sabato 9 maggio 2015

pc 9 maggio - Milano NO-EXPO - 1° Maggio - proletari comunisti-PCm Italia

30mila persone hanno manifestato a Milano il 1° Maggio in occasione dell'inaugurazione dell'Expo. Una manifestazione rappresentativa di tutto il movimento che a livello nazionale contesta le grandi opere e tutti gli eventi capitalistici, costruiti all'insegna della speculazione, corruzione e profitti.
L'Expo per altro è un evento a carattere internazionale, benchè in verità meno importante di quanto Renzi e la borghesia italiana affermi.
La manifestazione ha affermato netto e chiaro che in questo paese ci sono movimenti, forze proletarie, associazioni che contrastano l'operazione economica, politica e culturale che si muove intorno all'Expo e nella logica dell'Expo.


Contro la manifestazione, lo Stato borghese da tempo aveva approntato un apparato repressivo e seminato un clima di allarme che giustificasse la repressione prima, durante e dopo la manifestazione.
Lo Stato borghese e il governo Renzi hanno seminato vento, non potevano che raccogliere tempesta.
E la manifestazione ha espresso al suo interno componenti che hanno esercitato un'azione di rottura, intesa a rendere più radicale l'antagonismo che tutta la manifestazione esprimeva e volta a rompere la “vetrina” mediatica che Renzi ha celebrato.
Non ci sono, quindi, buoni e cattivi in questa manifestazione e in nessuna maniera è raffrontabile una vetrina rotta, una macchina bruciata alla devastazione che operazioni come quella dell'Expo e del sistema che le produce, rappresentano, come parte delle politiche e dell'azione degli Stati imperialisti.

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La manifestazione del 1° Maggio contro l'Expo è stato solo la prima, come sostengono le forze del movimento, e solo l'apertura di una contestazione di essa che continuerà per tutto il semestre.
Noi abbiamo portato in questa manifestazione uno striscione che diceva chiaro
NO Expo – No Renzi – No imperialismo”.
Di conseguenza appoggiamo tutte le forze e le lotte che si muovono dentro questa parola d'ordine.
Siamo quindi per la continuazione della lotta, per assediare, nel teatro milanese e non solo, l'Expo; siamo contro ogni divieto del diritto di sciopero e della libertà di manifestare, siamo per la libertà dei compagni arrestati, siamo contro ogni criminalizzazione dei partecipanti alla manifestazione.
Il nostro striscione non si limita a denunciare ma indica come soluzione, ai problemi e alle politiche e al sistema che produce EXPO, la rivoluzione, nel senso di attaccare le cause e non solo gli effetti di ciò che l'Expo rappresenta, di costruire una strategia di attacco che non duri un solo giorno o una sola manifestazione, e che sia capace di stare dentro un processo rivoluzionario che tocca l'EXPO come tutte le questioni economiche, politiche e sociali di questo paese e dell'imperialismo.
Lavorare per una rivoluzione proletaria - in questo senso è importante che alla manifestazione abbiano partecipato folti contingenti di operai, in particolare gli operai immigrati della logistica, lavoratori, proletari senza casa, senza reddito, senza lavoro, che hanno espresso tutta la loro volontà non solo di resistere agli attacchi ma anche contrattaccare – lavorare per una rivoluzione socialista, perchè l'unica alternativa è un potere, uno Stato che si muova lungo una logica opposta a quella espressa da questo sistema, fatto di guerra, sfruttamento, devastazione, ecc.

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La rivoluzione non è un pranzo di gala e la violenza rivoluzionaria è assolutamente necessaria. Noi siamo per il partito della rivoluzione, il partito della violenza rivoluzionaria; siamo per il fronte unito delle masse, siamo per l'esercito proletario e popolare che punti al cuore dello Stato e al cuore del sistema.

E' del tutto evidente che il settore della manifestazione che ha animato lo scontro a Milano è parte del movimento ma non si muove lungo questa strada che noi consideriamo necessaria e vincente.
Non è vero, nello stesso tempo, che le azioni messe in atto nella manifestazione contro l'EXPO siano della stessa natura delle rivolte, da Ferguson a Baltimora, né delle rivolte sviluppatesi in Turchia, in Brasile, né delle lotte di liberazione antimperialiste, da Kobane alla Palestina, e meno che mai delle guerre popolari, dell'India, Filippine, Perù, ecc.
Così per stare più vicini, non è la stessa cosa del movimento Notav e delle sue pratiche di attacco, né delle battaglie di massa del 14 dicembre, del 15 ottobre, del 12 aprile 2014. Assimilare tutto questo al 'riot di Milano' è pura ideologia e sovradeterminazione.
Costruire le forze per l'altra strada è tortuoso e complesso, ma è l'unica che dobbiamo costruire insieme e seguire.
A MILANO... come ovunque.

proletari comunisti-PCm Italia
9 maggio 2015

pc 9 maggio - Milano: chi sono i veri devastatori e saccheggiatori?

Il Comune lancia "Bella Milano", sabato e domenica si torna a pulire

 Appello di Palazzo Marino per una due giorni che coinvolgerà tutti i quartieri. "Prendiamoci cura della città"

08 maggio 2015
Si torna a pulire per le strade della città. Dopo il successo della manifestazione 'Nessuno tocchi Milano' cui hanno partecipato 20mila persone per cancellare i segni del passaggio delle tute nere durante la marcia dei No Expo, il Comune chiama a raccolta i cittadini per altre giornate all'insegna del senso civivo e della partecipazione. Un nuovo appello alla mobilitazione è partito da Palazzo Marino per il prossimo fine settimana. Obiettivo è "prendersi cura" della città con una due giorni di pulizie di tutti i quartieri del capoluogo lombardo. La chiamata di "Bella Milano", questo il titolo dell'iniziativa, è rivolta da una parte a singoli, comitati e associazioni per "mobilitarsi con lo spirito civico a tutela del bene comune", dall'altra alle imprese "affinché aiutino il Comune a fornire ai cittadini i materiali necessari alla realizzazione di questa iniziativa". L'idea - fanno sapere dall'amministrazione - è anche la risposta alle tante sollecitazioni arrivate dagli stessi cittadini.
Sono oltre cinquanta, nel frattempo, le segnalazioni di danneggiamenti arrivate attraverso la casella email e il numero di telefono (02.88452364 e nessunotocchimilano@comune.milano.it) nel primo giorno di attivazione dello "sportello danni" messo a disposizione dal Comune di Milano per censire i danni seguiti ai disordini scatenati dai 'black bloc' durante il corteo No Expo del Primo Maggio.

Troppi tetti d’amianto in Lombardia: smaltimenti sempre a passo di lumaca
Ma spunta l’anagrafe: 3.701 operai sottoposti a sorveglianza sanitaria di Stefania Consenti 

Milano, 8 maggio 2015 - Non si arriverà al traguardo del 2016 con la Lombardia «amianto free»

pc 9 maggio - ECCO IL KU KLUX KLAN ALLA BOLOGNESE - SOSTEGNO ALLA MANIFESTAZIONE ANTIRAZZISTA DEL 16 MAGGIO

(da Tavolo 4) - Quando la sua cultura da Ku Klux Klan viene messa in discussione, la destra bolognese diventa subito idrofoba. E lo si è visto ancora una volta nel caso della manifestazione antirazzista del 16 maggio con una serie di reazioni concitate e sdegnose.

Ma mettiamo in ordine i fatti. In occasione dell’8 aprile, Giornata internazionale dei rom e dei sinti, il leader leghista Matteo Salvini invitava a «radere al suolo con le ruspe tutti i campi rom», incoraggiando un clima di violenze razziste e di attentati incendiari ai campi nomadi.
Né alla ditta Salvini & Co. interessa la realtà dei fatti, ma soltanto la propaganda elettorale costruita su pregiudizi antichi e però sempre pericolosi. È inutile opporre a questa gente delle argomentazioni. È vano dire, a chi grida «tornate a casa vostra», che rom e sinti sono tutti cittadini europei da molti secoli, che la metà sono in Italia da centinaia di anni e sono già «a casa loro». È sbagliato e controproducente mostrare i «rom e sinti che lavorano» come se dovessero giustificarsi del fatto di esistere.
A questa ennesima provocazione razzista di Salvini, l’Associazione Sinti Italiani ha deciso di rispondere commemorando a Bologna la rivolta di rom e sinti nel campo di concentramento di Auschwitz il 16 maggio 1944. Ecco un racconto tratto dal sito dei «Sinti in viaggio per il diritto e la cultura»:
4.000 Rom internati nello zigeunerlager di Auschwitz decisero di opporsi ai loro aguzzini, che secondo programma erano venuti a prelevarli, per condurli nelle camere a gas. Di fronte a un’umanità

pc 9 maggio - Un altro grave passo del governo imperialista italiano - denunciamolo e scendiamo in piazza in tutta Italia il 2 giugno - proletari comunisti/PCm Italia - info pcro.red@gmail.com


“Corpi di civili di pace” e politiche imperialiste
  • Valter Lorenzi -Emanuela Grifoni
Nel silenzio dei mass media, in questi mesi il Governo Renzi ha portato a compimento un progetto coltivato da tempo: il coinvolgimento diretto di strutture civili “di pace” all’interno delle future operazioni di guerra. Sul modello statunitense di inizi anni  ’60 del secolo scorso, si rende sistematica quella integrazione alla quale hanno lavorato precedenti governi di centro – sinistra, con l’attiva collaborazione di Centri studi universitari, OnG, Associazioni, sindacati concertativi. A chiudere il cerchio dell’operazione, che non a caso cade in un momento di alta tensione nel Mediterraneo e nell’Est Europa, raccolte di firme e campagne “pacifiste” provenienti da quello stesso mondo che in questi anni ha collaborato attivamente con i Ministeri degli Esteri, ai margini delle operazioni di “peace keeping” e “peace building” in ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libano. Il grado di maturità di un polo imperialista si misura anche dalla capacità d’integrazione ideologica, politica e militare di settori della “società civile”, corpi intermedi inservibili per la mediazione sociale “in patria”, ma potenzialmente utili come nuovi “missionari” nelle avventure coloniali prossime venture. 
Il 20 marzo 2003 il New York Times titolava in prima pagina: “La seconda potenza mondiale è scesa in piazza”. Così facendo, descriveva un grande movimento internazionale, che in oltre 600 città del mondo portò milioni di pacifisti in strada contro l’aggressione all’Iraq. Risolto il contenzioso storico con l’avversario sovietico, crollato su se stesso e sepolto sotto le macerie del muro di Berlino nel 1989, gli Stati Uniti d’America rilanciarono con forza la loro politica di potenza. Nel mondo dell’informazione, della cultura e dei movimenti altermondialisti si parlava di “Secolo americano”, di “fine della Storia”, di “moltitudini” in movimento.

pc 9 maggio - Liberare i compagni NOTAV - difendere le loro condizioni in carcere - Soccorso Rosso Proletario - srpitalia@gmail.com

Francesco, Lucio e Graziano: scabbia e brande senza materasso nel carcere di Torino

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Schermata 2015-05-08 alle 22.56.41da giustiziami.it – 

Caduta a loro carico l’accusa di terrorismo, adesso Francesco Sala, Lucio Alberti e Francesco Mazzarelli, militanti NoTav, devono fronteggiare la scabbia che avrebbero contratto nel carcere di Torino dove sono stati trasferiti in attesa dell’udienza del processo con rito abbreviato in cui rispondono di danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale e porto d’armi da guerra (molotov) in relazione alla manifestazione al cantiere di Chiomonte del 14 maggio 2013.
A denunciarlo è l’avvocato Eugenio Losco precisando che, nonostante non siano più accusati di terrorismo, i tre militanti NoTav sono tuttora detenuti in regime di alta sorveglianza e almeno fino a pochi giorni fa dormivano su brande senza materasso. Il legale non ha potuto vederli proprio perché la direzione del carcere ha fatto presente la malattia contagiosa che i tre avrebbero contratto.
Insomma lo Stato non solo ha fatto di tutto per portarli “in vinculi” al processo ma si rivela del tutto incapace di tutelare la loro salute. Il giudice del processo con rito abbreviato aveva respinto l’istanza di scarcerazione motivandola con il fatto che gli imputati non avevano dato segni di “resipiscenza” e che la loro vicenda non era “sovrapponibile” con quella di altri 4 militanti assolti pure loro dall’accusa di terrorismo, condannati a 3 anni e 6 mesi per gli altri reati e mesis agli arresti domiciliari. Il fatto è lo stesso, l’azione di Chiomonte 14 maggio 2013, e uguali sono le imputazioni. Il giudice ha fatto da gip dicendo no agli arresti domiciliari e farà da gup per il rito abbreviato. Cioè recita due parti nella stessa commedia. E adesso s’è aggiunta la scabbia che impedisce agli imputati di parlare con i legali della linea di difesa. Ben difficilmente poteva andare peggio. Nella giustizia dell’emergenza infinita. (frank cimini)

pc 9 maggio - Rivolta delle donne nel Kurdistan orientale - Iran

Suicida per non essere stuprata dall'ufficiale: il Rojhelat curdo insorge!

altMigliaia di persone sono scese in strada ieri sera a Mahabad, popolosa città del Kurdistan Orientale (Rojhelat) sotto controllo iraniano; inferocite dal dolore e dalla rabbia per l'atroce fine di una venticinquenne curda - lanciatasi dal quarto piano del Tara Hotel a seguito di un tentativo di stupro.
Ferinaz Xosrowanî, che lavorava come cameriera in quell'albergo, stava cercando di sfuggire al suo persecutore - un ufficiale dei servizi di intelligence iraniani (Itlaat) che avrebbe promesso riconoscimenti al direttore dell'hotel se fosse stato soddisfatto del suo "soggiorno".
Diffusasi in città la notizia, verso le 6 di pomeriggio la popolazione si è radunata ai piedi dell'albergo reclamando i nomi dei responsabili del suicidio della ragazza affinché potessero essere portati a processo. Le autorità hanno risposto schierando le forze di sicurezza, le quali non hanno esitato a sparare sui convenuti gas lacrimogeni e proiettili nel tentativo di disperderli. I violenti scontri che ne sono seguiti - con un bilancio di due morti e decine di feriti tra la folla ed una decina di feriti tra i poliziotti - sono culminati nella messa a fuoco dell'hotel da parte dei manifestanti, nell'arresto del direttore Seyid Murteza Haşimi  e nella ritirata delle forze di sicurezza da Mahabad.
Le autorità iraniane, chiuse nel silenzio durante gli eventi, dopo la diffusione di resoconti ed immagini degli eventi di Mahabad (anche tramite gli hashtag #JusticeForFerinaz, #Mahabad e #BijiSerhildanaRojhelat) da una parte hanno dichiarato lo stato di emergenza in città, dall'altra hanno fatto invano appello alla calma ed all'individuazione dei colpevoli.
Fatalità vuole che i disordini cadano alla vigilia delle commemorazioni di Shirin Alam Hooli, Farzad Kamangar, Ali Heidarian e Farhad Vakili, quattro militanti curdi del PJAK (Partito della Vita Libera in Kurdistan, gemellato con il PKK ed il PYD) e dell'attivista persiano Mehdi Eslamian; giustiziati cinque anni fa dai boia della Repubblica Islamica, e le cui famiglie attendono tuttora la possibilità di poterne visitare le spoglie. Mentre il KJAR (organizzazione delle donne del kurdistan orientale), rivolgendo le proprie condoglianze alla famiglia di Ferinaz, ha fatto appello alle donne kurde di sollevarsi allo stesso modo di come le donne afghane abbiano fatto a seguito dell'episodio di Farkhunda, la giovane linciata dopo la falsa accusa di aver bruciato pagine del Corano.
Man mano che le proteste si espandono in altre città del Rojhelat e perfino nei territori curdo-iracheni (scoraggiate però dal PUK di Barzani al potere) e turchi, e si moltiplicano gli appelli di solidarietà e lotta, incombe sui sonni dei dirigenti di Teheran lo spettro della Repubblica di Mahabad del 1946: l'entità autonoma curda sconfitta ed occupata dalla repressione dello Shah e dei suoi protettori occidentali. Che appare ora in procinto di prendersi una storica rivincita.

pc 9 maggio - 3 Milano NOEXPO 1°maggio - da Infoaut: "La forza tranquilla di un blocco autonomo e anticapitalista"


altTrentamila persone sono confluite nel primo maggio a Milano per dire no a Expo. Una partecipazione di massa sicuramente eterogenea ma che nell’insieme esprime una forte attivazione sociale capace di essere vera contrapposizione: alle logiche dei grandi eventi, degli sprechi , delle vetrine mediatiche che reclamizzano un benessere e uno sfarzo che non esiste nel paese reale, all’impoverimento di molti strati sociali e di molti territori imposto dalle politiche di gestione della crisi volute dall’Europa , alle istituzioni gestite concordemente da un sistema dei partiti per imporre solo precarietà, ricatti ed espropriazione continua di possibilità.
Se da tre giorni i media mainstream sono allarmati e criticano quanto è accaduto, se tutti i politici da Salvini a Napolitano da Alfano a Grillo, da Pisapia a Maroni si sono uniti trovando un nemico

pc 9 maggio - I MODERNI SCHIAVI - OPERAI COSTRETTI A LAVORARE CON AMIANTO, TOPI, SIRINGHE INFETTE, RIFIUTI TOSSICI... MA GLI "SCHIAVI" A TARANTO SI RIBELLANO...

SONO GLI OPERAI DELLA PASQUINELLI/AMIU DI TARANTO, ADDETTI ALLA SELEZIONE DIFFERENZIATA. PIU' ELOQUENTI DI TANTE PAROLE SONO LE FOTO CHE MOSTRIAMO.

La causa è sempre la politica di istituzioni e padroni di tagliare i costi fino al massimo possibile, anche se questo mette a rischio continuo la salute e perfino la vita degli operai (d'altra parte a Taranto questo è tragica norma). 
L'altra tragedia/farsa sono i cosiddetti "interventi di bonifica": gli operai della ditta che dovrebbe bonificare dall'amianto la struttura della Pasquinelli si presentano con le scope...!

MA ALLA PASQUINELLI C'E' QUALCOSA DI NUOVO... GLI OPERAI, CHE SI SONO CONQUISTATI QUEL POSTO DI LAVORO CON LE DURE LOTTE DEI DISOCCUPATI ORGANIZZATO SLAI COBAS SC, SONO DI UNA PASTA DIVERSA: SI BLOCCANO, FERMANO L'IMPIANTO, RESPINGONO I RICATTI... 





venerdì 8 maggio 2015

pc 8 maggio - 2 Milano NO EXPO 1° maggio - da Cremaschi: "A Milano ci avrebbero ignorato comunque, anche senza scontri"

pc 8 maggio - 1 Milano NOEXPO 1° maggio - la parola a Il Cantiere

stralci 

Milano. Il fumo e la sostanza

  • Centro sociale "Il Cantiere" Milano

Il fumo di un modello Expò convocato in nome del “Nutrire il Pianeta” e nelle mani delle multinazionali che il Pianeta lo affamano.
Il fumo del maquillage last minute utile a coprire i cantieri dagli appalti miliardari non ancora finiti, e tra 6 mesi gia’ in disuso.
Il fumo dell’indignazione di una giunta che dopo avere mandato a casa la partecipazione oggi chiama la cittadinanza a pulire la città, come perfetta occasione per ripulirsi la faccia.
Il fumo delle colonne di fumo dei “leoni” in azione per una oretta di “gloria” concessa da potere e polizie, ed ovviamente altrettanto strumentalmente esaltata da media e commentatori.
La sostanza di un mondo in balìa di interessi multinazionali e di un neo-liberismo feroce e selvaggio

pc 8 maggio - IL RICATTO DI TELEPERFORMANCE: ACCOMPAGNATO DA GOVERNI, PARTITI E SINDACATI CONFEDERALI

Teleperformance ha annunciato al chiusura delle sedi di Taranto e Roma. Prendiamo il caso Taranto.

Da quanto si è installata in questa città la storia di Teleperformance è stata una lunga scia di pretese, di minacce, ricatti occupazionali, approfittando in maniera squallida del bisogno di lavoro di tanti giovani in questa città.

Questa politica ha sempre pagato, i vari governi, sia nazionale che regionale, hanno dato finanziamenti, sgravi, condizioni di favore; i partiti, soprattutto, bisogna dirlo, quelli di centrosinistra e in particolare il PD, entravano ed uscivano dalle stanze della direzione aziendale che in campagna elettorale gli organizzava anche le assemblee dei lavoratori in cui fare propaganda elettorale. 

Ieri dicevamo: non sappiamo ora se questo attuale annuncio è tutto vero o per un pezzo fa parte della solita politica di sempre dell'azienda di minacciare per poi comunque ottenere l'accettazione di un peggioramento delle condizioni di lavoro e salariale dei lavoratori, e quindi un consistente taglio del costo di lavoro per Teleprformance a cui corrisponde un aumento dei suoi utili.
E puntuale oggi l'azienda fa un "passo indietro", dicendo: io ritiro i licenziamenti se accettate che la maggiorparte dei contratti sia ridotta a 20 ore settimanali e mi sostenete nella lotta all'assenteismo... 

C'è da dire che la storia si ripete: in un comunicato dello Slai cobas sc del 2010, era scritto:
"...Teleperformance, uno dei più grossi call center in Italia e a livello internazionale, ha avviato la procedura per un mega licenziamento di circa 1000 operai, tra Taranto e Roma, solo a Taranto su 2000 lavoratori sono 674, più di un terzo.
Le cause reclamate dall'azienda sono la solita crisi, i costi troppo alti rispetto ai concorrenti che non trasformano i contratti dei lavoratori a co.co.pro a Tempo indeterminato, la scarsa produttività del personale accusato di assenteismo (leggi: soprattutto “maternità”, dato che la gran parte sono donne) e di lavorare male. Intanto Teleperformance apre altre sedi all'estero, in Argentina e soprattutto in Albania, dove a salari più stracciati e a condizioni di lavoro meno tutelate, i superprofitti sono assicurati...". - Sembra scritto oggi...
Teleperformance butta a 100 per ricavare a 70... E FINORA C'E' SEMPRE RIUSCITA...
Questa volta può andare finalmente diversamente...? 

Ma che c'è dietro questa vicenda Teleperformance? 
Teleperformance si insedia a Taranto e comincia ad assumere centinaia di donne, ragazzi, e diventando il secondo stabilimento dopo l'Ilva per numero di lavoratori: circa 2000, in alcuni periodi anche 2500, tutti giovani
Ma chiaramente questa rapida scalata viene fatta sulla pelle di centinaia lavoratori: tutti a contratto a progetto, con bassi salari, con diritti zero, anche sul fronte della inesistente tutela sanitaria e della sicurezza (tanto che per una fuoriuscita di gas da impianti di riscaldamento 25 lavoratori, donne anche in cinta, finirono in ospedale), in condizione di pesante ricatto, pressione psicologica e fisica per raggiungere gli obiettivi, altrimenti venivano cacciati, ecc.
Un vero e proprio “bandito”. Lo Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto organizza i primi lavoratori, manda l'Ispettorato del Lavoro, ma prima che si imponesse con la legge la trasformazione di tutti i lavoratori a Tempo Indeterminato, piomba a Taranto l'ass.al lavoro della Regione di Vendola, che non solo garantisce a Teleperformance migliaia di euro del governo, allora Prodi, benchè i passaggi a TI avvengano scaglionati e non per tutti, ma regala di suo una media di altri 8 mila euro per stabilizzazione dei lavoratori. Milioni di euro totalmente ingiustificati, verso un'azienda che intanto apriva in America Latina, che aveva commesse da aziende pubbliche. 


Questa grande multinazionale, che minaccia di chiudere non perchè in crisi, ma perchè fa più profitti all'estero, come in Albania dove può tagliare parecchio il costo del lavoro, per tanti anni è stata accompagnata nella sua politica dai sindacati confederali, che spesso si sono fatti portavoci presso il governo delle richieste di Teleperformance, di più agevolazioni, e di lotta alla concorrenza.
Questo ha permesso all'azienda di scaricare sempre su altri le sue responsabilità.
E di uscire da ogni fase di annunci di licenziamenti, ridimensionamenti con accordi sindacali che gli permettevano di avere cassintegrazione, contratti di solidarietà, scatti di anzianità bloccati, livelli bassi; mentre continuava ad occupare con contratti a progetti, mentre riempiva, anche quest'anno, la città di mega/provocatori tabelloni pubblicitari su come è bello lavorare in Teleperformance. Chiaramente, come ogni padrone, l'azienda avuta la mano si vuole prendere tutto il braccio.

Per questo solidarizziamo con le lavoratrici e i lavoratori di Teleperformance e sosterremo le loro iniziative di lotta; ma non solidarizziamo affatto con i sindacalisti. Anzi, pensiamo che i sindacalisti di Cgil, cisl, uil siano stati e sono il problema non la soluzione.