Armati fino ai denti, in tre che bloccano una persona distesa sul pavimento, gruppo di divise in assetto antisommossa. No, non stiamo parlando di un filmato che documenta un’azione militare in una zona di emergenza, ma del nuovo calendario istituzionale della Polizia Penitenziaria. Che bisogno c’era di rappresentarla esclusivamente attraverso la loro forza muscolare, e soprattutto senza che appaia il carcere, nemmeno sullo sfondo?

Il calendario per il 2025, presentato mercoledì scorso nell’aula magna della Corte di Cassazione, solleva interrogativi profondi sulla rappresentazione della realtà penitenziaria italiana. Nonostante le dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, che sottolinea la capacità di «miscelare continuamente l’uso legittimo della forza con il trattamento rieducativo dei detenuti», il prodotto finale appare come un manifesto unilaterale e fortemente militarizzato.