Parla Minniti
E in un’altra intervista su Il Fatto quotidiano è Minniti stesso che lo dice “un buon primo passo… La ministra Lamorgese ha fatto un eccellente esordio… Ci sarà ancora da lavorare verso una strategia italiana del governo dei flussi con l’obiettivo di una strategia comune dell’Europa”; poi anche Minniti fa una critica da destra alla politica muscolare di Salvini, dicendo che “gli sbarchi nel nostro paese non si sono mai fermati. Il 90% degli arrivi è gestito dagli scafisti, e quindi è trionfata l’illegalità”. Quindi, secondo Minniti non è Salvini la bestia illegale che ha usato, in spregio alla Costituzione e ai diritti internazionali, ma i migranti che sono arrivati comunque sulle coste. Così Minniti continua criticando che non si è fatto nulla sui rimpatri, lamentandosi di fatto che Salvini non è riuscito a rimpatriare le 5/600mila persone che aveva promesso.
Circa l’accordo di Malta, il Fatto quotidiano nella sua intervista dice: “non è che questo accordo è merito di Salvini?” . L’unico distinguo che pone nella sua risposta Minniti è che il Ministro degli Interni aveva contrapposto sicurezza e umanità, ma non smentisce affatto che la dialettica di questo accordo è frutto della pressione esercitata da Salvini e dell’interesse europeo ad evitare che lui ne fosse il beneficiario, concedendo al governo Conte quelle modifiche e coperture che possano indebolire le posizione, come dice Minniti, nazional populista di Salvini.
Minniti però approfitta per guardare più a fondo il quadro in cui è inserito l’accordo: la sicurezza del Mediterraneo. E qui mette in rilievo come la “Missione Sofia” era ormai depotenziata e “va ripristinata interamente e contrastati gli arrivi diretti”. Minniti mette in rilievo che verso l’Africa l’investimento UE è basso rispetto ai 6 miliardi nella rotta balcanica e allarga il quadro della tensione ben oltre la Libia, tirando in ballo la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto, attraversati da movimenti di protesta interni.
Se pensiamo che il nuovo governo Conte ha sostituito Salvini con Minniti di fatto attraverso una sua collaboratrice, quando lui era ministro, l’attuale Min. Lamorgese, è facile pensare come la mistura PD/5stelle in materia di politica di immigrazione è in grado di andare sulla stessa strada di Salvini facendo peggio.
Pubblicheremo a parte altre voci significative apparsi sulla stampa su questo accordo, così come la presa di posizione di 40 associazioni raccolte in un cartello “Io accolgo” che chiede giustamente l’abrogazione dei Decreti sicurezza e dell’accordo con la Libia.
L’accordo di Malta smaschera anche il ruolo di Repubblica che era stata una voce molto incalzante rispetto al salvinismo e in particolare sulla questione migranti. Lo si voglia o no, nella sostanza, dopo questa accordo di Malta la posizione sta cambiando, ed è diventata “Salvini ha imboccato sistematicamente la strada della propaganda anziché quella pragmatica ma faticosa delle effettive risoluzioni… sbattere i pungi sul tavolo quando ci si trova in una situazione di debolezza o minorità non è mai conveniente”. Secondo, quindi, l’editorialista di Repubblica, la critica a Salvini si riduce all’atteggiamento ma non alla sostanza della politica razzista e imperialista anti migranti.
Il piano in preparazione - prima di tutto la Tunisia
Nei giorni successivi all’accordo il governo si è mosso subito per blindarlo a livello internazionale e tradurlo in fatti. Di Maio fa delle dichiarazioni “misteriose” della cui gravità non c’è forse consapevolezza “A giorni arriveranno delle novità epocali sui rimpatri”. Ci si prepara ad un rimpatrio di massa, che poi è una cacciata di massa, dei migranti dal nostro paese? Si aggiunge che esisterebbe un piano, l’ampliamento del numero dei porti considerati sicuri. Alludendo qui non certo ad altri porti d’approdo d’Europa – ipocrita favola nera contenuta nell’accordo di Malta – bensì nell’aumentare le pressioni, l’uso della forza economico e militare e individuare altri porti sicuri nel Mediterraneo oltre la Libia, è sotto osservazione la Tunisia; così fa parte del piano l’applicazione rigida dei Decreti sicurezza in materia di diritto d’asilo, in cui viene data all’Italia la possibilità di stabilire quali sarebbero i porti sicuri. Questo da un lato fa rientrare dalla finestra quello che si pretende di aver fatto uscire dalla porta, l’accoglienza dei migranti economici, consistente quindi nel definire paesi ‘non a rischio’ praticamente tutti i paesi della costa nord africana. Questo vuol dire applicare in maniera più rigida ciò che già hanno stabilito altri 16 Stati europei che è alla base del rifiuto di massa di questi Stati di accogliere la maggioranza dei migranti ritenuti provenienti da ‘paesi sicuri’, sicurezza da cui è esclusa la materia economica, che sappiamo tutti essere alla base della migrazione di massa. E questo si intenderebbe fare con un nuovo decreto legge.
Questa impostazione apre una nuova guerra alle Ong. Nei mesi scorsi tutte le Ong impegnate nel soccorso in mare hanno contestato le alternative di approdo all’Italia e Malta perchè considerate non sicure. In particolare, il paese sotto osservazione è la Tunisia. Inciso: noi da tempo abbiamo denunciato e anticipato questo, tanto è vero che abbiamo stretto rapporti con in compagni tunisini per un’azione comune contro l’imperialismo italiano e contro il governo tunisino che attraverso le convulsioni della sua classe dominante sta scivolando progressivamente in un atteggiamento ultra servile verso l’imperialismo, e ora verso l’imperialismo italiano. 2 giorni fa Di Maio incontra il suo omologo tunisino e cerca di spingere avanti questo rapporto, promettendo di assicurare investimenti da molti zero sul territorio in cambio del fatto la Tunisia consideri in suoi porti i famosi “porti sicuri” dove ricacciare e spingere i migranti, contrastando con la forza la stessa posizione delle navi Ong. La Tunisia è il primo e principale paese verso cui è indirizzata questa azione, ma sotto la coperta della presenza all’Onu di questi giorni Conte ha incontrato per le stesse ragioni Al Sise, proprio nel momento in cui il dittatore boia è alle prese con una nuova fase della rivolta interna. A questa attività già in corso seguirà analoga attività verso Algeria, Mali e Cista D’Avorio.
Qui, non è tanto in campo il problema dei ‘porti sicuri’ ma quello del blocco delle partenze.
Il primo passo operativo, però, è quello della Tunisia e Il Messaggero nel suo articolo del 25 settembre chiarisce che qui il bersaglio dell’azione del governo sono le Ong che si sono riofiutate finora di far sbarcare lì i migranti. La pressione sulla Tunisia accentua il carattere imperialista dell’azione dell’Italia perché la Tunisia è un paese dove manca una legge che consenta di presentare una richiesta di protezione umanitaria. Questo vuol dire che la Tunisia nelle condizioni attuali non può, se accetta il piano italiano, che aprire centri di detenzione.
Saul fronte dei paesi sicuri l’accordo di Malta rischia di essere il cavallo di Troia non tanto di omologazione, di coinvolgimento degli altri paesi europei nella trattazione del problema ma quanto dell’omologazione di alcuni aspetti della legislazione a norme peggiori di quelle che l’Italia ha oggi. Ad esempio, alcuni paesi europei considerano non solo la Tunisia, ma anche la Nigeria, l’Eritrea, il Sudan paesi sicuri per i quali non viene accettata alcuna richiesta d’asilo.
La linea Conte/Di Maio va inevitabilmente in questa direzione, di allargamento dei paesi da cui non si può accogliere la richiesta d’asilo. L’articolo de Il Messaggero non esita a spiegare chiaramente che proprio questa è la linea scelta dall’Italia, vale a dire: rendere più difficile di quanto siano le leggi odierne già esistenti, l’ottenimento di una protezione internazionale e dello status di rifugiati.
Scrive il giornale: “In termini pratici vorrà dire potere escludere dall’ottenimento di una protezione tutti coloro che hanno provenienze certe e non a rischio guerre o persecuzioni; e quindi velocizzare di molto i tempi per il rimpatrio”. Si aggiunge: “La legge 132/2018 modifica anche le procedure di frontiera, e il risultato più probabile è che le domande di protezione internazionale vengano esaminate in via prioritaria direttamente nei luoghi di sbarco e di ingresso nei territori. L’esame della richiesta sarà prioritario e accelerato. Ricevuti i documenti le commissioni territoriali avranno 5 giorni di tempo per la decisione. Questa procedura – dice lo stesso giornale – comporterà l’impossibilità di dimostrare di non appartenere ad un paese di origine sicura”.