che si sono riuniti
fuori Haryana Bhavan, gridando slogan contro Bhupinder Hooda, il
primo ministro di Haryana e la direzione della Maruti Suzuki, hanno
accusato la direzione di reprimere gli operai della fabbrica da un
anno.
Rivolgendosi ai manifestanti, Shivkumar
dell’Inquilabi Mazdoor Kendra, ha detto: "Gli operai da tempo
covano risentimenti contro i responsabili della direzione, che
avevano l’abitudine di molestare e abusare degli operai per
questioni banali."
" Ha inoltre ritenuto responsabile degli scontri
la direzione della fabbrica, il dipartimento e l’amministrazione
del lavoro.
Nello scontro di mercoledì fra operai
e dirigenti e capi, un dirigente è stato ucciso e decine sono rimasti
feriti. La direzione ha puntato il dito contro gli operai per la
violenza all'interno dei locali dell'impianto.
La polizia ha arrestato un centinaio di
operai . I manifestanti hanno anche accusato la
direzione per gli sviluppi violenti. Secondo loro la direzione ha fatto
entrare i buttafuori per attaccare brutalmente gli operai.
I manifestanti nel memorandum inviato al primo ministro di Haryana hanno anche chiesto una indagine imparziale da un organismo indipendente. Hanno anche chiesto una approfondita indagine sugli incaricati della sicurezza in azienda, che secondo i manifestanti, sono in una posizione migliore per fare rivelazioni sui buttafuori. Circa due dozzine di organizzazioni sociali e del lavoro si sono uniti alla manifestazione.
I manifestanti nel memorandum inviato al primo ministro di Haryana hanno anche chiesto una indagine imparziale da un organismo indipendente. Hanno anche chiesto una approfondita indagine sugli incaricati della sicurezza in azienda, che secondo i manifestanti, sono in una posizione migliore per fare rivelazioni sui buttafuori. Circa due dozzine di organizzazioni sociali e del lavoro si sono uniti alla manifestazione.
[La ribellione militante di questa
settimana e lo stop sul lavoro degli operai dell’auto della
fabbrica Maruti Suzuki nella zona di Delhi ha portato con sé la
tipica (falsa) speculazione dei media borghesi sui maoisti o naxaliti
che avrebbero acceso le scintille su tutta la faccenda. Ma, come
diceva Mao Zedong, "Dove c'è oppressione, c’è resistenza."
È il carattere repressivo dello sfruttamento capitalistico stesso
che dà origine alla ribellione degli operai - a volte, oltre i
limiti degli accordi sindacali. In questo articolo, del giornale
RUPE, "Aspetti dell'economia indiana" vengono descritte le
condizioni in cambiamento che stanno affrontando gli operai del
settore automobilistico. - Frontlines ed.]
----------------
Dietro l'attuale ondata di agitazioni
nel settore Auto
"Motown [la città dell’auto] in
agitazione per le revisioni salariali dopo tre anni", si legge
in un titolo del Business Standard del 6 aprile, riferendosi ai
negoziati nella cintura dell’auto di Gurgaon-Manesar. "Le
fabbriche di Haridwar fermentano come Manesar per la situazione
lavorativa", avverte un altro titolo sullo stesso giornale,
riferendosi a scioperi in due principali fornitori di ricambi auto.
La Reserve Bank of India, nella sua ultima analisi "Sviliuppi
monetari e macroeconomici", mette in guardia contro la
"pressione generalizzata dell'inflazione a causa del sostenuto
aumento dei costi salariali".
Che sta accadendo ai livelli salariali
industriali? Si sta “riversando” sugli operai adesso la
prosperità di cui parla la direzione? Hanno ora gli operai il
sopravvento, e stanno afferrando una quota maggiore di valore
aggiunto?
Gli ultimi anni hanno infatti visto un
aumento delle agitazioni sindacali, in particolare nel settore
dell'auto e delle parti di ricambio. Tra i più importanti vi sono:
Mahindra (Nashik), maggio 2009 e marzo 2011; Auto Sunbeam (Gurgaon),
maggio 2009; Bosch Chassis (Pune), luglio 2009; Honda Motorcycle
(Manesar), agosto 2009; Rico Auto (Gurgaon), agosto 2009, inclusa una
giornata di sciopero di tutta l’industria dell’auto in Gurgaon,
Pricol (Coimbatore), settembre 2009; Volvo (Hoskote, Karnataka),
agosto 2010; MRF Pneumatici (Chennai), ottobre 2010 e giugno 2011;
General Motors (Halol, Gujarat), marzo 2011; Maruti Suzuki (Manesar),
Giugno-ottobre 2011; Bosch (Bangalore), settembre 2011; Dunlop
(Hooghly), Ottobre 2011; Caparo (Sriperumbudur, Tamil Nadu), dicembre
2011; Dunlop (Ambattur, Tamil Nadu), febbraio 2012; Hyundai
(Chennai), aprile e dicembre 2011-gennaio 2012; e così via.
L’agitazione non è limitata al
settore automobilistico, ma si è concentrata lì.
L'industria automobilistica è
cresciuta molto rapidamente negli ultimi anni: da 8,5 milioni di
veicoli (incluse le due ruote, tre ruote, autovetture e veicoli
commerciali) nel 2004-05, la produzione è salita a 20,4 milioni nel
2011-12. La produzione di autovetture è passata da 1,2 milioni di
veicoli nel 2004-05 a 3 milioni nel 2010-11 (e probabilmente di più
nel 2011-12). L'industria dell’auto è una nota 'storia di
successo' della rapida crescita degli ultimi decenni, e il governo
cerca di fare dell'India un “centro” della produzione globale di
automobili, con l'aiuto dei grandi aiuti di Stato. (1)
D'altra parte, è un segreto ben
mantenuto che i salari reali nel settore auto - cioè dopo la
destagionalizzazione dell'inflazione - in realtà sono costantemente
diminuiti nel periodo dal 2000-01 al 2009-10. (Gli ultimi dati
disponibili dell’Annual Survey Industries [ASI] valgono per il
2009-10). È vero, i salari annuali nell’industria dei veicoli a
motore sono aumentati in termini nominali da 79,446 rupie nel 2000-01
a 88,671 nel 2004-05 a 109,575 nel 2009-10.
Ma, l'indice dei prezzi al consumo per
i lavoratori dell'industria (CPI-IW) è costantemente aumentato più
ripidamente rispetto ai salari. Così i salari reali nell'industria
dell’auto sono scesi al 18,9 per cento tra il 2000-01 e il 2009-10.
(Vai alla tabella 1.)
Grafico 1
D'altra parte, il valore aggiunto netto (2) per lavoratore dell’auto è stato in aumento, salvo una caduta negli anni del rallentamento dell'economia. Ogni valore aggiunto per operaio è di 2,9 migliaia di rupie nel 2000-01; questa cifra è salita entro il 2009-10 a 7,9 migliaia di rupie (vedi Grafico 2).
D'altra parte, il valore aggiunto netto (2) per lavoratore dell’auto è stato in aumento, salvo una caduta negli anni del rallentamento dell'economia. Ogni valore aggiunto per operaio è di 2,9 migliaia di rupie nel 2000-01; questa cifra è salita entro il 2009-10 a 7,9 migliaia di rupie (vedi Grafico 2).
Grafico 2
Naturalmente, i salari, in percentuale del valore aggiunto sono in calo, come si può vedere
Naturalmente, i salari, in percentuale del valore aggiunto sono in calo, come si può vedere
nella figura 3. Nel 2000-01 i salari
dei lavoratori sono stati il 27,4 per cento del valore aggiunto. Al
2009-10, il rapporto era sceso al 15,4
per cento.
Per dirla in termini marxisti, pensiamo
alla giornata di lavoro come costituita da due parti. In una parte
l'operaio lavora per generare il suo/la sua sussistenza (e quella
della sua / famiglia, assicurando in tal modo vi saranno
Grafico 3
operai anche in futuro). In quel momento, il valore che l’operaio aggiunge alle materie prime è equivalente al salario che lui/lei ottiene.(3) Ma l’operaio non può smettere di lavorare a quel punto, poiché il capitalista ha acquistato il/la sua capacità di lavoro (forza lavoro) per l'intera giornata di lavoro. (E l’operaio, non avendo il possesso dei mezzi di produzione, non ha altra scelta, se non quella di vendere la forza lavoro, al fine di sopravvivere.) Lui/lei continua a lavorare per il resto della giornata di lavoro, sia essa di 8, 10, 12, o 16 ore. Le ore supplementari sono surplus di tempo di lavoro, che possiamo anche esprimere in termini monetari. Questo va a il capitalista. Ovviamente, il capitalista può anche pagare, per l'eccedenza, un interesse alle banche, l’affitto al proprietario del terreno, i salari ai dipendenti del settore personale, e così via, ma tutti questi altri prendono una quota del surplus attraverso il capitalista.
operai anche in futuro). In quel momento, il valore che l’operaio aggiunge alle materie prime è equivalente al salario che lui/lei ottiene.(3) Ma l’operaio non può smettere di lavorare a quel punto, poiché il capitalista ha acquistato il/la sua capacità di lavoro (forza lavoro) per l'intera giornata di lavoro. (E l’operaio, non avendo il possesso dei mezzi di produzione, non ha altra scelta, se non quella di vendere la forza lavoro, al fine di sopravvivere.) Lui/lei continua a lavorare per il resto della giornata di lavoro, sia essa di 8, 10, 12, o 16 ore. Le ore supplementari sono surplus di tempo di lavoro, che possiamo anche esprimere in termini monetari. Questo va a il capitalista. Ovviamente, il capitalista può anche pagare, per l'eccedenza, un interesse alle banche, l’affitto al proprietario del terreno, i salari ai dipendenti del settore personale, e così via, ma tutti questi altri prendono una quota del surplus attraverso il capitalista.
In questi termini, possiamo dire che
nel 2000-01, un operaio dell’auto spende 2 ore e 12 minuti di un
turno di 8 ore di lavoro per la propria (4) sussistenza e quella
della sua famiglia. Ha trascorso la maggior parte delle restanti 5
ore e 48 minuti a generare surplus per il capitalista (e le banche,i
proprietari terrieri, l’ufficio del personale, e così via). Entro
il 2009-10, il rapporto si era deteriorato: l’operaio dell’auto
ora impiegava solo 1 ora e 12 minuti di lavoro per la propria
sussistenza e quella della sua famiglia, e le restanti 6 ore 48
minuti di lavoro in gran parte per il capitalista. (5)
Come ha avuto luogo questo
deterioramento? Non era semplicemente una storia di aumento della
produttività dell’operaio, la capacità di produrre di più in
un’ora con nuova tecnologia. Come abbiamo visto in precedenza, i
salari dei lavoratori sono scesi effettivamente in termini reali
quasi di un quinto. Una attiva lotta di classe è stata condotta -
dai padroni contro gli operai.
Un importante fronte di questa lotta di
classe è la legge non scritta contro la formazione di sindacati
indipendenti del settore auto. Non è un caso che la singola, più
importante richiesta dei lavoratori nelle agitazioni recenti è stata
quella del diritto a formare il proprio sindacato; nella maggior
parte dei casi, i lavoratori non ci sono ancora riusciti. I metodi
impiegati dai padroni comprendono i licenziamenti, accuse per fatti
di crimine, picchiare e persino uccidere. Il produttore tedesco di
parti di ricambio Bosch hanno resistito con successo a tre tentativi
di formazione di un sindacato. La storia è la stessa dappertutto -
Hyundai, Hero Honda, Wonjin, Maruti Suzuki, Graziano, Rico Auto.
Quando 1.800 operai interinali della fabbrica Dharuvera di Hero Honda
hanno cercato di entrare nel sindacato di loro scelta, sono state
depositate contro i loro leader denunce ai sensi della legge sulle
armi [Arms Act and Section 307] e la sezione 307 del codice penale
indiano (tentativo di omicidio). (6)
Presso la Rico Auto, di Gurgaon, gli
operai sono stati attaccati da teppisti nel 2009, portando alla morte
di un operaio. Presso la Maruti l'agitazione del 2011, dipartimento
del lavoro di Haryana, anzi l'intero governo dell’Haryana, ha agito
come braccio della direzione. Le aziende dell’auto stanno spostando
le loro attività nel Gujarat, affermando molto palesemente che lo
stanno facendo al fine di far “resistere ai sindacati" la loro
produzione (cioè, sperano che Mr Modi si prenderà cura di questi
fomentatori di disordini).
Un metodo altrettanto importante, e
complementare, per abbassare i salari, è l'assunzione a tempo
determinato come operaio 'apprendista' o ‘tirocinante’, per una
frazione del salario degli operai a tempo indeterminato. Secondo
notizie stampa, nella zona che circonda Delhi di
Gurgaon-Manesar-Bawal, che rappresenta circa il 60 per cento della
produzione di auto in India, l'80 per cento del circa milione di
operai viene assunto a tempo determinato. (7)
Nella fabbrica Maruti Suzuki di
Manesar, c'erano 970 operai a tempo indeterminato, 400-500
‘tirocinanti’, 1.100 lavoratori a tempo determinato, e 200-300
'apprendisti'. (8) La situazione non è diversa altrove, in India. Un
Istituto di rilevazione della crescita economica degli operai nel
West Bengala e nel Gujarat ha scoperto che il 60-70 per cento dei
lavoratori nel settore manifatturiero erano a tempo determinato - una
cifra tre volte quella del Sondaggio Annuale delle Industrie per
quegli stati (I dati dell’ASI sono tratti dalle dichiarazioni
presentate dalle stesse aziende). (9)
Gli ultimi due decenni hanno visto una
crescita massiccia nella percentuale di contratti a tempo determinato
nel mondo del lavoro industriale, anche se il totale della forza
lavoro è cresciuta ad un tasso irrisorio.
I lavoratori a contratto a tempo
determinato sono stati colpiti in modo peggiore dall’aumento dei
prezzi, dato che i loro salari non sono indicizzati. Hanno visto un
forte calo dei salari reali. Essi hanno raggiunto il limite della
loro tolleranza, e stanno ora combattendo. È il tentativo degli
operai di recuperare una parte delle loro perdite nei salari reali
nell'ultimo decennio, e in particolare negli ultimi anni, o almeno
per impedire una ulteriore perdita, che li porta alla loro attuale
cresciuta militanza.
Naturalmente, gli operai dell’auto
sono solo un esempio eccezionale di una tendenza generale. Come si
può vedere dalle tabelle 4 e 5, i salari reali nel 2009-10 nel
settore industriale nel suo complesso sono stati inferiori al
2000-01, anche se il calo non è stato così rapido come nel settore
auto. E i salari in proporzione del valore aggiunto nel settore
industriale hanno visto un costante calo nel corso del periodo.
Grafico 4
Ciò fa da sfondo alla crescente incidenza di quello che i media chiamano violenza - cioè, non la violenza di routine della direzione, ma la resistenza degli operai. Due esempi recenti: A Yanam (un piccolo centro vicino Kakinada, AP, che appartiene al Puducherry), 800 operai a tempo determinato della Regency Ceramics erano in sciopero nel gennaio 2012 e chiedevano
Ciò fa da sfondo alla crescente incidenza di quello che i media chiamano violenza - cioè, non la violenza di routine della direzione, ma la resistenza degli operai. Due esempi recenti: A Yanam (un piccolo centro vicino Kakinada, AP, che appartiene al Puducherry), 800 operai a tempo determinato della Regency Ceramics erano in sciopero nel gennaio 2012 e chiedevano
Il contratto a tempo indeterminato e la
revisione dei salari. La polizia ha attaccato i loro picchetti il 27
gennaio, uccidendo il loro presidente del sindacato e ferendone
alcuni altri. Gli operai infuriati hanno reagito attaccando il
presidente della società, causando in seguito la sua morte, e
saccheggiando e bruciando vari beni dei proprietari. A Gurgaon, il 19
marzo 2012, i lavoratori interinali di Orient Craft (un esportatore
di abbigliamento che fornisce catene internazionali come Tommy
Hilfiger, DKNY e Gap) hanno protestato perché gli è stata tolta la
paga di due giorni per non aver lavorato la domenica. Come risposta,
un imprenditore ha attaccato un operaio con un paio di forbici. I
circa i mille operai si sono vendicati bruciando veicoli della
società e un'auto della polizia. Il tribunale ha rilasciato
l’imprenditore su cauzione e ha fatto arrestare gli operai.
Secondo i dati dell'Ufficio del Lavoro,
la caduta dei salari reali non si limita al settore industriale.
Sorprendentemente, nonostante l’intervento del National Rural
Employment Guarantee Scheme (NREGS) [Quadro Nazionale di Garanzia
dell’Occupazione Rurale] i salari reali nelle aree rurali sono
crollati durante il periodo dal 2004-05 al 2.008-9. (10)
Questa potrebbe essere una cattiva
notizia per le industrie produttrici di beni di consumo di massa a
buon mercato, ma sempre meno del settore delle multinazionali. Bassi
salari rurali e bassi redditi rurali in generale, sono stati una
buona notizia per il settore delle multinazionali in un altro senso:
hanno aiutato i salari industriali depressi, perché l'alternativa
nei villaggi è stata così desolante.
Note:
1. Vedere Aspetti dell’Economia
dell'India. 45,
http://www.rupe-india.org/44/private.html (back)
2. La differenza tra il valore degli
input fisici e il valore della produzione, dedotte le minusvalenze.
(Back)
3. Per semplificare questo esempio,
ignoriamo la necessità di sostituire le macchine usurate e altre
condizioni di produzione. (Back)
4. Quasi tutti i lavoratori del settore
auto sono di sesso maschile. (Back)
5. Queste sono le percentuali tra un
operaio e il capitalista; ma naturalmente il capitalista ottiene il
surplus generato da tutti gli operai nella sua fabbrica.
Così, in una fabbrica di 1.000 operai,
il capitalista ottiene 6.800 ore di surplus di lavoro al giorno.
(Back)
6. "Le multinazionali non possono
non volere i sindacati", Heena Khan, Business Line (22/9/2011).
(Back)
7. " I colloqui tra gli operai e
la direzione della Maruti riprendono oggi", Business Standard
(2011/06/06). (Back)
8. " La lotta degli operai alla
Maruti-Suzuki", Prasenjit Bose e Sourindra Ghosh,
Indù (28/9/2011). (Back)
9. Il 60-70 per cento degli operai
industriali nel Bengala, e Gujarat sono a contratto a tempo
determinato", Business Line (22/7/2009). (back)
10. Vedi Yoshifumi Usami, "Una
nota sulle recenti tendenze dei salari", Rivista di Studi
Agrari, vol. I, n. 1, gennaio-giugno 2011,
http://ras.org.in/a_note_on_recent_trends_in_wage_rates_in_rural_india
.
Usami scrive: "i saggi dei salari
nominali sono cresciuti velocemente, ma il deflatore, cioè l’Indice
dei Prezzi dei Consumatori per il lavoro agricolo e l’Indice dei
prezzi al consumo per il lavoro rurale, sono aumentati molto più
velocemente." Per alcuni dati del 2009-10, si veda
http://www.business-standard.com/india/news/the-truth-behind-rural-wages-in-india/452453/
.
(Back)
Iscriviti a:
Post (Atom)