30mila persone hanno
manifestato a Milano il 1° Maggio in occasione dell'inaugurazione
dell'Expo. Una manifestazione rappresentativa di tutto il movimento
che a livello nazionale contesta le grandi opere e tutti gli eventi
capitalistici, costruiti all'insegna della speculazione, corruzione e
profitti.
L'Expo per altro è un
evento a carattere internazionale, benchè in verità meno importante
di quanto Renzi e la borghesia italiana affermi.
La manifestazione ha
affermato netto e chiaro che in questo paese ci sono movimenti, forze
proletarie, associazioni che contrastano l'operazione economica,
politica e culturale che si muove intorno all'Expo e nella logica
dell'Expo.
Contro la manifestazione,
lo Stato borghese da tempo aveva approntato un apparato repressivo e
seminato un clima di allarme che giustificasse la repressione prima,
durante e dopo la manifestazione.
Lo Stato borghese e il
governo Renzi hanno seminato vento, non potevano che raccogliere
tempesta.
E la manifestazione ha
espresso al suo interno componenti che hanno esercitato un'azione di
rottura, intesa a rendere più radicale l'antagonismo che tutta la
manifestazione esprimeva e volta a rompere la “vetrina” mediatica
che Renzi ha celebrato.
Non ci sono, quindi, buoni
e cattivi in questa manifestazione e in nessuna maniera è
raffrontabile una vetrina rotta, una macchina bruciata alla
devastazione che operazioni come quella dell'Expo e del sistema che
le produce, rappresentano, come parte delle politiche e dell'azione
degli Stati imperialisti.
La manifestazione del 1° Maggio contro l'Expo è stato solo la prima, come sostengono le forze del movimento, e solo l'apertura di una contestazione di essa che continuerà per tutto il semestre.
Noi abbiamo portato in
questa manifestazione uno striscione che diceva chiaro
“NO Expo – No Renzi –
No imperialismo”.
Di conseguenza appoggiamo
tutte le forze e le lotte che si muovono dentro questa parola
d'ordine.
Siamo quindi per la
continuazione della lotta, per assediare, nel teatro milanese e non
solo, l'Expo; siamo contro ogni divieto del diritto di sciopero e
della libertà di manifestare, siamo per la libertà dei compagni
arrestati, siamo contro ogni criminalizzazione dei partecipanti alla
manifestazione.
Il nostro striscione non
si limita a denunciare ma indica come soluzione, ai problemi e alle
politiche e al sistema che produce EXPO, la rivoluzione, nel senso di
attaccare le cause e non solo gli effetti di ciò che l'Expo
rappresenta, di costruire una strategia di attacco che non duri un
solo giorno o una sola manifestazione, e che sia capace di stare
dentro un processo rivoluzionario che tocca l'EXPO come tutte le
questioni economiche, politiche e sociali di questo paese e
dell'imperialismo.
Lavorare per una
rivoluzione proletaria - in questo senso è importante che alla
manifestazione abbiano partecipato folti contingenti di operai, in
particolare gli operai immigrati della logistica, lavoratori,
proletari senza casa, senza reddito, senza lavoro, che hanno espresso
tutta la loro volontà non solo di resistere agli attacchi ma anche
contrattaccare – lavorare per una rivoluzione socialista, perchè
l'unica alternativa è un potere, uno Stato che si muova lungo una
logica opposta a quella espressa da questo sistema, fatto di guerra,
sfruttamento, devastazione, ecc.
La rivoluzione non è un
pranzo di gala e la violenza rivoluzionaria è assolutamente
necessaria. Noi siamo per il partito della rivoluzione, il partito
della violenza rivoluzionaria; siamo per il fronte unito delle masse,
siamo per l'esercito proletario e popolare che punti al cuore dello
Stato e al cuore del sistema.
E' del tutto evidente che
il settore della manifestazione che ha animato lo scontro a Milano è
parte del movimento ma non si muove lungo questa strada che noi
consideriamo necessaria e vincente.
Non è vero, nello stesso
tempo, che le azioni messe in atto nella manifestazione contro l'EXPO
siano della stessa natura delle rivolte, da Ferguson a Baltimora, né
delle rivolte sviluppatesi in Turchia, in Brasile, né delle lotte di
liberazione antimperialiste, da Kobane alla Palestina, e meno che mai
delle guerre popolari, dell'India, Filippine, Perù, ecc.
Così per stare più
vicini, non è la stessa cosa del movimento Notav e delle sue
pratiche di attacco, né delle battaglie di massa del 14 dicembre,
del 15 ottobre, del 12 aprile 2014. Assimilare tutto questo al 'riot
di Milano' è pura ideologia e sovradeterminazione.
Costruire le forze per
l'altra strada è tortuoso e complesso, ma è l'unica che dobbiamo
costruire insieme e seguire.
A MILANO... come ovunque.
proletari comunisti-PCm
Italia
9 maggio 2015