(dal responsabile Slai cobas sc per il gruppo Stellantis)
Numeri che seguono agli annunci di Volkswagen che ha dichiarato 15.000 esuberi con la chiusura di tre stabilimenti, la vendita della fabbrica a Bruxelles di Audi, 9.000 lavoratori in esubero per Nissan, 4.000 per Ford, Mercedes che dichiara il taglio di 5 miliardi di costi e di parte dei lavoratori.
Nel nostro paese al centro della crisi vi sono crisi gli stabilimenti Stellantis al minimo produttivo, dentro una forte ristrutturazione e delocalizzazione, con Termoli, la più grande fabbrica italiana di motori che resterà in cassa integrazione fino a metà 2025 con riduzione di orario e stipendio, Pomigliano in cassa a dicembre fino a dopo le feste, come probabilmente Cassino, Melfi dove l’attività procede a singhiozzo per un paio di giorni la settimana, 1.500 in cassa integrazione ad Atessa e un vero e proprio “pacco di Natale” per Mirafiori, con la nuova cassa integrazione per oltre 2000 operai prolungata per altri sette mesi tra i reparti delle presse carrozzeria Maserati e le linee della 500. Un colpo durissimo proprio il giorno dopo l’incontro che i sindacati hanno avuto il 12 dicembre con il responsabile europeo Stellantis JP Imparato, che promette ancora che lo stabilimento non si estinguerà, ma nessun nuovo modello in vista tanto da dire a proposito della situazione produttiva del 2025 ‘che sarà come per il 2024’.
In questo quadro ci sono state le dimissioni di Tavares Ceo di Stellantis del 2 dicembre, ‘punito dove era riuscito con metodi energici a rendere il suo gruppo automobilistico uno dei più redditizi al mondo, riorganizzando PSA, Opel, fino alla fusione con Fiat Chrysler, formando il quarto gruppo automobilistico più grande al mondo… messo in crisi dai risultati del mercato americano’ (LeMonde). Indirettamente Le Monde ricorda i 23 miliardi di utili realizzati da Tavares e divisi tra gli azionisti in 4 anni, ricorda quale è la tendenza dei piani industriali dei padroni: per cui rendere "redditizio un gruppo automobilistico più grande del mondo" vuol dire da un lato usare soldi per fare soldi, concentrandoli su processi di finanziarizzazione del settore piuttosto che su interventi produttivi, dall'altro scaricare sugli